da Sandro » mer mar 31, 2010 10:26 pm
GIOVEDI SANTO - ciclo A/B/C (1/4/2010)
Prima Lettura: Esodo 12, 1-8. 11-14
Il brano ricorda l’istituzione della Pasqua ebraica. Leggiamo dalla stessa NM geovista: “11 E’ la pasqua di Geova. (…) 14 E questo giorno vi deve servire di memoriale, e lo dovete celebrare come festa a Geova per tutte le vostre generazioni. Lo dovreste celebrare come uno statuto a tempo indefinito.” Come si fa a dire che c’entra il diavolo da qualche parte? Ma questo è proprio ciò che insegna il geovismo. E’ un rebus che il TG dovrebbe spiegarci molto accuratamente. E, si badi, non ha senso dire che “i cristiani” (che nel gergo geovista sarebbero solo i TG!), non essendo ebrei, non celebrano la Pasqua ma la “Commemorazione della morte di Cristo”. Non ha senso, perché quella commemorazione, sia nella comprensione dei discepoli sia nell’intento di Gesù era precisamente una celebrazione della Pasqua (cf “Ho grandemente desiderato di mangiare con voi questa pasqua prima che io soffra.” - Luca 22,15) La novità cristiana sta solo nel fatto che in essa è Gesù che si sostituisce all’agnello immolato.
Seconda Lettura: 1Corinti 11, 23-26
In questo brano paolino abbiamo nuovamente la deformazione delle parole di Gesù di cui abbiamo già parlato. Deformazione grave, insistita in tutti e tre i testi dei sinottici e perciò da contestare con altrettanta determinazione. Gesù non ha detto “24 questo significa il mio corpo… 25… questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue” come viene reso dalla NM, ma ha detto “Questo è il mio corpo… questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue”. (CEI)
Ma, oltre a questo, il suo valore è duplice e lo si ricava dalle parole d’inizio ove Paolo dice: “23… ho ricevuto dal Signore ciò che vi ho anche trasmesso…” ovvero questo brano paolino costituisce e attesta sia il dato di rivelazione proveniente da Gesù, sia il fenomeno della Tradizione Sacra che consiste nella sua trasmissione* da credente a credente, in qualsiasi modo avvenga (sia con le parole sia con lo scritto). Quindi il geovismo gioca su uno scarto logico quando demonizza “le tradizioni umane” assimilando ad esse la Tradizione Apostolica. Non si rende conto che la Tradizione orale è già presente nella stessa Bibbia!
Sappiamo che prende questa posizione per esaltare lo scritto/Bibbia (senza pensare che anch’essa – tutta la Bibbia! - non è altro che Tradizione orale messa per iscritto) nella illusione di poter disporre del messaggio rivelato indipendentemente dalla mente interpretante della Chiesa che sin dall’inizio ha trasmesso e spiegato (come sta appunto facendo Paolo!) il senso esatto in cui va intesa la verità rivelata. Quel senso che, secondo Paolo, ha interpretato sin dall’inizio del cristianesimo le parole di Gesù sul pane e il vino come consacratorie; causanti cioè la reale presenza del Corpo e del Sangue del Signore. E per questo motivo, la pasqua-Messa è ripresentazione dell’unico vero e proprio sacrificio pasquale avvenuto sul calvario; anche se, nella Cena e Messa, – e qui bisogna credere alla Parola onnipotente di Gesù-Dio - lo ripropone in modo incruento, sotto i simboli sacramentali.
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* Trasmettere, in latino, si dice “tràdere”. Da qui viene “Tradizione”, che sta quindi per trasmissione, consegna, atto del ricevere e passare ad altri.
Vangelo: Giovanni 13, 1-15
Nessun commento contestatore. Qui si potrebbe vicendevolmente (tra Cattolico e Testimone) scambiarsi amichevolmente le impressioni spirituali profonde che tale brano suscita nel cuore. Personalmente penso che quella trovata di Gesù di lavare i piedi ai discepoli, trovata che non ha l’eguale in nessun potente della storia, sia fortemente dimostrativa del fatto che Gesù è davvero Dio incarnato. Ma lo lascio dire a Giovanni (cf Gv 1,14ss; 1 Gv 1, 1-4).
