Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Qui può scrivere chiunque trovi dei testi adatti alla formazione dei Grissini. Le cose che lo staff riterrà più idonee a tal fine saranno successivamente inserite nella sezione "Per la formazione".

Moderatore: berescitte

Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda GrisAdmi » lun dic 17, 2007 12:18 am

Ho pensato che in questa sezione del Forum ci starebbero benissimo gli opuscoli del compianto P. Nicola Tornese sui TdG, così ho deciso di aprire questo Topic in cui inserirli uno per uno.
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Opuscolo N° 1 - Uomini di serie B.

Messaggioda GrisAdmi » lun dic 17, 2007 1:05 am

UOMINI DI
SERIE "B"
IL PARADISO TERRESTRE
DEI TESTIMONI DI GEOVA

OPUSCOLO N°1
PICCOLA COLLANA

"I TESTIMONI DI GEOVA"


UOMINI DI SERIE B

PARTE PRIMA

CENNI STORICI

Le origini

1 - I testimoni di Geova (tdG) hanno avuto origine negli Stati Uniti d'America nella seconda metà del secolo scorso. Prima non esistevano. Charles Taze Russel (1852-1916), un commerciante della Pennsylvania, fu il fondatore.
Nato in un ambiente sociale assai confuso, il Russel, all'età di 18 anni, ebbe una crisi religiosa. Si staccò allora da qualsiasi chiesa e decise di chiedere direttamente alla Bibbia la risposta ai problemi che l'assillavano. Era di moda.
Nel 1870 il Russell, senza alcuna preparazione né di lingue, né di storia, iniziò il suo studio delle Scritture assieme a pochi amici e gettò così le basi di quella che sarà in seguito la società della Torre di Guardia, Si chiamarono studenti della Bibbia, e anche russellisti, fino al 1931.
Un problema che maggiormente attirava l'attenzione dell'ex commerciante era quello di conoscere il tempo esatto del ritorno di Gesù sulla terra. Il Russell riconobbe che le date indicate dagli Avventisti, da lui prima seguiti, erano risultate false, con grande discredito suo e di quanti vi avevano creduto. Ricorse perciò ad altri metodi per determinare il fatidico evento.
Nella sua pubblicazione "Tre mondi e la mietitura di questo mondo" dell'anno 1877 il Russell fece conoscere i suoi calcoli e le sue profezie: il grande evento avrebbe avuto luogo nel 1914 !. In quell'anno Cristo sarebbe apparso visibilmente sulla terra per esaltare in cielo Russell e i suoi amici, annientando tutti gli altri. Egli ribadiva tenacemente questa sua profezia in quasi tutte le sue pubblicazioni. Così nel libro "Thy Kingdom" come "Venga il tuo Regno), pubblicato nel 1891, a pagina 153 (inglese) affermava:
" E con la fine del 1914, scomparirà ciò che Dio chiama Babilonia e gli uomini cristianità, come già dimostrato dalla profezia".

2 - In attesa del grande trionfo i russellisti si dedicarono ad una intensa attività propagandistica e pubblicitaria. Era necessario far denaro. Il gruppo si costituì in Società a tutti gli effetti, e Russell "prestò servizio come presidente" (p.37), divenne cioè il primo azionista, assicurandosi così il controllo di tutti gli affari.
Qualificandosi profeta e riconosciuto pastore dai suoi compagni, il presidente cercò di far seguaci. Il numero è denaro. Pubblicazioni e discorsi, viaggi e convegni riempivano il suo tempo, oltre alla amministrazione delle entrate. Nel 1879 fondò una rivista conosciuta oggi col nome di "Torre di Guardia", che divenne e rimane lo strumento principale della setta per diffondere le proprie idee e forgiare a senso unico le credenze, i sentimenti e il comportamento degli adepti. In tutte le parti del mondo.
In effetti, mediante la Torre di Guardia Russell faceva conoscere ai suoi e al mondo intero quali fossero la mente e la volontà di Dio. Egli era l'unico interprete, lo speaker o portavoce divino. Identico valore bisognava attribuire ai suoi Studi sulle Scritture, che potevano benissimo sostituire la Bibbia. Bastava riferirsi a questi scritti, senza troppa preoccupazione di leggere e studiare la Bibbia con la propria testa, per essere certi di cogliere il significato della Parola di Dio. Inutile dire che nessun serio studioso delle Scritture ha dato mai il minimo credito agli Studi di Russell.
Nel1908, in vista d'una maggiore efficienza propagandistica, la sede centrale della setta fu trasferita a Brooklyn, N.Y., dove Russell aveva acquistato delle proprietà immobiliari. Col passare del tempo queste si sono accresciute enormemente, e Brooklyn coi suoi immensi complessi rimane ancora oggi il quartiere generale della società geovista.

3 - Al pastore e profeta non mancarono contrarietà e dispiaceri, sia nell'ambito della società, sia in quello privato e della famiglia.
Nell'ambito della setta certe persone preminenti tentarono di afferrare il controllo degli affari, accusando Russell di disonestà nell'amministrazione. Il cronista geovista, comunque, c'informa che il piano degli avversari fallì e Russell rimase capo incontrastato della società fino alla morte. (p. 63)
Assai noiosi furono per il pastore i contrasti nell'ambito privato della famiglia. Nel 1879 Russell aveva sposato Maria Frances Ackley, che divenne sua valida collaboratrice nel lavoro di propaganda. Ma dopo 17 anni di matrimonio i rapporti tra i due divennero assai tesi fino a giungere alla rottura. La causa di separazione fu discussa nel 1906 e dopo due anni fu emessa la sentenza, che condannava Russell per crudeltà verso la moglie.
In effetti il pastore era divenuto talmente autoritario ed arrogante che alla povera donna non era permesso di manifestare neppure una propria opinione senza essere crudelmente rimbeccata. Nel dibattito della causa, inoltre, vennero fuori sensazionali rivelazioni anche sulla fedeltà coniugale del pastore.

4 - I tempi intanto volgevano alla fine. L'anno 1914 si approssimava. L'attesa era veramente grande. Scrisse uno di loro: "La fine di settembre 1914 fu un periodo molto interessante perché alcuni di noi (notate quel alcuni) pensavano seriamente di andare in cielo la prima settimana di ottobre". (p. 70) E aggiunge : "Non ci sarebbe stata nessuna sorpresa se, al batter delle mani di fratel Russell, noi avessimo iniziata l'ascesa al cielo".
Naturalmente non ci fu nulla. Nell'anno 1914 non ci fu il ritorno visibile di Cristo sulla terra e tanto meno l'esaltazione in cielo di Russell e compagni. La cristianità non fu distrutta. La Chiesa Cattolica in particolare proseguì il suo cammino nella storia.
Molti seguaci di Russell furono esasperati ed abbandonarono la setta. Se ne andò anche il pastore morendo due anni dopo come qualsiasi mortale, nel pomeriggio di martedì 31 ottobre 1916.

Il secondo presidente

1 - Alla morte di Russell la società geovista aveva appena superata la crisi del mancato appuntamento di Cristo, ossia della falsa profezia per portavoce di Geova. Ora ne dovette affrontare altre. Ne ricorderemo solo due.
La prima va connessa con la successione alla presidenza. Alcuni tentarono ambiziosamente di assicurarsi il controllo nell'amministrazione dei beni. Vi furono momenti di grande tensione. Tra i dissidenti, un certo Johnson, di origine ebraica, era giunto alla convinzione di essere lui l'economo della parabola di gesù sul denaro. Ma l'abilità del giudice Joseph Franklin Rutherford, già legale di Russell, prevalse su ogni opposizione; egli si assicurò il potere e divenne il nuovo presidente della setta (p87,90-91).
Un'altra crisi veniva dal di fuori. I russellisti avevano preso netta posizione contro la guerra e facevano opera di disfattismo. Dopo regolare processo, Rutherford e i suoi più vicini collaboratori furono riconosciuti colpevoli di spionaggio. Condanna: 20 anni di reclusione. Era il 21 giugno 1918. Furono comunque messi in libertà nove mesi dopo, nel clima di distensione seguito alla vittoria degli Alleati (pp. 102-116).

2 - Superata la crisi, Rutherford continuò con grande alacrità ed incontrastata autorità il rilancio della setta. Tenne, comunque, poco conto delle intuizioni bibliche del suo predecessore. In effetti, non poche spiegazioni della Bibbia, che Rutherford diede in nome dell'Onnipotente, differivano sensibilmente da quelle che Russell aveva dato pure in nome della stessa infallibile Guida divina.
Ecco alcuni esempi:
a) Russell aveva promesso il cielo a tutti i suoi compagni, che formavano una sola classe. Rutherford, al contrario, lesse nella Bibbia che non tutti i membri della setta potevano nutrire speranze celesti. La maggior parte di loro doveva avere solo speranze terrestri. Poteva aspirare solo ad un paradiso su questa terra. Sarebbero state le altre pecore, di cui con significato ben diverso parla Gesù (cfr. Giovanni 10, 15). Sarebbe la grande folla, che Giovanni ha visto in cielo, non sulla terra (cfr. Apocalisse 7, 9-10).
Rutherford sloggia abusivamente dal cielo questa immensa moltitudine di martiri e li costringe a vivere su questa terra. Si tratta d'un deprecabile abuso della Parola di Dio per giustificare un non meno deprecabile razzismo, radicalmente opposto agli insegnamenti di Cristo, unico Pastore di un unico gregge.
b) Un'altra sostanziale innovazione fu introdotta dal nuovo presidente nell'assegnazione delle cariche in seno alla società geovista. Fino al1938 i responsabili o dirigenti locali venivano eletti democraticamente dopo una campagna elettorale. Ma questa procedura era spesso causa di discordie e di fazioni. Per ovviare a tali inconvenienti (?), Rutherford fece approvare una risoluzione in virtù della quale tutte le nomine vengono dall'alto. L'organizzazione di Geova non è in nessun modo democratica (pp. 163-165).
c) L'innovazione più clamorosa fatta da Rutherford fu l'aggiornamento della profezia di Russell. Contrariamente a quanto aveva detto Russell, il nuovo presidente precisò che nel 1914 Cristo era, sì, venuto sulla terra, ma in modo invisibile. La sua apparizione visibile fu annunciata per l'anno 1925: i morti sarebbero isuscitati, la cristianità distrutta, i membri della setta esaltati in cielo ecc. Scrisse uno di loro:
"Si pensava che allora (nel 1925) gli unti seguaci di Cristo (= i membri privilegiati) sarebbero andati in cielo e che i fedeli uomini dell'antichità come Abrahamo, Davide e altri sarebbero stati risuscitati come principi per assumere il governo sulla terra" (p.144).
L'anno 1925 venne e passò. " Per molti fratelli il 1925 fu un anno triste" (p.145). Nuova crisi, nuovo esodo. Ma l'energico e dispotico presidente salvò il salvabile, soprattutto incitando gli animi a un autentico odio contro chiunque gli si fosse opposto.
d) Sotto il governo di Rutherford, nel 1931, in un congresso a Columbus, nell'Ohio, fu deciso che i membri della setta si chiamassero "testimoni di Geova", applicando erroneamente a se stessi un testo di Isaia (43, 10), che ha ben altro significato. Infatti nel testo citato di Isaia non è detto che i membri del popolo di Dio debbano chiamarsi "testimoni", ma che Israele, per le cose meravigliose in esso avvenute, è una testimonianza che Jahvè è il vero Dio.

Guerra e dopoguerra

Alla morte di Rutherford il trapasso dei poteri fu piuttosto tranquillo. La rigida disciplina instaurata dal secondo presidente impedì che scoppiassero gravi disordini com'era avvenuto nella prima successione (p.194). Nathan Knorr, uno dei santi o unti della setta, prese le redini del comando e il controllo dell'amministrazione. Ricordiamo alcuni fatti notevoli del suo governo.

1 - Fin dall'inizio della sua presidenza fratel Knorr, si preoccupò di preparare capaci attivisti per la diffusione della setta su scala mondiale. Istituì a tal fine le Scuole di Ministero Teocratico, da cui si esce diplomati per il lavoro di propaganda (p. 196-197).
Degno di nota è il fatto che i tdG negano la necessità d'una preparazione accademica e di diplomi per diffondere la Parola. Hanno scritto:
"Né Paolo né Gesù hanno indicato qualche diploma rilasciato da scuole teologiche. Gesù divenne qualificato ministro senza frequentare le formali scuole dei suoi giorni".
A loro avviso, solo i falsi ministri della cristianità frequentano scuole teologiche ed esibiscono diplomi. Come si vede, ciò che negli altri è degno di biasimo, nei tdG è motivo di vanto. Due pesi e due misure, ipocritamente!

2 - Nathan Knorr si è reso benemerito verso la società geovista soprattutto per aver curato la versione - la loro versione - della Bibbia in lingue moderne. Ha dato lo strano titolo di Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture. Opera di traduttori anonimi, tale Bibbia è un'infedele versione del sacro testo sia ebraico che greco. Vi sono stati introdotti numerosi falsi. E' solo uno strumento di propaganda nelle mani dei tdG per diffondere i loro grossolani errori.
La Bibbia diffusa dai tdG differisce sostanzialmente dalla vera Bibbia. Non bisogna credere quando essi affermano il contrario. Non dicono la verità. Lo abbiamo dimostrato con numerosi esempi nel N.11 di questa Collana.

3 - Seguendo la tattica dei suoi predecessori, Nathan Knorr non ha omesso di martellare in modo ossessivo l'idea d'una prossima fine del presente sistema malvagio di cose. Nel 1956 fece pubblicare un nuovo libro che ha per titolo Vita eterna nella libertà dei figli di Dio. A pagina 29 la grande svolta dell'umanità era predetta per l'ottobre 1975; questo fatidico anno avrebbe dovuto segnare la fine del 6° giorno di 1000 anni dall'esistenza dell'uomo e l'inizio del 7° giorno, cioè l'inizio della nuova umanità dopo la distruzione di tutti i malvagi, ossia dei non appartenenti alla setta.

4 - Ma la fine non venne e fratel Nathan Knorr morì senza vedere avverata la sua profezia. Anche lui, mortale come qualsiasi altro uomo, mancò alla vita la sera del giugno 1977, dopo molti mesi di malattia, ed ha già subìto il giudizio di Dio (cfr. Ebrei 9 , 27).
La notizia della morte del terzo presidente fu data in Italia dopo quattro mesi, nell'ottobre del 1977, col seguente comunicato:
Ci rallegriamo ancora di più perché viviamo nel giorno in cui coloro che hanno la speranza celeste, terminando il loro corso terreno, sono "mutati in un momento, in un batter d'occhio", e sono destati incorruttibili. (1Cor. 15 , 51-52).
Sono parole queste piene di ambiguità, che rivelano uno sfruttamento settario della Scrittura, sempre a danno degli ignoranti. Mirano solo a confermare il mito della superiorità assoluta della classe degli unti o santi, soprattutto dei membri del Corpo Direttivo nei confronti delle altre pecore, anzi di tutta l'umanità.
Per la verità, in 1 corinzi 15, 51-52 san Paolo parla della sorte di coloro che saranno ancora in vita quando i morti risorgeranno incorruttibili, cioè della sorte dei vivi al momento della risurrezione universale. Anche i vivi - dice l'Apostolo - saranno trasformati.
Nathan Knorr è morto prima che venisse la risurrezione dei morti. Il suo corpo si è trasformato in ceneri dimenticate da tutti in terra d'America.

Frederick Franz

Ad occupare il posto lasciato vuoto da fratel Knorr fu chiamato Frederick Franz, un veterano della setta che il 2 Settembre 1986 avrà compiuto 93 anni, se è ancora in vita.

1 - Il presidente attuale segue le orme dei suoi predecessori soprattutto per quanto riguarda la disciplina ferrea della setta, un'intensa propaganda su scala mondiale mediante riviste, libri, predicazione a domicilio, convegni, ecc. e il martellamento ossessivo degli stessi errori. Tra questi predomina l'annuncio funereo d'una catastrofe imminente (Armaghedòn) del presente sistema malvagio. Vi sarà poi la instaurazione del Regno di Geova, ossia del loro regno, dopo la distruzione del regno di satana, cioè di tutti coloro -individui e istituzioni- che non vogliono sottomettersi al comando dispotico del Corpo direttivo di Brooklyn, N.Y.

2 - A servizio della propaganda geovista è sempre presente una volgare e diabolica campagna denigratoria contro la Chiesa Cattolica, travisando fatti e dottrine, e sfruttando qualche caso isolato di comportamento poco edificante.
Così, per esempio, La Torre di Guardia fa sapere a quanti bevono supinamente alla sua sorgente che la Chiesa Cattolica tollera l'aborto. La stessa autorevole rivista fa sua l'opinione di chi sostiene che divorzio, omosessualità e la cosiddetta nuova moralità contraria alla tradizionale posizione cristiana trovano spesso la connivenza di elementi ecclesiastici. La verità, come tutti sanno, è precisamente il contrario: la Chiesa Cattolica condanna l'aborto e si batte tenacemente per la vita; non permette il divorzio come fanno i tdG, e difende la tradizionale posizione cristiana contro ogni errata innovazione in campo di moralità.

3 - Sul tema specifico delle profezie circa la fine, l'amministrazione geovista capitanata da Frederick Franz batte sempre lo stesso chiodo: sì, la fine è prossima, vicina: "In che tempo ci troviamo, dunque, dal punto di vista di Dio? Nel tempo della fine del mondo". Il tempo è ora vicino, in cui il Re Gesù Cristo, distruggerà l'attuale sistema di cose.
Grazie alla stessa agenzia di Geova - il Corpo Direttivo di Brooklyn, N.Y. - noi possiamo sapere non solo quando, ma anche come avverrà la fine, ossia che cosa è e che cosa non è Armaghedon.

"E' chiaro che Armaghedon è la guerra di Dio (Geova è un Dio guerriero). Sì, per mano delle forze esecutive di Dio (=Geova) scorrerà molto sangue. I 69 milioni di vittime delle due guerre mondiali non sembreranno nulla in confronto a coloro che verranno uccisi nella divina guerra di Armaghedon (…). Le forze esecutive di Dio (=Geova) colpiranno senza badare a età o sesso, poiché Dio (=Geova) avrà detto loro di non avere pietà. Geova farà questo perché è un Dio d'amore.
Tuttavia Armaghedon può essere un motivo di sperare (…). La battaglia di Armaghedon eliminerà completamente dalla terra tutta la malvagità (…). I tdG desiderano aiutare le persone ad essere tra i sopravvissuti, anziché tra le vittime di Armaghedon. Così esortano tutti a seguire il consiglio di Gioele 2,31: "CHIUNQUE INVOCHERA' IL NOME DI GEOVA SARA' SALVATO".

In parole più chiare, i malvagi sono solo e sempre quelli che non appartengono e non vogliono appartenere alla setta geovista. Periranno a milioni, a centinaia di milioni per volere di Geova! I giusti sono solo e sempre quelli che riconoscono Geova come Dio e seguono ciecamente i comandi del Corpo Direttivo. Per entrare in paradiso, bisogna avere la tessera geovista !

4 - Una delle volontà di Geova fatta conoscere ai suoi testimoni mediante l'agenzia di Brooklyn N.Y., riguarda il finanziamento della setta. Come? Onorando " a tutti i costi fin d'ora Geova con le nostre cose di valore ". Ecco alcuni modi in cui viene onorato Geova:
Doni: si possono inviare offerte in denaro. Si possono donare anche proprietà, oppure titoli, obbligazioni, ecc...
Assicurazioni: la società può essere designata quale beneficiaria di una polizza d'assicurazione….
Testamenti: beni e denaro possono essere lasciati alla società mediante un testamento legalmente valido….
Degno di nota è il fatto che nello stesso numero de La Torre di guardia (1-12-1985, p.12) è detto che il tempo in cui il Re Gesù Cristo distruggerà l'attuale sistema di cose malvagio è ora vicino. E a pagina 20 si legge: "Le persone sincere devono sapere che presto Geova entrerà in azione".
E allora perché tanta ansia di avere le vostre cose di valore: denaro, proprietà, titoli, obbligazioni, polizze, testamenti legalmente validi???

5 - Al presidente Frederick Franz, come ai suoi predecessori, non sono mancati gravi dispiaceri. Proprio agli inizi del suo governo, verso la fine degli anni settanta, ha dovuto affrontare una grave crisi di contestazioni e di defezioni proprio nel quartier generale di Brooklyn N.Y. Un numero consistente di persone, che da anni lavoravano per la setta proprio negli stessi uffici del Corpo Direttivo, cominciarono ad aprire gli occhi sulle numerose infedeltà bibliche del credo geovista. Studiando la Bibbia con la libertà e l'amore dei figli di Dio hanno scoperto che le Sacre Scritture non insegnano tante cose insegnate dalla società geovista. Tra i punti maggiormente contestati sono emerse la falsità delle ripetute profezie sulla fine del presente sistema di cose, l'arbitraria distinzione tra classe di privilegiati (unti, santi), e quella meno fortunata delle altre pecore, la infondatezza dei dati cronologici (607 a.C.; 1874; 1914; ecc.), su cui la società costruisce la sua persistenza menzognera propaganda, ecc.
Tra questi contestatori, animati da vero spirito cristiano, emerge il nome e la personalità di Raymond Franz, nipote del presidente. Dopo quarant'anni di servizio, mentre occupava una delle più alte cariche come membro del Corpo Direttivo, capì che la strada fino allora seguita, in perfetta buona fede, era sbagliata perché non conforme agli insegnamenti della Bibbia. Come spiega lui stesso in un libro meraviglioso, appena scoperto l'inganno, ebbe il coraggio di voler essere leale a Dio e non al credo d'una falsa religione. Lui e tanti altri, hanno lasciato la setta.

Limitato successo

Da quanto detto finora è facile giudicare quale sia il livello morale dei dirigenti della società geovista, che ricorrono a ogni espediente - travisamento della Parola di Dio, calunnie contro la Chiesa Cattolica, strumentalizzazione di fatti di cronaca, lavaggio di cervello, ecc. - nel loro fanatico sforzo di far seguaci. Il numero è denaro.
Certo, in questo secondo travagliato dopoguerra, i tdG hanno avuto qualche successo. A sentire il presidente Franz, nel 1985 il numero degli aderenti alla setta avrebbe raggiunto i due milioni e 800 mila nelle varie parti del mondo. Difficile dire se queste cifre corrispondono a verità. Chi conosce i metodi propagandistici dei tdG, sa benissimo che spesso e volentieri nascondono la verità, gonfiano le cifre, presentano in tono trionfalistico le loro cose per dare della setta l'immagine di un'inesistente grandeur.
Comunque in confronto dei quattro miliardi e 842 milioni della popolazione globale del nostro pianeta nello stesso anno 1985, il numero dei geovisti è come una goccia nell'oceano. Malgrado gli erculei sforzi degli attivisti della setta e la loro subdola propaganda, che spesso diventa invadenza e prepotenza, il successo geovista deve dirsi piuttosto limitato.
In ogni modo, i creduli seguaci di Frederick Franz esultano di gioia al pensiero che tra breve tempo Geova metterà ogni cosa a posto, facendo finire in un'immane carneficina quattro miliardi e 840 milioni di creature umane per dare a 2 milioni e 800 mila membri della setta questa terra pulita da ogni malvagità.

In Italia

La vittoria delle armi americane nel secondo conflitto mondiale e il clima di libertinaggio e di disagio di questo dopoguerra hanno dato ai tdG l'opportunità d'invadere l'intera penisola. Un vero assalto alla baionetta, che in molti casi diventa violazione di domicilio, coercizione morale, psicologica, sociale, plagio, atteggiamenti mafiosi.
La loro tattica, che non ha proprio nulla di un'autentica missione evangelica, ma di commercialismo e di affarismo, è riuscita finora ad attrarre nella rete geovista poco più di 125.000 italiani.
Due cose caratterizzano il loro assalto:

1 - In un primo tempo si sforzano di creare dubbi, di mettere in crisi i deboli nella fede e gli ignoranti. Con discorsi assurdi, ma convincenti per chi non è addentro nella religione cattolica, cercano di far credere che nella Chiesa Cattolica sarebbe adorato " il dio di questo sistema di cose" (2 Corinzi 4, 4), cioè satana.
Nello sforzo di mettervi in crisi vi diranno che ai cristiani e ai loro preti in modo particolare si applicano le parole di Gesù "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me" (Matteo 15, 8 ). E così " come un albero marcio, la cristianità è condannata ad essere fra breve tagliata e distrutta come se fosse consumata dal fuoco".
Inutile che voi dimostriate - Bibbia alla mano - che la dottrina della Chiesa Cattolica è pienamente conforme alla Sacra Scrittura e che tanti cattolici - sono milioni - si sforzano di vivere secondo il Vangelo, facendo sempre del bene e sacrificando anche la loro vita per i loro fratelli! Non vi stanno a sentire, ma ripetono meccanicamente quanto è stato loro martellato nel cervello dai loro maestri comandati nelle sale del regno.

2 - Se riescono a mettervi in crisi, facendo uso falso della Bibbia e con la denigrazione, la menzogna, la calunnia - spesso anche con prospettive di miglioramento economico - passano al secondo tempo. Vi diranno che l'unico scampo all'imminente grandiosa esecuzione del giudizio di Geova contro i malvagi (= i non-geovisti) è di lasciare subito la vostra Chiesa ed accodarvi a loro: troverete la verità, pa pace, la sicurezza, la serenità… perché finora, a loro avviso, diete stati nell'errore e senza pace. Alcune volte, secondo le circostanze, vi assicurano che chi segue Geova non morirà mai!!!

Perché questa "Piccola Collana" ?

I tdG non sono un pericolo per la cristianità e tanto meno per la Chiesa Cattolica. Gli errori che essi divulgano sono una ripetizione di vecchie eresie dimostrate contrarie alla Bibbia, passate in oblìo, e da loro rispolverate settariamente per creare confusione e ingannare la gente.
Possono comunque essere un disturbo per alcuni cristiani meno preparati. E' stato giustamente osservato da persone savie ritornate felici alla Chiesa Cattolica dopo l'amara esperienza geovista, che "la grande forza dei tdG è l'ignoranza dei cristiani". Su questa puntano maggiormente e disonestamente i geovisti. Quando invece trovano persone religiosamente istruite che sanno sventare i loro cavilli, ammutoliscono e si dileguano per sempre. Non li rivedrete mai più.
Scopo perciò dei nostri opuscoli è soprattutto quello di dare ai cattolici e a tutti i veri cristiani e anche agli uomini di buona volontà un'esatta conoscenza della Bibbia, avendo di mira i grossolani errori dei tdG.
L'eresia è uno stimolo, notava san Paolo (cfr, 1 corinzi 11, 19; 2 Timoteo 3, 19). Dio permette il fenomeno "testimoni di Geova" perché i cattolici conoscano meglio la Parola di Dio. E la Chiesa da parte sua esorta continuamente a una più ricca e approfondita conoscenza della Scrittura. A tutti è facile procurarsi una Bibbia, leggera, studiarla, meditarla per essere "pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi" (1 Pietro 3, 15)
Se in altri tempi la Chiesa è stata piuttosto cauta circa l'uso indiscriminato della Bibbia, l'ha fatto unicamente per amore della Parola di Dio, per impedire cioè che gente presuntuosa e fanatica adulterasse il messaggio divino, sostituendovi le proprie idee e le proprie fantasie. E' stato ed è lungi dalla mente della Chiesa proibire la Bibbia per paura che le sue dottrine potessero essere provate false. Questa è una calunnia dei tdG e di altri eretici. La Chiesa Cattolica prova la sua dottrina sempre su base biblica.
Avendo dunque presenti le gravissime distorsioni della Bibbia operate dai tdG, in ciascuno dei nostri opuscoli prenderemo in esame - uno alla volta - i principali errori della setta, alla luce d'una esegesi biblica oggettiva e aggiornata.
A due cose soprattutto saremo fedeli :

1 - Esporremo l'errore citando sempre le fonti geoviste possibilmente con le loro stesse parole. Questo perché una ormai lunga esperienza ci ha fatto constatare che i tdG spesso e volentieri negano - secondo le circostanze - ciò che essi stessi hanno detto o scritto. Questo significa opportunismo, che equivale a mancanza di principi morali. La menzogna e l'inganno sono le armi preferite.

2 - Faremo largo uso della Scrittura. I tdG dicono di non sentire altra voce se non quella della Bibbia. In realtà, quando loro conviene, ricorrono a vecchie enciclopedie, giornali e riviste irreperibili, libri palesemente contrari alla Chiesa, anzi alla religione, testimonianza di atei e di velenosi anticlericali. Vanno poi dicendo calunniosamente che i nostri opuscoli sono scritti da uomini! E i loro libri da chi sono scritti ????
La Bibbia che noi citeremo, è quella fedele al testo critico, ossia al testo originale ricuperato fino alla perfezione da biblisti valenti e coscienziosi, e che riproduce quello uscito dalla penna degli scrittori sacri.
E' noto che i tdG, anche se a parole dicono di seguire il testo critico originale, di fatto usano una versione infedele della Bibbia. La loro Bibbia è una falsa Bibbia


PARTE SECONDA

L'ERRORE


L'errore dei tdG che prenderemo in esame in questo primo opuscolo riguarda la Chiesa, ossia la comunità dei veri cristiani. I geovisti preferiscono chiamarla "congregazione di Geova" oppure "congregazione cristiana". Esporremo prima l'errore: Com'è strutturata la "congregazione di Geova?"

