da Sandro » ven nov 22, 2013 11:48 pm
Domenica 24 Novembre 2013 - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno C)
NOSTRO SIGNORE GESÚ CRISTO RE DELL'UNIVERSOSolennità
Prima Lettura 2 Sam 5,1-3
In quei giorni. vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».
Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
Nulla da rilevare salvo la solita differenza, nella NM, di usare il nome "Geova", ove la nostra CEI usa "Signore". La nostra legittimazione viene dal fatto che ci siamo adeguati all'usanza seguita da tutti gli autori ispirati del NT nei cui scritti non si trova mai "Geova". Essi attingevano le citazioni del VT dalla versione ebraica dei LXX che hanno sostituito Kyrios (Signore) al posto del tetragramma che un sacro timore rendeva impronunciabile. E veniamo così anche incontro alla sensibiità dei fratelli ebrei che mantengono ancora quel divieto sostituendo il tetragramma con "ashem" (il Nome) o altro. Mentre giudichiamo scorretto che la NM usi Geova, per un doppio motivo: primo, perché "Geova" non è traduzione del tegragramma ma solo una sua pronuncia; infatti, secondo quanto spiega lo stesso CD dei TG, la traduzione di esso dovrebbe essere "io mostrerò d'essere" (cf Esodo 3,14c – NM) ; secondo, perché, posto che si voglia usare non la traduzione ma solo la pronuncia del tetragramma, la NM di fatto sostiene una pronuncia certamente sbagliata giacché, come spiega lo stesso CD dei TG, la pronuncia "Geova" deriva dalla commistione indebita tra le consonanti del tetragramma e le vocali di Adonay; e lo si fa ammettendo che la pronuncia più probabile sarebbe "Yaweh" (cf tutto il discorso ne Il nome divino che durerà per sempre).
Seconda Lettura Col 1,12-20
12 Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
13 È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
14 per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
15 Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
16 perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
17 Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
18 Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
19 È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
20 e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.
Questo testo che mostra l'eccellenza e la diversità del Figlio rispetto alla creazione è stato pesantemente ritoccato dal geovismo al fine di negare l'unità in divinità del Figlio con il Padre; quella che noi cattolici chiamiamo "consustanzialità". L'analisi meriterebbe che si notasse ogni sfumatura, ma questo ci porterebbe oltre l'essenzialità riassuntiva di questi nostri commenti. Accenneremo perciò solo, per gli opportuni approfondimenti, alla differenza di intendimento di alcuni passi tra i quali sottolineeremo la più grave perché soggetta anche a manipolazione testuale, rimandando alla precisa analisi che ne ha fatto Mons. Lorenzo Minuti, già presidente del GRIS, nel suo volume I testimoni di Geova non hanno la Bibbia, Coletti a San Pietro3, pp. 26-35) Questa volta abbiamo inserito il numero dei versetti per una più rapida localizzazione.
"12 ... capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce". Se Paolo parlava ai cristiani di tutti i tempi, qui la Bibbia ribadisce che il nostro destino ultimo è la gloria dei cieli. Ma questo andrebbe contro la dottrina geovista che destìna gli Unti al cielo e le Altre Pecore alla terra paradisiaca. Perciò il "Canale di Geova" spiega che sì, Paolo parlava a tutti di salvezza celeste ma perché nel primo secolo tutti i cristiani erano Unti! Oggi poi abbiamo appreso che non solo nel primo secolo ma durante tutti i secoli, fino all'epoca moderna, i cristiani geovisti erano Unti, giacché le "Altre Pecore", fatte non di "figli di Dio" ma di "nipoti", destinate alla terra paradisiaca, sono state scoperte solo nel 1935.
"14 ... la redenzione" diventa nella NM "la nostra liberazione per riscatto". Espressione legalistica secondo cui il Figlio avrebbe riscattato o ricomprato il diritto alla vita per noi che ne siamo stati privati dal peccato di Adamo. Così il fine della redenzione sarebbe, oltre che la rivendicazione dell'onore di Geova, quello di restituire all'umanità il diritto di vivere su una terra paradisiaca, ripristinando la situazione dell'Eden. Mentre per noi la redenzione è salvezza ed elevazione all'ordine soprannaturale, con la grazia, e destinazione alla gloria dei cieli; un entrare "nel gaudio del tuo Signore". Oltretutto il suo "costo" Dio non lo stabilì secondo la cosiddetta "legge perfetta del taglione" che esigeva "vita umana perfetta per vita umana perfetta", facendo di Gesù l'equivalente in valore di Adamo. San Paolo è categorico nel dire che "ove abbondò il peccatò sovrabbondò la grazia", ovvero Gesù ha pagato molto di più che il dovuto per salvarci. Il che si spiega solo per sovrabbondanza di amore e a scopo dimostrativo per noi di quanto valiamo ai suoi occhi. Va anche notato che nella Bibbia Dio stesso è qualificato "redentore" ma se il redentore è colui che paga il riscatto si avrebbe l'assurdo pasticcio che Dio pagherebbe il riscatto a se stesso facendosi al contempo debitore e creditore.