VENERDI SANTO - ciclo A/B/C (2/4/2010)
Prima Lettura: Isaia 52, 13-53,12
Nulla dire se non l’invito ad adorare…
Seconda lettura: Ebrei 4, 14-16; 5, 7-9
La CEI dice: “16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.”
La NM rende invece così: “16 Accostiamoci perciò con libertà di parola al trono dell’immeritata benignità, affinché otteniamo misericordia e troviamo immeritata benignità per [ricevere] aiuto al tempo opportuno.”
Notiamo la differenza di concezione tra noi e il geovismo. La grazia, secondo noi, è la compartecipazione alla vita divina. Essa si inaugura con il battesimo che ci innesta come tralci alla Vite-Cristo, rendendoci membra del suo Corpo. E’ vero (e lo sottolinea la stessa parola) che essa è gratuita e perciò non meritata, ma una volta ricevuta è la sua presenza che “costringe” il Padre a nutrire nei nostri confronti un atteggiamento di benignità.
Nel geovismo tale grazia non esiste. L’essere umano (e qui si nota la radice protestante da cui il geovismo proviene!) è irrimediabilmente guasto e peccatore, e perciò la chàris biblica viene intesa solo come atteggiamento di benignità non meritata da parte di Geova.
Insomma nella nostra concezione è il nostro nuovo essere ontologico, costituito figlio adottivo nel Figlio, a provocare la benignità del Padre. Benignità perciò che è pienamente meritata, anche se la figliolanza ci fu donata gratuitamente.
Ma tant’è, nel geovismo perfino Gesù, il Figlio unigenito, “era pieno di immeritata benignità”!!! (Gv 1,14 – NM)
Vangelo: Giovanni 18,1-19,42 (racconto della passione)
Solo qualche punto… Circa la croce trasformata in “palo… palo di tortura” abbiamo già detto commentando il vangelo della Domenica delle palme.
Il v 30 che dice “… e chinando la testa, rese lo spirito” (NM) potrebbe offrire un buon spunto per mostrare che la concezione cattolica dell’essere umano, la persona, composta di anima (o spirito) e corpo, è allineata con la Bibbia. Si ricordi che il TG ritiene che la persona sia definita “anima” dalla Bibbia e che sia costituita di “corpo e spirito vitale”. Sono due concezioni irriducibili perché per “spirito vitale” il geovismo non intende la componente spirituale dell’uomo, fonte dell’intelligenza e della volizione, ma una energia impersonale, identica a quella che tiene in vita gli animali.
Circa la tomba in cui è stato riposto il corpo di Gesù la NM precisa che era “commemorativa”, perché nel geovismo “la comune tomba del genere umano” cioè di tutte le persone che morendo finiscono nel nulla, consiste nella memoria di Geova, da cui verranno, dopo l’Armaghedon, ricreate persone-copia di quelle già defunte. E… solo di quelle che Geova ritiene di voler risuscitare.
Tornando alla croce-palo i TG chiedono se sia ragionevole che uno porti come trofeo al collo la rappresentazione della pistola con cui è stato ucciso il proprio genitore. Si risponda:
1)- Va bene, allora dovreste accettare che sia il vostro Fondatore Russell che il secondo presidente Rutherford furono irragionevoli a gloriarsi della croce di Cristo e a volere che i TG la portassero come trofeo glorioso in una spilla sul bavero della giacca!
