domanda sulla libertà di religione.

Si suppone la conoscenza della Dottrina Cattolica in linea di massima. Qui si dà spazio al chiarimento di punti che rimanessero lacunosi per alcuni utenti.

Moderatore: berescitte

domanda sulla libertà di religione.

Messaggioda alenis » dom set 14, 2008 7:17 pm

La Chiesa afferma che tutti sono liberi di professare il culto che ciascuno ritiene il più adatto; ho trovato questo articolo però che mi mette un dubbio: Eccolo:


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Il principio della libertà

di Mons. Richard Williamson
(tratto da "La Tradizione Cattolica, anno VI, n. 3")



La libertà è uno di quei termini che, al giorno d’oggi, è così carico di emotività che appena lo pronunziamo non pensiamo più al suo vero significato profondo. Ma chi ha un po’ di buon senso e guarda il mondo che gli sta attorno capisce che il senso profondo del termine libertà non è comodo. E non siamo solamente noi Cattolici che dobbiamo rivedere la parola.
Cominciamo, dunque, con una definizione di libertà, nel senso in cui è più spesso recepito, ossia come un’assenza di costrizione. La costrizione può essere esterna o interna; per esempio, un uccellino in gabbia o con la zampetta legata con uno spago, è costretto dall’esterno, poiché né gabbia né spago fanno parte di lui. Ma se l’uccellino è libero da costrizioni esterne, non vuol dire che sia libero anche all’interno, poiché tutte le sue azioni, il volare, il mangiare e così via sono regolate dall’istinto. Osservate un cane in cui due istinti sono in conflitto aperto: il cane non sceglie, non decide liberamente. Alla fine, uno dei due istinti prevarrà e il cane agirà di conseguenza.
L’uomo, invece, è dotato della facoltà superiore dell’intelletto e dunque non è obbligato dagli istinti (di solito). Può applicare la ragione per scegliere quale istinto assecondare; diciamo dunque che l’uomo gode della libertà esterna (purchè non sia in carcere) e di quella interna.
Il carcerato gode della sola libertà interna e non di quella esterna; l’uccellino che vola gode di quella esterna e non di quella interna. Non ci interessa qui la libertà esterna, detta anche fisica perché indica l’assenza di costrizioni fisiche o materiali. Ci interessa piuttosto la libertà interna, detta anche naturale (perché fa parte della natura dell’uomo), o psicologica (perché compone la sua psiche).
Questa libertà naturale altro non è se non il libero arbitrio, ossia quella facoltà di scelta senza le costrizioni dell’istinto, tra due alternative proposte. La facoltà del libero arbitrio o libertà naturale è molto spesso confusa e fraintesa; la studiamo bene per capirne meglio la natura. Diciamo innanzitutto che ha quattro caratteristiche:
è una (1) facoltà (2) inalienabile, dalla (3) capacità (4) illimitata, che ai fini della spiegazione possiamo paragonare ad un’automobile.