"15 ... primogenito di tutta la creazione". (gr. protòtokos pàses ktìseos) L'espressione è identica nella NM ma dal geovismo viene interpretata come "prima creatura tra tutte le cose create" mentre per noi, anche se in questa versione CEI del 2008 l'espressione è uguale, l'intendimento resta quello meglio espresso dalla versione CEI del 1974 che recita "generato prima di ogni creatura".* Il testo greco non per nulla ha protòtokos per il Figlio (participio composto da pròtos che significa prima e da tikto, verbo che significa generare, fare figli) e ktìseos per le cose (genitivo di ktìsis, sostantivo che indica creazione, creatura). Se anche il Figlio fosse una creatura avremmo trovato un verbo che non parlava di generazione per lui. Ciò sta a significare quindi che il Figlio è "generato, non creato" come diciamo noi nel Credo della domenica, e che pertanto si distingue da "ogni creatura" come viene sottolineato per almeno cinque volte lungo tutto il brano.
Il gioco-maneggio del CD sta tutto nel far credere che siano equivalenti i concetti di generare e creare, quando è vero che possono esserlo ma solo metaforicamente e non in questo contesto in cui San Paolo sta rimarcando la netta distinzione che esiste tra il Figlio e le creature; una diversità tanto abissale quanto lo è quella tra il produttore di un'opera dall'opera da lui prodotta; anzi di più ancora, perché un produttore - e le creature intelligenti, uomini e angeli compresi, non possono essere nulla di più che produttori usando, per fare, qualcosa di già creato! – un produttore usa appunto qualcosa per produrre un'opera, mentre il Creatore – che non può essere che Dio - usa solo pensiero e volontà tirando le cose fuori dal nulla e donando loro sia l'essere, sia la sostanza che le distingue tra loro, sia le proprietà e leggi di funzionamento. Nella Bibbia il pensiero creativo, efficiente, di Dio è espresso sinteticamente dai termini dabàr (parola) in ebraico, e logos in greco; il latino ha verbum. Il Figlio di Dio è quindi in questo testo rivelato e confessato da San Paolo come persona che con-crea le cose insieme al Padre e pertanto è Dio come il Padre; come tale compartecipe della sua onnipotenza, eternità, onniscienza, onnipresenza etc... cioè di tutte le prerogative esclusivamente divine.
* La versione CEI del 1974, nella nota al v. 15, spiega l'intendimento esatto della Chiesa riguardo a quel "generato prima di ogni creatura" in questi termini: "Generato dall'eternità, Dio da Dio, Cristo ha il primato assoluto nella creazione e nella redenzione, che è nuova creazione".
"16 ... perché in lui furono create tutte le cose". Da questo versetto al 20 troviamo ribadita per cinque volte l'espressione "tutte le cose" che contrasta con l'idea geovista secondo cui il Figlio, ritenuto arcangelo creato, non è estraneo a "tutta" la creazione ma ne fa parte. Esso è considerato come la "prima e diretta opera creativa di Dio". Ma vedremo subito la manipolazione che la NM fa al testo originale per ottenere convalidata questa sua posizione.
" 17 Egli è prima di tutte le cose". Eccolo dichiarato apertamente il vero senso di "primogenito" detto al v. 15! Il Figlio "è prima di tutte le cose" e perciò precede tutta la creazione.*
Ma ecco che, proprio per contrastare questa precisazione di Paolo (che dovrebbe essere gradita ai TG secondo il loro principio che "è la Bibbia a spiegare se stessa") in tutte le cinque volte ove il testo recita "tutte le cose" la NM aggiunge l'aggettivo "altre" prima di "cose". Il brano diventa dunque "perché per mezzo di lui tutte le [altre ] cose... Ed egli è prima di tutte le [altre ] cose ecc..."