E se, svicolando, dicessero che ciò avvenne perché non si erano fatte le ricerche filologiche accurate, le quali dimostrerebbero che i termini greci (xylon e stauròs) con cui il Vangelo designa il patibolo di Gesù significano basilarmente “legno” e “in origine, palo”; si ribatta che il problema non è questo, ma che, ammesso anche che le parole stauròs e xylon siano state capite erroneamente come croce, di fatto i due presidenti, e al loro seguito tutti i TG senza alcuna difficoltà interiore, hanno venerato e esibito con orgoglio la… pistola con cui… eccetera… Il che o dequalifica l’intelligenza della Dirigenza iniziale, o sconfessa l’attuale idiosincrasia per la croce.*
Ma poi è o non è S. Paolo che, sotto ispirazione, scrive di "gloriarsi della croce di Cristo"? (Galati 6,14) Anche lui compie un atto irragionevole? E' possibile che lo spirito santo (anche colle "s" minuscole geoviste) gli abbia ispirato una cosa sbagliata? E se non è sbagliata perché mai, cambiata la croce con il "palo di tortura" i presidenti TG attuali e i Testimoni tutti non si "gloriano del palo di tortura di Cristo"? Sono domande alle quali si attende risposta, possibilmente corredata di logica come crediamo che lo siano esse.
2)- Qualunque sia la forma del patibolo in questione resta legittima l’istanza dei primi presidenti, che (ohibò!) collima con l’atteggiamento della “cristianità apostata” che ha fatto della croce il suo emblema di vittoria, trasfigurandone la valenza da infame patibolo a trono di vittoria sul male, sul peccato, sul diavolo e sulla morte eterna. Ecco infatti come, contrapponendolo all’albero dell’Eden che provocò la morte dell’umanità, ne canta le glorie di vita e salvezza l’Inno “Crux fidelis”.
«O croce di nostra salvezza, / albero tanto glorioso, / un altro non v’è nella selva, / di rami e di fronde a te uguale. / Per noi dolce legno, che porti / appeso il Signore del mondo.
Esalti ogni lingua nel canto / lo scontro e la grande vittoria, / e sopra il trofeo della croce / proclami il suo grande trionfo, / poiché il Redentore del mondo / fu ucciso e fu poi vincitore.»
E siccome davanti all’amore sconfinato di Gesù è giusto che dopo “sì” si dica anche “sissignore”, aggiungiamo l’inno tratto dai Secondi Vespri della Domenica delle Palme. Uno splendore!
«Ecco il vessillo della croce, / mistero di morte e di gloria: / l’artefice di tutto il creato / è appeso ad un patibolo.
Un colpo di lancia trafigge / il cuore del Figlio di Dio: / sgorga acqua e sangue, un torrente / che lava i peccati del mondo.
O albero fecondo e glorioso, / ornato d’un manto regale, / talamo, trono ed altare / al corpo di Cristo Signore.
O croce beata che apristi / le braccia a Gesù Redentore, / bilancia del grande riscatto / che tolse la preda all’inferno.
Ave, o croce, unica speranza, / in questo tempo di passione / accresci ai fedeli la grazia, / ottieni alle genti la pace. Amen.»
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* Per amore di completezza preciseremo che l'argomentazione di rifarsi al significato originale, nel greco classico, dei termini stauròs e xylon, è depistante. Infatti le parole hanno una loro evoluzione semantica nel tempo. Ad esempio "canzonare" nel Medio Evo significava comporre canzoni, ma oggi significa prendere in giro. E sarebbe una argomentazione risibile, di fronte a un giudice chiamato a dirimere una querela per una presa in giro, che l'offensore si giustificasse dicendo che la "canzonatura" era stata intesa da lui nel senso usato nel Medio Evo e quindi non era offensiva.
In verità la dirigenza geovista sa benissimo di questa evoluzione delle parole. Non è infatti un caso se nella edizione del manuale geovista Ragioniamo la WT ha fatto cassare tra i vari significati citati, dal dizionario della le Monnier, per il termine xylon, proprio la precisazione che c'era e diceva: "la Croce N.T." Essaa indicava prcisamente che il significato di xylon, quale che ne sia stato il senso nell'antichità classica, in ambito Neo Testamentario è stato usato dagli Autori sacri con il senso di "croce".