Libertà = mancanza di costrizioni
Libertà fisica = mancanza di costrizioni esterne
Libertà naturale = mancanza di costrizioni interne (ossia libero arbitrio)
Prima di tutto, il libero arbitrio è una capacità e non un atto. E’ una facoltà, una capacità di agire, che fa parte della natura dell’uomo e che precede tutte le sue azioni. E’ presupposto da esse e dunque si identifica con nessuna in particolare. L’automobile, in qualità di automobile, è capace di percorrere la strada, anche se in questo momento sta ferma nell’autorimessa.
In secondo luogo, la libertà naturale è una caratteristica inalienabile della natura razionale. Dovunque esiste la facoltà della ragione, o un uomo in pieno possesso della ragione, là esiste la libertà naturale, il libero arbitrio. Se si perde, magari in stato di ebbrezza, l’uso della ragione, non si è più liberi. Ma, al di fuori di questo caso, la libertà naturale è inalienabile dalla natura umana. Finchè l’auto funziona, finchè non si rovina, ha l’inalienabile capacità di guidare lungo la strada.
Per la Morale la libertà naturale è una capacità di agire senza limiti, ma non un diritto. Così come certi atti (ad esempio, il volare) sono negati fisicamente all’uomo, così pure certi altri gli sono da escludersi moralmente, quali il furto, l’adulterio, l’assassinio.
La libertà naturale ha la capacità di commettere questi atti, ma non il diritto. Allo stesso modo, l’automobile può percorrere la strada a sinistra, ma non ne ha il diritto, poiché provocherà danni. La capacità naturale di andare dove può deriva dal suo interno, dalla sua natura di automobile, ma il suo diritto deriva da fuori, dal codice della strada. La libertà naturale mi dà la capacità dal di dentro di fare quello che posso, ma il diritto di farlo nasce al di fuori di me. La capacità di compiere un determinato atto non costituisce un diritto.
In senso più largo, però, la libertà è illimitata dal di dentro, ossia la libertà non è limitata ad un tale atto o ad un tal altro: è una facoltà libera di compiere tutte le azioni fisicamente possibili in una data circostanza. La facoltà è limitata solo dall’esterno: un uomo, ad esempio, non è libero di volare, perché è una possibilità che gli è fisicamente negata. Dall’interno, però. Il libero arbitrio non ha limiti. Allo stesso modo, l’automobile, in quanto automobile, non è limitata ad andare solo da nord a sud; può andare in senso contrario o anche in un’altra direzione. Non può attraversare l’acqua, perché questa è una possibilità che le è fisicamente negata.
Se il codice della strada non esistesse, l’auto avrebbe il diritto di andare dovunque fosse libera di andare; dunque capacità e diritto sarebbero la stessa cosa. Sappiamo bene che nella Morale esiste un “codice della strada”. Sappiamo bene –e lo dicevano i grandi pagani- che, nonostante si sogni di fare quel che si vuole, l’universo ha una cornice morale propria, nella quale, indipendentemente da quello che possiamo dire o pensare, certe azioni sono sempre ed oggettivamente giuste, mentre altre sono sempre ed oggettivamente errate. Ne segue che la libertà naturale è una capacità e non un diritto.
Si capisce dall’esperienza che, tra tute le azioni che si possono scegliere con la libertà naturale, alcune sono giuste o moralmente lecite, ed altre errate o moralmente illecite.
Se si abusa della facoltà del libero arbitrio colla scelta di azioni illecite, si ha l’abuso della libertà naturale, ciò che chiamiamo licenza, cioè ogni atto peccaminoso. D’altra parte, poiché le azioni umane si suddividono in buone e cattive, se la facoltà del libero arbitrio viene usata nel bene (cioè nel preferire il bene), abbiamo l’uso retto della libertà naturale, ciò che chiamiamo libertà morale.