Si noti che a quella aggiunta – messa nel testo della NM tra parentesi quadre per precisare che non è parola esistente nell'originale - quando si cita questo brano, vengono sistematicamente tolte le parentesi quadre promovendola a parola di Dio! Ma il risultato perseguito dal CD premeva troppo. Infatti con quell'aggettivo "altre" premesso a "cose" si ottiene la finalità che il CD stesso ci dichiara al termine di certe sue pseudo giustificazioni fatte proprio ragionando su questo testo. Esso toglie subito le parentesi quadre al testo biblico - che essendo citato tra virgolette dovrebbe essere riprodotto così come è nella NM! - e conclude dicendo che la NM traduce legittimamente il brano così: «"Per mezzo di lui tutte le altre cose furono create . . . Tutte le altre cose sono state create per mezzo di lui e per lui"». Viene così indicato che anch'egli è un essere creato, parte della creazione di Dio". (cf Ragioniamo, pag. 406) I corsivi con tanto di abolizione delle parentesi quadre sono nel testo. Quindi è vero che "così" e solo così, abolendo le parentesi quadre, il Figlio viene catalogato tra le cose create.
* Il rimando al prologo di Giovanni è d'obbligo. In esso l'evangelista, ricalcando il primo versetto della Genesi, ove Dio-Attore sembra essere un'unica persona, rivela che invece che Dio è un Padre che ha un Figlio - e non accanto a Sé ma in Sé! - cooperante alla creazione: all'inizio, dice, il Verbo già c'era... era con Dio Padre... e tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui.
"... e tutte in lui sussistono". Profondità abissale che conferma la separazione tra le cose e il Figlio il quale non solo le ha fatte venire all'esistenza, giacché "per mezzo di lui furono create", ma le mantiene in essere continuamente. Azione questa propria di Dio, come precisa la Bibbia quando San Paolo, in Atti 17,28, dice del Creatore che "in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (CEI) "Poiché mediante lui abbiamo la vita e ci muoviamo ed esistiamo" (NM).
E qui io ritengo che non dovrebbe trascurarsi il fatto che San Paolo sta citando ed elogiando come vero ciò che hanno detto alcuni filosofi greci. Il che conferma ciò che la Chiesa insegna da sempre; che cioè l'intelligenza umana (se fa filosofia, se adopera la logica con pensiero forte) riesce a dimostrare di Dio sia l'esistenza sia la sua opera continua di conservatore della sua creazione nell'essere che Egli le partecipa. Non si tratta di dimostrazione scientifica, cioè sperimentale, ma di dimostrazione filosofica che ha la forza della incontrovertibilità. L'apertura della mente a verità ulteriori su Dio (come la sua tripersonalità, la grazia, l'adozione filiale degli uomini con il battesimo, la risurrezione ecc...) che sono solo oggetto di Fede, inimmaginabili dalla ragione, vengono dopo e non vanno confuse con i motivi di credibilità e credendità che fondano la Fede stessa e permettono di squalificare le proposte di fedi alternative! La fondano sulla roccia certificando previamente: 1) il realismo della conoscenza razionale, che comporta il superamento del dubbio perpetuo, del soggettivismo e del relativismo; 2) l'esistenza di Dio con almeno i minimi attributi di creatore e remuneratore del bene e del male; 3) la spiritualità e la conseguente immortalità dell'anima umana; 4) la certezza della legge morale impressa da Dio nell'uomo e a lui manifestata dall'intelligenza etica; 5) il fatto storico della rivelazione divina in Cristo; 6) la divinità di Cristo che garantisce sia la Bibbia come Parola di Dio che la Chiesa come sua fondazione; 7) la funzione della Chiesa da parte di Cristo, depositaria, trasmettitrice e interpretatrice autentica della rivelazione divina; 8) la possibilità di individuare, tra varie pretendenti, l'unica vera Chiesa di Cristo.
Naturalmente non si può pretendere che tutti facciano filosofia a questo livello ma la Chiesa, nelle sue università pontificie, lo prescrive a tutti i sacerdoti prima di iniziare le riflessioni sulla rivelazione, cioè la theologia revelationis. La Chiesa è un Corpo unico di fratelli ove esistono carismi svariati e chi procede a Fides istintiva e mistica dovrebbe appoggiarsi e sforzarsi di non disprezzare chi la coniuga con la Ratio, anzi imparare da lui che, a sua volta, è sollecitato a stimare gli aspetti carismatici della fede o, pensando alla Chiesa universale a cui lo Spirito ha donato i due "polmoni" dell'Oriente e dell'Occidente, ad essere insomma oltre che catafatico anche apofatico. Non è un caso se la Chiesa ha definito "dottore angelico" S. Tommaso che il lunedi spaccava il capello e il martedì produceva uno struggente "Adoro te devote". San Tommaso che è stato e rimane un modello per gli studi sia filosofici che teologici.