La classe dei privilegiati

1 - I tdG insegnano che non tutti i credenti in Cristo o piuttosto in Geova sono membri della vera congregazione cristiana, non tutti cioè sono uguali davanti a Geova, non tutti sono figli di Dio, non tutti hanno lo "spirito santo", non tutti nutrono la stessa speranza, non tutti godono gli stessi diritti.
La vera congregazione di Geova è costituita da un numero abbastanza limitato di creature umane: appena 144.000 in tutto il genere umano!!! Solo questi sono i membri della congregazione di Geova a tutti gli effetti nel secolo presente e nel mondo che verrà. Di essi la maggior parte sono morti, sarebbero cioè trasferiti in cielo anche se le loro ossa si trovano ancora nei cimiteri qui sulla terra. Un rimanente di poche migliaia respira ancora l'aria di questo mondo.

2 - Come si fa a sapere che qualcuno è del numero dei 144mila? Rispondono i geovisti:
"Dopo il battesimo in acqua, un tale cristiano (…) avrebbe dentro di sé l'infallibile evidenza di essere stato chiamato al regno celeste".
In effetti, questi privilegiati sarebbero anche dei predestinati, scelti cioè arbitrariamente da Geova, senza alcun loro merito. Scrivono i tdG:
"Dio (cioè Geova) è colui che sceglie. Egli pone nella congregazione come gli piace. E Gesù rivelò che, lungi dall'includere quelli che professano di essere cristiani, sono limitati per numero a 144.000".
Purtroppo Geova non ha previsto che, malgrado l'infallibile evidenza e la sua scelta personale, molti di questi predestinati avrebbero dimostrato coi fatti di non avere avuto nessuna infallibile evidenza e nessuna scelta preferenziale da parte di Geova. Appena scoperto l'inganno, sono ritornati a credere nel vero Dio della Bibbia e a servirlo ed amarlo fuori della setta geovista. A giudizio dei tdG, sarebbero dei "giuda", destinati alla perdizione.

3 - Quali i compiti dei 144.000 ?
a) - Prima di tutto su questa terra. Per volontà di Geova essi e solo essi hanno diritto al comando. In teoria tutti, in pratica solo alcuni, quelli del Corpo Direttivo (una quindicina), che su questa terra fanno le veci e la voce dell'Onnipotente.
Al Corpo Direttivo è riservato il diritto di assegnare i posti di responsabilità in seno all'organizzazione, di eleggere gli ispettori nelle singole nazioni e regioni, e gli anziani nelle comunità locali. E naturalmente di controllarli. Ma è sempre Geova che elegge e controlla. Ragion per cui "l'organizzazione di Geova non è in nessun modo democratica. Geova è il supremo, e il suo governo è strettamente teocratico".
Soprattutto al Corpo Direttivo spetta l'amministrazione di tutti i beni della società geovista, non quelli invisibili nei cieli, ma quelli visibili qui sulla terra. In altre parole, il Corpo Direttivo, quale schiavo fedele e discreto dell'invisibile Geova, è il padrone legale dei beni terreni (e non sono pochi) del Signore celeste.
b) - Poi in cielo. In effetti, secondo gli insegnamenti geovisti, quei del numero dei 144 mila non muoiono come gli altri figli di Adamo. Anche se di fatto la loro fine terrena è in tutto simile a quella dei comuni mortali, bisogna credere per fede che essi sono destati incorruttibili, cambiati cioè in esseri celesti, e chiamati a maggiori privilegi di servizio nei cieli.
Dalla dimora celeste, tra pochissimo tempo, in qualità di giudici e di sacerdoti, assieme alle poche migliaia di privilegiati come loro ancora viventi sulla terra, saranno con Cristo i governanti benevoli della nuova umanità.
Nel gergo geovista quei del numero dei 144 mila sono chiamati santi, unti, cittadini celesti, schiavo fedele e discreto, caste vergini, ecc.

Le altre pecore

Ai rimanenti figli di Eva la intellighenzia della società geovista concede una sorte ben diversa. Descriviamola a brevi tratti:

1 - Russell e compagni si erano appena accorti che vi fossero sulla terra altri esseri umani, oltre al loro minuscolo gruppo di candidati al cielo. La sorte o destino di miliardi di uomini e donne non creava per essi un grosso problema.
Fu il secondo presidente Rutherford a capire che 144.000 o piuttosto quelli che ancora rimanevano sulla terra, dovevano apparire abbastanza pochini per giustificare la presenza e le pretese della società geovista in un mondo divenuto numericamente assai grande. Inoltre c'era bisogno di ausiliari per la propaganda, che ubbidissero ciecamente al Corpo Direttivo. C'era bisogno di operai nelle tipografie della setta, di gente che distribuisse in tutto il mondo libri e riviste, raccogliesse fondi, dirigesse le congregazioni locali, facesse rapporti sull'andamento, la disciplina, la sottomissione o meno dei membri della setta nelle varie nazioni.

2 - Il secondo presidente trovò la soluzione di tutti questi problemi. Gli fu rivelato da Geova che le altre pecore, di cui parla Gesù nel vangelo di Giovanni (10, 16), altri non sono che membri di seconda categoria al servizio della classe dei privilegiati. In modo molto appropriato li chiamò "le altre pecore", appunto uomini e donne di serie B. Era il 31 maggio 1935.
Il numero delle "altre pecore" non ha limite. Negli insegnamenti di Rutherford e dei suoi successori le "altre pecore" sarebbero la grande folla vista e descritta da Giovanni nell'Apocalisse "davanti al trono a davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani" (Apocalisse 7, 9).

3 - Le altre pecore non sono membri della vera congregazione cristiana. Benché credenti in Cristo, non sono generati da Dio (cfr. 1 Giovanni 5, 1). Cristo non sarebbe per loro il Redentore e il Mediatore, ma un semplice soccorritore. In essi lo spirito Santo non rende testimonianza che siano figli di Dio (cfr. Romani 8, 15-16).
Non hanno perciò - quelli di Serie B - diritto alla eredità assieme a Cristo (cfr. Romani 8, 17; Efesini 4, 4) né sacerdozio, né regno celeste (cfr. 2 Timoteo 2, 12; Ebrei 11, 16). Non saranno commensali al banchetto del Re celeste (cfr. Luca 22, 30). Non possono partecipare alla Cena del Signore ricevendo il pane e il vino (gli emblemi, dicono i tdG). Alle altre pecore è promesso solo un'avvenire su questa terra.

4 - Ecco come si svolgeranno le cose. Nel prossimo futuro, tra brevissimo tempo, entro questa generazione, la battaglia di Armaghedon porrà fine all'attuale sistema di cose malvagio. Saranno distrutti in un bagno di sangue tutti i non-appartenenti alla setta geovista. I tdG assisteranno in tripudio all'immane carneficina.
Compiuta la strage per opera di Cristo e dei suoi agenti celesti e terrestri, vi sarà la nuova umanità, dove finalmente si potrà beneficiare di un governo giusto, benevolo, provvido verso i suoi sudditi: è il regno millenario di Cristo.

5 - Diamo uno sguardo a questa nuova umanità:

a) - I superstiti terrestri saranno solo le altre pecore, perché i fortunati rimanenti dei 144.000 verranno trasferiti in cielo per regnare con Cristo.
Ai superstiti terrestri si aggiungeranno i morti risuscitati: i cimiteri si svuoteranno, le tombe daranno i loro morti. Nel 1975 il Corpo direttivo assicurava che "miliardi ora morti presto torneranno in vita". Non tutti però in una sola volta, bensì a scaglioni, a misura che saranno pronti i servizi logistici, perché l'uomo vive anche di pane!
Tuttavia il Corpo direttivo, ossia il canale infallibile della mente di Geova, è del parere che non tutti i morti risorgeranno, ma solo quelli di cui Dio si ricorda. Di alcuni, infatti, Dio, cioè Geova, non può ricordarsi perché sulla loro tomba non vi è nessun segno che aiuti la memoria di Geova.
Non sembra, comunque, che Gesù cristo la pensasse allo stesso modo (cfr. Giovanni 5, 28-29); Matteo 25, 32), e anche san Paolo era di parere diverso (cfr. Atti 24, 25), e come lui la pensava anche san Giovanni (cfr. Apocalisse 20, 12-13).

b) - Superstiti terrestri e morti risuscitati devono ancora raggiungere il traguardo finale: il "regno millenario" sarà ancora un tempo di prova e di giudizio. Sotto la guida di capi qualificati, legittimi rappresentanti sulla terra dei signori del cielo (= Serie A), la nuova umanità sarà sanata spiritualmente, mentalmente e fisicamente. In parole più chiare, tutti dovranno accettare ciò che impongono i capi, e regolare tutta la loro vita spirituale, mentale e fisica in conformità delle loro ingiunzioni. E se qualcuno volesse seguire il suo libero arbitrio, sarà giustiziato senza misericordia, cioè stroncato nel nulla eterno!

c) - sarà permesso il matrimonio durante i mille anni? Sì e no:
Sì, perché "dopo Armaghedon con le altre pecore si potrà cominciare a riempire la terra d'una progenie giusta. I superstiti si dovranno riprodurre e divenire milioni in non molto tempo. I disubbidienti morranno".
No, perché a suo tempo, quando il pianeta terra avrà raggiunto la sua convenevole densità, il glorificato Figlio dell'uomo farà cessare la procreazione rendendo sterili gli abitanti del nostro pianeta.
E' chiaro che in nessuna parte della Bibbia sono dette tali e tante idiozie.

6 - Alla fine dei "Mille anni" una terribile prova attende la nuova umanità. Vi sarà una lotto corpo a corpo col dragone, il diavolo. L'esito sarà poco dignitoso per le "altre pecore" educate alla scuola teocratica. Infatti, il numero di quelli che si lasceranno egoisticamente sviare dal maligno sarà infinito come i granelli di sabbia che sono sulla spiaggia del mare. Tutti questi saranno distrutti totalmente che sarà come se fossero gettati in un lago di fuoco e di zolfo.
Finalmente per i vittoriosi terrestri vi saranno tempi tranquilli. Geova darà loro la "vita eterna". Non la felicità del cielo riservata a quelli di "Serie A", ma una felicità terrena, perché i giusti erediteranno la terra (cfr: Matteo 5, 5; Salmo 37, 22; Ebrei 11, 16). Vi sarà l'adempimento delle parole di Isaia 25, 6:
"E Geova degli eserciti per certo farà per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di piatti ben oleati"
Le "altre pecore" passeranno il loro tempo - l'eternità - mangiando, bevendo, danzando e forse anche andando a caccia! (cfr. Romani 14, 17).

7 - Un'ultima curiosità: quanti saranno i superstiti vittoriosi nel paradiso terrestre geovista?
Non possiamo saperlo con esattezza matematica, come ci è dato sapere il numero preciso dei privilegiati signori del cielo. Possiamo, comunque, fare un calcolo approssimativo.
Dell'intero genere umano ora vivente la massima parte sarà distrutta nell'imminente battaglia di Armaghedon. Saranno risparmiati meno di tre milioni di una massa umana di cinque miliardi.
Dei superstiti terrestri, dei risuscitati e della loro copiosa prole, una parte numerosa come i granelli di sabbia che sono sulla spiaggia del mare subirà lo stritolamento o annientamento eterno durante o alla fine dei "Mille anni":
I rimanenti, a cui Geova darà la vita eterna su questa terra, saranno certamente una sparuta minoranza. La stragrande maggioranza delle creature umane che furono, sono e saranno, finirà annientata, nel nulla eterno!
Ultima modifica di GrisAdmi il mer dic 19, 2007 4:11 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda GrisAdmi » lun dic 17, 2007 1:08 am

PARTE TERZA

LA VERITA'


Vera nozione della comunità cristiana

La nozione della vera Chiesa di Cristo che ci dà la Bibbia non è certamente quella inventata dalla orgogliosa fantasia di Rutherford e pubblicizzata dalla propaganda geovista. Alla luce della Sacra Scrittura noi possiamo facilmente cogliere i seguenti tratti caratterizzanti la vera Chiesa di Cristo.

a) Sostanziale uguaglianza
Vista nella sua intima natura la comunità dei credenti in Cristo gode di una sostanziale uguaglianza. Mediante la fede e il battesimo tutti i credenti in Cristo sono insigniti della stessa dignità di figli di Dio (cfr. Giovanni 1, 12-13; 1 Giovanni 5, 1). Tutti sono fatti partecipi della natura divina (cfr. 2 Pietro 1, 4).
Di tutti i suoi discepoli, provenienti da ogni tribù e lingua, popolo e nazione, Cristo, immolandosi sulla croce, ha fatto un regno di sacerdoti, " e regneranno sopra la terra " (Apocalisse 5, 10). E già prima san Pietro aveva detto di tutti i battezzati:
"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le sue opere meravigliose…" (1 Pietro 2, 9).
In nessuna parte della Bibbia è detto che sia Giovanni nell'Apocalisse, sia Pietro nella sua Prima Lettera avessero in mente i cristiani del loro tempo, che sarebbero tutti del numero 144.000. No, Giovanni e Pietro si riferiscono a tutti i redenti dal sangue di Cristo di ogni tempo.
- Dio ha voluto che la sua Chiesa o comunità di credenti in Cristo godesse d'una perfetta unità. Consapevole di questa verità san Paolo poteva dire ai cristiani della Galazia:
"Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (…). Tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Galati 3, 26-28 ).

- Perciò la vera Chiesa di Cristo è paragonata a un ovile (cfr. Giovanni 10, 1-16). Nell'ovile la sola differenza sostanziale è tra pastore e gregge; ma i componenti del gregge sono uguali per natura, siano essi pecore, capri o agnelli.
Altra immagine della vera Chiesa di Cristo è quella della casa (cfr. 1 Timoteo 3, 15), nella quale abita la famiglia di Dio (cfr. Efesini 2, 19-22). Ora i membri o componenti della casa o famiglia sono per natura tutti uguali, anche se diversi per età e per funzioni: tutti hanno la dignità di creature umane, sia i genitori che i figli. La differenza esiste solo tra i componenti della famiglia e il cagnolino, l'uccellino, il cavallo.

- Identico è pure il nutrimento per tutti i membri della famiglia di Dio. "Noi, pur es
sendo molti, siamo un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1 Corinzi 10, 17 greco). Tutti i discepoli di Cristo hanno diritto di partecipare alla Cena del Signore e nutrirsi del suo Corpo e del suo Sangue. E' chiaro che san Paolo ha in mente qui tutti i discepoli di Cristo, non già un numero ristretto di privilegiati.

- In effetti, l'altra immagine pure paolina della Chiesa è quella del corpo (umano). "Noi tutti fummo battezzati in un solo Spirito, per costituire un solo corpo" (1 Corinzi 12, 13). Ora come tutte le membra del corpo umano, anzi tutte le cellule, formano un solo organismo, sostanzialmente uno, così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Corinzi 12, 12). Non vi è differenza sostanziale tra le varie parti del corpo umano, tra le centinaia di lilioni di cellule che lo costituiscono: tutte hanno la stessa natura, anche se funzioni diverse.
Come dunque unica è l'origine della vera Chiesa di Cristo, ossia la fede e il battesimo, così pure unica è la dignità e la natura di tutti i suoi membri.

- Infatti, a tutti i credenti in Cristo è stato dato lo Spirito (cfr. Giovanni 7, 39); tutti sono guidati dallo Spirito (cfr. Romani 8, 14); per tutti lo Spirito è caparra della futura eredità (cfr. Efesini 1, 13-14).

b) Identica eredità
- In realtà, tutti i membri della vera Chiesa di Cristo, dell'unico Popolo di Dio, del corpo di Cristo sono avviati verso un'unica terra promessa.
Nel battesimo, che unisce a Cristo tutti i battezzati, san Paolo vede già avverata questa futura glorificazione:
" Ma Dio, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatto rivivere in Cristo. Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nei cieli (Efesini 2, 4-6).
L'Apostolo si riferisce qui a tutti i battezzati, a tutti i credenti in Cristo.
Altrove san paolo è ancora più esplicito:
"Se siamo figli, siamo anche eredi. Eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Romani 8, 17).

- Partecipare alla gloria di Cristo vuol dire essere rinati " a una eredità incorruttibile (…) riservata nei cieli per voi, che per la forza di Dio siete custoditi, mediante la fede, in vista della salvezza pronta ormai per essere rivelata nell'ultimo tempo " (1 Pietro 1, 4-5).
La condizione che sia san Paolo che san Pietro mettono per conseguire l'eredità nei cieli, non è l'appartenenza al numero dei 144.000, ma essere figli di Dio e conservare la fede in Cristo. Ora sono figli di Dio tutti quelli che accolgono la Parola di Dio (cfr. Giovanni 1, 12-13; 1 Giovanni 5, 1), ossia che aderiscono a Cristo mediante la fede.
Perciò ancora san Paolo poteva scrivere ai cristiani di Efeso: "Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza a cui siete stati chiamati per la vostra vocazione" (Efesini 4, 4).
E ancora: "Se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo" (2 Timoteo 2, 12).

c) Diversità di funzioni
La fondamentale e sostanziale uguaglianza in dignità e natura, e la comune eredità di gloria con Cristo nei cieli non contrastano col fatto che nella vera Chiesa di Cristo vi siano funzioni o servizi diversi. Già l'immagine di organismo o corpo umano applicata da san paolo alla Chiesa comporta questa diversità di funzioni senza vanificare l'uguaglianza di natura. Non vi è differenza di natura tra le varie parti dello stesso organismo, benché abbiano funzioni diverse per il bene comune.
- Alla sua vera Chiesa Cristo….
"ha donato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per preparare i santi, (ossia i credenti al ministero), per la costruzione del corpo di Cristo" (Efesini 4, 11-12; cfr. 1 Corinzi 12, 28-30).
In nessuna parte della Bibbia è detto che l'assegnazione di queste funzioni è stata data da Cristo solo a una categoria di privilegiati. I criteri sono chiaramente indicati nella Bibbia.
Nella scelta dei Dodici Apostoli prima (cfr. Marco 3, 13-19; Luca 6, 12-16) e dei settantadue discepoli dopo (cfr. Luca 10, 1-16) non si ha nessun cenno a una loro appartenenza al numero dei 144.000. La Bibbia dice solo che essi erano dei “piccoli” (Luca 10, 21), ossia i più umili socialmente, ma grandi nella fede e nella disponibilità per l’opera della salvezza iniziata da Cristo (cfr. 1 Corinzi 1, 26-30):

- Dopo l’Ascensione del Signore la distribuzione degli uffici o servizi o ministeri ha come fonte lo Spirito Santo, che li distribuisce a ciascuno come vuole (cf. 1 Corinzi 12, 11; Atti 20, 28 ); ma lo Spirito si serve di persone concrete e visibili per questa scelta. I criteri seguiti da queste persone ignorano completamente un’immaginaria appartenenza al numero dei 144.000.
Così, per esempio, nella scelta di Mattia, che prendesse il posto del ministero del traditore, il gruppo degli elettori non esige che il candidato sia del numero dei 144.000, ma solo che sia stato alla sequela di Gesù “per tutto il tempo in cui dimorò tra noi il Signore Gesù (…) e divenga testimone della risurrezione” (Atti 1, 21-22).
- Anche Paolo ebbe cura di affidare il governo delle varie chiese ad altre persone (cf. Atti 14, 23). Non consta che egli si sia mai preoccupato di indagare e di sapere se queste persone fossero del numero dei 144.000. Unica sua preoccupazione erano che fossero persone forti nella fede, capaci di ammaestrare gli altri, pronti a soffrire come buoni soldati di Cristo Gesù (cf. 2 Timoteo 2, 1-3), e conoscessero bene le Sacre Lettere (cf. 2 Timoteo 3, 15; Tito 1, 5-9; 1 Timoteo 3, 1-12):
- Si, nella cera Chiesa di Cristo nessuno è escluso da qualsiasi servizio o funzione o ministero anche il più alto. Non vi è una classe di predestinati al governo e all'amministrazione, e una di sudditi o pecore destinate all'ubbidienza per il tempo e l'eternità. Nella vera Chiesa di Cristo chiunque può arrivare ad essere papa o vescovo o pastore o ministro.
- Infine è da ricordare che la diversità di servizi o ministeri o funzioni caratterizza la Chiesa solo nella presente fase terrena. Dopo la restaurazione finale, col ritorno del Signore, ogni diversità sostanziale scomparirà. Dio sarà tutto in tutti (cf. 1 Corinzi 15, 28 ).
L'Agnello sarà l'unico pastore (cf. Apocalisse 7, 17). Tutte le cose saranno fatte nuove.

d) Vera fraternità
Alla luce di questo chiaro insegnamento biblico si rivela in tutta la sua bellezza l'affermazione di Gesù:" Voi siete tutti fratelli (…) Uno solo è il vostro Padre, quello celeste " (Matteo 23, 8-9).
Gesù poteva dire questo perché aveva insegnato che tutti isuoi discepoli sono figli di Dio in base al battesimo e alla fede e a una nuova rinascita (cf. Giovanni 1, 12; 3, 5: 1 Giovanni 5, 1 ecc.); tutti sono chiamati alla stessa eredità: " Se siamo figli, siamo anche eredi " (Romani 8, 17).
Commenta sant' Agostino:
"Quando dico fratelli, quando dico sorelle, è chiaro che intendo parlare di una sola e medesima eredità".
Con questo richiamo alla paternità di Dio, Gesù condanna ogni atteggiamento discriminatorio tra i suoi discepoli. Cosa direste di un padre sulla terra che privilegiasse solo alcuni dei suoi figli? Che non desse a tutti la stessa eredità? Non lo chiamereste debole e ingiusto? Non ripugna alla coscienza morale un tale comportamento?
Com'è possibile che ci sia in Dio, nel Padre celeste ed universale, ciò che è disordine nell'uomo? Chi attribuisse a Dio una condotta discriminatoria e razziale, farebbe un'offesa alla sua paternità, modello di ogni paternità (cf. Efesini 3, 15). Il Dio della Bibbia è un Dio imparziale, senza favoritismi (cf. Romani 2, 11; 1 Pietro 1, 17).

I 144.000 (Apocalisse 7, 4; 14,1)

Davanti a tanta evidenza deve qualificarsi come una grossolana distorsione la spiegazione che i tdG danno di alcuni testi scritturistici per puntellare la loro pretesa di una classe di privilegiati destinata al comando nel tempo e nell'eternità. Psseremo ora in rassegna i principali testi biblici distorti e strumentalizzati dalla intellighenzia geovista, e primo tra tutti il testo di Giovanni nell'Apocalisse.
Scrisse Giovanni:
" E udii il numero dei segnati col sigillo: centoquarantaquattromila segnati col sigillo da ogni tribù dei figli d'Israele" (Apocalisse 7, 4, Garofalo).
E ancora:
" E vidi : ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e con esso centoquarantaquattromila, che hanno il suo nome e il nome del Padre suo scritto sulle loro fronti. E udii una voce dal cielo come voce di acque molte e come voce di tuono grande, e la voce che udii era come di arpisti arpeggianti sulle loro arpe. E cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro viventi e agli anziani. E nessuno poteva imparare il canto, all'infuori dei centoquarantaquattromila, i quali sono stati riscattati dalla terra. Questi sono coloro che non si sono macchiati con donne: sono infatti vergini…(Apocalisse 14, 1-4; Garofalo).
A parere dei geovisti, nei centoquarantaquattromila sarebbe stato rivelato a Giovanni il numero matematico della classe dei privilegiati, dei santi o dei unti, destinati a regnare in terra e in cielo.

La verità

Questa spiegazione geovista è sbagliata. A Giovanni non fu rivelato un numero matematico e chiuso di privilegiati signori della terra e del cielo.
Perché?

a) Senso allegorico, non letterale
La prima ragione è che nei testi citati dell'Apocalisse (7, 4 e 14, 1-4) hanno un senso allegorico o simbolico, non letterale. In questa spiegazione sono concordi tutti i grandi biblisti di ogni tempo. Il senso allegorico s'impone, altrimenti dovremmo ammettere almeno tre inammissibili conseguenze.
La prima: Seguendo il senso letterale, si dovrebbe ammettere che tutti i 144.000 siano ebrei, ossia di razza ebraica, scelti in egual numero dalle dodici tribù di Israele secondo la carne cioè storico. Ma questa conseguenza è inammissibile. Tutti infatti, perfino i tdG, affermano che i 144.000 sono tratti da tutto il genere umano, non solo cioè di razza o sangue ebraico.
La seconda: Attenendosi al senso letterale, bisognerebbe ammettere che i 144.000 siano tutti vergini. Di fatto, la maggior parte dei santi o unti della setta geovista sono sposati, generando figli e figlie. La verità è che il modo di parlare di Giovanni è simbolico. Infatti, come tutti sanno, nello stile biblico l'evitato rapporto con le donne sta a simboleggiare la fuga dall'idolatria o l'integrità e purezza della fede.
La terza: spiegando letteralmente Apocalisse 14, 1, i 144.000 dovrebbero essere collocati sul monte Sion, ossia a Gerusalemme, in Palestina. Ma ci avvertono i geovisti: "l'Agnello a cui si fa riferimento è, per certo, Gesù Cristo; e questo monte Sion non è sulla terra, ma in cielo dove si trova Gesù" . Dunque "monte Sion" va preso in senso simbolico, non letterale (cf. infra, p. 50), e così pure l'Agnello.
La nostra analisi potrebbe continuare. Il risultato sarebbe che Giovanni avrebbe usato un linguaggio simbolico in tutte le sue espressioni, eccetto in quella dei 144.000. Appare assurdo che in un contesto interamente simbolico debba essere intesa in sanso letterale una sola espressione.

b) Sulla terra, non in cielo
Vi è, poi un altro grave errore nella spiegazione dei tdG. Essi collocano i 144.000 in cielo, spiegando simbolicamente monte Sion, come già si è detto.
Ma Giovanni non dice questo. I 144.000 sono sulla terra. In effetti, nella prima visione (cf. Apocalisse 7, 14) lo scenario terreno è minuziosamente descritto: si parla di terra (4 volte), di mare (3 volte), di venti, di piante. E' la terra, questa nostra terra, sconvolta, in balia d'una imminente calamità, dalla quale rimarranno illesi i segnati col sigillo, ossia i figli dell'Israele di Dio (cf. Galati 6, 16), che sono tutti i discepoli di Cristo.
Nella seconda visione (Apocalisse 14, 1-4) i 144.000 sono pure collocati sulla terra, precisamente sul "monte Sion". Nel linguaggio profetico "il monte Sion" è visto come il centro simbolico della comunità messianica - del nuovo Israele - su questa terra (cf. Gioele 3, 5; 14, 17).
A questa comunità sulla terra si fa sentire una voce che viene dal cielo (Apocalisse 14, 2). Il canto celeste è percepito e capito dai 144.000 che sono sulla terra, ossia dalla comunità dei salvati che sono sulla terra.

c) Una schiera innumerevole
A motivo di tanti errori ed incongruenze in cui cadono i tdG, possiamo dire con certezza che il numero dei 144.000 non indica una quantità limitata e matematicamente chiusa, bensì una schiera innumerevole.
In effetti, san Giovanni, per indicare questa immensa schiera, si serve di numeri simbolici, che sono 12 e 1000. Il 12 era considerato un numero sacro (12 erano le tribù di Israele), mentre il 1000 serviva a simboleggiare una quantità considerevole, una moltitudine (cf. 2 Pietro 3, 8 ).
Per indicare una moltitudine sacra, di gente cioè segnata col sigillo divino, san Giovanni si serve della cifra 144.000 che è il quadrato di 12 per 1000 (12x12x1000).
Altri propongono interpretazioni diverse. Ma tutti convengono nel dire che si tratta di numeri simbolici.

Il servo fedele ed accorto (Matteo 24, 45-51)

Oltre ad Apocalisse 7, 4-7 e 14, 1-4 finora analizzata, i tdG strumentalizzano anche la parabola del servo fedele ed accorto:
"Chi, dunque, è quel servo fedele ed accorto che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici perché dia loro il cibo a suo tempo? Beato quel servo se il padrone, alla sua venuta, lo troverà occupato. In verità vi dico: gli affiderà tutti i suoi beni. Ma se è un servo malvagio che dice in cuor suo: "Il mio padrone tarda", e si mette a picchiare i servi dei suoi compagni, a mangiare e bere con gli ubriaconi, il padrone del servo verrà nel giorno in cui quello non l'aspetta e nell'ora che quello non conosce, e lo punirà severamente, facendogli subire la sorte degli ipocriti; là sarà il pianto e lo stridor dei denti" (Matteo 24, 45-51, Garofalo; cf. Luca 12, 35-48; Marco 13, 33-37)
A parere dei tdG, "il servo fedele ed accorto" sarebbe la classe dei 144.000, a cui Geova avrebbe affidato il compito di distribuire il cibo spirituale, ossia di insegnare, di governare, di amministrare gli averi della congregazione. Ma la Bibbia non dice così.