SABATO SANTO - Veglia pasquale - Ciclo C (3/4/2010)
Trascuriamo le sette letture che precedono la celebrazione eucaristica perché hanno un contenuto narrativo e non vi si notano punti notevoli su cui fare dei rilievi dottrinali.
Epistola: Romani 6,3-11
Questo brano è importantissimo perché contiene due punti di differenza dottrinale di gravità estrema circa l’interpretazione biblica e il rispetto della Parola di Dio.
Cominciamo con il secondo che riguarda l’interpretazione del concetto di risurrezione. Il v 9, parlando di Gesù risorto, dice: “ Poiché sappiamo che Cristo, ora che è stato destato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più”. (NM) “… la morte non ha più potere su di lui”. (CEI)
Questa affermazione, che la morte non ha più potere su Cristo risorto, unita anche alla fenomenologia manifestata dal corpo di Cristo che appariva e scompariva, si rendeva presente ove voleva anche a porte chiuse ecc… contiene due verità dottrinali che il geovismo nega.
1)- Che il risorto è la stessa persona con lo stesso corpo che visse storicamente, come attestano le piaghe che Gesù ha esibito, le sue assicurazioni verbali “sono proprio io!”, e come certifica la assicurazione paolina che quel corpo non muore più. Se non muore più si tratta del corpo che morì tempo addietro;
2)- Che la risurrezione non consiste soltanto nel riportare in vita la persona defunta ma nel trasformarne il corpo, già mortale, in un corpo dotato di nuove caratteristiche, tra le quali la immortalità.
E poiché S. Paolo dice che anche i corpi dei cristiani, con la risurrezione saranno resi simili al corpo glorioso di Cristo (cf Filippesi 3,21 “il Signore Gesù Cristo, 21 che rimodellerà il nostro corpo umiliato affinché sia conforme al suo corpo glorioso secondo l’operazione del potere che egli ha, anche di sottoporre a sé tutte le cose.”) viene con ciò negata la dottrina geovista che sostiene la sostituzione del corpo dei risuscitati-ricreati da Geova nel millennio. E viene fatta anche una grande distinzione tra la risurrezione di Cristo e quelle che seguiranno a lui giacché egli è il “primogenito dai morti” (Apocalisse 5 - NM ) il prototipo della risurrezione. Così che quelle che avvennero prima: le “risurrezioni” del figlio della vedova di Sarepta, del figlio della vedova di Naim, della figlia di Giairo, di Lazzaro, non vanno intese come risurrezioni vere e proprie ma piuttosto come rivivificazioni, rianimazioni e simili.
L'altro punto, che nel testo viene prima, è molto più grave perché non è solo interpretativo ma anche di truffa dottrinale perché deforma intenzionalmente, e con tanto di interpolazione, il significato chiaramente espresso dalla Bibbia. Ecco dove si trova:
“7 Poiché colui che è morto è stato assolto dal [suo] peccato”.
Ed eccone la spiegazione, ambientata dal geovismo nel Giorno del giudizio:
«Contrariamente all’opinione comune, egli [Gesù – ndr] non giudicherà le persone in base ai loro peccati passati, molti dei quali commessi forse per ignoranza. La Bibbia spiega che alla morte l’individuo è prosciolto o assolto da tutti i peccati commessi. Essa dice: “Colui che è morto è stato assolto dal suo peccato”. (Romani 6:7) Questo significa che i risuscitati saranno giudicati in base a quello che faranno durante il Giorno del Giudizio,* non a quello che hanno fatto prima di morire.» (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, p. 175)
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* Per Giorno del Giudizio, non a caso evidenziato in corsivo nello stesso testo geovista, il geovismo intende l’intero millennio del dopo Armaghedon.