"20 ... il sangue della sua croce" diventa nella NM "il sangue [che egli sparse] sul palo di tortura." Ed è appunto quest'ultima deformazione la "tortura" finale a cui la NM ha sottoposto questo splendido brano della Bibbia per piegarlo al proprio intendimento. La cosa strana è che, nonostante queste contorsioni e forzature, che si spingono fino alla interpolazione di parole per aiutare la Bibbia a confermare la propria dottrina, il CD, nei suoi stampati che "spiegano la Bibbia", ad ogni piè sospinto avverte il lettore che è la Bibbia a dire le cose, non lui.
Stranamente al versetto 18 abbiamo nella CEI "perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose" (CEI) e nella NM che, quasi ad litteram, recita "affinché divenga colui che è primo in tutte le cose". Abbiamo cioè un panta greco che non ha ricevuto, come i precedenti ai vv. 16 e 17 e al seguente 20, la solita aggiunta di [altre]. Cosa è, un transfuga sfuggito alla ... tortura o una ciambella venuta senza buco a dire la verità vera tra cinque bugie?
Vangelo Lc 23, 35-43
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
E chiudiamo in bellezza (si fa per dire!) il ciclo C dell'Anno Liturgico 2012-2013 con la manipolazione più bizzarra che il CD dei TG si sia inventata ai danni della Bibbia. Bizzarra perché assolutamente senza senso, come vedremo, ma necessaria più che il pane al CD per tenere in piedi alcuni dei pilastri più importanti della sua dottrina, quali sono: la mortalità dell'anima; la distinzione tra Unti e Pecore con la doppia salvezza nei cieli o sulla terra; il paradiso terrestre o terra paradisiaca dopo la battaglia di Armaghedon.
"In verità io ti dico: oggi con me sarai in paradiso". La NM lo rende così " Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso". Tutto il maneggio manipolatorio del geovismo sta in quei due punti spostati da prima a dopo l'avverbio di tempo "oggi". Una inezia, graficamente, ma tale da indurre un significato (e dottrine collegate) del tutto diverso.
Secondo noi (e possiamo aggiungere tranquillamente "e tutta la cristianità") Gesù ha promesso al ladro pentito di salvarlo e portarlo con sé, nello stesso giorno in cui entrambi sarebbero morti, e in un "luogo" che Gesù stesso ha definito Paradiso; viceversa, secondo il geovismo, Gesù avrebbe fatta "oggi" la promessa che, in un imprecisato giorno di un lontano futuro, l'ex malfattore sarebbe stato risuscitato e collocato sulla terra paradisiaca, alias novello paradiso terrestre. Futuro che ancora è di là da venire e che si realizzerà dopo la Battaglia di Armaghedon. Dell'ex malfattore" non è sopravvissuto che il ricordo nella mente di Geova "tomba comune del genere umano", cioè non di tutto il genere umano ma solo di coloro che Geova si propone di risuscitare.
Ecco quali sono al riguardo le "giustificazioni" della posizione geovista:
1) nei codici antichi non esisteva punteggiatura. Quindi, così come è legittimo usare segni di interpunzione lungo tutto il testo biblico, sarà lecito porli anche qui e con la libertà di come i traduttori della Bibbia geovista hanno interpretato il significato dello scritto, utilizzando il contesto prossimo e remoto;*
2) Gesù non è asceso al Padre in quello stesso giorno ma 40 giorni dopo;
3) La parola paradiso significa giardino o parco", quindi Gesù non promette di portare il morituro in cielo ma si riferisce al paradiso terrestre del dopo Armaghedon;
Ma ecco in realtà quali sono le costringenti dietrologie del geovismo:
1) L'anima spirituale non esiste; tutto l'uomo è definito "anima" e perciò Se Gesù fosse asceso al reame dei cieli, al cospetto di Dio, non avrebbe avuto nulla del ladrone da portare con sé: il suo cadavere (definito anche "anima morta") è rimasto appeso al legno e la sua "forza vitale" è svanita nel nulla (se ha ragione la tesi contraria crolla quella geovista della mortalità dell'anima);
2) Il ladro non poteva andare con Gesù in cielo perché non era Unto, solo gli Unti sono deputati ad andare nel reame dei cieli e l'unzione iniziò alla Pentecoste (se ha ragione la tesi contraria che tutti i buoni vanno in cielo crolla la distinzione tra Unti-figli-di-Dio destinati al cielo e Altre pecore-nipoti-di Dio destinate alla terra);
3) Il paradiso terrestre sarà ripristinato solo dopo la battaglia di Armaghedon futura. Perciò il ladrone sta ancora aspettando nella tomba – che è la mente di Geova che ne conserva il ricordo - di essere risuscitato (se ha ragione la tesi che il ladro fu assunto in cielo con Gesù crolla sia la terra paradisiaca futura, sia la dottrina sui "santi" dell'antichità che, secondo il geovismo, non sono già finiti in cielo ma, non essendo Unti, stanno anch'essi "in memoria" in attesa di essere risuscitati per fare da principi sulla terra. E abbiamo già spiegato più volte che comunque la risurrezione geovista non sarebbe che la riproduzione di una copia conforme all'originale perduto e non la risurrezione della stessa persona).