Libertà naturale = libero arbitrio, di per sé illimitato, ossia dignità potenziale
Licenza = limitata nell’agire al male
Libertà morale (o dignità vera) = limitata nell’agire al bene
Vediamo bene, per capirne tutto il senso, la vera natura della libertà morale, che consiste in quattro punti:
è un (1) uso (2) alienabile di una facoltà, con (3) diritto (4) limitato.
Ora, nell’uomo, la libertà morale, o l’uso retto del libero arbitrio, è l’uso della facoltà, ma non la facoltà in sé, così come la guida dell’automobile è l’uso che se ne fa e non l’auto che si guida. Deve esservi la facoltà prima dell’uso e così ogni uso – o abuso- presuppone una facoltà, come il guidare bene o male presuppone un’automobile. La facoltà è diversa dall’uso o abuso che se ne fa, perché entrambi sono possibili. La libertà naturale è di per sé soltanto potenziale, mentre la libertà morale e la licenza sono sempre attuali, almeno in parte; siccome poi la libertà morale non può esistere senza della libertà naturale, la Chiesa ha sempre combattuto gli eretici che negano l’esistenza del libero arbitrio nell’uomo. Perciò la libertà morale dà quel tocco di buono al semplice potenziale della facoltà del libero arbitrio. Come la guida presuppone l’automobile, così tutti gli autisti curano la propria. Ciò nonostante l’automobile tenuta bene nell’autorimessa non significa che sulla strada sia guidata bene: la buona guida è diversa dall’automobile.
In secondo luogo la libertà morale è alienabile, nel senso che ogni volta che si abusa della propria libertà scegliendo di peccare, si può dire di avere una libertà peccaminosa, una licenza, ma non la libertà di fare del bene; nostro Signore dice che colui che pecca è schiavo del peccato. Allo stesso modo, se si guida un’automobile così male da rovinarla, non la si può più guidare finchè non le si ridà la sua capacità di essere guidata. La guida disastrosa esclude o aliena nel frattempo la guida sicura. Certo è che la libertà di un uomo non si può distruggere finchè vive: avrà fino alla morte la facoltà inalienabile della libertà naturale, ma l’abuso di detta facoltà ne aliena o esclude l’uso giusto, fin tanto che l’abuso dura. La libertà morale è dunque alienabile.
In terzo luogo, poiché gli eventuali limiti posti dalla libertà morale si riducono ad azioni puramente buone, la libertà si può dunque dire un diritto, poiché in assenza del diritto di compiere il male, o peccare, si ha il diritto di fare il bene. Si può dire che la libertà è un diritto che si gode soltanto nel compiere azioni buone. La libertà morale, per definizione, si ha soltanto nel compiere azioni buone, mentre la libertà naturale si ha anche in quelle cattive. La libertà morale è dunque un diritto ad agire, ma la libertà naturale è solamente la capacità, o la potenzialità, di agire. Nell’obbedire al codice della strada, si ha il diritto di condurre l’auto fuori dall’autorimessa e sulla pubblica strada.
Questo perché, nell’agire, la libertà morale è limitata dall’interno, ossia la libertà morale è limitata a tutte le azioni positive. Esclude –ed è esclusa da- tutte le azioni cattive della licenza. Per ciò che riguarda la gamma di possibili azioni, la libertà morale è più limitata della libertà naturale, la quale permette e il bene e il male. Giacchè la guida buona esclude la guida disastrosa, la guida buona limita il numero di modi in cui guidare.
Arriviamo dunque alla distinzione netta ed essenziale, spiegata in quattro punti, fra libertà naturale e libertà morale; mentre la libertà naturale è una facoltà inalienabile, una capacità illimitata (dal suo interno), quella morale è un uso inalienabile di quella facoltà, un diritto limitato (dal suo interno). Tra libertà naturale e libertà morale vi è la stessa differenza che passa tra un’auto ferma e una che va lungo la strada, o tra una bottiglia piena di vino e una piena di acquerugiola.
Se le due libertà sono così distinte, come mai si sono potute confondere? Per dirla in poche parole, finchè si vive non si può perdere la libertà naturale, la quale permette tutti gli atti possibili, buoni o no. La libertà morale è un diritto. Se confondiamo la distinzione fra le due, la libertà naturale diventa un diritto e si è in “diritto” di compiere tutti gli atti possibili, buoni o cattivi che siano! Dire che la libertà naturale è un diritto è un modo molo comodo per abolire la distinzione tra bene e male. Tutto diventa “lecito”, come nei sogni del vecchio sporcaccione! Si è “liberi”, “emancipati”, si può fare di tutto: tanto “non si fa male a nessuno”. Invece nella realtà dei fatti (ed è proprio così, se uno ci pensa), ci si comporta così anche quando si fa male a qualcuno. Se provi a dire che la libertà naturale è un diritto, finisci vittima dei tuoi ascoltatori.
Molti liberali però ammettono che esiste una differenza tra bene e male, eppure si dicono in diritto di commettere il male. Per trovare una spiegazione convincente, dunque, bisogna andare a fondo: il vero motivo è la divinizzazione dell’uomo. La bottiglia ha un valore così altro che poco importa se contiene vino o acqua sporca. L’automobile è un gioiellino così splendido che poco importa se la guidiamo o la schiantiamo contro un platano. Ma guarda un po’! Che bel catorcio contro quell’albero! L’uomo, per natura, è ritenuto di una dignità tale, con delle facoltà di un altissimo valore intrinseco, che comunque le sfrutti intravedi quella dignità trascendente; quindi l’uso che se ne fa, buono o cattivo che sia, è di importanza secondaria. La libertà naturale dell’uomo diventa un diritto, perché in qualunque modo si usi, se ne intravede la dignità. Ma guarda un po’! Che bei relitti che sono, Giuda Iscariota e Lucifero, là all’inferno, nel fuoco eterno! Che bella la dignità dell’odio!
La divinizzazione della natura dell’uomo di per se stessa non considera (o addirittura nega) il fatto che l’uomo non può essere un valore. Così come la bottiglia esiste al solo fine di contenere il vino, o l’automobile per essere guidata senza andare contro un platano, l’uomo esiste soltanto per guadagnare tanti meriti affinché, alla morte, vada in Paradiso. Non esiste altro fine per nessuno. I liberali, però, e gli umanisti negano la relatività dell’uomo rispetto a qualche cosa di superiore. Egli è il valore supremo ed è quindi superiore al bene e al male. Sappiamo che solo Dio è superiore al bene o al male (essendo Sommo Bene, non può fare il male): perciò i liberali fanno dell’uomo una divinità.
Inoltre i liberali hanno guadagnato da due o trecento anni una posizione di importanza tale che hanno trasformato il mondo che ci circonda: la divinizzazione dell’uomo si fa sentire col loro dominio nel mondo dell’arte e della musica, nei mezzi di comunicazione di massa, nella scuola, nella politica, nell’economia, nel nazionalismo e così via. Succede che quando ci danno un diritto come quello di compiere il male, per la formazione che abbiamo ricevuto e gli effetti che proviamo, tutto in un mondo liberale, l’errore e la confusione ci casca nel cuore come una lettera nella buca.
Quando ci chiedono se è vera libertà quella naturale o quella morale, tendiamo a dire quella naturale, perché la libertà morale è “limitata” e i limiti “tolgono” qualche cosa alla libertà. La risposta andrebbe pur bene se l’uomo fosse un fine a se stesso, perché allora sarebbe la misura del bene e del male, ossia non potrebbe fare alcun male; potrebbe fare come gli piace e la libertà morale cesserebbe di esistere. Chi capisce che per il Paradiso l’uomo vale ancor più che non la bottiglia per il vino o l’auto per la guida sicura, capisce pure che la vera libertà è la libertà –per la bottiglia- dall’acquerugiola, oppure –per l’automobile- dallo scontrarsi, oppure –per l’uomo- dal peccato (Chi pecca è schiavo del peccato, dice Nostro Signore), ragion per cui la libertà vera è la libertà morale. La libertà naturale ricusa limiti e leggi, mentre la libertà morale accetta limiti o leggi che l’aiutano a raggiungere il suo fine. Se la libertà naturale, che può essere peccaminosa, fosse libertà vera, allora nè Dio nè gli Angeli in Cielo, che non possono peccare, godrebbero della vera libertà!