In sintesi, abbiamo quattro manovre arbitrarie operate a danno della Bibbia:
1)- Si dà a intendere che la Bibbia parli di morte fisica, mentre (si legga l’intero contesto) Paolo sta parlando della morte spirituale-mistica già avvenuta nel battesimo, l’uccisione del peccato e del vecchio uomo. Dice infatti fummo battezzati nella sua morte… fummo sepolti… la nostra vecchia personalità fu messa al palo con lui… perché camminassimo in novità di vita;
2)- Si parla di proscioglimento o assoluzione dai peccati commessi, mentre, trattandosi appunto del battesimo bisogna pensare al peccato originale, e precisamente alla liberazione dalla legge del peccato che tiene prigioniero ogni figlio di Adamo. La CEI traduce appunto “chi è morto è ormai libero dal peccato”;
3)- Si estende indebitamente tale liberazione-assoluzione a tutti i peccati commessi, cioè anche a quelli attuali commessi dopo il battesimo, per i quali invece Gesù ha provveduto il sacramento della Riconciliazione-Confessione;
4) -Si opera l’imbroglio di cui al punto precedente aggiungendo al testo sacro l’aggettivo possessivo “suo” (messo tra parentesi quadre nel testo biblico per indicare correttamente che nell’originale non esiste, ma reso parola di Dio nella citazione togliendogli scorrettamente le parentesi!). Il “suo” fa pensare appunto ai peccati personali e non al peccato originale che, propriamente non è un peccato proprio ma ereditato.
Sembra proprio che il CD dei TG abbia voluto “parare” il pericolo che qualche suo adepto, già membro della cristianità, potesse avere, nell’appressarsi della morte, un tentennamento, una resipiscenza che lo spingesse a chiedere l’assoluzione sacramentale. Insomma si direbbe che con questa trovata (molto maldestra e pacchiana) il CD abbia voluto conferire ai suoi adepti una sorta di assoluzione-viatico in articulo mortis, assicurando loro che il semplice fatto di morire li avrebbe assolti da ogni peccato, e che saranno giudicati da Gesù solo in base a come si comporteranno da risuscitati, nel millennio.
Naturalmente non bisognerà contestare al nostro TG solo le deformazioni di cui sopra, ma anche: a) fargli vedere che la Bibbia stessa smentisce quanto qui il CD afferma. Lo fa espressamente in 2Corinti 5,10: “10 Poiché dobbiamo tutti essere resi manifesti dinanzi al tribunale del Cristo, affinché ciascuno riceva il suo giudizio per le cose fatte mediante il corpo, secondo le cose che ha praticato, sia cosa buona che vile.” (NM); b) e farlo riflettere, con opportune domande, sulla contraddizione tra questo insegnamento e l’esortare comunque, con determinazione spartana, a vivere una vita virtuosa e “fare i dovuti aggiustamenti” di condotta prima di morire; c) come pure la contraddizione di sostenere che la morte assolve da ogni peccato commesso e però Adamo, i Sodomiti e gli Unti apostati non saranno risuscitati per essere giudicati in base a quello che faranno nel millennio; d) e sul versetto che dice: “E come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio”.(Ebrei 9,27) versetto puntualmente riveduto e scorretto dalla NM che lo rende: “E come agli uomini è riservato di morire una volta per sempre, ma dopo ciò un giudizio”.
Vangelo: Luca 24, 1-12 (ciclo C)
Nulla da segnalare, salvo il fatto che l’inizio del versetto 6 “[[Egli non è qui ma è stato destato.]]” e l’intero versetto 12 “[[Ma Pietro si alzò e corse alla tomba commemorativa e, chinatosi in avanti, vide le sole bende. E se ne andò, meravigliandosi fra sé di ciò che era accaduto.]]” Sono poste, come si vede, nella NM tra doppia parentesi quadra. Questo, come detto a p. 7 della NMrif, significa che per la dirigenza geovista sono considerati versetti spurii, interpolazioni. La base di tale giudizio è, come abbiamo già incontrato, il fatto che essi mancano in alcuni codici. Ma siccome essi sono presenti in altri codici, noi diciamo che è arbitrario considerarli interpolati. Sono considerati tali per scelta del geovismo e non sulla base oggettiva dei documenti che costringerebbero a sospendere il giudizio, potendo essere, anziché interpolati in certi codici, saltati da quelli che ne sono privi. Tra l’altro l’episodio del v. 12 è riportato anche da Giovanni - e stavolta il CD lo accetta! – che affianca a Pietro anche il discepolo che Gesù amava. Ne parleremo tra poco poiché è contenuto nella Messa del giorno.