La verità

a) In questa parabola, come nelle altre, Gesù non parla d'una classe di privilegiati. Egli tratta unicamente e ripetutamente della vigilanza che tutti i suoi discepoli devono avere, e della loro fedeltà al proprio dovere, nell'attesa della sua venuta per il giudizio finale. A tal fine, Gesù porta come esempio la vigilanza del padrone di casa per non essere colto all'improvviso dal ladro (cf. Matteo 24, 42-44;Luca 12, 39-40), oppure quella dei servi o delle vergini che aspettano lo sposo (cf. Luca 12, 35-38; Matteo 25, 1-2) oppure quella dell'uomo che affida i suoi beni ai propri servi (Matteo 25, 14-30).
Il servo fedele ed accorto non è simbolo d'una classe di privilegiati, ma di colui - di ogni discepolo di Cristo - che si preoccupa di fare il suo dovere nell'attesa del ritorno del suo padrone: fare il suo dovere, qualunque esso sia.

b) Nel testo parallelo di san Luca (cf. Luca 12, 41-48 ) la parabola è introdotta da una domanda di Pietro:
"Disse allora Pietro: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?" (Luca 12, 41).
La parabola, a cui Pietro si riferisce, è quella del padre di famiglia che vigila contro un'eventuale ladro (cf. Luca 12, 39-40). Questa domanda introduce, o forse crea un passaggio, al brano seguente, cioè alla parabola del servo fedele ed accorto. In altre parole, la domanda di Pietro dà occasione a Gesù di precisare il suo pensiero nei termini seguenti: quello che costituisce un dovere per tutti (vigilanza e fedeltà), vale a maggior ragione, per chi nella comunità ha il peso della responsabilità.

c) A conferma vale il fatto che "il servo fedele ed accorto" ha l'incarico di dare il cibo a suo tempo "ai servi suoi compagni" (greco conservi, Mt. 24, 49). Dunque egli non rappresenta una categoria a parte, ma uno dei tanti, uno di tutta la servitù, aventi tutti un unico Padrone (= il Signore Gesù). Che se poi si vuole vedere in questi suoi compagni la classe dei 144.000, ne segue che il cibo a suo tempo va dato solo a loro, e non agli altri. Infatti è volontà del padrone che dia cibo e abbia rispetto per i suoi conservi.

d) In san Luca la parabola del "servo fedele ed accorto" si conclude con due versetti che ne fanno capire meglio il significato (cf. Luca 12, 47-48 ). Gesù insiste che il monito alla vigilanza e alla fedeltà è per tutti, sia per quelli che conoscono bene la volontà del padrone, ossia le guide della comunità, sia per quelli che non la conoscono, perché " a chi molto fu dato, molto sarà domandato" (Luca 12, 48 ).
Lo scopo dunque della parabola o delle parabole non è quello di indicare chi sia il Corpo Direttivo e tanto meno un numero di privilegiati ristretto a 144.000, ma di inculcare a tutti i credenti in Cristo il senso della vigilanza e della fedeltà al proprio dovere, qualunque esso sia, nell'attesa del ritorno del Signore. Il quale scruta i beni ed i cuori e retribuirà a ciascuno secondo le proprie opere (cf. Apocalisse 2, 23).

Uomini di Serie B

Dopo, o piuttosto sotto, la classe dei 144..000, la intellighenzia geovista colloca quella delle "altre pecore", che comprende tutti coloro che sono disposti a ubbidire ciecamente al Corpo Direttivo con la speranza di continuare ad ubbidire in un paradiso su questa terra in un prossimo futuro sempre rimandato. A fare questa scoperta fu - come abbiamo detto - il secondo presidente Joseph Franklin Rutherford. Scrivono i geovisti:
"vi fu il 31 maggio 1935, una rivelazione di verità relativa alle 'altre pecore'. Essa indicò che la 'grande folla', vista dall'apostolo san Giovanni diciannove secoli fa e descritta in Rivelazione 7, 9-17, doveva essere formata dalle 'altre pecore', la cui chiamata è alla vita eterna in un paradiso globale qui sulla nostra terra".

La verità

Riportiamo anzitutto il testo di Apocalisse 7, 9-17):
"Dopo ciò vidi: ed ecco una folla numerosa, che nessuno poteva computare, d'ogni gente e tribù e popolo e lingua: ritti davanti al trono e davanti all'agnello, ravvolti in vesti bianche, e con palme nelle mani. E gridano a gran voce dicendo: "La salvezza appartiene al Dio nostro seduto sul trono e all'agnello!" E tutti gli angeli stavano ritti intorno al trono e agli anziani e ai quattro viventi; e si prostrarono davanti al trono sulle loro facce e adorarono Dio dicendo: Amen. La benedizione, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza al Dio nostro per i secoli dei secoli. Amen.
E uno degli anziani mi rivolse la parola dicendo: "Questi, ravvolti in vesti bianche, chi sono e donde vennero?" (…) E disse a me: "Questi sono coloro che vengono dalla grande tribolazione (…). Perciò sono davanti al trono di Dio, e lo servono giorno e notte nel suo tempio, e colui che siede sul trono dimorerà sopra di essi. Non soffriranno più la fame (…) poiché l'agnello che è verso il mezzo del trono sarà il loro pastore…" (Garofalo).

Spiegazione:
a) La folla numerosa vista da Giovanni va collocata in cielo, non sulla terra. La prima ovvia ragione è che essi sono "ritti davanti al trono e davanti all'Agnello". Il trono, di cui qui si parla, è il trono di Dio, che si trova in cielo (cf. Isaia 66, 1; Matteo 5, 34; 23, 22 ecc.). Anche l'Agnello, ossia il Figlio di Dio immolato per la nostra salvezza, è asceso al cielo (cf. Efesini 4, 8-10; Ebrei 9, 24 ecc.). Dunque i componenti della "folla numerosa) dimorano in cielo alla presenza di Dio e dell'Agnello.

b) La seconda ragione è che per loro "la grande tribolazione" è passata. Solo sulla terra essi hanno potuto affrontare tribolazioni, persecuzioni, e anche il martirio. Tutte queste cose accompagnano la vita sulla terra. Nella celeste Gerusalemme non vi è nulla di tutto questo (cf. Apocalisse 21, 4).

Una nuova rivelazione

Per puntellare la distorsione della Parola di Dio operata da Rutherford nel 1935, il suo successore Frederick Franz nel 1981, ossia 46 anni dopo, ebbe una nuova rivelazione. Geova ha mostrato ai veggenti di Brooklyn, N.Y. che 2la grande folla" vista da Giovanni in Apocalisse 7, 8 e seguenti deve essere collocata nella parte esterna del tempio, che sarebbe la terra.

La verità

a) Notate, prima di tutto, che l'autore ispirato ha usato la parola naòs, che vuol dire "parte interna del tempio", il "Santo dei Santi", dov'era collocata la presenza di Dio. Altrove invece lo stesso Giovanni usa la parola ieron che vuol dire "tempio in generale", compresa la parte esterna (cf. Giovanni 2, 14; cf. Matteo 21, 12). La "folla numerosa" so trova nel naòs, ossia nella parte interna, nel santuario, non nel ieron.

b) E' pure detto che "la folla numerosa" "presta servizio notte e giorno"; ora il servizio sacro si svolgeva all'interno del santuario. I protagonisti di questo servizio sacro, ossia i componenti la "folla numerosa", hanno come sede la parte interna, non quella asterna del tempio.

Infine è detto che l'Agnello "sarà loro pastore". Dunque anche l'Agnello dovrebbe essere collocato sulla terra in mezzo alle altre pecore, e non già nel cielo coi 144.000, come insegnano i tdG.

I miti erediteranno la terra (Mt. 5, 5)

Il cavallo di battaglia geovista per tralasciare sulla terra "la folla numerosa" sono le parole di Gesù in Matteo 5, 5:" I miti possederanno la terra" (Garofalo). Imiti o giusti sarebbero i componenti la grande folla di Apocalisse 7, 8. Dunque a loro spetta la terra, sulla quale vivranno felici per sempre. Chiaro? Chiarissimo!!!

La verità

a) La Bibbia non dice questo. Il pensiero di Gesù va spiegato alla luce della Scrittura perché la Bibbia si spiega con la Bibbia. Infatti, la frase di Matteo 5, 5 è una citazione del Salmo 37, 11.29, e va capita alla luce di quanto è detto in quel Salmo. Il salmista si pone il problema: come mai la giustizia di Dio permette che i malvagi prosperino e possano opprimere i giusti (= i miti)? La risposta, per un antico Ebreo, non riusciva facile. Non avendo chiara idea della vita d'oltretomba, egli trovava la soluzione nell'ambito della vita terrena. Jahve - egli dice - punirà gli empi, e a lungo andare premierà i giusti con una vita felice su questa terra o direttamente nelle loro persone oppure nella loro discendenza.

b) Ma Gesù aprì la mente dei suoi discepoli all'intelligenza delle Scritture (cf. Luca 24, 45). Ai miti o giusti, chiamati anche poveri in spirito, egli promette il Regno di Dio (Luca 6, 20) o dei cieli (Matteo 5, 3). La terra, che Gesù promette, si identifica col Regno dei cieli o di Dio. E il Regno di Dio non è mai presentato nella Bibbia come una vita edonistica su questa terra. (cf. Romani 14, 17).

c) Possiamo dire le stesse cose in un modo diverso. L'antico Ebreo si consolava al pensiero che Jahve avrebbe ricompensato i giusti con un pezzetto del nostro pianeta: una vigna, un giardino di ulivi, di fichi, di melograni, in quella terra dove erano entrati i suoi antenati liberi dalla schiavitù dei faraoni: la terra promessa (cf. Deuteronomio 1, 6-8 ).
Ma Gesù ha spiegato come vanno intese le cose, qual è la vera terra promessa. Egli non parla mai di questa terra dove i suoi discepoli (= miti, i giusti, i poveri di spirito) avrebbero avuto la loro ricompensa. Egli ha promesso la restaurazione totale dell'universo, un nuovo modo di essere di tutta la creazione (cf. Matteo 19, 28; Atti 3, 21; Romani 8, 19). Questa è la vera terra promessa.

d) Spesso questa terra promessa è chiamata cielo o cieli. Così san Paolo rimprovera quelli che sono tutti intenti alle cose della terra specificando che:
"La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" (Filippesi 3, 19-21).
Lo stesso Apostolo corregge il pensiero dell'antico salmista (cf. salmo 37) e afferma che ai giusti perseguitati, ai miti d'Israele sarà data una patria celeste:
"Nella fede morirono tutti costoro (…), dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece aspirano a una migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio; ha preparato infatti per loro una città" (Ebrei 11, 13-16).

Nuovi cieli e nuova terra

Anche alcune parole della seconda Lettera di san Pietro sono strumentalizzate dai tdG per affermare l'esistenza d'una sede celeste per i 144.000 (nuovi cieli) e una dimora terrena (nuova terra) per le altre pecore. Ha scritto san Pietro:

Il giorno del Signore verrà come un ladro: allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati da fuoco si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta (…). E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà dimora stabile la giustizia (2 Pietro 3, 10-13).

Spiegazione:
a) L'espressione biblica "cielo e terra" o al plurale "cieli e terra" indica un'unica realtà, ossia tutto l'universo, tutta la creazione. Così in Genesi 1, 1, con le parole "Dio creò il cielo e la terra", l'autore ispirato vuol dire che Dio creò tutte le cose, che apparivano come terra e come astri del firmamento.

b) Dopo il peccato dell'uomo, Dio promette di rinnovare tutto l'universo: è la restaurazione di cui abbiamo parlato prima (cf. Matteo 19, 28 ), la liberazione della creazione tutta dalla schiavitù della corruzione (cf. Romani 8, 21). Questa promessa si trova già in Isaia 65, 17; 66, 22, a cui san Pietro deve la sua espressione.

c) Qualora per cieli dovessimo intendere la sede dei 144.000, ne seguirebbe che anche i santi o unti già destati incorruttibili subiranno la stessa sorte di questa terra: la loro dimora celeste si dissolverà tra breve consumata dal fuoco….

d) E' vero che nella Bibbia i cieli indicano alcune volte la sede di Dio e degli angeli, come pure la dimora dell'umanità rinnovata e salvata in Cristo. Ma questo significato non si trova nelle parole di san Pietro. La spiegazione geovista che vorrebbe ricavare da 2 Pietro 3, 13 la netta distinzione tra celesti e terrestri, dividere cioè l'umanità in due categorie radicalmente distinte, con due speranze specificamente diverse, è priva di qualsiasi fondamento biblico. E' solo una settaria strumentalizzazione della Parola di Dio per giustificare un deprecabile razzismo.

Il re Davide e Giovanni Battista

A parere dei tdG la Bibbia dice che il re Davide e Giovanni Battista non andarono in cielo (cfr. Atti 2, 29-34; Matteo 11, 11).

La verità

a) In Atti 2, 29-34 san Pietro applica a Cristo Risorto le parole del Salmo 110, 1: "Disse il signore al mio Signore: siedi alla mia destra" (Garofalo). Il Primo degli Apostoli fa notare che Davide non fu risuscitato ed elevato alla destra di Dio. La profezia del salmo trovò pieno compimento in Gesù di Nazareth "asceso al cielo": Non è affatto detto che vi sia una dimora celeste, da cui sarebbe escluso Davide, e una dimora terrestre per "le altre pecore".

b) In Matteo 11, 11 Gesù dice: "Il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui (del Battista)" (Garofalo). L'espressione "regno dei cieli" usata abitualmente da Matteo, corrisponde all'altra "regno di Dio" usata da Luca, Marco, ecc., come tutti sanno. Gesù voleva dire che il Regno di Dio (o dei cieli) da Lui fondato (cfr. Marco 1, 15; Luca 4, 18-21; 11, 20; 17, 21; ecc.) è di molto superiore a quello di prima, nel quale era nato Giovanni. Questi, comunque, credette in Gesù Messia e ora certamente regna con Lui in cielo (cfr. 2 Timoteo 2, 12; Ebrei 11, 16).

Il piccolo gregge (Luca 12, 32)

L'errore:
A parere dei tdG il piccolo gregge, a cui il Padre darà il regno, sono i 144.000.

La verità:
a) Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo: "Lo sparuto gruppo di discepoli è un piccolo gregge fra una torma di lupi, i farisei, ma è forte della forza di Dio". Gesù parla del numero dei suoi primi discepoli, contrapposti alle migliaia della folla.

b) Tra pochi anni, grazie all'opera dei primi discepoli, diventerà una moltitudine immensa, che Giovanni vede in cielo intorno al trono di Dio, nel suo tempio, assieme agli angeli, agli anziani e ai quattro viventi (cf. Apocalisse 7, 9.11.15). Infatti l'annuncio della Parola di verità giunse ben presto in tutto il mondo, fruttificando e sviluppandosi (cf. Colossesi 1, 6).
Trianello

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GrisAdmi
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Messaggioda GrisAdmi » mer dic 19, 2007 4:10 pm

VIVI O
MORTI ?
MORTI DICONO I TESTIMONI DI GEOVA
VIVI AFFERMA LA BIBBIA


OPUSCOLO N° 2
PICCOLA COLLANA

"I TESTIMONI DI GEOVA"


Astuta propaganda

Proprio in un giorno di grande dolore (Era morto quel giorno proprio in quel rione, un giovanetto di nome Mario. Aveva solo 16 anni.) ho visto un volantino fatto cadere da mano ignota nelle cassette di posta in arrivo. Ho preso e ho letto:

"Speranza dei morti. Che la speranza dell'uomo di vivere dopo la morte sia basata sul possesso di un'anima immortale è una credenza tanto antica quanto diffusa (…).
I suoi sostenitori rispondono che essi hanno la prova scritturale. Ma che cosa dice la Bibbia?
Per la Bibbia tanto l'uomo che gli animali inferiori sono anime ( Il volantino è illustrato come una vignetta in cui accanto all'uomo compaiono un asino, un bue e una pecora qualificati tutti come anime viventi.) e perché essi muoiono tutti, si deve dedurre che le anime muoiono. E questo è esattamente ciò che la Bibbia inequivocabilmente dichiara: "L'anima che ha peccato, quella morrà" (Ezechiele 18, 4-20). "Ogni anima vivente morì nel mare (Apocalisse 16, 3)" (E' una traduzione infelice e ingannevole).
Invece di essere basata sul possesso di un'anima immortale, la Bibbia mostra che la speranza dell'uomo è fondata sulla risurrezione".


Vediamoci chiaro

La mano ignota è quella dei testimoni di Geova. Vengono di nascosto come un ladro (cf. Giovanni 3,20), per rubare la vostra fede, approfittando del vostro dolore. E dopo questo tentativo di furto, che cosa vi danno in cambio? Vi dicono che dopo la morte non si va in cielo, ma si fa la fine dei pesci che muoiono nel mare, o del cane, che termina la sua esistenza sotto una macchina mentre attraversa la strada.

a) Vi dicono che la speranza dell'uomo di vivere dopo la morte tanto antica quanto diffusa, in cui l'umanità ha creduto fin dalle sue origini e in ogni parte della terra, è sbagliata.

Si risponde: Com'è possibile che la stragrande maggioranza degli uomini, tra cui tantissime elette intelligenze, si sia completamente sbagliata? Non è detto nel Vangelo che il Verbo Eterno di Dio, vera Luce del mondo, illumina ogni uomo? (cf. Giovanni 1,9).

b) Vi dicono che i giudei presero la loro credenza nell'immortalità dell'anima dai vicini pagani.
Si risponde: Chi sono questi giudei? Non sono forse quelle stesse persone che, ispirate da Dio, hanno scritto la Bibbia? Anche se il contatto coi popoli vicini ha contribuito a conoscere meglio certe verità, dopo che queste verità sono state avallate dallo Spirito Santo, devono dirsi parte integrante della Bibbia.

c) Vi dicono: Il gran numero di quelli che si professano di essere cristiani ritengono similmente che la speranza dell'uomo nella vita futura sia basata sul suo possesso d'un anima che alla morte va in cielo, purgatorio o inferno.
Si risponde: Dunque tutti (e sono miliardi!) si sarebbero sbagliati? Come mai Gesù Cristo, che è la Verità (cf. Giovanni 14,6 ), avendo assicurato i suoi discepoli di essere presente in mezzo a loro fino alla fine del mondo (cf. Matteo 28,20), li ha poi abbandonati in balìa dell'errore? Come mai lo Spirito di verità (cf. Gv. 16,13), mandato dal Padre perché rimanesse sempre coi discepoli (cf. Gv.14,16 ), non ha avuto la capacità di intervenire in difesa della verità?


d) Vi dicono: gli scienziati non hanno potuto scoprire nessuna prova che l'uomo abbia un'anima immortale.

Si risponde: Che valore ha la prova degli scienziati a favore o contro una verità di fede? Non dicono i geovisti che bisogna seguire la Bibbia come unica guida? Che significa questo appello agli scienziati? Se l'appello geovista alla scienza fosse valido, noi potremmo dire che non c'è futura risurrezione perché gli scienziati non hanno potuto scoprire nessuna prova che l'uomo debba risorgere!
Comunque, noi sappiamo che moltissimi scienziati di ieri, di oggi, di sempre, hanno creduto e credono, da veri cristiani, che la vita umana continua subito dopo la morte: la scienza, in cui erano e sono versatissimi, non ha scoperto nessuna prova contro la loro fede cristiana nella sopravvivenza dell'uomo. Ecco qualche nome: Biagio Pascal, Isacco Newton, Lazzaro Spallazzani, Luigi Pasteur, Gregorio Mendel, Enrico Medi, Antonino Zichichi, fisico vivente di fama mondiale, e tantissimi altri.
Aspetto la risurrezione dei morti
Certo, la Bibbia parla della futura risurrezione dei morti e i veri cristiani, sempre fedeli agli insegnamenti della Bibbia, professano questa verità, nutrono questa speranza da secoli, anzi da millenni, prima ancora che apparissero sulla terra i tdG. Nel Credo che noi recitiamo i tdG danno rinnegato, è detto: Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.


La vita d'oltretomba

La Bibbia, comunque, non parla solo di futura risurrezione: essa insegna anche in modo inequivocabile che l'uomo sopravvive alla morte. La nostra fine terrena non è come quella degli animali. Questo lo possono pensare e dire i tdG, non veri cristiani. Tra l'uomo e gli animali vi è un abisso incolmabile: Il Dio della Bibbia ha fatto l'uomo di poco inferiore agli angeli (Salmo 8,6 ).
Gli animali cessano di respirare e di esistere: muoiono per sempre. Non così l'uomo. Per lui cessare di respirare non significa cessare di esistere: Dopo la vita terrena, condizionata dalle presenti leggi biologiche, l'uomo continua a vivere in un nuovo stato di vita, seguita a suo tempo dalla risurrezione dei corpi.
Per evidenziare meglio la truffa geovista (perché d'una grande truffa si tratta), noi preferiamo parlare di vita d'oltretomba, di sopravvivenza dopo la morte, piuttosto che di immortalità dell'anima. Non già perché non vi sia nell'uomo una componente immortale, che sfugge cioè alla morte del corpo e che possiamo chiamare anima, ma solo perché tutta la truffa geovista è basata sui loro cavilli ed equivoci circa la parole "anima".


PARTE PRIMA

L'INSEGNAMENTO
DELL'ANTICO TESTAMENTO


La creazione dell'uomo

Analizziamo, prima di tutto, il racconto biblico della creazione dell'uomo. Questo aiuterà a capire meglio la dottrina biblica della sopravvivenza dell'uomo dopo la morte o, che è lo stesso, l'immortalità dell'anima.

"Allora Jahve Dio plasmò l'uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle narici un alito di vita (neshamah); così l'uomo divenne un essere vivente (nefesh hayyâh)" (Genesi 2,7, Garofalo).

Spiegazione:

a) Tutti gli studiosi della Bibbia sono unanimi nel dire che l'autore sacro descrive qui due distinte operazioni divine: la prima riguarda la formazione del corpo senza vita; la seconda, l'origine della vita umana mediante l'aggiunta di un soffio divino (neshamah), causato direttamente da Dio.
La polvere del suolo plasmata da Dio è una figura inerte, cioè un corpo senza vita. Allora Jahve aggiunse al corpo senza vita il soffio divino. In virtù di questo nuovo elemento la figura inerte divenne nefesh hayyâh. "Qui si vuol dire che Javhe pose in quel corpo (soffiò) ciò che lo fece diventar vivo" (Salvatore Garofalo, La Sacra Bibbia, vol. I, commento a Genesi 2,7).

Il nefesh hayyâh equivale a figura umana plasmata più soffio divino. Schematicamente, il pensiero dell'autore sacro può essere espresso con la formula seguente:

polvere plasmata +

soffio divino =

nefesh hayyâh.

Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo:

"Noi sappiamo che quanto fa vivo l'uomo è l'anima, sostanza spirituale. Che l'Autore voglia qui insegnare la presenza nell'uomo, di due elementi risulta dal confronto col verso 19, dove gli animali dono modellati dal suolo, ma non si parla a loro riguardo di un alito soffiato direttamente da Dio".

b) L'espressione ebraica nefesh hayyâh, ossia il composto umano (polvere plasmata più soffio divino) può essere tradotta in vari modi. L'antica versione latina detta Volgata traduce anima vivens; così pure alcune versioni in lingue moderate hanno "anima
vivente".
Ma qui "anima" vuol dire "persona", ossia l'uomo tutto intero, l'essere vivente umano.(Così traducono quasi tutte le Bibbie moderne. Ne citiamo alcune: La sacra Bibbia di Salvatore Garofalo, La Bibbia Concordata, La TOB, La Bibbia di Gerusalemme, La Bibbia della CEI, La Bibbia Nuovissima versione dai testi originali, EP., La Sacra Bibbia in lingua moderna, La Revised Standard Version, La Sacra Bibbia a cura di Louis Pirot (francese) ecc.). Non vuol dire anima quale soffio divino o sostanza spirituale, com'è intesa abitualmente nel linguaggio corrente. Questi due significati di anima come parte spirituale e immortale dell'uomo e come persona sono distinti nel Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli.
I traduttori moderni, per maggior chiarezza e per evitare equivoci, preferiscono rendere il nefesh hayyâh con essere vivente, persona e simili. Se qualche traduttore usa ancora il termine anima per Genesi 2,7b, si premura di precisare che tale parola, in tal caso, va intesa nel senso di composto umano o persona, non come soffio divino o anima spirituale (La Sacra Bibbia a cura dell'Istituto Biblico, Roma, nota a Genesi 2,7 e a Ezechiele 18,4). Fanno eccezione i tdG che preferiscono giocare sempre sull'equivoco per turlupinare la gente.


Un imbroglio geovista

L'errore: " Per creare l'uomo, prese Dio un'anima néfesh o psyché che svolazzava nei cieli invisibili come una farfalla e la imprigionò in un corpo umano (…). No: ma leggiamo ciò che nella sua propria Parola scritta il Creatore dice di essa: "E Geova Dio formava l'uomo dalla polvere della terra e gli soffiava nelle narici l'alito (neshamáh, ebraico) della vita, e l'uomo divenne un'anima (néfesc) vivente". Così venne all'esistenza la prima ani,a umana" (tratto da "Cose nelle quali è impossibile che Dio menta" , pp. 139-140).

La verità: Per creare l'uomo, Dio non prese certamente una farfalla svolazzante nei cieli invisibili, ma aggiunse alla polvere plasmata il soffio di vita proveniente da Lui stesso. Questo soffio si può chiamare anima nel senso di elemento spirituale. Questa "anima" non è il nefesh.
Alla base dell'imbroglio geovista sta la confusione che essi volutamente fanno dei due significati, che la parola anima può avere: quello di soffio divino (neshamah) o elemento spirituale aggiunto al corpo; e quello di composto umano o essere vivente umano o persona (nefesh).
Il nefesh hayyâh non significa "anima" nel primo senso. Tradurlo "anima vivente" è una traduzione infelice, che si presta a tradire la Parola di Dio come fanno appunto i geovisti.

"La parola anima è usata per tradurre l'ebraico nefesh. La traduzione è infelice. L'ebraico nefesh non corrisponde al nostro concetto abituale di anima.


Il nefesh non è l'anima

Insistiamo nel dire che la parola ebraica nefesh non significa anima nel senso in cui questo vocabolo è usato ordinariamente nel linguaggio comune.
Secondo gli studi più accurati dei biblisti la parola ebraica nefesh può avere i seguenti significati:
1 - Essere vivente, uomo o animale, così come appare ai nostri sensi.
2 - Persona (uomo o donna), quando il nefesh è detto d'un essere vivente umano.
3 - Animale, quando il nefesh indica un essere vivente infraumano.
4 - Vita, sia umana che infraumana, secondo i casi, come risulta dal contesto.
5 - Tutti questi significati del nefesh possono essere espressi nelle nostre lingue coi pronomi corrispondenti io, tu, egli, ella, noi, voi, loro, essi, esso, essa, essi, esse.
I tdG, nella loro unica versione della Bibbia, quella autorizzata dalla setta, hanno deciso di usare sempre la parola anima per tradurre l'ebraico nefesh. Sulla testimonianza di tutti i grandi biblisti dobbiamo dire che la loro è una traduzione infelice.

Ecco un primo esempio di traduzione infelice:

In Genesi 1, 20-21 sta scritto: "Dio disse: Le acque brulichino di un brulichio di esseri vivi (nefesh) … E così avvenne. Dio creò i grandi cetacei e tutti gli esseri vivi (nefesh) guizzanti di cui brulicano le acque, secondo la loro specie" (Garofalo). E' ovvio che qui la Bibbia parla di pesci, non di anime.
Malgrado questo inequivocabile significato del testo biblico i tdG traducono:

"E Dio proseguì dicendo: Brulichino le acque di un brulichio di anime viventi (nefesh)… E Dio creava i grandi mostri marini e ogni anima vivente (nefesh) che si muove, di cui le acque brulicano secondo la loro specie".

In nessuna lingua moderna la parola anima indica un pesce, piccolo o grosso che sia; e neppure un animale selvatico o domestico, come per esempio la tigre, l'asino, il gatto, la pecora ecc. La traduzione geovista è sbagliata linguisticamente e concettualmente.


Perché lo fanno ?

La risposta non è difficile. Con la traduzione infelice della parola nefesh (anima anziché essere vivente) i geovisti preparano il terreno per convincere i meno accorti che l'anima muore, vale a dire che non vi è sopravvivenza per l'uomo subito dopo la morte. L'uomo farebbe la fine del cane. Si tratta evidentemente di un grossolano sofisma, ossia di un inganno.
Per scoprire l'inganno e il gravissimo errore antiscritturale basta ricordare ciò che abbiamo appena detto, vale a dire che secondo tutti i biblisti, che fanno autorità, l'ebraico nefesh non corrisponde al nostro concetto abituale di anima, quale componente spirituale e immortale dell'uomo.

Da ciò segue logicamente e sicuramente che la morte del nefesh non equivale alla morte dell'anima. Dalla morte dell'essere vivente umano, ossia della persona, non possiamo dedurre che l'uomo faccia la fine degli animali inferiori. La Bibbia non giustifica questa erronea deduzione.
Per illustrare: se uno dice: "Nella peste di Milano sono morte centomila anime", non intende affatto dire che la vita di quei deceduti sia cessata completamente, in modo assoluto. Egli intende dire che quelle persone (anima = Persona) hanno perso la vita terrena. Che tutti quei morti vivano ancora nel loro Signore in attesa della risurrezione dei corpi il vero cristiano lo sa da numerosissime prove bibliche. Lo diremo in seguito dettagliatamente.


Norma pratica

Per scoprire l'inganno geovista suggeriamo la seguente norma:

Sempre che nella traduzione della Bibbia geovista o citazioni da essa, specie dall'Antico Testamento, trovate la parola "anima", sostituitela con termini meglio corrispondenti al testo ebraico (nefesh) come "essere vivente", "persona", "uomo", "animale" e simili, oppure coi relativi pronomi.

Attenendovi a questa norma, troverete il vero significato della Parola di Dio, scartando quello falso della propaganda geovista. Scoprirete pure quanto sia errata l'affermazione dei tdG che hanno scritto:

"Secondo più di sessanta dichiarazioni che si potrebbero citare dalle Scritture Ebraiche, l'anima umana non deve dirsi senza morte o a prova di morte. Essa deve essere mortale. (da "Cose nelle quali è impossibile che Dio menta" p.144).


Esempi di equivoci geovisti

1 - L'errore: "Per la Bibbia tanto l'uomo quanto gli animali inferiori sono anime, e perché essi muoiono, si deve dedurre che le anime muoiono. E questo è esattamente ciò che la Bibbia inequivocabilmente dichiara 'L'anima che ha peccato, quella morirà ' " (Ezechiele 18, 4.20)

La verità: Nel testo ebraico di Ezechiele 18, 4.20 non vi è anima ma nefesh. La traduzione esatta e fedele è la seguente: "Morirà la persona che pecca" (Garofalo). Qui non centra la morte dell'anima. Ezechiele voleva dire che la persona o uomo che pecca, non un suo discendente, sarà punito da Dio con la privazione della vita terrena. Ezechiele credeva nello Sceol, ossia nella sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. (cf. Ezechiele 32, 17-32).