Libertà---> Fisica; Naturale = libero arbitrio (facoltà inalienabile, dalla capacità illimitata)
Libertà naturale ---> usata male: Licenza; usata bene: Libertà morale (uso alienabile di una facoltà, con diritto limitato)
Ma, ahimè! Questi discorsi difficilmente “hanno presa” quando gli effetti, la formazione, gli amici, la scuola, il nazionalismo e compagnia bella, ci tirano per il verso opposto. Ma quand’anche tutto il mondo fosse calato nell’errore di divinizzare l’uomo e di esaltare la libertà naturale, non sarebbe gravissimo, se la Chiesa opponesse resistenza e condannasse l’errore. Vediamo ora, però, qualche esempio del magistero conciliare sulla libertà religiosa:

L’uomo ha diritto alla libertà religiosa (Dignitatis Humanae, cap.II). Ha la facoltà naturale di scegliere qualsiasi religione? Sì. Ha il diritto morale di scegliere una falsa religione? No!

Il diritto alla libertà religiosa è fondato sulla dignità dell’uomo (ibid. ) L’uomo è degno, secondo la sua libertà naturale, di andare in Paradiso? Sì. Ha il diritto di andare all’inferno? No!

L’uomo ha il diritto alla libertà religiosa, anche quando ne abusa, non cercando la verità (ibid. ) L’uomo può allontanarsi dalla verità? Sì. E’ libero di farlo? No!

Gli enti religiosi hanno il diritto di far propaganda, qualunque sia la loro fede (ibid. cap. IV) . Gli enti religiosi hanno la facoltà naturale, propria dei loro componenti, di diffondere la verità o l’errore e una libertà civile di farlo se lo Stato lo permette, ma hanno la libertà morale -cioè il diritto- di diffondere la sola verità cattolica.
Questi sono soltanto quattro esempi della terribile confusione che imperversa nella Chiesa dopo il Concilio. E’ una confusione che può sembrare ordine nel mondo di oggi; si crede che l’uomo sia divino, glorioso. Ma il Cattolico, che conosce la dipendenza dell’uomo da Dio, non la può accettare. Eppure quanti Cattolici oggi accettano questa “dichiarazione di indipendenza da Dio”?
Chi legge i giornali non può essersi accorto della velocità con cui il mondo si precipita verso il burrone. L’uomo si è eretto a dio, si arroga la libertà naturale come un diritto, diritto che deve poi dare –o che addirittura vuol dare- ai giovani, che non hanno il suo ritegno e che si comportano come delle belve. I segni della confusione, del caos, del disordine, si vedono dappertutto, ma l’uomo non vuol rimettere tutto a Dio. Quando mai?
Cattolici! Accrescete in voi la Fede e la Carità! Riconoscete la supremazia di Dio Padre e del suo Figliolo Gesù Cristo e il Primato della Sua Chiesa! Ricordatevi che l’uomo, di natura, non solo è capace di compiere e il bene e il male, ma che tende più o meno verso il male! Cancellate in voi ogni traccia di confusione tra la facoltà naturale di libertà e il diritto morale! E poi, secondo il vostro stato, fate tutto quello che potete per censurare, limitare e fermare l’abuso nei giovani della libertà naturale, affinché scelgano esclusivamente ciò per cui hanno il diritto morale! Forse non capiranno e forse non farete loro piacere, ma almeno non i avrete traditi!
Che il Signore abbia pietà di noi tutti, ci faccia schiavi di quella giustizia e servi di quella verità che sole ci faranno liberi.