Ed ecco alcune osservazioni critiche sulle giustificazioni geoviste:
1) Non è questione di punteggiatura ma di senso. La frase può essere tradotta perfettamente senza usare alcun segno di interpunzione. In qualche Bibbia troviamo: "in verità ti dico che oggi tu sarai con me in paradiso". Vale a dire che il senso inteso da pressoché tutti gli esegeti emerge logicamente dalla promessa di Gesù, non viene artatamente ricavato dalla punteggiatura posta prima di "oggi";
2) L'avverbio di tempo posto prima dei due punti non ha alcun senso logico;
3) Nel Vangelo ci sono decine e decine di situazioni in cui Gesù ha usato la formula asseverativa "in verità in verità ti/vi dico" ma in nessun caso vi ha aggiunto l'avverbio di tempo "oggi". L'unica volta che lo ha fatto, esso aveva la sua ragion d'essere perché voleva sottolineare il tempo cronologico, contestuale al rinnegamento di Pietro. Allora Gesù disse "in verità ti dico, oggi, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte";
4) Gesù ha detto "tu sarai con me" ma, nell'ipotesi geovista il ladro pentito non sarà mai con Gesù giacché dimorerà sempre sulla terra paradisiaca mentre Gesù lo governerà dal cielo; c'è da chiedersi: ma Gesù non sapeva che il ladro non era Unto, o forse gli ha mentito?
5) Se Gesù ha detto "con me" e "in paradiso" e di fatto lui è andato in "cielo" questo significa che nel suo pensiero paradiso e cielo si equivalgono, cioè esiste un solo tipo di salvezza e, conseguentemente, salta anche la teoria dell'unzione e della doppia serie di salvati;
6) Nella relativa nota che si trova nella KIT geovista si spiega che in antico non c'era punteggiatura, perciò gli autori della KIT "omettono" la virgola, posta prima di "oggi" (gr. sèmeron) da Westcott e Hort autori del testo critico usato nella KIT. Ma non è vero, non la omettono affatto ma la trasformano in due punti per darle più forza e la spostano dopo "oggi";
7) La terra paradisiaca è stata o no scoperta solo nel 1935? Gesù nella sua predicazione (ad es. nelle beatitudini) non ha promesso solo il cielo ai giusti e a chi si pentiva dei peccati?
8) Quanto al fatto che Gesù non sarebbe andato in cielo in quel giorno, la soluzione cattolica è poco comprensibile dai TG. Essi dovrebbero mettere un momento da parte la materialità con cui considerano le realtà spirituali e allora potrebbero considerare che il paradiso-cielo non sta in nessun "luogo" ma è una condizione di esistenza soprannaturale nella dimensione di Dio, e che pertanto Dio Padre, poteva benissimo rendere partecipe della beatitudine celeste l'anima di Gesù nello stesso istante della morte. Gesù risorto, per parte sua, in forza del possesso anche della natura divina, poteva contemporaneamente "stare in cielo" e mantenere i contatti con la dimensione spazio-temporale di questo mondo. Basta fare un po' di teologia seria rinunciando a concepire Dio con un cervello, un luogo in cui vivere, e un corpo spirituale di forma ben definita dotato di organi di senso, come purtroppo si legge negli stampati della WT.
Humour in fundo: Russell avvertì l'incongruenza di quell'oggi sbalestrato da una punteggiatura illogica e cercò di spiegarlo interpretando il pensiero di Gesù come se avesse detto "oggi, in questo giorno terribile di tenebre e di dolore io ti prometto che...". Ma il secondo presidente Rutherford non doveva esserne tanto convinto perché in un suo scritto preferi trasformare la promessa in interrogazione. Gesù cioè avrebbe chiesto al ladro "tu, oggi, sarai con me in paradiso?"
"Le bugie non possono essere difese che da altre bugie" (Don Lorenzo Minuti, fondatore del GRIS di Roma).
Sia lodato Gesù Cristo
e la sua verità che ci libera dalle illusioni e dalle eresie!
«In patientia vestra possidebitis animas vestras»... aliorumque. (Lc 21,19)