2 - L'errore: I tdG traducono Numeri 31,19: "Ognuno che ha ucciso un'anima …. Vi dovreste purificare". Parimenti Giosuè 10,35: "E quel giorno votarono ogni anima alla distruzione"

La verità. E' una traduzione infelice ed equivoca nell'uno e nell'altro caso, come in tantissimi altri. Sia in numeri 31,19, che in Giosuè 10,35 non si tratta di anime, ma di persone o nemici uccisi in guerra. Ad essi è stata tolta la vita terrena. Nulla si può ricavare contro la sopravvivenza dopo la morte. Gli Ebrei credevano che tutti i morti andavano nello Sceol.

3 - L'errore: "Genesi 2,7 "Geova Dio formava l'uomo dalla polvere della terra e gli soffiava nelle narici l'alito della vita, e l'uomo divenne un'anima vivente". (Si noti che non vien detto che all'uomo fu data un'anima, ma che egli divenne un'anima, una persona vivente). (Il termine ebraico qui tradotto "anima" è nèphesh" (da Ragioniamo facendo uso delle Scritture, p.30)

La verità:

a) - In Genesi 2,7 è detto che Dio ha prima formato l'uomo dalla polvere e poi soffiato l'alito di vita. Questi due elementi, cioè polvere plasmata e alito di vita (neshamah), hanno costituito l'uomo cioè il nefesh vivente, la persona umana. Sì, alla polvere plasmata fu dato l'alito di vita o spirito o anima immortale.

b) - Come abbiamo già detto, nefesh non significa anima, ma persona, essere vivente. Tradurre anima equivale a dare una traduzione infelice. Quasi tutte le traduzioni moderne della Bibbia traducino Genesi 2,7 con persona, essere vivente e simili. Fanno eccezione i tdG.

4 - L'errore “Gen. 9,5: "Oltre a ciò, io richiederò il sangue delle vostre anime ( o "vite"; ebraico, da nèphesh)". (Qui è detto che l'anima ha sangue)” (da Ragioniamo facendo uso delle Scritture p.30)

La verità:

Ripetiamo ancora una volta che qui si tratta di persona o essere vivente umano. Tanto più che nella seconda parte del versetto si specifica che Dio domanderà conto “dall'uomo”. Qui è detto che l'uomo, non l'anima, ha sangue.

5 - L'errore: “Giosuè 11,11 "Colpirono ogni anima (ebraico, nèphesh) ch'era in essa col taglio della spada". (Si noti che l'anima può essere raggiunta dalla spada, per cui queste anime non potevano essere spiriti)” (da Ragioniamo facendo uso delle Scritture, p.30).

La verità:
Lo stesso imbroglio di prima, di sempre. L'anima che può essere raggiunta dalla spada è l'essere vivente, uomo o animale. Di questo parla il testo citato da Giosuè 11,11. Sì, queste anime, cioè questi esseri viventi, uomini o bestie, non sono puri spiriti. Ma da ciò non segue che Dio non abbia dato all'uomo, e a lui solo, un soffio vitale, uno spirito, un'anima spirituale e immortale, che non può essere raggiunta dalla spada (cfr. Matteo 10,28: Luca 12, 4-5, infra).

6 - L'errore: “Lev. 24, 17-18: "Nel caso che un uomo colpisca mortalmente alcun'anima (ebraico nèphesh) del genere umano, dovrebbe essere messo a morte senza fallo. E chi colpisce mortalmente l'anima (ebraico nèphesh) di un animale domestico dovrebbe darne il compenso, anima per anima". (Si noti la stessa parola ebraica per anima è usata sia per il genere umano che per gli animali)”.

La verità:

a) - Si noti come i tdG, mediante un uso aberrante della Bibbia, degradono l'uomo a livello delle bestie. Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Genesi 1,27), i tdG lo fanno a immagine e somiglianza degli animali.

b) - Sì, in ebraico la stessa parola nefesh è usata sia per il genere umano che per gli animali. Ma tale parola non significa anima. Il suo significato di base è quello di essere vivente. Stando così le cose, noi possiamo dire che sia l'uomo che l'anima sono esseri viventi, senza degradare l'uomo al livello delle bestie. L'animale è un nefesh o essere vivente di una specie radicalmente diversa da quella dell'uomo.


La fede degli antichi Ebrei

Gli antichi Ebrei credevano nella sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte.
Questa credenza era loro proprio fin dalle origini. Non l'avevano presa né dagli egizi, né dai babilonesi, né dai greci. Ci credevano prima ancora che conoscessero questi popoli.
a) Nei libri della Bibbia, nei quali sono ricordate le credenze più antiche degli Israeliti, si trovano spesso espressioni come queste: “I morti vanno in pace presso i loro padri” (Genesi 15,15); “sono riuniti ai loro antenati” (Genesi 25, 8-9; 35,29; 49,33).

Questi modi di esprimersi non equivalevano a dire semplicemente che uno morisse, come erroneamente spiegano i tdG. No! Morire e riunirsi ai propri antenati indicavano due cose distinte. Di Abramo è detto: “Spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio di giorni, e si riunì ai suoi padri” (Genesi 25, 8-9). Si tratta di due affermazioni diverse: per lo scrittore ispirato una cosa era morire, e un'altra riunirsi ai propri padri.

E neppure significavano quelle espressioni che il defunto era seppellito nella tomba di famiglia. Abramo morì e fu sepolto in Palestina nella grotta di Macpela (Genesi 25,9) e lì rimase. I suoi antenati erano stati sepolti assai lontano, in Mesopotamia, a centinaia di chilometri di distanza, in una altra tomba. Eppure di lui la Bibbia dice che si riunì ai suoi padri. La riunione non avveniva dunque nello stesso sepolcro. L'autore sacro aveva in mente qualche altra cosa.

Parimenti di Davide è detto che “dopo avere servito i disegni di Dio, morì e di unì ai suoi padri e andò in corruzione” (Atti 13,46, Garofalo). Chi va in corruzione non si riunisce ai propri padri.

b) La Bibbia, dunque, distingue assai bene tra tomba o sepolcro di famiglia, dov'era deposto il corpo soggetto alla corruzione, e una regione dove si credeva che si radunassero tutti i viventi: “la casa dove si riunisce ogni vivente” (Giobbe 30,23): lo Sceol.

Nello Sceol le creature umane continuavano a vivere come ombre di ciò che erano stati in vita. Queste ombre erano chiamate Refaim (Giobbe 26,5):
La vita dei Refaim nello Sceol era concepita come in uno stato inconscio, un vagare nelle tenebre; come una forzata inattività, senza desideri né passioni. Ma tutto ciò solo in forte contrasto con quanto avviene sulla terra. (Qoèlet 9, 5-10).

Non era comunque una distruzione, un ritorno nel nulla, una perdita completa della energia vitale. Alcune volte i Refaim sono presentati in grande agitazione come quando accolgono con amaro sarcasmo il potente re di babilonia, che arriva in mezzo a loro (Isaia 14, 3-15; cf. Ezechiele 32, 17-32).

c) Gli antichi Israeliti credevano che i morti continuassero a vivere e potessero anche comunicare coi vivi. La Legge mosaica proibiva non solo di consultare gli spiriti, ma anche di evocare i morti: “Presso di te non si troverà (…) chi consulti gli spettri e gli spiriti familiari, chi interroghi i morti” (Deuteronomio 18, 10-11, Garofalo). Il comando divino riguarda sia gli spiriti sia i morti. Se esistono gli spiriti, devono avere un'esistenza anche i trapassati.


False spiegazioni

1 - L'errore: A parere dei tdG, non fu il defunto Samuele a parlare con Saul, ma uno spirito maligno, il diavolo.

La verità: Anche se fosse così, rimane la verità di fondo, vale a dire che dopo la morte l'uomo continua a vivere. Infatti lo spirito evocato risponde a Saul: “Domani, tu e i tuoi figli sarete con me!” (1 Samuele 28,19). E così fu. Saul e i suoi figli furono uccisi dai Filistei (cf, 1 Samuele 31,2) e non finirono nel nulla, ma andarono a fare compagnia a Samuele!

2 - L'errore: “E' impossibile parlare con i morti; i tentativi sono condannati come spiritismo”. Come prova citano Isaia 8,19; Deuteronomio 18, 10-12; 1 Cronache 10, 13-14.

La verità: Si tratta evidentemente di un tentativo d'inganno. La Parola di Dio non dice ciò che dicono i geovisti. Sia in Isaia 8,19 che in Deuteronomio 18, 10-12 non è questione di impossibilità di parlare coi morti, ma di illiceità. La Bibbia condanna tale pratica non perché impossibile, ma perché era considerata possibile ed offensiva alla maestà divina.

3 - L'errore: “Nel Salmo 146, 3-4 è detto: "Non confidate nei nobili, né nel figlio dell'uomo terreno, a cui non appartiene nessuna salvezza. Il suo spirito se ne esce, egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono in effetti i suoi pensieri". Quando l'uomo muore, il suo spirito "se ne esce". Non esiste più”.

La verità: Il salmista consiglia di avere fiducia solo in Dio, non nei potenti di questa terra. Infatti, tutti i progetti, le promesse, le garanzie anche dei potenti della terra sono fragili perché anche il potente muore. Qui nulla si dice di ciò che avviene o non avviene dopo la morte.





PARTE SECONDA

L'INSEGNAMENTO
DEL NUOVO TESTAMENTO



Alla scuola del Maestro Divino

La Bibbia, dunque, nella sua Prima Parte o Antico Testamento contiene numerose testimonianze attestanti la sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. Tuttavia agli antichi Israeliti Dio non fece conoscere nella sua pienezza la dottrina circa il destino dell'uomo subito dopo la morte. Gesù ha portato a compimento questa prima rivelazione. Disse un giorno Gesù:

“Non crediate che io sia venuto per abolire la Legge o Profeti: non sono venuto per abolire, ma per portare a compimento” (Matteo 5,17).

Da parte sua san Paolo insegna:

“Dopo avere Iddio, a più riprese e in modi parlato un tempo ai padri per il tramite dei profeti, ora, alla fine dei giorni, ha parlato a noi per il tramite di un Figlio” (Ebrei 1,2, Garofalo).

Obiettano i geovisti:

“La venuta di Gesù Cristo su questa terra non recò alcun cambiamento. Dio non cambia la sua personalità o le sue giuste norme. Mediante il suo profeta Malachia egli dichiarò: 'Io sono Geova; non sono cambiato' (Malachia 3,6 )”.

Si risponde:
a) L'affermazione geovista è antiscritturale. La venuta di Gesù Cristo su questa terra ha recato molti cambiamenti. Se ciò non fosse vero, dovremmo annullare tutti gli scritti del Nuovo Testamento.
No, mediante Gesù Cristo Dio ha fatto nuove tutte le cose (cf. Apocalisse 21,5); “le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate delle nuove” (2 Cor. 5,17).

b) I tdG tentano di oscurare tanta bellezza biblica con la citazione di Malachia 3,6 strappato dal suo contesto. Dio, mediante il profeta Malachia voleva dire semplicemente che egli era sempre fedele alle sue promesse, anche se gli Israeliti si mostravano infedeli ai loro impegni verso di Lui. Questo significa che Dio in se stesso mai cambia. Ma le parole di Malachia non vogliono affatto dire che non possa cambiare ossia arricchirsi la conoscenza che noi abbiamo di Dio, della sua bontà, delle sue giuste norme ecc., se a Lui piace rivelarsi attraverso il tempo. Questo appunto Dio ha fatto mediante il Figlio.

c) Tra le cose che il figlio di dio ci ha fatto conoscere meglio vi è il destino dell'uomo subito dopo la morte. Gesù ha confermato con la sua autorità divina che, secondo la giusta norma o volontà di Dio, la fine dell'uomo non è come quella del cane, ma con l'ingresso gioioso del servo fedele nella Casa del Padre (cf. Matteo 25,21), oppure per chi volontariamente si è separato dall'Amore, come il rifiuto di essere ammessi nella gioia del Regno (cf. Luca 16,23).


Voi siete in grande errore (Mt. 22,29)

In una disputa coi sadducei, che negavano la risurrezione, Gesù rispose e disse più di quanto gli era stato chiesto:

“Voi siete in grande errore e non comprendete le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende moglie né marito, ma si è come angeli in cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quel che vi è stato detto da Dio: ' Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?'. Non è il Dio dei morti ma dei viventi” (Matteo 22, 29-32).

Due cose afferma Gesù assai chiaramente:

La prima riguarda la futura risurrezione. Contro i sadducei che la negavano, Gesù dichiara che i morti risorgeranno (cf. Giovanni 5, 28-29). La dichiarazione di Gesù va riferita alla risurrezione dei corpi alla fine del mondo.

La seconda è una esplicita affermazione della sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte o, che è lo stesso, dell'immortalità dell'anima.

Commenta La Sacra Bibbia di Salvatore Garofalo:

“Gesù cita le parole dette da Dio a Mosè dal roveto (Esodo 3,6 ) per provare l'immortalità dell'anima. Perché Dio sia Dio di qualche cosa o di qualcuno, la cosa o la persona devono esistere; d'altra parte, se Dio dopo la morte dei patriarchi, continua a dirsi loro Signore (io sono e non io ero) è segno che non li ha abbandonati alle tenebre dell'oltretomba (lo Sceol) e tanto meno alla distruzione completa, ma si riserva di glorificarli nel futuro, con la risurrezione del corpo perché l'uomo sia completo secondo natura”.

I tre patriarchi, dunque Abramo, Isacco, Giacobbe - secoli dopo la morte - sono raltà viventi, hanno un modo di essere che è vita.

Obiettano i geovisti: Gesù non intendeva dire che i tre patriarchi fossero anime viventi nell'oltretomba. Egli voleva solo far capire che, dopola sua morte, Dio “controlla le prospettive di vita futura dell'individuo. Spetta a Dio decidere se ridarà al deceduto lo spirito o forza vitale” (da "E' questa vita tutto quello che c'è?", p.52).

Si risponde:

a) Si tratta evidentemente d'una spiegazione superficiale, che va direttamente contro la Scrittura. In effetti, i deceduti conservano lo spirito o forza vitale (meglio anima) nella regione dei morti, che gli antichi israeliti chiamavano Sceol, ma Gesù chiamava “seno di Abramo” (cf. Luca 16,22) o anche Ade (cf. Apocalisse 20,12), o cielo (cf. Matteo 5,12) o paradiso (Luca 23,43).

b) Inoltre Dio ha già deciso di dare il corpo risuscitato a tutti indistintamente.

“Perché verrà l'ora in cui tutti (greco pantes) coloro che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Giovanni 5, 28-29; Atti 24,15).


Apparvero Mosè ed Elia (Mt. 17,3)

E poi Gesù stesso ha dato una prova tangibile che i defunti sono realtà viventi, non semplici ricordi nella memoria di Dio. Basta ricordare il racconto della Trasfigurazione (cf. Matteo 17, 1-9); Luca 9, 28-36; Marco 9, 2-8; 2Pietro 1, 16-18 ).
Gesù fa vedere ad alcuni suoi discepoli due grandi personaggi dell'antichità. Uno di essi, Mosè, era vissuto e morto circa milletrecento anni prima di Gesù Cristo. L'altro Elia, visse e morì nel nono secolo sempre avanti Cristo.
Nella Trasfigurazione del Signore, Mosè ed Elia parlano con Gesù. I tre discepoli presenti alla scena sentono le loro voci, capiscono ciò che dicono ( Luca 9, 30-31). I due personaggi apparivano vivi e reali come Gesù col quale conversavano.

Obiettano i geovisti: Si è trattato di un sogno. Infatti Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno (cf. Luca 9,32).

Si risponde:

a) Veramente il vangelo di Luca dice: “Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui” (Luca 9, 32). Alcuni decenni dopo Pietro ricordava questa visione e scriveva: “Siamo stati testimoni oculari della sua grandezza” (2 Pietro 1, 16-18 ).

b) Se si fosse trattato d'un sogno o di una allucinazione, non si capirebbe perché “Gesù, mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti” (Marco 9,9; cf. Matteo 17,9). Il Maestro non poteva ingannare i suoi discepoli facendo loro capire che avevano visto, mentre avevano sognato.

Dicono pure i tdG: Mosè ed Elia erano in cielo perché del numero dei 144.000

Si risponde: Dov'è scritto nella Bibbia che Mosè ed Elia erano di quel numero? E poi non è più vero che i privilegiati membri di quella classe cominciarono ad essere trasferiti in cielo solo nell'anno 1918 dopo Cristo? Come mai Mosè ed elia erano saliti lassù già dai tempi di Cristo?


Il ricco egoista e Lazzaro povero

Dopo la morte del corpo la vita umana non finisce come quella delle bestie. Le bestie dopo la morte non sono giudicate. Gli uomini, sì. Nella parabola del ricco egoista e di Lazzaro povero, Gesù ha puntualizzato ciò che attende gli uomini subito dopo la morte.
“C'era un uomo ricco, il quale vestiva di porpora e di bisso e ogni giorno banchettava splendidamente. Un povero di nome Lazzaro, giaceva al portone di lui, coperto di ulcere e bramoso di sfamarsi con ciò che cadeva dalla tavola del ricco: ma perfino i cani venivano a leccargli le ulcere. Or accadde che il mendico morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Nell' Ade fra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro nel seno di lui. Allora gridò: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere la punta di un dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché spasimo in questa fiamma". Ma Abramo disse: "Figlio, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro, similmente, imali; ora, invece qui egli è consolato e tu spasimi. Oltre a tutto ciò, fra voi e noi sta scavata una grande voragine, perché chiunque voglia di qui passare dalla vostra parte non lo possa, né di costì si venga a noi"” (Luca 16, 19-26, Garofalo)


La vera spiegazione:

Ricordiamo anzitutto che la parabola è un racconto immaginario e simbolico. Essa tuttavia serve a inculcare verità reali in una forma semplice e chiara perché siano recepite più facilmente dagli uditori. Nel cap.16 di san Luca, dov'è inserita questa parabola, Gesù intende dare una lezione sull'uso, buono e cattivo, delle ricchezze, e sulle conseguenze eterne secondo il giudizio di Dio, che conosce i cuori (verso 15).

In questo contesto Gesù insegna:

- Che i beni terreni usati egoisticamente attirano il castigo di Dio. I beni materiali appartengono a tutti e non sono un privilegio dei più furbi (Leggere le belle parole di Amos 8, 4-10; Luca 6,20; Giacomo 2,1-11).

- Che i sofferenti, gli ammalati, gli emarginati sono i prediletti di Dio.

- Che una ricompensa grande e senza fine sarà data subito dopo la morte a coloro che hanno sofferto con fede e amore.

- Che una punizione atrocissima ed eterna attende subito dopo la morte quelli che in questa vita hanno chiuso egoisticamente il cuore alla giustizia sociale e alla bontà.

Notate bene. Gesù pone il povero Lazzaro nel seno di Abramo, ossia riunito ai padri nella gioia di Dio, e il ricco tra i tormenti dell'inferno, ora al presente, subito dopo la morte (Luca 16,23)


Una spiegazione falsa e settaria

Scrivono i tdG: “Considerate: E' ragionevole o scritturale credere che un uomo sia nel tormento semplicemente perché è ricco?”

Si risponde: Nella parabola il ricco è condannato non semplicemente perché era ricco, ma perché aveva chiuso egoisticamente il suo cuore alla necessità, cioè ai diritti altrui. La sua condanna è scritturale. In Luca 6, 24-25 Gesù dice: “Guai a voi ricchi, guai a voi sazi, perché avrete fame”.

Scrivono ancora: “E' scritturale credere che uno sia benedetto con la vita celeste solo perché mendicante?”.

Si risponde: Di Lazzaro è detto che i cani venivano a leccargli le ulcere e li lasciava fare. Ma a lui neppure delle briciole che cadevano dalla tavola del ricco era permesso sfamarsi. Era povero e buono. Di questi poveri Gesù dice: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Luca 6,20).

E ancora: “Considerate anche questo: Si trova l'inferno letteralmente a una tale distanza dal cielo che vi potreste fare un'effettiva conversazione?”.

La risposta: Poche righe prima (ivi, p.42) l'anonimo testimone di Geova afferma che Gesù pronunciava una parabola o illustrazione, cioè usava espressioni simboliche, non letterali. Ora lo stesso anonimo scrittore afferma che bisogna prendere le cose letteralmente. Vi può essere serietà in chi cade in contraddizioni così stridenti? Affermare e insieme negare la stessa cosa?

Hanno pure detto: Nel ricco vanno identificati i farisei e la classe sacerdotale che non credettero a Gesù, e in ultima analisi gli ecclesiastici della cristianità, che non vogliono accettare oggi gli errori dei testimoni di Geova.

Si risponde: Secondo il contesto, cioè nel cap.16 di san Luca, Gesù condanna il cattivo uso delle ricchezze. Nel ricco egoista vanno identificati tutti coloro che sono attaccati egoisticamente al denaro e chiudono il cuore ai diritti degli altri. Tali ricchi egoisti possono appartenere a qualunque classe sociale. Ve ne possono essere anche tra le file dei tdG.
E' poi contro la Scrittura affermare che i farisei e la classe sacerdotale rifiutarono l'insegnamento di Gesù. Sappiamo infatti dal libro degli Atti che folti gruppi di sacerdoti si sottomettevano l'uno dopo l'altro alla fede (Atti 6,21). Molti delle decine di migliaia convertiti al Vangelo, di cui parla san Giacomo (cf. Atti 21,20), erano certamente farisei; alcuni di essi presero parte al concilio di Gerusalemme (cf. Atti 15,5).
Questa è la verità contro l'errore e la calunnia dei tdG.


Il caso del buon ladrone (Luca 23,40-43)

La verità: Luca, l'evangelista della misericordia divina, ci ha conservato le parole che Gesù morente disse al buon ladrone. Questi aveva rivolto a Gesù una preghiera: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: 'In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso'” (Luca 23, 42-43). Con questa sua chiara risposta Gesù assicura che quella preghiera veniva esaudita: in quello stesso giorno, subito dopo la morte, sarebbero stati insieme in un nuovo modo di essere, in uno stato felice di vita: in paradiso.

Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo:

“Al tempo di Gesù, negli scritti non canonici, paradiso era usato sia nel significato generale di giardino recinto, sia per indicare il paradiso terrestre o una regione del cielo (cf. 2 Corinzi 12,4); Apocalisse 2,7) o luogo dove vanno le anime dopo la morte. Qui designa il luogo dove erano raccolte le anime dei giusti in attesa della redenzione e dove Gesù sarebbe disceso (cf. Atti 2, 24-31: 1 Pietro 3, 18-20 ecc.), in attesa del trionfo della risurrezione, al quale seguirà il definitivo ritorno in cielo”.

Dunque, quello stesso giorno, il corpo del ladrone sarebbe finito chissà dove. Eppure egli, il suo io spirituale e immortale, sarebbe sfuggito alla morte del corpo e avrebbe continuato a vivere con Cristo.

L'errore: Questa indubbia dichiarazione di Gesù sull'immortalità dell'anima crea una seria difficoltà ai tdG. Per superbia, spostano arbitrariamente la punteggiatura, cioè la virgola, e fanno dire a Gesù: “Veramente io ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”.

Questa spiegazione è sbagliata e da scartarsi:

a) Va notato anzitutto che nel testo originale di san Luca (testo critico), ricuperato scrupolosamente e scientificamente dai migliori studiosi della Bibbia, la virgola è posta prima e non dopo “oggi”. I tdG dicono che la loro traduzione della Bibbia è una versione fedele del testo critico, di cui riconoscono sia l'autenticità che l'integrità generale. Vi sarebbero solo occasionali scostamenti. Nel caso di Luca 23, 42-43 hanno introdotto uno scostamento sostanziale al testo critico e hanno dato ai loro seguaci una infedele traduzione. Una cosa dicono ma un'altra fanno. Quanta ipocrisia!!!

b) In secondo luogo è risaputo che le espressioni Io ti dico, In verità ti dico e simili, senza determinazioni di tempo (come oggi), sono formule di stile biblico paragonabili alle altre Dice il Signore, Oracolo di Jahve ecc. Usandole, gli autori sacri vogliono mettere l'autorità di chi parla.
Nel caso presente, san Luca intende mettere in evidenza la maestà di Gesù. Benché apparentemente sconfitto, Egli parla da sovrano che distribuisce favori ed assegna posti a chi lui si rivolge. Gesù ha perciò usato la formula biblica abituale: Sono io a dirtelo! Te l'assicuro io! Senza aggiunta. Egli ha detto: “Io ti dico: oggi sarai con me in Paradiso” (Luca 22,43).

Obiettano i geovisti: Quel giorno Gesù non andò in paradiso. Quindi non poteva promettere al ladrone di essere con lui in paradiso.

La risposta: Quel giorno Gesù “discese agli inferi”, ossia andò col suo spirito nell'Ade o regno dei defunti (cf. Atti 2,31) per annunciare la liberazione ai morti dell'antichità: “Cristo morto una volta per sempre per i peccati (…) per ricondurvi a Dio (…); in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione” (1 Pietro 1, 18-19). Il buon ladrone era con Lui.


Io sono la risurrezione e la vita (Gv. 11,25)

Un esempio della maggior luce apportata da Gesù sul destino dell'uomo dopo la morte si ha nel dialogo tra lui e Marta, la sorella di Lazzaro, che Gesù risuscitò da morte (cf. Giovanni 11, 1-44).
Appena incontrata quella donna che piangeva la morte del fratello, Gesù le dice: “Tuo fratello risorgerà” (Gv. 11,23). E poiché Marta, da buona giudea, era abituata all'idea della risurrezione futura, risponde prontamente a Gesù: “So che mio fratello risorgerà nell'ultimo giorno” (Gv. 11,24).
Ma Gesù rettifica quell'idea, completa quella speranza e dice a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore vivrà; anzi, chi vive e crede in me non morirà mai” (Gv. 11,26 ).
Sì, Gesù è la Vita, ora, presentemente: Io sono la Vita. Egli dà la vita ora, al presente a quanti si legano a lui con la fede: “Chiunque vive e crede in me non morirà mai. Credi tu questo?” (gv.11,26 ).

Che cosa chiede Gesù a quella donna?

Un atto di fede non nella futura risurrezione in cui Marta già credeva, ma accettare una nuova idea, che quella donna nn riesce a capire. E' comunque sicura che il Maestro dice la verità: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire in questo mondo” (Gv. 11,27).

Cos'è questa nuova idea?

Lazzaro, suo fratello, che ha creduto nel Figlio di Dio, non è morto. Chiamandolo d'oltretomba, Gesù dà la prova che le sue parole sono verità e vita


Errori e verità

1 - L'errore: In Giovanni 11,26 Gesù non dire “non morirà mai”, ma “non morirà in eterno” che è ben di verso. Così traducono anche alcune Bibbie cattoliche. ora l'espressione “non Morirà in eterno” (greco eis tòn aiona) fa pensare più a una morte completa, totale, senza sopravvivenza, ma con la speranza, anzi la certezza della risurrezione.
La verità:
Sì, è vero che alcune traduzioni della Bibbia anche cattoliche, rendono la frase greca eis tòn aiona con le parole “in eterno”; ma molte altre Bibbie cattoliche e non cattoliche, traducono “non morirà mai” (iamais, never). Anche la Bibbia dei tdG traduce così! Il mio corrispondente da Cagliari non conosce neppure la propria Bibbia!
2 - L'errore: “Jn Giov. 11,25-26, oltre alla speranza della risurrezione, Gesù indicò qualcos'altro per coloro che sarebbero stati in vita quando l'attuale mondo malvagio avrebbe avuto fine. Quelli con la speranza di essere sudditi terreni del Regno di Dio avrebbero avuto la prospettiva di sopravvivere senza mai morire”.
La verità:
Questo è contrario alla Bibbia. Infatti, specie nel vangelo di Giovanni, Gesù ripetutamente afferma che, per chi crede in Lui, la vita eterna non comincia in un futuro indeterminabile, ma è già Posseduta ora, al presente. In Giov. 3,15 Gesù dice: Affinché chi crede abbia (greco éke, al presente) la vita eterna”. E in Giov. 5,24 leggiamo: < chi ascolta la rnia parola e crede a colui che mi ha mandata>, ha la vita eterna (... ), è passato dalla morte alla vita” (cf. 1 Giov. 3,14). Parimenti in Giov. 8,51 Gesù afferma: , In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”.


3 - L'errore: in tutti questi testi di Giovanni, Gesù vuol dire che “le persone, che esercitano fede nel riscatto di Cristo sono da Dio considerate carne nella via della vita eterna.

La verità:
In tutti questi testi di Giovanni, Gesù parla di un fatto compiuto, d'un passaggio dalla morte alla vita già avvenuto, d'una vita eterna già posseduta, non di una via alla vita eterna. Dio considera tutte queste persone già in Possesso d'una vita, su cui la morte non ha più Potere.
b) Si ricordi pure che in Apocalisse 20,4-5, Giovanni parla di una prima risurrezione per “quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua ecc.”. Risurrezione vuol dire “passaggio già avvenuto dalla morte alla vita”. Si tratta evidentemente di una risurrezione spirituale, distinta da quella del corpo che avverrà alla fine dei tempi. Tutti costoro hanno già la vita eterna e continuano ad averla anche dopo la morte. Tutti, non soltanto uno sparuto numero di 144.000!