Comunque va detto che, per correttezza esegetica, non potendosi stabilire se un certo versetto è originale o no, dal momento che esso è però presente in alcuni codici, si deve seguire la prassi di: a) esaminare se è in armonia con tutto il contesto della rivelazione e, se lo si riscontra congruente, b) inserirlo nella traduzione rimandando a una nota che indichi la sua presenza e assenza in certi codici. Per questo diciamo che citarli nel testo e sentenziare che sono interpolati è arbitrario. Oltretutto coerenza vorrebbe che il versetto che si ritenesse interpolato vada espunto del tutto dal testo. Semmai se ne può fare cenno in nota se esso fosse stato messo nel testo in Bibbie edite quando l’apparato critico storico-letterario non era ancora ben sviluppato. Come è stato appunto fatto, sia nelle Bibbie cattoliche che in quella geovista in rapporto al famoso “comma giovanneo” nella 1Gv 5,7.
DOMENICA DI PASQUA - ciclo A/B/C (4/4/2010)
Prima Lettura: Atti 10, 34. 37-43
Notiamo solo che Pietro, dicendo “41 …noi che mangiammo e bevemmo con lui dopo che era sorto dai morti” (NM) non dev’essere stato a… scuola di geovismo dal CD dei TG! Se ci fosse stato avrebbe scritto (come oggi insegna il CD) “noi che, dopo la ricreazione di una copia di Michele arcangelo in vece del corpo storico di Gesù, mangiammo e bevemmo con una figura di Cristo materializzata da Michele ma che gli somigliava così tanto da sembrare vero”.
Seconda lettura: Colossesi 3, 1-4
Anche questo breve passo merita di essere riscritto, sempre seguendo gli odierni insegnamenti interpretativi della Bibbia forniti dal CD. Esso dice: “1… continuate a cercare le cose di sopra, dove il Cristo è seduto alla destra di Dio” (NM) Ma il CD dice di intendere che non si tratta del Cristo ma di Michele, e non è seduto alla destra di Dio ma allo sgabello accanto a Geova, perché per sedere accanto a Lui dovrà attendere il 1914; anno in cui caccerà Satana dal reame dei cieli e inaugurerà il regno di Dio divenendone il Re.
Il “voi moriste” del v. 3 ci ricorda il fenomeno che avviene nel battesimo. Una sorte di morte spirituale-mistica, come abbiamo detto commentando l’Epistola della veglia.
Vangelo: Giovanni 20, 1-9
Il testo vede protagonisti Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro, dopo l’annuncio dato loro dalla Maddalena. Ciò che loro “videro” e la conclusione che ne trassero “credette/ro” costituiscono per alcuni esegeti* una prova fisica della risurrezione di Gesù. Il discorso è affascinante; seguiamolo con attenzione. Non ci sono modificazioni bibliche testuali, va bene anche la NM geovista che seguiremo. Perciò è un argomento che si può molto proficuamente e fraternamente condividere con il TG che non mostrasse un preconcetto rifiuto (espresso di solito con ironia e sarcasmi) contro l’esegesi cattolica.