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Quindi la Chiesa sbaglia o no?
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Re: domanda sulla libertà di religione.

Messaggioda GrisAdmi » ven set 19, 2008 1:51 am

Il fatto che la Chiesa sia favorevole alla libertà religiosa non significa che questa propenda per il relativismo religioso (che invece è stato più volte giustamente condannato dal Magistero).
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Re: domanda sulla libertà di religione.

Messaggioda alenis » sab set 20, 2008 8:04 am

si, ma quale è la differenza tra l'essere favorevole alla libertà religiosa e il propendere verso il relativismo ? cerco di spiegare meglio la mia incertezza:

se io dico: "tu sei libero di seguire la religione che secondo te è più vicina alla verità; e se la religione da te scelta non è il Cristianesimo, non ti condanno." , e poi dico "comunque è la Chiesa Cattolica quella che detiene la verità completa", non c'è contraddizione tra le due affermazioni ?
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Re: domanda sulla libertà di religione.

Messaggioda GrisAdmi » sab set 20, 2008 2:44 pm

Allora, la questione è meno complicata di quanto possa sembrare ad un primo sguardo. I cattolici sono convinti che la Chiesa detiene la verità rivelata tutta intera e che la Chiesa è la dispensatrice dei mezzi materiali della Grazia (i Sacramenti) attraverso i quali si può ottenere la salvezza. Per i cattolici, quindi, vale la massima che vuole che al di fuori della Chiesa non c'è salvezza. Questo, però, non significa che uno per salvarsi debba necessariamente appartenere alla Chiesa visibile di Cristo, tanto è vero che il Magistero ha chiarito che un individuo deve considerarsi come estraneo alla Chiesa nella misura in cui ha liberamente deciso, in piena consapevolezza, di non volervi appartenere. Pertanto, tutti coloro che non per propria colpa sono al di fuori della Chiesa e che vivono amando la verità che conoscono, appartengono indirettamente al corpo mistico di Cristo (che ha detto di essere Lui la verità) e, pertanto, appartengono spiritualmente alla Chiesa.
C'è poi da considerare il fatto che la fede è un dono di Dio e che, quindi, può essere liberamente rifiutata. Ecco che, allora, non ha senso il volerla imporre per legge a tutti. Fermo restando che, come ho chiarito sopra, non è detto che chi appartiene ad una confessione cristiana che non è quella cattolica o ad un'altra religione non si salvi. Persino un ateo può salvarsi, se il suo ateismo non dipende da lui, ma è stato causato dal fatto di non essere stato evangelizzato compiutamente o di essere stato talmente condizionato dalla cultura in cui vive da non essere in grado di comprendere tutta la ragionevolezza della fede cristiana. Noi non possiamo leggere nell'animo del nostro prossimo, quindi non possiamo giudicarlo... fosse anche un ateo incallito di quelli che bruciano le Chiese. Solo Dio può giudicarci tutti, perché solo Dio sa leggere nei nostri cuori.
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Re: domanda sulla libertà di religione.

Messaggioda alenis » dom set 21, 2008 7:02 am

giusto; infatti esistono talmente tanti condizionamenti mentali che nessuno di noi può sapere se l'altro ( e spesso neanche noi stessi! ) non accetta il Credo Cattolico in piena consapevolezza. E quindi la frase del Catechismo della Chiesa Cattolica :

"la coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo"

va intesa in questo senso.
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