4 - L'errore: Lazzaro risuscitato non disse nulla della vita d'oltretomba. Quindi non è vita d'oltretomba.

La verità:
a)I vangeli non ci hanno conservato tutti i fatti sulla vita di Gesù, Se fossero stati scritti uno per uno, il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere (cf. Giovanni 21, 24-25).
b) Tanto meno i vangeli sono stati scritti per soddisfare a curiosità di uomini cavillosi, ma “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo abbiate la vita eterna nel suo nome” (Giovanni 20,21). Gesù risuscitò Lazzaro non perché egli, un uomo come tutti gli altri, prendesse il posto di Gesù nel rivelarci la vita d'oltretomba, ma perché i testimoni del miracolo, presenti e futuri, “credano che tu mi hai mandato” (Giovanni 11,42).


L'insegnamento di san Paolo

1 - Scrisse ai Filippesi:
“Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno (...) Sono stretto in questa alternativa: ho il desiderio d'andarmene per essere con Cristo, che è cosa -di gran lunga migliore; ma il rimanere nella carne è più necessario a riguardo di voi” (Filippesi 1,21-24).
Spiegazione:
San Paolo guarda alla morte come a un guadagno, non come a una non-esistenza e neppure come a una vita inconscia e tenebrosa. Se dipendesse da lui, egli sceglierebbe, preferirebbe di andarsene per essere con Cristo. Questo stato, o modo di essere, che egli considera molto migliore (verso 23), è una esistenza con Cristo, che succede direttamente alla morte senza attendere la risurrezione dei corpi.
L'essere con Cristo ricorda certamente le parole di Gesù al buon ladrone: “In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso” (Luca 23,43).
2 - In termini simili scriveva ai Corinzi:
“Preferiamo piuttosto sloggiare da questo corpo per andare nella patria, presso il Signore” (2 Corinzi 5,8 ).
Spiegazione:
Qui come in Filippesi 1,21-24 Paolo intravede una unione del cristiano con il Cristo immediatamente dopo la morte individuale. Questa attesa di una beatitudine dell'anima separata risente dell'influsso greco, che d'altra parte era già sensibile nel giudaismo contemporaneo'. La novità di questa fede deriva da una rivelazione radicalmente nuova del significato della vita e della salvezza".
Commenta la Bibbia di Salvatore Garofalo.
“Le anime dei giusti (in questo caso quella di Paolo), subito dopo la morte, senza aspettare la risurrezione dei corpi saranno ammesse alla presenza di Dio e alla sua visione. Questa concezione supera quella ebraica dello Sceol dove le anime sarebbero restate fino alla risurrezione finale vivendo una vita grama”.


Anime sotto l'altare (Apocalisse 6,9)

Leggiamo nell'Apocalisse, capitolo 6, versetti da 9 a 11:
“Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della Parola... Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto di pazientare ancora un poco fìnché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro”.
Spiegazione:
Per capire questa visione di Giovanni bisogna tener presente che egli poco prima (Apocalisse 6, 1-8 ) descrive la dolorosa realtà della vita qui sulla terra. In contrasto con ciò che avviene sulla terra è rivelato a Giovanni quel che accade in cielo. Nel santuario celeste egli vede le anime (psychai) dei fedeli che hanno subìto il martirio per amore di Cristo. Esse sono attualmente e realmente ai piedi dell'altare celeste. La loro vita, con la morte, non fu spazzata via dall'esistenza.


Falsa spiegazione

L'errore:
I tdG sono del parere che Giovanni voleva dire che “gli uomini avevano ucciso i loro corpi umani, ma non avevano potuto uccidere le loro anime, cioè il loro diritto o titolo alla vita celeste nel regno di Dio.
La verità:
a) San Giovanni ha visto anime (psychai), non titoli di futura gloria. In nessun vocabolario greco è detto che la parola psychè significa titolo o diritto. Essa significa vita reale. In questo caso, vita umana trasferita in cielo, cioè anime nello stato di gloria.
b) L'autore ispirato parla di vita celeste già raggiunta, non di diritto alla vita futura. Come il “Testimone fedele e verace” (Apoc. 3,14) ha compiuto sulla croce il sacrificio di sé al Padre ed è ora assiso sul trono (Apoc. 7,17), così anche i martiri cristiani sono già nel santuario del cielo vicinissimi a Dio (Apoc. 7,9-17).
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Messaggioda GrisAdmi » mer dic 19, 2007 4:20 pm

PARTE TERZA

LA VERITA' SULLA PSYCHE E LO PNEUMA


I tdG equivocano con le parole greche psychè e pneuma come fanno con la parola ebraica nefesh. Lo scopo è sempre lo stesso, distruggere cioè la dottrina biblica della sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte e convincere i loro seguaci che la fine dell'uomo è come quella delle bestie.
Per scoprire l'inganno geovista bisogna precisare quali siano nella Bibbia i significati di psychè e di pneuma.


La Psychè come persona

Nella maggior parte dei casi il termine greco psychè corrisponde all'ebraico nefesh ed ha perciò gli stessi signiíìcati che sono: essere vivente, persona, animale, vita. Questi possono essere espressi coi pronomi corrispondenti: io, tu, egli, ella, noi, voi, loro, esso, essa, essi, esse.
L'equivoco o imbroglio geovista, simile a quello che essi fanno abusando dell'ebraico nelesh, può essere espresso nei termini seguenti: la Bibbia dice che la psychè muore, ma la psychè è l'anima, dunque l'anima muore.
Per inoculare il loro errore, i tdG traducono sempre psychè con la parola anima. E' una traduzione infelice, per dirla col gesuita McKenzie.

1 - In Luca 6,9 Gesù domanda- “t lecito in giorno di sabato salvare una vita umana (psychè) oppure perderla?”. Questa è la traduzione dei veri cristiani.
I tdG traducono: “E' lecito di sabato salvare o distruggere un'anima?”. Questa traduzione è inesatta ed equivoca. Nel testo citato di Luca psychè significa uomo che Gesù vuole curare come fa effettivamente. 1 tdG insinuano che si tratta della distruzione di un'anima!
2 - In Apocalisse 16,3 si legge: “E il secondo versò la sua coppa sul mare; e vi fu sangue come di un morto, ed ogni essere vivente (psychè) morì nel mare” (Garofalo).
1 tdG traducono: “Ogni anima vivente morì nel mare” e si servono di questa inesatta traduzione per provare che l'anima muore come gli animali inferiori. Le parole citate dall'Apocalisse 16,3 si riferiscono a pesci, che muoiono nel mare.

3 - Hanno pure scritto: “Il cristiano apostolo Paolo mette in risalto questo fatto quando scrive, in 1 Corinzi 15:45. 11 primo uomo Adamo divenne anima (psyché) vivente'. Adamo, nostro primo padre umano, fu un" anima vivente'. Egli non ebbe qualche ombrosa, invisibile, imponderabile, intoccabile cosa dentro di sé che potesse fuggire dal suo corpo quando mori e che potesse continuare ad esistere come 'anima vivente' in un reame spirituale che fosse proprio così invisibile come si pensa che sia l'anima. umana. No; non secondo il racconto della creazione della Parola di Dio”
La verità:
a) Il cristiano Apostolo Paolo mette in risalto che Dio, nella creazione dell'uomo, diede origine a un “essere vivente umano”, cioè a una persona modellata prima dalla polvere e senza vita (cf. supra p. 8 ). Nel testo paolino psychè vuol dire persona come traducono quasi tutte le Bibbie moderne, eccetto naturalmente i tdG.
b) Sì, le Scritture Greche concordano con quel- le ebraiche nel dire che Dio creò una persona o essere vivente umano (nefesh) ". Ma da ciò non segue che questo essere vivente umano non abbia una componente spirituale e immortale o anima (psychè) come abbiamo appreso alla scuola del Maestro Gesù, che è Via, Verità, Vita.

4 - Atti 3:23: “In realtà, ogni anima (greco psychè) che non ascolterà quel Profeta sarà completamente distrutta di fra il popolo”
La verità:
Traduzione infelice e settaria: Il senso è che chiunque, ossia qualunque persona non ascolterà quel Profeta, sarà escluso dall'appartenere al Popolo di Dio. Qui non c'entra la morte dell'anima e tanto meno la sua distruzione completa.


La psychè come anima

Quanto detto finora sulla psychè è dottrina biblica e rimane valida. Ma alla scuola di Gesù i veri cristiani hanno imparato a conoscere meglio la psychè: vi è stato un approfondimento e arricchimento di significato. La psychè umana è conosciuta nella sua interezza solo quanto la si concepisce dotata di una dimensione spirituale e immortale.
A questo proposito ripetiamo le belle parole del gesuita McKenzie:
“La novità della fede del Nuovo Testamento non deriva da una nuova idea del nefesh-psychè, ma da una rivelazione radicalmente nuova del significato della vita e della salvezza”.
a) Gesù ha detto chiaramente che nell'uomo a componente spirituale che è sede della soprannaturale e in quanto tale sfugge alla morte terrena e si proietta nell'aldilà: è immortale. Diceva ai discepoli:
“Non temete coloro che uccidono il corpo ma non uccidere l'anima (psychè). Temete, piuttosto, Colui che può far perire e anima (psychè) e corpo nella Geenna” (,Matteo 10,20, Garofalo).
Oltre dunque alla vita umana, che può essere stroncata dall'uomo, Gesù afferma l'esistenza d'una vita (psychè), che sfugge alla morte terrena. L'uomo non ha potere su di essa. Continua anche dopo la morte del corpo e può essere gettata nella Geenna (cf. Luca 12,4)
b) si tratta d'una realtà presente non di una di futura felicità; di un tesoro già posseduto che bisogna custodire gelosamente, preservare per la vita eterna, costi quel che costi.
Perciò diceva Gesù:
“Chi ama la sua vita (psychè) la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” Giovanni 12,24, Garofalo).
Il significato è che esiste nell'uomo una realtà che bisogna conservare per la vita eterna: nulla vieta di chiamarla anima come parte spirituale e immortale dell'uomo. Per conservarla, è necessario non amarla d'un falso amore, cedendo cioè alle passioni e al peccato, ma di quell'amore vero, che al mondo può sembrare odio, ma di fatto è vero amore
c) I fedeli discepoli di Cristo capirono bene quale tesoro fosse presente nell'uomo e ne fecero oggetto delle loro cure pastorali. Certo Cristo stesso continua ad essere pastore e guardiano delle anime (psychai) (cf. 1 Pietro 2,25), ma ha voluto che anche i suoi rappresentanti fossero responsabili della loro salvezza. Paolo pieno di zelo assicurava i cristiani di Corinto:
“Ora molto volentieri per le vostre anime (psychai) Io spenderei tutto e spenderei anche interamente me stesso” (2 Corinzi 12,15).
Qui san Paolo parla in qualità di ministro di Cristo. La sua generosità verso quei cristiani non aveva come scopo il loro benessere materiale e sociale, ma i loro interessi eterni, la salvezza delle loro anime.
Lo stesso interesse dimostra l'apostolo quando esorta i destinatari della Lettera agli Ebrei di non venire meno davanti alle prove: “Noi però non siamo di quelli che si ritirano a rovina, ma di quelli che credono a salvaguardia dell'anima (psychè)” (Ebrei 10,39). E consiglia loro di obbedire alle loro guide perché esse vegliano per le vostre anime (psychai) come coloro che devono renderne conto (Ebrei 13,17).
Non meno zelante si mostra san Giacomo quando scrive: “Rigettando ogni sozzura ed eccesso cattivo, accogliete con dolcezza la parola in voi seminata, che può salvare le anime (psychai) vostre” (Giacomo 1,21).


Un testo di san Giacomo (5,20)


L'errore:
Giacomo ammette che l'anima muore. In- fatti scrive: “,Colui che converte un peccatore dall'errore della sua via salverà la sua anima dalla morte” (Giacomo 5,20).
La verità: Riportiamo, anzitutto, per intero il testo di san Giacomo:
“Fratelli miei, se qualcuno tra voi avesse errato lontano dalla verità e qualcuno l'avesse avvertito, sappia che chi converte un peccatore dal suo traviamento sal- verà l'anima sua dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Giacomo 5,19-20, Garofalo).
Spiegazione:
a) San Giacomo assicura una ricompensa divina allo zelo o amore di colui che riesce a ricuperare dalla cattiva strada un traviato. Questa ricompensa è espressa con le parole: “Salverà l'anima sua dalla morte”. Che cosa dobbiamo intendere per “morte dell'anima”?
Se per anima (greco psychè) s'intende la “persona”, è chiaro che Dio non ha mantenuto mai la sua promessa. Infatti, vi sono stati moltissimi uomini, cristiani e non cristiani, che hanno avvertito e ricuperato tantissimi altri dalla via dell'errore; eppure sono morti! In tantissimi casi Dio non sarebbe stato fedele alle sue promesse. E' impossibile! Egli è “Dio di fedeltà” (cf. Deuteronomio 32,4).
b) San Giacomo dunque aveva in mente l'anima in quanto parte spirituale e immortale dello uomo. Quest'anima può morire in quanto può essere separata da Dio, non distrutta (cf. Matteo 10, 28 ). Infatti, nella stessa lettera san Giacomo parla del peccato che genera la morte (1,15, cf. 1 Giovanni 5.16). Anche qui non si tratta di morte fisica * distruzione perché molti peccano e continuano a vivere fisicamente. Si tratta invece di quella morte spirituale opposta alla vita che Dio dà all'uomo fedele, virtuoso, collaudato dalle prove come dice lo stesso san Giacomo (cf. 1,12). li pensiero dunque di san Giacomo è che lo zelo o carità del cristiano nel ricuperare il fratello traviato sarà ricompensato mediante la sua salvezza: la sua anima non morrà nel senso che non subirà la morte spirituale, ossia la separazione da Dioper la vita e per l'eternità. Su di lei non avrà potere la seconda morte (cf. Apocalisse 20,6).
c) Una conferma a questa spiegazione si ha da ciò che segue, vale a dire che al cristiano zelante sarà perdonata una moltitudine di peccati. Mediante il perdono dei peccati l'anima è liberata dalla morte spirituale. Il cristiano zelante avrà come ri- compensa la salvezza eterna perché “la carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pietro 4,8; cf. Proverbi 10,12).


[b]Lo pneuma (spirito) nell'A.T.[/b]

Nella Bibbia dell'Antico Testamento al vocabolo italiano spirito corrisponde l'ebraico rúah e anche nishmat (o nesbamah). Alla base dei due vocaboli vi è l'idea del vento e del respiro o alito come segno di forza invisibile. Così, per esempio, in Genesi 8,1, è detto: “Dio fece passare un vento (rúah) sulla terra e le acque si abbassarono”. Parimenti in Esodo 15,8 leggiamo: “Al soffio delle tue narici (rúah alito), si accumularono le acque”. Per quanto riguarda l'uomo, che a noi ora inte- ressa, il signìficato della rúah o neshamah (nishmat) appare chiaro dal racconto della creazione di Adamo in Genesi 2,7, che abbiamo già spiegato. Aggiungiamo qui alcune osservazioni:
a)Il soffio divino (rúah) è la fonte di ogni vita sulla terra, anche degli animali (cf. Genesi 6,17; 7,15). Ma nell'uomo è ispirato direttamente da Dio e lo distingue perciò da tutte le creature viventi. Gli animali sono modellati dal suolo, ma non si parla a loro riguardo di forza vitale soffiata direttamente da Dio (cf. Genesi 2,19). Nell'uomo il soffio vitale è la causa di tutte le attività proprie di una persona, vale a dire non solo di quelle che l'uomo ha in comune con le altre creature viventi, ma soprattutto di quelle specifiche come la sapienza, la scienza, il senso religioso e morale, l'amore del bello ecc. Non si tratta di poteri e di sapienza superiori a quelli degli animali", ma essenzialmente o radicalmente diversi. Gli animali non sono dotati in nessun modo di sapienza o di amore e giustizia. Essi vivono d'istinto. In virtù del soffio divino solo l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di -Dio (Genesi 1,27), e non trovò sulla terra nessuno che gli fosse simile (cf. Generi 2,20). L'uomo lascia il vuoto intorno a sé in tutto il creato'.
b) Dio, comunque, rimane sempre il padrone del soffio vitale, ossia della vita. Nella Bibbia la morte è vista come il ritiro da parte di Dio del soffio vitale:

Se egli riconduce a sé il soffio (rúah)
e ritrae a sé il suo spirito (neshamah),
muore ogni carne all'istante.
(Giobbe 34,14-15, Garofalo)

Questo però non si deve intendere come un ritorno dell'uomo in uno stato di inesistenza, ma solo come la fìne della vita umana così come noi la vediamo. Quando perciò il sálmista dice:

Esce il suo spirito e torna alla sua terra
in quel giorno tramontano i suoi piani
(146,4, Garofalo)

non vuol dire che lo spirito “non produce intelligenza separatamente dal corpo fìsico”, come erro- neamente spiegano i geovisti. Qui l'autore sacro non si pone il problema dell'aldilà. Egli vuol mettere in evidenza la caducità della vita umana (cf supra, p. 23)


Errori ed orrori

1 - Hanno scritto: “Al tempo della creazione di Ada- mo, Dia fece vivere i miliardi delle cellule del suo corpo, perché in esse fosse la forza vitale. Questa attiva forza vitale è ciò che qui si intende con la parola 'spirito' (ru'ahh). Ma perché la forza vitale continuasse ad essere nei miliardi di cellule di Adamo, esse avevano bisogno di ossigeno, e questo doveva essere provveduto mediante la respirazione. Perciò, Dio quindi 'soffiò nelle narici un alito (neshamah) di vita. Allora i polmoni di Adamo cominciarono a funzionare e a sostenere in tal modo col respiro la forza vitale delle cellule del corpo. - Genesi 2:7, Ga” 55.
La risposta:
Si tratta d'una spiegazione settaria della Bibbia. Nel racconto della creazione di Adamo (cf. Genesi 2,7) si parla di un solo atto divino per cui la polvere plasmata e senza nessuna vita cominciò a vivere in modo normale e perfetto. Dio aggiunse il soffio di vita (neshamah) alla polvere inerte e Adamo cominciò a vivere perfettamente. Non vi fu prima lo “spirito” (rúah) e poi il “respiro” (neshamah). Basta leggere il testo biblico. I tdG hanno modificato la Parola di Dio (cf. Apocalisse 22,18 ).
E' poi assurdo e blasfemo affermare che Dio abbia creato il primo uomo come un bambino anormale, che per respirare ha bisogno di essere sculacciato". Dio ha fatto ogni cosa in modo perfetto. “E Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” (Genesi 1,31). Solo i tdG possono immaginare Adamo come fisicamente deficiente e solo i loro seguaci possono accettare tali idiozie.

2 - Insistono i geovisti: “Da Giobbe 34:14,15 apprendiamo che ci sono due cose che l'uomo (o qualsiasi altra creatura terrena cosciente) deve avere per essere e restare in vita: lo spirito e il respiro. Ivi leggiamo: 'Se egli (Dio) volge il cuore a qualcuno, se raccoglie a sé lo spirito (ebraico, ru'ahh) e il respiro (ebraico, 'neshamah') di lui, ogni carne spirerà, e l'uomo terreno stesso tornerà alla medesima polvere”.

La risposta: A tutti gli studiosi seri e coscienziosi della Bibbia è noto il parallelismo poetico, largamente usato specie nei Libri poetici dell'Antico Testamento. Esso consiste nell'esprimere la stessa cosa o idea per mezzo di termini equivalenti (sinonimi). I geovisti ignorano o fingono di ignorare questa elementare norma di ermeneutica e fanno dire alla Bibbia ciò che essi vogliono. Gli esempi sono innumerevoli, specie nei salmi.
In Giobbe 34,14-15 l'autore sacro applica il parallelismo poetico e dice la stessa cosa con due parole equivalenti, o sinonimi. Non si tratta di due cose, che l'uomo deve avere per essere e restare in vita, ma di una sola cosa, chiamata con due vocaboli equivalenti (rúah e neshamah).
Nel Salmo 1,04,29-30 è detto:

Ritrai il loro spirito (rúah),
muoiono e tornano alla loro polvere;
mandi il tuo spirito (rúah),
vengono creati e rinnovi la faccia della terra
(Garofalo)

Secondo la chiara affermazione del salmista una sola cosa basta per vivere cioè la rúah (soffio di vita), se manca la quale l'essere vivente muore. Non si parla di due cose diverse.

3 - L'errore: “Mentre l'anima umana è la persona vivente stessa, lo spirito è semplicemente la forza vitale che permette a tale persona d'essere in vita. Lo spirito non ha nessuna personalità, né può fare le cose che può fare la persona. Esso non può pensare, parlare, udire, vedere e sentire. Sotto tale aspetto, può paragonarsi alla corrente elettrica nella batteria di un'automobile. Quella corrente può incendiare il combustibile che fa produrre al motore energia, accendere i fari, suonare la tromba (...). Ma, senza il motore, i fari, la tromba o la radio, potrebbe la corrente di quella batteria fare alcuna di queste cose? No, poiché è semplicemente l'energia che permette agli apparecchi di funzionare e compiere tali cose.

La verità:
a) Come dimostrato precedentemente la Bibbia non dice che bisogna aggiungere lo spirito alla persona vivente perché essa possa pensare, parlare ecc. Al contrario, la Bibbia dice che lo spirito (neshamah) fu aggiunto alla materia inerte e in virtù di questa sola aggiunta essa divenne persona vivente, cioè un essere vivente (nefesli hayydh) capace di pensare, parlare ecc. (cf. Genesi 2,7). Fu dunque lo spirito (neshamah) a conferire alla materia inerte (non alla persona) la sua personalità. Se l'ha conferita, lo spirito ha in se stesso la personalità. Nessuno dà ciò che non ha. A conferma basta ricordare che nella Bibbia gli spiriti (come Dio, angeli, demoni) sono persone, cioè pensano, parlano ecc. senza bisogno di alcun motore.

b) Il paragone con l'energia elettrica conferma la spiegazione da noi data ed è contro quella errata dei geovisti. In effetti, l'energia elettrica ha in se stessa tutta la potenzialità, come per dire la personalità. Anche senza il motore può compiere tante cose. Pensate, per esempio, agli effetti dinamici e calorifici d'una scarica elettrica. Il motore senza l'energia non può far nulla; l'energia senza il motore può fare tanto.


Lo spirito dell'uomo nel N.T.

1 - Alla parola ebraica rúah (e anche neshamah) corrisponde nel Nuovo Testamento il greco pneuma, tradotto spirito nella lingua italiana. I significati di pneuma nel N.T. sono molteplici: può indicare realtà impersonali come il vento (Cf. Giovanni 3,8; Ebrei 1,7 ecc.), o il respiro, ossia l'alito (Cf. Giovanni 20,22; 2 Tessalonicesi 2,8 ecc.); e anche persone come gli angeli buoni (Cf. Ebrei 1,14) e cattivi (Cf. Matteo 12,43), soprattutto Dio (Cf. Giovanni 4,24) e in modo specifico la Terza Persona della SS. Trinità (cf. Giovanni 16,13-14) -11.
A noi interessa sapere se nel Nuovo Testamento lo spirito (pneuma) è riferito all'uomo; vogliamo cioè conoscere il significato antropologico di spirito (pneuma) e se sopravviva alla morte dell'uomo.
Eminenti studiosi moderni della Bibbia affermano concordemente e documentano copiosamente che la dottrina veterotestamentaria riguardante la natura dello spirito (rúah, neshamah) fu approfondita ed esplicitata da dotti giudei (i rabbini) sia dentro che fuori la Palestina, anche prima della venuta di Cristo. Questo approfondimento gettò maggior luce sulla natura dello spirito (rúah, neshamah), ossia sull'alito divino immesso nel primo uomo, e confermò la loro fede nella sopravvivenza dell'uomo subito dopo la morte. Lo spirito dell'uomo dopo la morte continua ad esistere in uno stato di felicità o di sofferenza in attesa di riunirsi al corpo nella risurrezione.
“E' dunque chiaro che al tempo di Gesù il giudaismo crede tanto nella risurrezione dell'uomo quanto nella sopravvivenza dell'anima (pneuma) in uno stato intermedio successivo alla morte.

Gesù, con la sua divina autorità confermò questa dottrina, e i suoi fedeli discepoli l'hanno insegnata e l'accettano tutti i veri cristiani.
2 - E lo spirito (pneuma) tornò in lei (Luca 8,55,).
Riferisce san Luca, “Egli (Gesù) disse.- 'Non piangete; essa non è morta, ma dorme'. E quelli, sapendo che era morta, lo deridevano. Ma egli (Gesù) la prese per mano e disse ad alta voce: 'Fanciulla, lèvati!”. E lo spirito (pneuma) tornò in lei Luca 8,52-55).
Sarebbe ridicolo pensare che Gesù abbia rianimata la fanciulla mediante una boccata di ossigeno come pensano i geovisti o con una scarica di energia elettrica. La fanciulla era già morta. L'ossigeno o l'energia elettrica non possono ridare la vita a un morto. Gesù pronunciò solo due parole, diede un ordine: “Fanciulla, lèvati!”. E il medico Luca spiega lo straordinario fenomeno dicendo: “E lo spirito (pneuma) tornò in lei”.
Lo spirito (pneuma), che ritorna, non può essere una nullità, ma qualcosa o qualcuno, che continua ad esistere anche dopo la morte. Qui lo spirito (pneuma) “appare come una parte dell'uomo che sopravvive alla morte”.

3 - Padre, nelle tue mani, rimetto lo spirito mio (Luca 23,46).

a) Anche Gesù, in quanto vero uomo, aveva lo pneuma come componente spirituale e immortale della sua umanità. Lo afferma chiaramente al punto di morte con le parole: “Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito (pneuma) mio” (Luca 23,46). Gesù si serve delle parole del Salmo 31,6, ma ne rivela il significato oggettivo. Rimettere lo spirito nelle mani di Dio significa allo stesso tempo esalare l'ultimo soffio e rimettere, cioè consegnare, a Dio la propria ricchezza, lo stesso essere".
In effetti, Gesù quel giorno, anche in quanto uomo, non fìnì nel nulla, ma andò nell'Ade o regione dei morti, mentre il suo corpo attendeva incorrotto la risurrezione nel sepolcro (cf. Atti 2,31-32; 1 Pietro 3,18-20). E non vi andò solo, ma accompagnato dallo spirito del buon ladrone, al quale aveva detto: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Luca 2,3,43) (pp. 34-3,6). Qui come in Luca 8,55 lo pneuma “appare come una parte dell'uomo che sopravvive alla morte”.
b) A imitazione del suo Maestro anche il primo martire Stefano, prima di chiudere gli occhi alla scena di questo mondo, consegna il suo spirito (pneuma) al Signore Gesù: “Signore Gesù, accogli l'anima mia” (greco pneuma) (Atti 7,59, Garofalo).
il verbo “accogliere” (greco dèchomai) indica l'atto di chi accoglie o riceve qualcuno, per esempio, nella sala di un festino. Lo spirito o anima del martire Stefano al momento della morte terrena non si dileguò nel vuoto del nulla, ma venne accolta dal Signore Gesù nella dimora eterna (cf. Luca 16,91).
In Atti 7,59 come in Luca 8,55 e 23,46 lo spirito “appare come una parte dell'uomo che sopravvive alla morte” ".

4 - L'autore della Lettera agli Ebrei afferma e conferma la stessa verità quando invita i suoi lettori a guardare in alto alla Gerusalemme celeste, dove con miriadi di angeli vi sono gli spiriti (pneumata) dei giusti resi perfetti (cf. Ebrei 12,23, Garofalo).
Spiegano i biblisti: “Una certa tradizione ebraica chiama 'spiriti' le anime degli uomini, soprattutto quando sono separate dal corpo. Questi giusti, questi santi (senza limite di numero) sono arrivati alla perfezione nel senso che godono della felicità suprema” In Ebrei 12,23 pneuma (spirito) sta per anima separata dal corpo'.

Obiettano i geovisti: L'anima non è la stessa cosa che lo spirito. Come prova citano 1 Tessalonicesi 5,23 ed Ebrei 4,12.

Si risponde: Come già è stato detto, la parola spirito nella Bibbia può avere molteplici significati, di cui uno non esclude l'altro. In Ebrei 4,12 e in 1 Tessalonicesi '5,23 lo spirito (pneuma) è la parte più intima dell'uomo, che non si pone in contrasto con l'anima (psychè), ma ne è l'espressione più elevata.
Paolo afferma che la Parola di Dio penetra e giudica i movimenti del cuore e le intenzioni più segrete (.pneuma) dell'uomo (in Ebrei 4,12) e augura che Dio conservi irreprensibile l'uomo tutto intero, fìn nelle parti più recondite ed elevate del suo essere (pneuma) (in 1 Tessalonicesi 5,23).
Nell'uno e nell'altro testo l'apostolo non mette in dubbio la sopravvivenza dello spirito subito dopo la morte. Egli è sicuro che, morendo, “saremo con Cristo” (cf. Filippesi 1,23; 2 Ccrinzi 5,6-8 ), non in uno stato di inesistenza.
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Messaggioda GrisAdmi » ven dic 21, 2007 4:18 pm

GEOVA

CHI ERA COSTUI ?

OPUSCOLO N° 3
PICCOLA COLLANA

"I TESTIMONI DI GEOVA"



Il primo approccio


- Sapete come si chiama Dio? - vi domanda a bruciapelo il testimone di Geova che bussa alla vostra porta e vuol essere ricevuto ed ascoltato ad ogni costo, anche contro la vostra volontà.
- Si chiama Dio! - voi risponderete. - Oppure Gesù Cristo, Signore... non Allah o Brahma o Budda o che so io.
- No! - incalzerà l'altro. Dio si chiama Geova. Questo è il vero nome di Dio nella Bibbia. 1 vostri preti non hanno saputo o voluto dirvelo. Noi veniamo a portarvi la verità, la luce, la salvezza!