Il testo dice che Giovanni arrivò per primo, “vide le bende a giacere [meno bene la CEI che dice “per terra”] ma non entrò”. Da ciò che diremo se ne ricava che non solo non entrò per deferenza, volendo lasciare a Pietro il passo, ma anche perché fu come folgorato da ciò che vide e che subito dopo, entrando, confermò. Vide le bende (gr. ta otònia) cioè le fasce con cui era stato avvolto il corpo a modo di una mummia, a giacere (gr. keìmena). Questo “giacere” può significare “schiacciate, appiattite”, ovvero nella posizione non rialzata come quando c’era il corpo dentro ma appiattite perché non sostenute più dal corpo. Anche Pietro, giunto poco dopo, vide le bende e, in aggiunta, “il panno che era stato sulla sua testa” (il sudario - CEI) (gr. soudàrion) “non a giacere con le bende ma arrotolato” “piegato” (CEI) Qui la traduzione della NM è più felice perché il greco ha “entetuligmènon” che è meglio reso da "arrotolato" che non da "piegato". Se fosse stato piegato sarebbe stato giacente, come se qualcuno lo avesse diligentemente ripiegato e riposto. Invece il testo nota espressamente che non era giacente con le bende (gr. ou metà ton otonìon keìmenon ). Cioè il sudario, sia perché insieme alla sindone formava un doppio strato di stoffa, sia perché la fasciatura attorno al collo gli conferiva una certa rigidezza, non si era afflosciato assieme alle bende ma manteneva all’aspetto la forma tondeggiante della testa. Il punto su cui fa perno questa nuova interpretazione di ciò che fu visto e che suscitò il crederci (credere cioè all’avvenuta risurrezione e a cosa significasse risorgere) dipende tutto dalle parole che seguono. Esse asserirebbero che tale sudario era “arrotolato separatamente in un luogo” (NM) “ piegato in un luogo a parte” (CEI) (gr. chorìs èis èna tòpon) mentre chorìs può significare non separatamente ma “a parte”, cioè diversamente dalle bende.** E èis èna tòpon si può tradurre “nello stesso/unico/medesimo posto” ove si trovava, cioè al posto della testa.
Se ciò è plausibile, si spiega meglio il nesso stretto ed esplosivo tra il vedere e il credere di Giovanni o di entrambi i discepoli (alcuni codici dicono “credettero”), che altrimenti resta misterioso. Cosa mai vide/dero di tanto strano da indurre in loro il credere? Non certo la mera sparizione del cadavere così che credettero a ciò che aveva loro detto la Maddalena. Videro invece una situazione che richiedeva assolutamente un miracolo soprannaturale, perché nessun corpo umano avrebbe potuto uscire da quelle bende senza svolgerle, lasciandole intatte. E la cosa verrebbe anche confermata dal fatto che - come nota espressamente Giovanni - in quel momento ebbero coscienza di cosa significasse risorgere dai morti. Infatti il testo termina, dopo il “vide e credette”, dicendo: “Poiché non discernevano ancora la scrittura che egli doveva sorgere dai morti.” E qui possiamo aggiungerci, come complemento molto pertinente, lo stupore di Pietro notato da Luca nel passo arbitrariamente ritenuto spurio dalla NM, che termina dicendo “E se ne andò meravigliandosi [“pieno di stupore” dice la CEI] fra sé di ciò che era accaduto” (Luca 24,12); uno stupore ben motivato! Quindi credette/ro alla risurrezione (realtà metastorica) grazie a ciò che videro (effetti storici).
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* Personalmente posso attestare che questa interpretazione la intesi per la prima volta formulata dal Prof. Francesco Spadafora, docente di esegesi all’Università Lateranense negli anni ’60.
** Il dizionario greco-italiano di Liddell-Scott indica appunto che, come primo significato, chorìs ha "separatamente, a parte"; ma, come secondo significato, ha “diversamente, in modo differente”. Quindi l’agiografo può aver voluto dire che il sudario non era giacente (schiacciato) come le bende ma, diversamente da esse, era ancora avvolto (intendi, non disteso ma a forma di palla) nello stesso luogo della testa. Una visione impressionante che a chiunque la vedesse susciterebbe immediatamente l'intuizione della risurrezione di un corpo trasumanato, cosa mai vista dagli Apostoli nelle precedenti "risurrezioni". Paolo dirà "messo a morte nella carne, reso vivente nello spirito... si semina corpo mortale, risorge corpo spirituale".
«In patientia vestra possidebitis animas vestras»... aliorumque. (Lc 21,19)