Sappiate che si tratta d'un inganno.
. La verità è che Geova non è mai esistito. Le pagine che seguono ve ne daranno la prova. Dividiamo in tre parti la nostra trattazione:

1 I nomi di Dio nella Bibbia.
2 La retta pronunzia del Nome divino.
3 Il significato del Nome divino.


Parte Prima

NOMI DI DIO NELLA BIBBIA



Nell'Antico Testamento

Nell'Antico Testamento o Scritture Ebraiche, come fanno dire ai loro seguaci i capi della setta geovista, Dio è chiamato con vari nomi: El, Elhoim, El Shaddai, Adon ecc. Ma questi nomi divini erano generici e usati anche dai pagani per i loro dèi. Il vero Dio - il Dio della Bibbia - ha voluto farci conoscere il suo proprio nome, ossia ha voluto farci conoscere Chi Egli è. Il nome infatti nello stile biblico indica la natura di chi lo porta, la sua volontà ecc., come spiegheremo dopo.
1Il racconto della rivelazione del Nome proprio di Dio si trova in Esodo 3, 13-15:
“Allora Mosè disse a Dio: "Ecco, io vado dai figli di Israele e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi! Ma se essi mi domandano qual è il suo nome, che cosa risponderò?". Dio disse a Mosè: "Sono Colui che sono". E aggiunse: "Ai figli di Israele dirai: 'Io-Sono' mi ha mandato a voi". Dio disse ancora a Mosè: "Ai figli di Israele parlerai così: lahve Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome in eterno, questo è il mio ri- cordo per sempre"” (Garofalo).

Facciamo due osservazioni: 1 - Dio si serve d'una forma o voce verbale per rivelare il suo proprio Nome. Questa forma o voce verbale tradotta in lingua italiana corrisponde a “lo-Sono”, oppure in terza persona “Egli è”, e anche “Colui che è”. Questa è la versione o traduzione o significato del Nome proprio di Dio, non Geova.

2 - Nella lingua ebraica, ossia nella lingua del- l'Antico Testamento, il Nome proprio di Dio era scritto con quattro lettere-consonanti, che trascritte, cioè riportate nel nostro alfabeto, corrispondono a J H V H (in inglese YHWH). E' il sacro tetra- gramma, ossia “quattro lettere” sacre. Diremo dopo, nella Seconda Parte, come vanno pronunciate, ossia qual' è la retta pronuncia del Nome di Dio nell'Antico Testamento.


Nel Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento o Scritture Greche Cristiane, come dicono i testimoni di Geova (tdG), Dio è chiamato semplicemente Dio (o Theòs), centinaia di volte; oppure Signore (o Kyrios), ed anche Padre (o Patèr) decine di volte, spesso nella forma ebraica Abbà, che sta per Padre o Babbo (cf, Marco 14, 26, Galati 4, 6). Mai Geova!
Eppure, malgrado tanta luminosa evidenza, testimoniata da migliaia di documenti antichissimi, come diremo dopo, il Corpo Direttivo della società geovista ha alterato, ossia corrotto, la Parola di Dio, introducendovi il falso nome Geova ben 237 volte (Cf. l'opuscolo geovista Il Nome Divino che durerà per sempre, pubblicato da La Torre di Guardia nel 1984, p. 27). Tenta poi, con argomenti artificiosi e contraddittori, di giustificare questa manipolazione della Bibbia. Riesce a convincere persone di limi- tata capacità intellettiva, ma non coloro i quali, seguendo, il consiglio di san Paolo, vogliono accertarsi di ogni cosa (cf. 1 Tessalonicesi 5,21).

Il comportamento di Gesù

Come tutti sanno, il Nuovo Testamento è la testimonianza dei fatti e dei detti di Gesù conservata, trasmessa, scritta da coloro che hanno visto le sue opere e ascoltata la sua predicazione. Che cosa dice il Nuovo Testamento circa l'uso che Gesù faceva del Nome divino?
1 tdG sono del parere che Gesù, specie quando leggeva le Scritture ebraiche, si discostava dalla pia pratica degli Israeliti di non pronunciare il Nome di Dio, sostituendolo con Adonai (= Signore). Noi Gesù avrebbe chiamato Dio col suo proprio
nome. Quale? I geovisti non ve lo dicono chiaramente, ma con insinuazioni più o meno velate vorrebbero farvi intendere che Gesù chiamava Dio col nome di Geova.

1 - L'errore:
Hanno scritto: “Gesù avrebbe seguito una simile tradizione non scritturale? (di non nominare Dio). Difficilmente! Egli non si trattenne certo dal compiere opere di guarigione di sabato, anche se questo significava infrangere le regole di origine umana istituite dagli ebrei e mettere addirittura a repentaglio la propria vita (Matteo 12, 9-14). In effetti Gesù definì ipocriti i farisei perché le loro tradizioni andavano oltre l'ispirata Parola di Dio (Matteo 15, 1-9) (Il Nome Divino ecc. p.14)

La verità:
a) Non vi è la minima traccia nei vangeli che Gesù si discostasse dalla pia pratica dei Giudei di non pronunciare il Nome di Dio e sostituirlo con Adonai. Si trattava d'una pia pratica, non di una tradizione contro l'ispirata Parola di Dio. Con tale pia pratica i Giudei volevano mostrare sommo ri- spetto per Jahve - il vero Dio -, non andare contro la Legge, ma osservarla scrupolosamente (cf. Esodo 20, 7).
b) I Giudei hanno accusato Gesù di violare il sabato, di voler distruggere il tempio (cf. Marco 14, 58; -15, 29), di farsi uguale a Dio (cf. Giovanni 5, 18), non di profanare il Nome di Dio. L'avrebbero certamente fatto, se Gesù si fosse macchiato ai loro occhi anche di questo crimine.
c) Gesù definì ipocriti i farisei perché, mediante le loro tradizioni, incoraggiavano di non onorare il padre e la madre (cf. Matteo 15,3-4). Come poteva egli andare contro quelle tradizioni che, al contrario, avevano come scopo un maggiore, onore verso il Padre celeste? Anche gli Ebrei dei nostri giorni non pronunciano quel Nome. Sono forse tutti discepoli degli antichi farisei ?

2 - L'errore:
Hanno scritto: “E' quindi improbabile che Gesù si astenesse dal pronunciare il nome di Dio, soprattutto se si considera che il suo stesso nome, Gesù, signifìcava "Geova è salvezza"”.
La verità:
a) Per le ragioni già dette e per altre che diremo in seguito è sommamente probabile che Gesù pronunciava il sacro tetragramma secondo la pia tradizione dei Giudei. E' poi del tutto certo che egli non leggeva il tetragramma con la falsa forma Geova. Nessuno al tempo di Gesù, neppure il sommo sacerdote, chiamava Dio Geova. Questa forma errata comparirà in una traduzione inglese della Bibbia nell'anno 1530 dopo Cristo.
b) Se il nome stesso Gesù, era un motivo per non seguire la pia tradizione dei Giudei, Gesù avrebbe chiamato Dio “Jahve”, non Geova. Infatti, Gesù significa “Jahve è salvezza”. In effetti, la prima parte del nome Gesù (in ebraico jeshúa, forma tardiva di jehóshúa) è Jah, abbreviazione di Jahve, dove la vocale a, stando a principio di parola, prende il suono di una e, secondo una nota regola della grammatica ebraica.

( Cf. John L. McKerizie, Dizionario Biblico, Cittadella Editrice, Assisi, sotto la voce Gesù Cristo (p. 393). Ne La Sacra Bibbia dei Dr. Giovanni Luzzi, in Matteo 1, 21 è detto che “Gesù vuol dire: Gèova salva”. Non si dimen- tichi che il Dr. G. Luzzi tradusse e commentò la Bibbia prima del 1930. Allora si credeva erroneamente che il Nome divino si pronunciasse “Geova”. In ogni modo, la stessa Bibbia dei Luzzi sa che il Nome divino è Jahveh. Cf. commento a Esodo 3, 15).

3 - L'errore:
“Una volta, mentre si trovava in una sinagoga, Gesù si alzò e lesse un brano del rotolo di Isaia. Quel brano corrispondeva all'attuale Isaia 61: 1, 2, dove il nome di Dio ricorre più d'una volta (Luca 4- 16-21). Si sarebbe egli rifiutato di pronunciare il nome divino che aveva sotto gli occhi, sostituendolo con "Signore" o "Dio"? Ovviamente no. Ciò avrebbe significato seguire la tradizione non scritturale dei capi religiosi ebrei. Leggiamo invece che egli "insegnava loro come una persona che ha autorità i loro scribi" (Matteo 7: 29)”.


La verità:
a) Il brano di Isaia 61, 1-2 conteneva e contiene il sacro tetragramma. Ma ciò non comporta che Gesù abbia letto Geova o anche Jahve (retta pronuncia). San Luca, che riferisce quell'episodio e cita Isaia 61,1-2, ci fa sapere che Gesù disse “Signore” (Adonai). lo credo più alla testimonianza dello scrittore ispirato che alle supposizioni setta- rie dei capi della società geovista.
h) Il fatto che poi Gesù parlava come uno che ha autorità non invalida quanto abbiamo detto. Gesù infatti era ammirato per ciò che diceva (discorso delle beatitudini cf. Matteo 7,29), per il suo insegnamento (cf. Marco 1, 22; Luca 4, 32), non già perché pronunciava una parola in modo diverso dagli altri. Il divino Maestro non si perdeva in questioni di pronuncia, ma mirava alla sostanza delle cose. Egli insegnava Chi è Dio, piuttosto che il modo di chiamarlo. Non imitava i farisei del suo tempo e gli odierni giudei (= i tdG), che filtrano il moscerino e ingoiano il cammello! (cf. Matteo 23,24).

4 - L'errore:
“In effetti, Gesù insegnò ai suoi seguaci a pregare dicendo: "Sia santificato il tuo nome" (Matteo 6: 9). E rivolgendosi in preghiera al Padre suo disse: "Ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dati dal mondo ... Padre santo, vigila su di loro a motivo del tuo nome che tu mi hai dato" (Giovanni 17: 6, 11)” .

La verità:
a) Chiunque abbia una discreta conoscenza della Bibbia e voglia farne uso onestamente, sa che nome nello stile biblico non è una parola, una etichetta, da appiccicarsi a una persona o a una cosa per distinguerla da un'altra. Nome nella Bibbia indica ciò che una persona o una cosa è: la sua natura, la sua volontà, i suoi propositi.
Stando così le cose, sbagliano volutamente i capi della setta geovista quando insegnano che con le parole “Sia santificato il tuo nome”, Gesù avrebbe insegnato ai suoi seguaci di rivolgersi a Dio chiamandolo Geova. Si tratta di un grossolano errore, di una mostruosa manipolazione della Parola di Dio.
In Matteo 6,9 Gesù istruiva i suoi discepoli affinché pregassero perché tutti conoscessero Chi è Dio, cioè conoscessero il vero Dio, in contrasto con gli dèi pagani. Qui non c'entra affatto il vocabolo o nome con cui Dio deve essere chiamato. La Bibbia interconfessionale in lingua corrente rende Matteo 6,9 in modo molto appropriato. “Padre nostro che sei nei cieli, fa' che tutti ti riconoscano come Dio” .
b) Parimenti in Giovanni 17,6.11.26 le parole di Gesù: “Ho fatto conoscere il tuo nome”, come pure le altre “a motivo del tuo nome”, non significano affatto che Gesù abbia insegnato ai suoi seguaci di chiamare Dio Geova o anche Jahve. 1 Giudei del suo tempo sapevano qual era il Nome di Dio. Gli avrebbero riso in faccia se pretendeva insegnare loro una cosa che già sapevano.
Le parole di Gesù in Giovanni 17,6.26 hanno un solo significato, vale a dire che egli aveva fatto conoscere meglio di Mosè e dei Profeti, meglio degli scribi e dei farisei, Chi è Dio, la sua natura, la sua personalità, i suoi propositi di salvezza.

Comportamento dei primi cristiani

Neppure vi è nel Nuovo Testamento il minimo segno che Gesù abbia istruito i suoi discepoli di far sapere alle genti, cioè ai pagani, che Dio debba essere chiamato Geova.

L'errore:
Hanno scritto: “Molti di quelli a cui i seguaci di Gesù dovevano predicare non avevano la minima idea di chi fosse l'Iddio che si era rivelato agli ebrei col nome Geova. Come avrebbero potuto i cristiani far capire loro chi era il vero Dio? Sarebbe stato sufficiente chiamarlo Dio o Signore? No. Le nazioni avevano i loro propri dèi e signori (1 Corinzi 8- 5). Come potevano i cristiani fare netta distinzione fra il vero Dio e i falsi? Solo usando il nome del vero Dio” .

La verità:
a) Notate prima di tutto come i geovisti danno per certo e per vero ciò che non è affatto né certo né vero: Dio non si rivelò agli Ebrei col nome “Geova”. Questa errata forma del Nome divino
introdotta nella traduzione della Bibbia solo nel 1530 da William Tyndale. Prima di Tyndale nessun autore sacro o traduttore della Bibbia ha chiamato Dio col nome Geova. Com'è possibile che l'Iddio si sia rivelato agli Ebrei molti secoli prima col falso nome di Geova?
b) Cosa ancor più grave è il fatto che la parola Geova non ha alcun significato. “Geova” in ebraico non significa nulla, mentre Jahve vuoi dire “Colui che è”, indica cioè il vero Dio come la fonte dell'esistenza e della vita. Lo Spirito Santo, che guidava la predicazione degli Apostoli e degli evangelisti (cf. Giovanni 14,26), avrebbe commesso un grosso errore se avesse suggerito ai primi predicatori del Vangelo di far capire ai pagani il vero Dio con una parola che non ha significato ".
c) i discepoli di Gesù avevano avuto da lui il comando di insegnare alle genti “ad osservare tutto ciò che egli aveva ordinato” (cf. Matteo 28, 20). Egli aveva detto loro di chiamare Dio col nome di Padre, non di Geova, (cf. Matteo 6, 9) e di spiegare loro Chi è Dio, cioè conoscere il suo Nome in senso biblico come egli l'aveva fatto conoscere (cf. Giovanni 17,6.26). Non è questione di imparare e ripetere una parola, ma di venire a conoscenza d'una dottrina, della via della salvezza.
d) Questo era l'essenziale. Questo hanno fatto i primi cristiani, soprattutto Apostoli ed evangelisti, usando un linguaggio accessibile sia agli Ebrei sia ai pagani, e precisando che il vero Dio non era uno dei loro dèi o signori, ma Gesù Cristo, per mezzo del quale esiste ogni cosa (cf. 1 Corinzi 8, 6). Egli era l'Adonai, cioè Signore di tutti. A conferma sta il fatto che i primi predicatori e scrittori del Vangelo, rivolgendosi agli Ebrei fuori della Palestina e ai pagani, hanno fatto largo uso, anzi un uso preferenziale, della Bibbia detta dei Settanta, la prima traduzione in lingua greca del- l'Antico Testamento. E' un fatto storicamente accertato. Questo fu provvidenziale, perché nei Settanta il Tetragramma è tradotto quasi sempre Kyrios (= Signore - Adonai), una parola comprensibile ad Ebrei e pagani ".


Il Nel Dizionario dei concetti biblici del N.T., a cura di L. Coenen, Dehoniane, Bologna 1976, a pagina 1758 è detto- “Nuovi testi ritrovati mostrano senz'ombra di dubbio che già i Settanta hanno tradotto il tetragramma JHVH con Kyrios” (Adonai, Signore).

e) Con la parola Kyrios (Signore) i primi seguaci di Gesù davano al mondo il vero concetto di Dio, vale a dire annunciavano a tutti che l'unico vero Dio si era fatto presente in Gesù di Nazareth, il Signore di tutti. Adorando Gesù essi erano certi di adorare il vero Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. L'attesa del giorno di Jahve si identifica con l'attesa del giorno del Signore Gesù.
San Paolo insisteva sulla signoria assoluta, suprema e universale di Gesù: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2, 10-11). “A gloria di Dio Padre” vuol dire che l'unico vero Dio indicato nella Bibbia col nome di Padre, è adorato e glorificato nell'adorazione del Signore Gesù. Tra Padre e Figlio non vi è differenza essenziale. L'uno e l'altro vanno collocati allo stesso livello divino. Cristo è il Signore dei signori e il Re dei re (Cf. Apocalisse 17,14) come lo è l'unico vero Dio (Cf. 1 Timoteo 6, 15).
f) Fu dunque un processo di chiarificazione conforme alle parole di Gesù (Cf. Giovanni 16,12-13) quello operato dai primi predicatori del Vangelo, soprattutto dagli Apostoli e dagli autori ispirati, quando essi annunciarono il vero Dio col nome di Signore, lasciando da parte Jahve (Geova non esisteva). Vi era il vantaggio che questo modo di esprimersi liberava i seguaci di Cristo dall'apparire come una setta giudaica. La nuova comunità voleva essere la Casa di tutti, il nuovo Israele (Cf. Galati 6,16). In conformità al consiglio del loro Maestro, i primi cristiani “non hanno messo vino nuovo in otri vecchi” (Cf. Luca 5, 37). Hanno piuttosto lasciato indietro le cose vecchie già passate e si sono attenuti alle nuove in Cristo (Cf. 2 Corinzi 5,17).
g) E' lecito domandarsi: Perché i tdG insistono tanto sull'uso del nome Geova? La risposta non è difficile. Essi tentano di demolire tutto ciò che i primi discepoli di Gesù, sotto la guida dello Spirito Santo, hanno costruito. In altre parole, i primi cristiani, Apostoli ed evangelisti, con un linguaggio appropriato, hanno voluto professare e te- stimoniare l'identità tra Cristo e Jahve, ossia la divinità di Gesù Cristo, il Signore dei signori (Cf. Apocalisse 17,14).
I tdG, facendo la via a ritroso, vorrebbero fare di Cristo un semplice vassallo di Geova.


Ancora equivoci e sofismi

1 - L'errore:
I tdG vorrebbero far intendere che la preoccupazione principale dei primi cristiani era quella di chiamare e far chiamare Dio col nome di Geova. Come prova citano le parole di san Pietro nel giorno di Pentecoste, che sottolineò una componente essenziale dei messaggio cristiano quando citò le parole di Gioele: “Chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato” (Atti 2, 21; Gioele 2, 32) .

La verità:
a) Come sempre, l'uso che i geovisti fanno della- Bibbia è arbitrario, opportunista, settario. Ilel caso presente è da dimostrare anzitutto che Gioele abbia chiamato Dio col nome di Geova. I fatti indicano il contrario perché questo falso nome di Dio fu inventato per errore nel 1530, circa duemila anni dopo Gioele, e millecinquecento dopo san Pietro. Né Gioele né Pietro potevano chiamare Dio Geova.
b) Il significato delle parole di Gioele e di Pietro non è quello insinuato settariamente dal Corpo Direttivo geovista. Né Gioele né Pietro volevano dire che, per essere salvi, bisogna chiamare Dio col nome di Geova (o anche di Jahve). Nome vuol dire “Persona” nello stile biblico. Invocare il Nome vuol dire “rivolgersi a una persona”. Sia Gioele sia san Pietro volevano dire che per essere salvi bisogna rivolgersi al vero Dio, cioè che la salvezza viene solo dal vero Dio, non dai falsi dèi. Il nome qui non c'entra.
e) Infine il Nome, cioè la Persona, a cui san Pietro si riferisce, è quello di Gesù. Soltanto da Gesù può venire la salvezza (cf. Atti 4,22).

“I cristiani designano se stessi come "coloro che invocano il nome del Signore" (cfr. Atti 9,14.21; 22,16; 1 Corinzi 1, 2; 2 Timoteo 2, 2); però il nome "Signore" non è riferito più a Jahve, ma a Gesù (cfr. Filippesi 2, 11; Atti 3, 16). Nel giorno del giudizio ci sarà salvezza o condanna a seconda che si sarà invocato o no questo nome, se sarà riconosciuto o meno Gesù come Signore (cfr. Atti 4, 12 e Romani lo, 9)”


2 - L'errore:
In modo simile i tdG strumentalizzano le parole di san Giacomo, di cui in Atti 15, 14-15: “Simone ha narrato come Dio ha avuto cura di scegliersi tra le genti un popolo per il suo Nome”. A parere dei geovisti, Simone avrebbe detto che i pagani devono conoscere e chiamare Dio col nome di Geova .

La verità:
a) Anche qui come nel testo precedente di Atti 2, 21 la spiegazione geovista è superficiale e setta- ria. Ripetiamo ancora una volta che nome, nello stile biblico, indica la persona. Invocare il Nome di Dio, temere il Nome di Dio, consacrarsi al Nome di Dio ecc. significa invocare, temere, consacrarsi alla Persona del vero Dio, qualunque sia la parola usata per chiamarlo. Qui non c'entra affatto Geova.
b) San Giacomo voleva dire che Dio, il vero Dio, aveva programmato fin dall'eternità di chiamare anche i pagani (le nazioni) alla sua vera conoscenza e adorazione. Trarre un popolo per il suo Nome significa chiamare i pagani a far parte del popolo del vero Dio. Non vi è nessun riferimento a come il vero Dio debba essere chiamato. E' un'insinuazione settaria dei tdG.

3 - L'errore:
Hanno pure scritto: “L'apostolo Paolo non lasciò dubbi sull'importanza che aveva per lui il nome di Dio. Nella sua lettera ai Romani, cita le stesse parole del profeta Gioele e incoraggia quindi i suoi conservi cristiani a mostrare la loro fede in quella dichiarazione andando a predicare il nome di Dio ad altri affinché questi pure potes- sero essere salvati (Romani 10- 13-15)”

La verità:
a) Leggendo il contesto della Lettera ai Romani, cap. 10, appare chiaro che san Paolo non parla affatto di Geova. Egli parla solo e sempre di Cristo come termine della Legge (v. 4), come Signore (v. 9) e afferma che chiunque crede in Lui (in Cristo) non sarà deluso (v. 11), applicando a Cristo ciò che in Isaia 28,16 è detto del fondamento sicuro di salvezza cioè di Jahve.

b) In questo contesto Paolo applica a Cristo il testo di Gioele: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Gioele 2, 32; Romani 10, 13). Né in Paolo né in Gioele c'è “Geova”. Paolo rivolge le sue parole sia ai Giudei sia ai pagani. Non c'era proprio bisogno di ricordare ai Giudei che per salvarsi bisognava invocare Jahve (non Geova). Già lo sapevano. Egli vuole precisare sia coi Giudei che coi pagani che solo la Persona di Cristo può salvare. Il Signore da invocare è Cristo, non Jahve (Geova non c'entra affatto). Applicando a Gesù il titolo di Signore, riservato solo a Dio nell'Antico Testamento, è evidente che nel pensiero di Paolo l'opera e la dignità di Cristo coincidono con l'opera e la dignità di Dio, dell'unico Dio.

Scrutate le Scritture

L'insegnamento di Gesù trasmesso prima a viva voce trovò la sua forma definitiva nelle Scritture, che formano la seconda parte della Bibbia, cioè il Nuovo Testamento, le Scritture Greche Cristiane dei tdG. Orbene in tutto il Nuovo Testamento Dio non è chiamato mai Geova. Questo falso nome di Dio non compare mai né per esteso né in forma abbreviata". I tdG sono a conoscenza di queste cose, come si legge in un loro opuscolo:
“Nessun manoscritto greco oggi in nostro possesso dei libri da Matteo a Rivelazione contiene il nome di Dio (cioè Geova) per esteso”.
Tuttavia la intellighentia della società geovista ha introdotto il nome Geova ben 237 volte nel Nuovo Testamento. Trova poi cavilli e sofismi per giustificare il suo misfatto.

1 - L'errore:
Hanno scritto: “Significa questo che il nome (Geova) non dovrebbe esserci? Ciò sarebbe sorprendente in vista del fatto che i seguaci di Gesù riconobbero l'importanza dei nome di Dio e che Gesù insegnò a pregare perché esso fosse santificato” 18.

La verità:
Nessuna sorpresa per chi sa e vuol leggere e capire la Bibbia con onestà di mente e di cuore. 1 seguaci di Gesù riconobbero l'importanza di far conoscere Chi è il vero Dio, non già di insegnare una parola. Questo vuol dire “riconoscere l'importanza del nome”.
Che Gesù abbia insegnato a pregare perché il Nome fosse santificato non significa affatto che abbia detto loro di invocare Dio col nome “Geova”. Al limite, Gesù avrebbe insegnato di chiamare Dio col nome di “Padre”: “Padre nostro, che sei nei cieli...”. Il senso delle parole di Gesù in Matteo 6,9 è radicalmente diverso da quello che danno i tdG. L'abbiamo già spiegato.

2 - L'errore:
Spiegano i tdG: “Per comprenderlo, occorre ricordare che i manoscritti delle Scrítture Greche Cristiane che oggi possediamo non sono originali. 1 libri scritti di loro pugno da Matteo, Luca e dagli altri scrittori biblici, essendo molto usati, si logorarono rapidamente. Ne furono quindi fatte copie, che a loro volta si logorarono e furono ricopiate. Oggi esistono migliaia di copie delle Scritture,Greche Cristiane, ma la maggioranza fu fatta a partire dal IV secolo dell'era volgare in poi”.
In altre parole, l'assenza del nome Geova nel Nuovo Testamento sarebbe dovuta al fatto che noi oggi possediamo un testo greco, nel quale per negligenza dei copisti sarebbe stato eliminato il nome Geova. Perciò il Corpo Direttivo si prese cura di reinserirlo ben 237 volte.

La verità:
Leggendo l'affermazione geovista su riportata, che fu scritta nel 1984, e avendo una discreta conoscenza della loro letteratura, mi è venuto subito in mente ciò che Gesù dice nel vangelo di Luca 19,22: “Servo malvagio, ti giudico dalle tue stesse parole”. Infatti, sono proprio loro a dirci che le cose non stanno affatto così. Riportiamo prima alcune loro testimonianze; poi faremo alcune considerazioni.

a)- Nel 1963 il Corpo Direttivo affermava:

“Valutazione del testo tramandato. Qual è, dunque, la netta valutazione dell'integrità e dell'autenticità del testo, dopo questi molti secoli nei quali il testo è stato tramandato? Non solo ci sono migliaia di manoscritti da paragonare, ma scoperte di più antichi manoscritti biblici nei pochi decenni passati riportano il testo greco all'anno 150 (E.V.), solo a cinquant'anni dalla morte dell'apostolo Giovanni, avvenuta verso il 100 E.V. Queste evidenze dei manoscritti provvedono la forte assicurazione che ora abbia- mo un fidato testo greco in forma raffinata”.

In questo fidato testo greco non c'è mai Geova. - Nel 1982 il Corpo Direttivo scriveva:

“Confrontando attentamente queste molte antichissime, copie si possono trovare e correggere anche i pochi errori fatti dai copisti. Ci sono inoltre migliaia di copie molto antiche delle Scritture Greche, alcune delle quali risalgono quasi al tempo di Gesù e degli apostoli. Per que- sto sir Frederie Kenyon disse: "L'ultimo fondamento per qualsiasi dubbio che le Scritture ci siano pervenute sostanzialmente come furono scritte è stato eliminato" (The Bible and Archaeology, pagine 288, 289)”
In queste migliaia di copie molto antiche delle Scritture Greche, alcune delle quali risalgono quasi al tempo di Gesù e degli apostoli, non c'è mai Geova. Com'è possibile che sia stato eliminato dai copisti dei secoli seguenti, se proprio non c'era?

Ancora nel 1982 il Corpo Direttivo affermava: “Questo. non vuol dire che non ci siano stati tentativi di cambiare la Parola di Dio. Ci sono stati”. Tuttavia “Geova Dio ha fatto in modo che la sua Parola fosse protetta non solo dagli errori dei copisti, ma anche dai tentativi di altri di farvi delle aggiunte. La Bibbia stessa contiene la promessa di Dio che la sua Parola sarebbe stata mantenuta pura perché potessimo usarla oggi. Perciò chiunque dica che oggi la Bibbia non contiene le stesse informazioni che conteneva in origine semplicemente non conosce i fatti”..
Finalmente nel 1985 sempre il Corpo Direttivo ci assi- cura che “delle Scritture Greche Cristiane esistono oltre 5.000 manoscritti nella lingua greca originale, il più vecchio dei quali risale all'inizio del Il secolo E. V.”. E facendo sue le parole di Frederic Kenyon dice che “la prima e più importante conclusione tratta dall'esame di questi (papiri) è confortante in quanto confermano l'essenziale integrità dei testi esistenti. Né nell'Antico né nel Nuovo Testamento si notano varianti notevoli e fondamentali. Non ci sono omissioni importanti né aggiunte di brani - e neanche varianti che influiscono su fatti e dottrine essenziali. Le varianti del testo riguardano cose secondarie, come l'ordine dei vocaboli o il preciso vocabolo usato... Ma la cosa veramente importante è la conferma, mediante prove più antiche di quelle sinora disponibili, dell'integrità dei testi a nostra disposizione”.
Nei papiri più antichi e neppure nelle varianti vi è mai la parola Geova. 1 testi a nostra disposizione, confermati nella loro integrità mediante prove più antiche, non contengono mai il nome Geova.

b) E ora alcune considerazioni:

- Malgrado questo caloroso riconoscimento da parte del Corpo Direttivo dell'integrità del testo greco oggi in nostro possesso, ricuperato coscienziosamente da dotti biblisti su manoscritti antichissimi, lo stesso Corpo direttivo nell'anno 1984 ci av- verte che i manoscritti delle Scritture Greche Cristiane che oggi possediamo non sono gli originali... e che le copie fatte sugli originali si logorarono rapidamente e che furono fatte altre copie, che a loro volta si logorarono e furono ricopiate. In questo logorio sarebbe stato eliminato il nome Geova centinaia di Volte 21. Dunque il testo greco oggi in rito di scrivere Kyrios (Adonai), ossia Signore, è una presunzione imperdonabile voler disfare ciò che Dio ha fatto.
I traduttori della Bibbia, -in qualsiasi lingua e, in qualsiasi epoca, sono obbligati a rispettare ciò che hanno scritto gli autori ispirati. Chi osasse cambiare il Testo Sacro deve dirsi un profanatore della Parola di Dio. Questo ha fatto il Corpo Direttivo dei tdG, inserendovi arbitrariamente il nome Geova nella Bibbia tradotta per la setta e diffusa dalla setta.



PARTE SECONDA


LA RETTA PRONUNCIA DEL NOME


Premessa

La questione della retta pronuncia del Nome Divino (del sacro tetragramma) è di secondaria importanza. Noi la trattiamo soprattutto perché i tdG ne fanno uno strumento di propaganda settaria, insistendo che Dio deve essere chiamato Geova, anche se alcune volte seguono una tattica diversa. In circostanze adatte, aggiungono che la Chiesa Cattolica, gli ecclesiastici vi hanno ingannato, nascondendovi il nome proprio di Dio “Geova”.
In questi ultimi tempi - già l'abbiamo notato - seguono una tattica ambigua e ingannevole come in tante altre cose. Vi dicono che “la pronuncia originale del nome di Dio non è più conosciuta. E in effetti non è importante” ". Tuttavia la forma Geova sarebbe nota e comune a differenza di Yahve. Geova sarebbe la pronuncia “naturalizzata” nella maggioranza delle lingue, sarebbe la pronuncia “tradizionale”, quella in uso da molti secoli ed è estesamente conosciuta.
Linguaggio - ripetiamo - ambiguo, settario, contraddittorio, che ha come unico scopo quello di ingannare le persone ignoranti, incapaci di ra- gionare e di discernere (cf. 1 Tessalonicesi 5,21): uno sforzo menzognero per confondere le idee e oscurare la verità.


La pronuncia esatta

Oggi la stragrande maggioranza degli studiosi della Bibbia ci assicurano che Geova è un termine assurdo, non giustificato da alcuna lettura valida; la forma Jahve (o Yahweh) è quella più sicura scientificamente. Cerchiamo di spiegare come sono andate le cose.

1 - Nella lingua ebraica, come già abbiamo detto all'inizio di questo opuscolo, il Nome Divino rivelato da Dio a Mosè (cfr. Esodo 3, 13-16) era scritto con quattro lettere-consonanti, che trascritte, ossia riportate (non tradotte) nel nostro alfabeto corrispondono a JHVH (inglese YHWH).
E' il sacro tetragramma (= quattro lettere sacre).

Gli antichi Ebrei, nei loro libri e rotoli (pergamene, papiri), scrivevano solo le consonanti delle singole parole. La persona poi che sapeva leggere, aggiungeva le vocali appropriata per poter pronunciare correttamente le parole. Qualcosa di simile facciamo noi, in italiano, con gli accenti delle parole: benché non segnati, la persona istruita pone gli accenti là dove vanno posti. Non dirà tavòlo, ma tàvolo, benché la parola tavolo non abbia segnato alcun accento.

2 - Quali vocali aggiungevano gli antichi Ebrei alle quattro consonanti del Nome Divino, ossia al sacro tetragramma (JHVH)? Oggi la stragrande maggioranza degli studiosi ritiene che le vocali proprie del tetragramma erano a ed e, per cui la pronuncia esatta del Nome Divino è iáhve.

Numerose testimonianze inducono a credere che sia proprio così. Ricordiamone alcune:
a) Vi sono nella Bibbia molti nomi teòfori, vale a dire composti col nome di Dio (letteralmente portatori di Dio). In tutti questi casi il nome di Dio è Jah o Jahu, che sono forme abbreviate di Jahve. Per esempio, Isaia risulta composto da jesha (= salvezza) e Jah o iahu (cioè Jahve). Isaia vuol dire “Jahve salva”. La stessa cosa per Adonia, Geremia, Elia ecc. (Elia = El, cioè Dio, è Jahve).
Alcune volte il nome di Dio Jah o Jahu si trova nella prima parte dei nomi, e allora era pronunciato Jeh o Jehu conforme a una nota regola fonetica della grammatica ebraica, per cui la vocale a, all'inizio di parola, prendeva il suono di una e. Caso tipico è il nome Jeshúa (Gesù), forma tardiva dell'ebraico Jehóshúa (Giosuè). La prima parte di Jeshúa è Jah, pronunciato Jeh, che è una abbreviazione di Jahve. 1 traduttori greci hanno reso Jeshua con Jesous. Il suo significato è, “Jahve salva”.
b) Parimenti nella parola ebraica Alleluia. La seconda parte di questa parola è sicuramente Jah, forma abbreviata di Jahve, e vuol dire “Lodate jahve”. Ragion per cui quando i tdG scrivono e dicono che -Alleluia significa “Lodate Geova”, scrivono e dicono e ripetono una cosa completamente errata, una pura Invenzione, non giustificata da nessuna grammatica ebraica .
La stessa cosa vale per l'affermazione geovista secondo cui in Adonia, Geremia ecc. vi sarebbe abbreviato il nome Geova. La verità è che sia in Adonia che in Geremia come pure in Elia il Nome divino abbreviato non è Jeh, ma Jah, ossia Jahve, come spiegano bene i Dizionari Biblici.
Anche la Bibbia qualche volta ci ha conservato la forma Jah. Così, per esempio, Mosè e i figli di Israele cantarono un cantico in onore di Jahve 'e dissero: “Mia forza e mia fortezza è Jah” (Esodo, 15, 1-2).
c) A conferma della pronuncia Jahve abbiamo la testimonianza delle più antiche trascrizioni del sacro tetragramma. Prima fra tutte va ricordata la Bibbia dei Settanta. In alcuni frammenti trovati a Oumran e che risalgono al primo secolo avanti Cristo si è trovato questo di particolare che il tetragramma invece di essere tradotto con Kyrios come di solito fa la Settanta, è trascritto con lao, forma abbreviata di Iahve'.
Identica testimonianza negli scritti di autori greci dei primi secoli Era Cristiana. Diodoro Siculo, che visse prima di Cristo, ha la forma lao; Ireneo (t 202 d.C.) assieme a Origene (t 253 d.C.) conosce la forma Jaho, mentre Clemente Alessandrino (t 214 d.C.) ha laoue. Infine Epifanio (t 403) e Teodoreto di Ciro (t 438) hanno labé. Questi due ultimi dicono di riportare la pronuncia usata dai Samaritani. Anche san girolamo, il più grande biblista, afferma che il Nome, ossia il tetragramma, può essere letto laho I.
d) Sulla base di queste testimonianze oggi la stragrande maggioranza dei biblisti ammette che la pronuncia esatta del Nome divino deve essere lahve non Geova. Gli stessi testimoni di Geova, già nel 1950 ammettevano che la pronuncia Yahweh è la più corretta".

La forma Geova, ci assicura il prof. Alfonso M. di Nola, dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli, “non è giustificata da alcuna lettura valida” E' una pronuncia errata con l'aggravante che - a differenza di Yahweh - non ha nessun significato.

All'origine dell'errore

Come ha avuto origine l'errore?
a) A cominciare dalla seconda metà del quinto secolo avanti Cristo o forse alcuni decenni dopo, si verificò un cambiamento presso gli Ebrei nella lettura o pronuncia, non nella scrittura, del sacro tetragramma. Per sommo rispetto verso Dio, con riferimento al comandamento del Decalogo (cfr. E- sodo 20, 7) gli Ebrei evitavano di pronunciare il Nome. Ancora oggi, al posto di YHWH, l'ebreo osservante legge Adonai (= Signore) o “sem”
Nome). Al tempo di Gesù e degli Apostoli, come già abbiamo spiegato, questo modo di leggere il tetragramma era l'uso comune. Non vi è nessuna prova in contrario. Tuttavia l'esatta pronuncia era conosciuta e il Sommo Sacerdote soleva pronunciare correttamente il Nome divino nella festa dell'espiazione (Kippur).
b) Verso la fine del primo secolo dopo Cristo, con la dispersione dei Giudei in seguito alla distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani (70 d.C.), la lingua ebraica andò lentamente cadendo in disuso specie fuori la Palestina. Le nuove gene- razioni, che conservavano la fede dei padri, parlavano le lingue dei popoli presso cui erano nati (greco, latino ecc.), e si rendeva sempre più difficile leggere la Bibbia in ebraico, sapere cioè quali vocali aggiungere alle consonanti.
Per ovviare a questo inconveniente, alcuni dotti rabbini detti masoreti (= esperti nella tradizione), a cominciare dal quarto secolo d.C., iniziarono il lavoro della vocalizzazione della Bibbia ebraica. Essi inventarono alcuni segni convenzionali - le vocali - da aggiungere alle consonanti. Grazie a questi segni (puntini sopra o sotto le consonanti) la Bibbia ebraica si poteva leggere con minore difficoltà.
c) Che cosa avvenne del sacro tetragramma? Già è stato detto che gli Ebrei, incontrando le quattro consonanti JHVH, leggevano Adonai. Le vocali di Adonai erano a o a. I masoreti assegnarono al Nome divino, ossia al tetragramma JHVH, ,le vocali di Adonai, anziché quelle proprie. Sembra che l'abbiano fatto per seguire e far seguire l'antica pia usanza di non nominare il Nome. In altre parole, sembra che i vocalizzatori volessero che i lettori, incontrando il tetragramma, leggessero Adonai; non era loro intenzione inventare un nuovo Nome di Dio e tanto meno chiamarlo Geova.
Ma questo accorgimento causò l'errore. Alcuni sprovveduti traduttori della Bibbia lessero il tetra- gramma con le vocali di Adonai a o a. La prima a, trovandosi all'inizio della parola, divenne una e. E così da questo miscuglio venne fuori nelle Bibbie anglosassoni il suono Yehowah, pronunciato Geova in italiano. “Il nome (forma lehova) apparve per la prima volta in una Bibbia inglese nel 1530, quando William Tyndale pubblicò una traduzione dei primi cinque libri della Bibbia.
Da Tyndale l'errore passò in altre Bibbie, cioè in traduzioni di Bibbie in varie lingue, anche in qual- che Bibbia italiana e in alcune iscrizioni soprattutto nelle chiese. Ma questo avvenne solo dal secolo decimosesto dopo Cristo fino a circa cinquant'anni fa, quando fu scoperto e corretto l'errore.
Questa è la testimonianza unanime di tutti gli studiosi della Bibbia, onesti e competenti.

“La combinazione delle consonanti di Jahve e delle vocali di Adonai creò l'ibrido Yehowah delle Bibbie anglosassoni”.
“La pronuncia Geova è un errore risultante dalla combinazione delle consonanti JHVH con le vocali di Adonai (Signore), che i Giudei, leggendo le Scritture, sostituivano al Nome sacro, detto comunemente tetragramma” . “Jehova, falsa forma del nome divino Yahweh ( ... ). L'ibrida forma Jehova (italiano Geova) divenne largamen- te usata nel mondo inglese perché si trova in Esodo 6, 3 della Bibbia del re Giacomo (tradotta nel 1611). Nelle traduzioni moderne della Bibbia è usato o Signore in lettere rnaiuscole oppure Yahweh (Jahve) al posto del tetragramma” .


La truffa continua

Elenchiamo ora i principali errori - truffa, coi quali ancora oggi il Corpo Direttivo tenta di oscurare la verità.

1 - L'errore:
“"Geova" è la versione italiana del Tetragramma ebraico (JHVH), che significa "Egli fa divenire"”.

La verità:
a) La parola “versione” vuol dire “traduzione in altra lingua” (Nicola Zingarelli), ossia dare il significato d'una parola di lingua diversa nella propria lingua. Un alunno di scuola media o superiore fa la versione dall'inglese o dal greco o dal francese quando dà in lingua italiana il significato delle parole e frasi inglesi o greche o francesi. “Versione” è lo stesso che “traduzione”. Dire perciò che “Geova” è la versione del Tetragramma e ggiungere che significa “Egli fa divenire” equivale a confondere volutamente le idee. “Geova” non è né versione né traduzione del tetragramma, ma è una sua “trascrizione” errata.
b) Il significato del tetragramma, ossia la sua versione o traduzione è “Egli è”, oppure al limite “Egli fa divenire”. La parola “Geova” non è traducibile, non ha “versione” o “traduzione” per- ché non ha alcun significato.
Ha scritto un ex testimone di Geova, che sa' il fatto suo: “Se sostituiamo YHVH con “Yehowah”, quest'ultimo in ebraico (e in nessun'altra lingua), non significa nulla”
I tdG cadono nella più grossa irriverenza verso Dio quando insistono - e lo fanno sempre - che bisogna chiamarlo con un nome - Geova appunto - che non ha nessun significato.



2 - L'errore:
“Dove si trova il nome di Dio in alcune delle principali traduzioni bibliche?” 40.

La verità:
a) La forma - Geova” non si trova in nessuna traduzione biblica degli ultimi cinquant'anni, eccetto naturalmente nella Bibbia e negli scritti dei tdG. Il Corpo Direttivo cita sempre traduzioni fatte tra il 1530 e il 1930, come quella di Antonio Martini (Torino -1769-1781), di Giovanni Diodati (Ginevra 1607), del dr. Giovanni Luzzi (Roma 1911-1930).
La stessa cosa vale per le traduzioni in altre lingue. Sono state fatte quasi tutte nell'ex impero coloniale inglese da Bibbie anglosassoni, tra il secolo XVI e XIX. Ecco l'inganno! Prestare attenzione.

Nelle traduzioni della Bibbia anteriori al 1530 non si trova la forma “Geova”.

b) Stando così le cose, quando il Corpo Direttivo insiste che la forma “Geova” è preferita perché nota e comune e largamente diffusa a differenza di “Yahweh”, afferma una cosa non vera e continua a ingannare persone incapaci di accertarsi di ogni cosa o che non vogliono usare più il proprio cervello.


3 - L'errore:
“Un tempo il nome di Dio, rappresentato dal Tetragramma, era usato nella decorazione di molti edifici religiosi.

La verità:
a) Il fatto che il sacro tetragramma era usato nelle decorazioni di molti edifici religiosi non com- porta che il nome di Dio sia “Geova”. Il tetragramma va letto Jahve, non Geova.
b) Se poi in alcuni edifici religiosi anche cattolici (chiesa di S. Agata a Santhià di Vercelli, presbiterio di Vezzo, duomo di Fossano ecc.) si trova la forma “Jehova”, non bisogna dimenticare che tutte queste iscrizioni risalgono al tempo in cui anche i cattolici credevano che “Geova” fosse la trascrizione esatta del tetragramma, vale a dire tra il secolo XVI e XIX. Nessuno ha scritto “Geova” negli ultimi cinquant'anni né lo scriverà mai, eccetto i suoi testimoni.

4 - L'errore:
“"Geova" è la pronuncia più nota e tradizionalmente accettata, essendo stata in uso per secoli nella lingua ita- liana. Vedi alla voce "Geova' il Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, XI ediz.; il Novissimo Dizionario della Lingua Italiana, di Fernando Palazzi; il Dizionario della lingua italiana, di Devoto e Oli”

La verità:
a) Sì, la pronuncia “Geova” è nota e comune e largamente diffusa, ma solo nella Bibbia e negli scritti e nella propaganda dei tdG. Centinaia di milioni di veri cristiani che leggono e conoscono la Bibbia meglio dei geovisti non chiamano “Geova” il Dio della Bibbia. Essi sanno che Geova è una pronuncia sbagliata. Hanno corretto onestamente l'errore a differenza degli aderenti alla setta geovista.
b) Il fatto poi che “Geova” sarebbe la pronuncia tradizionale aggrava la situazione. I tdG si scagliano contro coloro che fanno uso della tradizione. Come mai proprio essi si appellano alla tradizione? Sono dunque tra coloro ai quali Gesù ha detto: “Avete annullata la Parola di Dio in nome della vostra tradizione. Ipocriti ... !” (Matteo 15, 6-7).
Che se poi il ricorso alla tradizione ha qualche valore, bisogna dire che la pronuncia Jahve ha dietro di sé una tradizione di millenni, mentre quella errata di “Geova” ha avuto inizio quattro secoli fa (nel 1530) e si è rivelata errata fin dal principio del nostro secolo.
c) -11 ricorso ai Dizionari di lingua italiana è una scappatoia buona per gli ignoranti. Infatti, chi ragiona e capisce, sa benissimo che il dizionario linguistico ha solo il compito di far conoscere il significato d'una parola, che si può incontrare nei libri del passato e del presente.
Tale è il caso di “Geova”. Lo Zingarelli ed altri vi dicono che quando in qualche scritto trovate la parola “Geova”, essa indica (o indicava) il nome di Dio d'Israele. Il dizionario linguistico non entra in merito agli eventuali errori di pronuncia. Questo spetta ai dizionari specializzati e aggiornati, nel caso specifico ai Dizionari biblici e anche di cultura generale. Nessuno di questi vi dice oggi che il nome di Dio è “Geova”.
Lo Zingarelli, a saperlo leggere, vi fa capire che Geova risulta dalla fusione del tetragramma (JHVH) con le vocali di Adonai (Signore).

Gesù e Geova

L'errore:
I tdG riconoscono che gli israeliti probabilmente pro- nunciavano il nome di Dio “Yahweh”. Se tale è il caso - aggiungono - non sarebbe meglio usare la forma che potrebbe avvicinarsi di più alla pronuncia originale? Non necessariamente, perché questo non è ciò che di solito si fa con i nomi biblici.
Come esempio principale, prendiamo il nome di Gesù Forse lo chiamavano Yeshua (o forse Yehoshua). Una cosa è certa: non lo chiamavano Gesù. Comunque, quando i racconti della sua vita furono scritti in greco, gli scrittori ispirati resero quel nome ebraico in greco, lesoùs. Oggi viene reso in modo diverso secondo la lingua dei lettori. Gli spagnoli trovano nella loro Bibbia Jesùs. Gli inglesi Jesus (si pronuncia Gisus). Anche i tedeschi scrivono lesus (ma lo pronunciano lèsus).
E lo stesso può dirsi del nome Geova .

La verità:
a) Prendiamo atto che gli Israeliti probabilmente pronunciavano “Yahweh”. E' dunque ragionevole usare questa pronuncia per il fatto che non c'è nessuna lettura valida della Bibbia, nessun documento anteriore al 1530 d.C., che giustifichi co- me probabile la pronuncia Geova.

b)Ciò che di solito si fa coi nomi biblici è conservare la pronuncia più corrispondente all'originale. Il caso del nome di Gesù ne è una prova. Anche se gli Israeliti forse pronunciavano Jeshua, noi abbiamo nella Bibbia la pronuncia Jesous (greco) numerose volte. Chi ha dato questa pronuncia, conosceva bene sia l'ebraico che il greco. Possiamo essere certi che Jesous riproduce la Pronuncia più probabile dell'ebraico Jeshua.
In effetti, il greco Jesous conserva fedelmente non solo le consonanti, ma anche le vocali di Jeshua (e ed u), che danno la pronuncia esatta d'una parola in ogni lingua: Jesus (latino), Gesù (italiano), Jesùs (spagnolo), Jesus (tedesco), Jesus (inglese). Il fatto che gli inglesi pronuncino Gisus non cambia le cose: anche in inglese abbiamo le stesse vocali.


c) Non così Geova. Nessun traduttore greco ha dato la pronuncia Jehova o Geova aul tetragramma.
In Geova o Jehova le vocali dell'originale a ed e sono scomparse. Al contrario, più di un autore greco dell'antichità ci ha conservato la pronuncia corrispondente all'originale (Jaouè, Jabè). Lo stesso Processo va fatto per tutti i nomi biblici. il ragionamento dei tdG è un cumulo d'equivoci, cioè un inganno. Prestare attenzione!
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Messaggioda GrisAdmi » ven dic 21, 2007 4:23 pm

PARTE TERZA

SIGNIFICATO DEL NOME DIVINO


Interesse maggiore

Conoscere l'esatta pronuncia del Nome divino è per noi di secondaria importanza. E lo stesso si deve dire per chiunque si accosta alla Bibbia con serietà e amore per la verità. Se ci siamo soffermati a dare alcune spiegazioni, a fare delle precisazioni, ciò l'abbiamo fatto soprattutto per mettere a nudo gli errori e i cavilli dei tdG. Astutamente essi tentano di capovolgere la situazione, di tenere la gente nell'ignoranza, per far credere agli ingenui che la verità si trovi tutta e solo dalla loro parte.
Le cose stanno in modo completamente diverso. Non è la Chiesa Cattolica, ma sono loro - i geovisti - che non sanno o non vogliono dare alla gente la vera conoscenza della Bibbia. Essi preferiscono creare confusione, confondere le idee, mettere in crisi allo scopo di far seguaci perché il numero è denaro.
Per chi cerca sinceramente la verità è di maggiore interesse conoscere il significato del Nome divino. Ciò porta alla vera conoscenza del Dio del- la Bibbia e fa constatare quanto sia distorta e peggio quella che di Lui propinano i tdG. Questo ora noi faremo a beneficio di quanti cercano la verità.



Il nome nella Bibbia

1 - Ripetiamo ancora una volta quanto già abbiamo detto, che il nome nello stile biblico non è un segno convenzionale, una parola per distinguere una persona da un'altra come avviene presso di noi. Nella Bibbia il nome serve a indicare, nel suo essere e nel suo operare, la persona che lo porta. “Nell'Antico Testamento, lungi dall'essere una semplice etichetta, una pura descrizione esteriore, il nome esprime la realtà profonda dell'essere che lo porta .
Tutto questo si applica al Nome divino. L'essenziale, perciò, è conoscere “Chi è Dio in se stesso” e “Chi vuol essere per l'uomo”. Questo si ottiene conoscendo il significato profondo di Jahve, ossia del sacro tetragramma, Nome con cui Dio ha qualificato se stesso e la sua opera per il suo popolo.
2 - La risposta a questa questione l'abbiamo già data, ma giova ripeterla. Tradotto in lingua italiana Jahve significa Egli è oppure lo sono oppure Colui che è. Il Nome divino, ossia il Nome proprio del Dio della Bibbia, ci fa capire che “Dio è Colui che ha in sé la pienezza dell'Essere”, ossia tutte le perfezioni, senza limiti e misura.
Va notato tuttavia che Dio rivela a Mosè il proprio Nome nel momento in cui lo manda a liberare il popolo d'Israele - il suo Popolo - dalla schiavitù del faraone (cfr. Esodo 3, 7-12; 6, 6-8 ). Questo particolare ha la sua importanza perché, rivelando proprio allora il suo nome, Dio intende far capire il proposito della sua volontà, che è la salvezza del Popolo.
Mettendo insieme le due cose, possiamo affermare che Jahve significa Colui che è per salvare. in altre parole, il Dio della Bibbia fa conoscere all'uomo la pienezza del suo essere in vista della salvezza che Egli intende dare. Essere e salvare, ossia essere per salvare, caratterizzano la personalità di Jahve, il Dio della Bibbia.
“Questo è il mio Nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione” (Esodo 3, 15).

Ho fatto conoscere Il tuo Nome

Alla luce di queste precisazioni possiamo capire meglio che cosa intenda la Bibbia quando dice che bisogna conoscere il Nome divino, soprattutto possiamo comprendere con gioia che cosa ha voluto dire Gesù con le parole: “Ho fatto conoscere il tuo Nome” (Giovanni 17, 6).

a) Negativamente “conoscere il Nome divino” non vuol dire che sia necessario sapere la parola Geova e ripeterla continuamente “per essere identificati con quelli che Dio trae per essere un popolo per il suo nome”.
A conferma vale il fatto che Gesù non ha detto ai discepoli di rivolgersi a Dio, chiamandolo iahve (e tanto meno Geova). Gesù ha preferito chiamare Dio col nome di Padre (Abbà): “Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto ( ... ). lo ho fatto conoscere loro il tuo Nome e lo farò conoscere” (Giovanni 17, 25-26). E ai discepoli Gesù aveva insegnato di pregare, invocando Dio come Padre: “Padre nostro che sei nei cieli...” (Matteo 6, 9).

b) Positivamente “conoscere il Nome divino” vuol dire:

- credere e professare che solo il Dio della Bibbia così come si è rivelato mediante Gesù Cristo è il vero Dio - Uno e Trino - (cf. Matteo 28, 18-20; Giovanni 10, 30; 1 Giovanni 5, 20; Apocalisse 22, 13 ecc.);

- credere e professare che il proposito o piano operativo di Dio è la salvezza di tutti gli uomini (cfr. 1 Timoteo 2, 3-7). Egli ama tutti con uguale amore e provvidenza senza prefabbricate discriminazioni (cfr. Romani 2, 11). Il Dio della Bibbia distruggerà solo le potenze del male (cfr. 1 Corinzi 15, 25-28 ), non le creature umane, che egli ha creato perché vivano e siano felici;

- credere con la mente e col cuore nella Paternità di Dio. Nell'insegnamento dei Figlio Unigenito Dio è soprattutto Padre. Gesù Cristo, come nessun altro mai, ha rivelato all'uomo il volto paterno di Dio, giusto e misericordioso.

Rivelando che Dio è soprattutto Padre, Gesù Cristo non ha fatto altro che esplicitare il significato profondo del Nome divino (Jahve). E l'ha fatto con autorità. Padre è colui che dà la vita e la incrementa in virtù di un atto di amore che non conosce limiti di ternpo. Jahve è la Fonte della vita e della salvezza, che segue e quasi persegue l'uomo fino alla sua maturità nel Regno di Dio e il raggiungimento della stabile dimora nella Casa del Padre.
Questo e non altro voleva intendere Gesù con le parole: “Ho fatto conoscere il tuo Nome”, come ci assicurano i migliori commentatori della Bibbia.

La Bibbia di Gerusalemme: “Il Cristo fu mandato per rivelare agli uomini il 'nome', cioè la persona del Padre”. “'Il tuo nome' designa, la persona stessa del Padre”.

La Sacra Bibbia di Salvatore Garofalo: “li nome persona in ebraico) è Dio stesso in quanto Padre di un Figlio unico a lui uguale, e di tutti gli uomini”46.

La Sacra Bibbia a cura dell'Istituto Biblico di Roma: “Gesù ha manifestato agli uomini che Dio è Padre e che ha un Figlio, mistero, che prima di Gesù era ignorato dagli uomini” 47.

La Bibbia TOB: “La missione di Gesù non consiste nel trasmettere una parola nuova, ma nel far percepire la realtà del Padre attraverso ciò che egli dice, attraverso ciò che fa e che è” 48.

L'elenco potrebbe continuare.


Natura fisica di Dio

1 - Dio non ha corpo.

L'errore:
A parere dei geovisti “non esiste intelligenza senza una mente. E sappiamo che se c'è una mente ci dev'essere un cervello in un corpo di forma ben definita. La grande mente che ha creato ogni cosa appartiene a quella grande Persona che è l'Iddio Onnipotente. Anche se non ha un corpo materiale, ne ha uno spirituale. Una persona spirituale ha un corpo? Sì, la Bibbia dice: "Se vi è un corpo fisico, ve n'è anche uno spirituale". - 1 Corinti 15: 44; Giovanni 4:24” .

La verità:
a) In 1 Corinzi 15, 44 san Paolo parla solo del corpo umano, del corpo del primo uomo, Adamo, e del corpo di tutti coloro che risorgeranno col corpo glorioso o spirituale o non carnale, come fu quello di Cristo, in quanto uomo. Cristo è primizia di coloro che sono morti (1 Corinzi 15, 20) e che alla sua venuta risorgeranno col corpo per essere simili al suo corpo glorioso (cfr. Filippesi 3, 21). E' semplicemente assurdo voler ricavare dalla parola di san Paolo che l'Iddio Onnipotente debba a- vere un corpo sia pure spirituale.

b) La Bibbia dice tutto il contrario. In Giovanni 4, 24 Gesù dice alla samaritana “Dio è spirito” e lo Spirito non ha né carne né ossa, non ha un cervello in un corpo di forma determinata. Se Dio avesse un corpo di forma determinata, poteva essere localizzato o sul monte Garizim come volevano i samaritani o a Gerusalemme come pretendevano i Giudei.

2 - Dio è onnipresente.

L'errore:
“Essendo una persona con un corpo spirituale, Dio deve avere un luogo in cui vivere. La Bibbia dice che i cieli sono "lo stabilito luogo di dimora" di Dio (1 Re 8:43). Ci è anche detto che "Cristo entrò ... nel cielo stesso, per apparire ora dinanzi alla persona di Dio, per noi" (Ebrei 9:24).

La verità:
a) Ricordiamo anzitutto che una conoscenza elementare della Bibbia fa rapire che le espressioni “nei cieli”, “sul trono” e simili non vanno prese in senso letterale. Sono solo immagini per indicare che Jahve è al di là e al di sopra dì ogni realtà creata, anzi di ogni concezione umana: indicano la trascendenza assoluta di Dio.
Questa idea altissima del Dio della Bibbia faceva dire a Mosè: “Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore (Sahve) è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra” (Deuteronomio 4, 39) ' E Salomone, nell'atto di consacrare il tempìo di Gerusalemme, esclamava: “Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che ti ho costruitala (1 Re 8, 27). Dio è dovunque!
b) Anche il testo di Ebrei 9, 24 non comporta assolutamente che Dio abbia un corpo e una dimora fissa, un luogo stabilito. L'autore sacro vuol dire semplicemente che Cristo si è immolato una sola volta; dopo di che è rientrato nella sfera dell'invisibile, del divino, dove continua a intercedere per noi (cfr. Ebrei 7, 25; Romani 8, 34). Essere dinanzi alla persona di Dio, o al sospetto di Dio o davanti a Dio non comporta assolutamente che Dio abbia un corpo di forma ben definita o che la sua dimora sia in un luogo determinato dei cieli.

L' errore:
Si chiedono i geovisti: “Se Dio vive in un determinato luogo ,del cielo, come fa a vedere tutto a esercitare dovunque il suo potere? .. La risposta è molto semplice: Pur stando nei cieli, in uno stabilito luogo di dimora, egli invia il suo spirito, la sua forza attiva, a compiere qualsiasi cosa egli voglia. Come “una centrale situata in un determinato luogo distribuisce l'elettricità a tutta la zona” .

La verità:
a) Veramente la Bibbia dice semplicemente: “Dio è Spirito” (Giovanni 4 24). In Lui Divinità e Spirito si identificano, anche se lo Spirito di Dio si è fatto conoscere come una Persona distinta. Dov'è dunque lo Spirito di Dio, ivi è pure Dio, tutto Dio. Dio è presente là dove è presente il suo Spirito:

“Dove andare lontano dal tuo Spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità dei mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra” (Salmo 139, 7-10).
Parimenti san Paolo affermava davanti ai dotti ateniesi che Dio - proprio Dio - non è lontano da ciascuno di noi (cfr. Atti 17, 27). San Paolo non parla di spirito proiettato da Dio. Parla dell'unico, immenso, onnipresente Dio, che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere.

b) L'immagine che il Corpo Direttivo dà dell'Iddio Onnipotente è irriverente e ridicola: lo rassomiglia a una centrale elettrica o a una grande bombola di gas, da cui si sprigiona energia elettrica o un fluido misterioso. Ma questa è pura immaginazione, che non ha nulla a che vedere con la sublime e inafferrabile onnipresenza di Jahve.


3 - Dio non ha sensi.

L'errore:
A parere dei geovisti, Geova è incorruttibile Persona spirituale, con sensi di vista, udito ecc. A conferma citano alcuni versetti biblici:
“Riguardo a Geova, i suoi occhi scorrono tutta la terra per mostrare la sua forza a favore di quelli il cui cuore è completo verso di lui” (2 Cron. 16:9).
“Gli occhi di Geova sono in ogni luogo, vigilando sui cattivi e sui buoni” (Prov. 15:3).
E altri ancora.

La verità:
a) A parte il fatto che mediante i testi biblici accuratamente selezionati i tdG danno di Geova la immagine d'un poliziotto sempre vigile alla difesa dei giusti (che sarebbero loro) e alla punizione dei malvagi (che saremmo tutti gli altri), dire che Dio sia una Persona spirituale dotato dì sensi (vista, udito ecc.) è una contraddizione. La vista, l'udito, i sensi in genere sono organi di conoscenza propri della creatura composta di spirito e materia. Dio è solo Spirito (Giovanni 4, 24). Dire sensi è lo stesso che dire dipendenza e condizionamento dalla materia.
Jahve è al di sopra di ogni raffigurazione umana.- “Non dobbiamo pensare che la divinità abbia qualcosa della immaginazione umana” (Atti 17, 29).

b) Buona parte dei tdG - quelli che nelle sale del regno recepiscono passivamente tutto ciò che dicono i loro maestri comandati sono convinti che il loro Geova se ne stia su un trono o di oro o di marmo o di legno pregiato situato nella stratosfera, sulle nostre teste. Da lì egli dispensa sorrisi e abbondanti benedizioni (quali?) ai membri della setta, e solo ad essi; mentre per gli altri - tutti gli altri! - ha solo rampogne e maledizioni, e tra non molto assai di peggio!

La moralità di Jahve

L'errore:
A sentire i tdG, chi non conosce e non usa il nome di Geova non può essere identificato con quelli che Dio trae per essere il suo popolo".
Che cosa significano queste parole? Che per essere ben voluti e non odiati da Geova bisogna far parte, di buona o di mala voglia, della setta che da lui prende il nome. Chi ne è fuori per esplicito rifiuto (e sono tanti!) o per ignoranza, sarebbe un immorale, un empio, un operatore di iniquità, oggetto dell'odio di Geova e destinato alla distruzione eterna.
“Chi abbandona Geova perirà!”. E' questo il minaccioso monito martellato con ossessiva pertinacia da La Torre di Guardia, organo ufficiale della setta geovista. Nel 1973 scriveva:
“L'ira di Dio (= Geova) è specialmente accesa con- tro la cristianità. Sarà spazzata via mediante il fuoco tra breve. Nessuno deve provar simpatia e far cordoglio su di essa, Geova non lo vuole”.

E il terribile Rutherford, il secondo presidente della società geovista, aveva rivolto a Geova la sua preghiera:
“O Geova, Eterno degli eserciti, non mostrare misericordia. Distruggili nella tua ira, distruggili e non siano
più” .

Questo equivale a dire che Geova è un dio crudele!

La verità:
Vogliamo fare alcune considerazioni:
a) Dei circa quattro miliardi di creature umane oggi viventi sulla terra solo una infinitesima percentuale appartiene alla setta geovista. La stragrande maggioranza degli uomini d'oggi - della nostra generazione - non sono testimoni di Geova e mai lo saranno. Centinaia di migliaia, anzi milioni, si sono dissociati dalla setta perché disillusi e disgustati dei suoi insegnamenti e del suo comportamento settario. Altri hanno avuto e hanno bbastanza intelligenza per capire la vacuità della propaganda geovista e la inconsistenza delle sue promesse: promette un paradiso terrestre prossimo, imminente, ma sempre rimandato dopo la mancata scadenza. Centinaia di milioni sono abbastanza equilibrati e si beffano giustamente delle minacce dei geovisti. Credono in Dio, ma non in Geova!
Perché questi miliardi di creature umane devono essere odiati da Dio? Perché devono essere qualificati come criminali, immorali, ipocriti, corrotti?

b) La Bibbia non giustifica, anzi condanna il comportamento dei tdG:
“Spetta forse a voi giudicare quelli di fuori? Quelli di fuori li giudicherà Dio” (1 Corinzi 5, 13; cf. Romani 14, 4; Giacomo 4, 11).

Ci dispiace dirlo, ma una lunga esperienza coi geovisti sia mediante la loro velenosa propaganda, di cui è piena La Torre di Guardia, sia mediante l'amara e spesso tragica esperienza, fatta in mezzo a loro da persone oneste, onestissime, che hanno abbandonato la setta, ci autorizza a dire che i tdG hanno degradato in modo blasfemo l'altissima levatura morale del Dio della Bibbia, riducendolo a un piccolo dio tribale, assetato di odio e di vendetta.

La testimonianza di un ex-testimone

Tra le centinaia di migliaia, che in questi ultimi anni si sono dissociati dalla società geovista, uno dei più noti è il tedesco Gúnther Pape. Dopo matura riflessione assai sofferta divenne cattolico. In un libro di larga diffusione racconta la sua esperienza e scrive tra l'altro:
“Di quale religione ti professi. Sei cattolico? Evangelico? Fai parte d'una delle tante sette cristiane? Sei un seguace di Maometto? Di Budda? 0 di qualche dottrina non cristiana?
Sappi dunque che sarai annientato nel giorno di Armaghedone (Apoc. 16). Perché? Perché quello che tu preghi, in realtà, è Satana, l'avversario di Dio.
Così ho predicato io, questo annunciano ancora oggi i testimoni di Geova”.
Geova, dunque, il dio della setta geovista, ha predisposto che l'umanità fosse divisa in due gruppi: uno dei suoi, dei puri, dei salvati; l'altro, quello di satana, cioè dei non-testimoni, malvagi ed empi, destinati inesorabilmente allo stroncamento eterno.


La grande meretrice

Come già abbiamo accennato, l'ira di Geova è accesa specialmente contro la cristianità, e in modo particolare contro la Chiesa Cattolica, rea di essere la grande diffamatrice del suo nome. “Diffamatrice del suo nome” vuol dire che centinaia di milioni di veri cristiani rifiutano di accettare gli errori geovisti ed evidenziano, Bibbia alla mano, quanto essi siano radicalmente contrari agli insegnamenti genuini della Bibbia. Hanno scritto:
“Oggi la cristianità ha mille milioni di aderenti. In modo significativo Gesù predisse che, al tempo della sua presenza al potere del Regno, non pochi, ma molti professanti cristiani lo avrebbero supplicato, dicendo: 'Signore, Signore, non abbiamo profetato in nome tuo, e in nome tuo espulso i demoni, e in tuo nome compiuto opere potenti?'. Saranno come estranei per Gesù, che risponderà: 'Non vi ho mai conosciuto! Andatevene da me, operatori di iniquità' - Matteo 7.22-23”.

Due osservazioni a riguardo di questo velenoso linguaggio de La Torre di Guardia:

La prima.

Nel testo citato di Matteo (7, 22), è detto che le terribili parole di condanna saranno pronunciate da Gesù in quel giorno, ossia nel giorno dell'ultimo giudizio (cfr. Matteo 25, 31). Non deve dunque qualificarsi come una presunzione inqualificabile il voler anticipare quel giudizio? Il voler sostituirsi all'Unico Giudice dei vivi e dei morti? (cfr. Giovanni 5, 22-27; Atti 17, 31; Apocalisse 2, 23).

E da parte sua san Paolo avverte:
“Non vogliate giudicare innanzi tempo di alcuna cosa finché non venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e farà palesi i disegni dei cuore, e allora ciascuno si avrà da parte di Dio la sua lode” (1 Corinzi 4, 5).

Fedeltà alla Bibbia esige che il vero cristiano attenda quel giorno prima di pronunciare sentenze di condanna nei riguardi degli altri. Ma questa fedeltà alla Parola di Dio manca ai tdG. Essi usano ed abusano della Bibbia per propagandare i loro errori, tra i quali domina un autentico odio verso chi non si piega alla loro prepotenza.
La seconda.
E' poi vero che molti professano, cristiani saranno come estranei a Gesù?
Facciamo qualche esempio: - Siete una madre di famiglia che crede in Gesù, Figlio di Dio e Nostro Salvatore; come voi ve ne sono centinaia, migliaia, decine di migliaia in ogni continente; tutte si sforzano di vivere secondo il Vangelo, compiendo fedelmente la propria missione di sposa e di madre, a costo spesso di grandi sacrifici.
Perché queste pie e oneste madri di famiglia dovrebbero essere estranee a Gesù Cristo e meritevoli della sua condanna?
- Siete un operaio, un contadino, un professionista, un impiegato, uno studente... Vi . impegnate a fare coscienziosamente il vostro dovere perché credete in Gesù Cristo, il Maestro ineguagliabile, e avete scelto la via della salvezza nella Chiesa Cattolica. Siete convinto della vostra fede.
Perché dovreste essere un ipocrita, un malvagio, un operatore di iniquità?
- Siete un ex-testimone di Geova. Avete abbandonato la setta - come hanno fatto centinaia di migliaia! - perché avete voluto vedere coi vostri occhi, rompere la gabbia di ferro in cui i tdG chiudono i loro associati; e vi siete reso conto che la loro spiegazione della Bibbia è incompleta, falsa, ingannatrice. Ora avete la coscienza di essere nella verità e di vivere in modo conforme ai veri insegnamenti di Cristo.
Perché dovreste essere tra coloro che Cristo non riconoscerà come suoi? Vi sentite veramente un Giuda come i geovisti vi qualificano.


Dio è Amore (1 Giovanni 4, 8 )

Anche i tdG dicono che Dio è Amore. Non possono non dirlo. Il punto, comunque, è vedere in che senso essi intendono la meravigliosa definizione di Dio data da san Giovanni: Dio è Amore.

L'errore:
I tdG sono d'avviso che Dio o piuttosto Geova è amore perché usa la sua potenza per un giusto scopo e per il bene di quelli che amano ciò che è giusto. E qual è questo scopo e il bene di quelli che amano ciò che è giusto? Ecco: che la nostra adorazione sia rivolta a lui, a Geova, e sia una devozione esclusiva. In parole più chiare, per essere amati da Geova bisogna associarsi, volenti o nolenti, alla setta che da lui prende nome.
Sull'esempio di Geova si comportano i suoi testimoni. A loro avviso, “non sono da amare tutti e tutto” né “provare amore per quelli che odiano Geova” I. E poiché nel gergo geovista “quelli che odiano Geova” sono tutti coloro che non pensano né vogliono pensare come loro, ne segue che i geovisti devono amare soltanto i membri della loro setta e odiare tutti gli altri.

La verità:
Forse qualche espressione dell'Antico Testamento può dare appiglio ai tdG di giustificare ed imporre la strana morale d'un amore settario. Ma quelle espressioni vanno spiegate onestamente, alla luce del Vangelo di Cristo, che venne a portare la Legge a compimento (cfr. Matteo 5, 17).
“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” (Matteo 5, 43-47; Luca 6, 27-38 ).
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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda GrisAdmi » ven feb 08, 2008 2:59 pm

Visto che la nuova versione del Forum permette l'inserimento di allegati, inserisco tutti gli opuscoli di Padre Tornese in formato .zip da scaricare:
Allegati
tornese-19-23.zip
Opuscoli Sui TdG di Padre N. Tornese 19-23
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tornese-13-18.zip
Opuscoli Sui TdG di Padre N. Tornese 13-18
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tornese-07-12.zip
Opuscoli Sui TdG di Padre N. Tornese 7-12
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tornese-01-06.zip
Opuscoli Sui TdG di Padre N. Tornese 1-6
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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda anastauros » sab feb 23, 2008 12:49 pm

Gli opuscoli di P.N.Tornese sono 24 e non 23, il n 24 è "Miracoli si miracoli no"
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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda GrisAdmi » sab feb 23, 2008 4:51 pm

Beh... io non ho il ventiquattresimo opuscolo, se tu lo hai, puoi inserirlo qui in allegato. :)
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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda anastauros » sab feb 23, 2008 7:21 pm

Ciao Trianello, ho fatto recapitare il n 24 a Brunodb2 ci pensera' lui ad inserirlo.
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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda brunodb2 » dom feb 24, 2008 10:54 pm

anastauros ha scritto:Ciao Trianello, ho fatto recapitare il n 24 a Brunodb2 ci pensera' lui ad inserirlo.
E' stata una faticacca ma ne è valsa la pena.

OPUSCOLO N. 24 DI P. NICOLA TORNESE - PRIMA PARTE

P. NICOLA TORNESE SJ
Miracoli sì, miracoli no
La nascita della Domenica

24 Voi siete il corpo di Cristo, e ciascuno di voi ne fa parte. Dio ha assegnato a ciascuno il proprio posto nella Chiesa: anzitutto gli apostoli, poi i profeti, quindi i catechisti. Poi quelli che fanno miracoli, quelli che guariscono i malati o li assistono, quelli che hanno capacità organizzative e quelli che hanno il dono di parlare in lingue sconosciute. (1Corinzi 12, 27-28, La Bibbia in lingua corrente, traduzione interconfessionale)




Padri Gesuiti
Viale S. Ignazio, 51
Cappella Cangiani
80131 Napoli (Italia) – Tel. 081/545.70.44




La nostra PICCOLA COLLANA
ha lo scopo di mettere a confronto
ciò che dicono i testimoni di Geova
e ciò che dice la Bibbia letta e meditata alla luce
d'un'esegesi aggiornata ed oggettiva.

I nostri opuscoli vogliono essere
un modesto strumento di lavoro
per sacerdoti, religiosi e laici
desiderosi di approfondire e difendere la fede.



ATTENZIONE! La Bibbia distribuita dai testimoni di Geova è una falsa Bibbia, che differisce essenzialmente da quella cattolica. Vedere saggi di differenze nel N. 11 di questa Collana.

Con approvazione ecclesiastica

Per eventuali chiarimenti, precisazioni, dubbi sul contenuto di quest'opuscolo, scrivete o telefonate a
P. NICOLA TORNESE
Cappella Cangiani
Viale S. Ignazio, 51 80131 NAPOLI (Italy)
Tei. (081) 545.70.44 - Fax (081) 546.44.13


1996
Scuola Tipo-Litografica «Istituto Anselmi»
Marigliano (Napoli)






PRIMA PARTE
BIBBIA E MIRACOLI

Religione rivelata
1 - II Cristianesimo è una religione rivelata come pure l'Ebraismo, a cui il Cristianesimo è profondamenta legato. Rivelata vuoi dire che tutte le verità di fede e di morale, che i cristiani corneali Ebrei accettano e sono per loro norma di vita e motivo di speranza, non hanno come sorgente la ragione umana né sono intuizioni psichiche o esperienze mistiche o pseudo-mistiche,1 ma comunicazioni da parte di Dio unico, trascendente, invisibile, eterno, onnipotente.
Per comunicare all'uomo le verità, che danno la vera vita su questa terra e la felicità dopo la morte, Dio si è servito di intermediari, cioè di persone umane, soprattutto di quelle che con linguaggio biblico sono detti profeti. Si può discutere e di fatto si discute circa il modo con cui Dio ha rivelato all'umanità le verità di fede e di morale. ,Ma non è messo in dubbio il fatto storico e perciò oggettivo della Rivelazione. E' stato Dio a far cono-

1 Questo avviene nelle religioni orientali quali l'induismo e il buddismo. In questo tipo di religiosità pseudo-mistica va collocato quel movimento religioso conosciuto come New Age.
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scere le verità che formano il Credo della fede e della speranza del cristiano, come pure dell'ebreo.
Ecco qualche testimonianza.
Rivolgendosi agli Ebrei in cammino verso la Terra promessa Mosè non si stanca di ripetere che è stato Dio a parlare al suo popolo: «II Signore (Jahve) nostro ci ha parlato sull'Oreb e ci ha detto...» (Deuteronomio 1, 6). E ancora: «II Signore (Jahve) vi ha parlato faccia a faccia sul monte del fuoco...» (Deuteronomio 5, 4). 2
Identico linguaggio nei Libri o Scritti dei Profeti.
All'origine della sua missione, il profeta Isaia colloca la voce di Jahve: « Va e riferisci a questo popolo...» (Isaia 6, 9). E ancora: «Jahve mi disse... Jahve mi parlò» (Isaia 8, 1.5).
2 - Gesù è il Profeta degli ultimi tempi (cf. Atti 3, 22). Anzi più che un profeta. Egli, che è il figlio di Maria, allo stesso tempo è la Sapienza divina (greco Logos), la Parola di Dio che si comunica all'umanità (cf. Giovanni 1, 1.18).
L'Apostolo Paolo definisce Gesù il Cristo «Sapienza di Dio » (1 Corinzi 1, 24). E vi è di più. Gesù il Cristo, il Figlio unigenito di Dio (cf. Giovanni

2 I testi biblici citati sono presi da La Sacra Bibbia, edizione ufficiale della CEI (= Conferenza Episcopale Italiana).
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3, 18), possiede tutto ciò che possiede il Padre (cf. Giovanni 16, 15; 17, 10). Il Padre vuole che sia ascoltato (cf. Matteo 17, 5). Perché «Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato» (Giovanni 1, 18).
Sullo stesso filo del discorso l'autore della Lettera agli Ebrei poteva dire: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio... Questo Figlio è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Ebrei 1, 1-3).

Il sigillo divino
Come sappiamo, anzi siamo certi, che ciò che hanno detto Mosè e i Profeti, soprattutto Gesù il Cristo, è veramente Parola di Dio, ossia Rivelazione divina? Cerchiamo di rispondere con un'analogia o similitudine.
Per essere certi che un documento, una legge, un decreto siano autentici e non un inganno, un falso, si usa tra gli uomini il sigillo e la firma. Sono segni visibili, tangibili, sensibili dell'autenticità e veridicità del documento o legge o decreto.
Nella Rivelazione Dio ha agito in modo analogo. Affinché l'uomo sia certo che mediante Mosè e i
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Profeti, soprattutto mediante Gesù il Cristo è Lui che parla, Dio da una prova tangibile, visibile, sensibile. Egli vi appone, per così dire, il suo sigillo. Sono i miracoli. Nessuna forza o energia umana può compiere un vero miracolo, ridare, per esempio, la vita a un morto o sedare una tempesta con un semplice gesto di mano (cf. Luca 7, 14-16; Giovanni 11, 38-44; Marco 4, 39-41). Il miracolo è il sigillo divino, la prova concreta, sensibile che mediante il Profeta è Dio che parla.
Dio — è vero — esige la fede, cioè l'accettazione da parte dell'uomo delle verità rivelate. Molte di queste sono al di là della mente o ragione umana. Ma la fede diventa accettazione ragionevole, cioè conforme alla natura dell'uomo, quando è convalidata da prove ragionevoli, da fatti o eventi analizzabili dalla ragione. I miracoli possono essere compresi, controllati e riconosciuti dalla ragione, anche se non si possono spiegare con i normali processi di natura.
Il vocabolario di lingua italiana di Nicola Zingarelli da del miracolo la seguente definizione:
«Fenomeno straordinario che avviene al di fuori delle normali leggi della natura e che può verificarsi in oggetti naturali o in persone. Nella teologia cattolica, fatto sensibile operato da Dio, fuori dell'ordine della natura creata e in virtù di un suo diretto intervento». 3

3 Nicola Zingarelli, Vocabolario della Lingua Italiana, sotto la voce miracolo.
Pag. 6



E nel Catechismo della Chiesa Cattolica è detto:
«II motivo di credere o della fede non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiono come vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo "per l'autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può né ingannarsi né ingannare". Nondimeno, perché l'ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua Rivelazione.
Così i miracoli di Cristo e dei santi "sono segni certissimi della divina Rivelazione, adatti ad ogni intelligenza", sono "motivi di credibilità", i quali mostrano che l'assenso di fede non è affatto un cieco moto dello spirito». 4

La Bibbia e i miracoli
Nella Bibbia sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento sono narrati parecchi casi di miracoli a conferma della Rivelazione o Parola di Dio.
Aronne, per fare accettare al popolo tutte le parole che il Signore aveva detto a Mosè, «compì i segni davanti agli occhi del popolo. Allora il popolo credette» (Esodo 4, 30-31). Parimenti Mosè ed Aronne piegano il cuore indurito del faraone alle loro richieste da parte di Dio mediante segni e prodigi (cf. Esodo cc. 7-12). Quando in seguito Mosè parlava al popolo in nome di Dio e lo richiamava a dovere, ricordava loro i segni e i prodigi

4 Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, n. 156.
Pag.7



che Dio aveva fatto: «Avete visto quanto il Signore (Jahve) ha fatto sotto i vostri occhi... i segni e i prodigi» (Deuteronomio 29, 1-2; cf. Salmo 105, 27). Identico metodo seguì Gesù, «il Profeta degli ultimi tempi», che san Paolo definisce «Potenza e Sapienza di Dio» (1 Corinzi 1, 24). Quanto Gesù insegnò, cioè rivelò su Dio, sull'uomo, sul mondo, fu sempre accompagnato, anzi preceduto, da opere straordinarie, da eventi miracolosi a conferma dell'origine divina del suo insegnamento. Egli sfidava i suoi avversari con queste significative parole:
«Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me ed io nel Padre » (Giovanni 10, 37-38).

E quali opere ha fatto Gesù?
Ha sedato la tempesta con poche semplici parole: «E disse al mare: "Taci, calmati!" E vi fu una grande bonaccia» (Marco 4, 39). Ha ridato la vita ai morti: «Giovanetto, dico a te: alzati! Il morto si levò e cominciò a parlare» (Luca 7, 14-15). «Lazzaro, vieni fuori! Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolte in bende...» (Giovanni 11, 43-44). Ha sanato gli infermi con un semplice comando di voce: «"Alzati, prendi il tuo lettuccio e va a casa". Subito egli si alzò, prese il lettuccio e si avviò verso casa glorificando Dio» (Luca 5, 24-25). E il segno dei segni, il sigillo supremo dell'origine
Pag. 8



divina del suo insegnamento Gesù lo diede con la sua risurrezione:
«Allora i Giudei presero la parola e dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere"... Egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» (Giovanni 2, 18-22).

Come il Maestro anche i discepoli
«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine» (Ebrei 13, 9). Nella sua grande bontà il Signore Gesù ha voluto comunicare ai discepoli di ogni tempo, cioè alla sua Chiesa, il potere di fare miracoli. Lo scopo è sempre lo stesso. Egli vuole che le verità rivelate una volta per sempre (cf. Giuda 3) abbiano rinnovato il sigillo convincente dei miracoli in ogni epoca della storia fino alla sua seconda venuta.
Questa volontà del divino Fondatore della Chiesa appare già fin dalla prima missione degli Apostoli. Dopo averli istruiti Gesù inviò i Dodici e disse loro:
«E strada facendo predicate che il Regno dei cicli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni» (Matteo 10, 7-8).
Pag. 9


Lo stesso potere Gesù lo diede al gruppo dei 72 discepoli. Questi, tornando pieni di gioia dalla missione, riferiscono: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi». E Gesù conferma il potere che aveva dato: «Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico: nulla vi potrà danneggiare» (Luca 10, 17-20).
Dalle chiare parole di Gesù appare chiaro che l'annuncio o predicazione del Regno dei cicli (o di Dio) sarà sempre accompagnato e confermato da opere straordinarie, cioè da miracoli. Ora l'annuncio del Regno non fu esaurito durante il primo secolo dopo Cristo, mediante l'opera degli Apostoli e discepoli diretti di Gesù. E' sua volontà che siano ammaestrati e battezzati tutti i popoli della terra (cf. Matteo 28, 19). Il Signore Gesù sarà sempre coi suoi discepoli, cioè con la sua Chiesa, in quest'opera di salvezza «fino alla fine del mondo» (Matteo 28, 20). La sua potenza li accompagnerà sempre coi miracoli perché con questo sigillo divino la predicazione del Regno potrà essere vista e accettata come opera di Dio, e non di uomini interessati e orgogliosi.
Pag. 10


Durante il tempo della Chiesa
Il libro degli Atti degli Apostoli racconta la storia della Chiesa primitiva, del tempo degli Apostoli, e ci da notizie particolareggiate della predicazione del Regno di Dio entro e fuori la Palestina. Protagonisti sono soprattutto Pietro e Paolo. Autore è quasi certamente il medico Luca. Da questa storia apprendiamo che l'annuncio del Vangelo era accompagnato e confermato da numerosi e strepitosi miracoli.
«Erano assidui nell'ascellare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane 5
e nella preghiera... E molti prodigi e segni avvenivano per opera degli Apostoli » (Atti 2, 42-43).

Poco dopo siamo ancora informati che «molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli Apostoli (Atti 5, 12). Soprattutto Pietro, il primo degli Apostoli (cf. Matteo 10, 2), appare investito del potere dei miracoli e delle guarigioni. Allo storpio fin dalla nascita, che chiedeva l'elemosina, Pietro senza alcuna esitazione risponde:
«"Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo dò: in nome di Gesù, il Cristo, il Nazareno, cammina!". E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando,

5 Cioè nel celebrare la Santa Cena.
Pag.11


saltando e lodando Dio » (Atti 3, 6-8). Il miracolato aveva quarantenni (cf. Atti 4, 22).
Tra i miracoli operati da Pietro non mancano le risurrezioni di morti. Il libro degli Atti racconta nei suoi particolari quella di Tabità, qualificata come discepola, la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine (cf. Atti 9, 26). Racconta
lo storico e medico Luca:
«Proprio in quei giorni si ammalò e morì. La lavarono e la deposero in una stanza superiore... Udito che Pietro si trovava là, mandarono due uomini a invitarlo: "Vieni subito da noi!". E Pietro subito andò da loro. Appena arrivato lo condussero al piano superiore... Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: "Tabità, alzati!". Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mane e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva » (Atti 9, 37-41).

Anche a san Paolo fu dato il potere di fare miracoli. Di lui leggiamo nel libro degli Atti:
«Dio operava prodigi non comuni per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti e grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti fuggivano» (Atti 19, 11-12).

Alcuni guaritori ambulanti di professione provarono a fare lo stesso, ma lo spirito cattivo, slanciandosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite (cf. Atti 19, 16).
Pag. 12


Né mancano nella vita di Paolo casi di risurrezione di morti. In Atti 20, 9-11 è narrato con precisi riferimenti di tempo e di luogo il miracolo della risurrezione del giovanetto Eutico. Durante la celebrazione della santa Cena presieduta da Paolo e protratta fino a tarda notte il giovanetto Eutico, che stava seduto sulla finestra, preso da un colpo di sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto. Allora Paolo scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: «Non vi turbate; è ancora in vita!» (Atti 20, 10).

Gli studiosi specialisti della Bibbia ci assicurano che le parole dette da Paolo hanno un preciso significato: «E' ritornato in vita!». Il medico e storico Luca, autore degli Atti, racconta dunque un miracolo di risurrezione, simile a quello di Tabità operato da Pietro (cf. Atti 9, 36-43). A conferma vale la precisazione che lo stesso Luca ha voluto fare, scrivendo: «Sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto» (Atti 20, 9).6
Nessuna meraviglia se davanti a fatti così strepitosi i testimoni oculari di credenze pagane scambiano Paolo per una divinità e vogliono offrirgli un sacrificio come a un dio (cf. Atti 14, 18-13).

6 Nota la TOB (= Traduzione Ecumenica della Bibbia, francese): « Lett. la sua anima è in lui. Il che non vuoi dire: è ancora vivo, ma: è ritornato in vita (cf. v. 9). Per l'autore si tratta di una risurrezione, simile a quella che Pietro operò per Tabità (9, 36-43 », TOB, commento a Atti 20, 10).
Pag.13



L'insegnamento di Paolo
Operando miracoli e guarigioni miracolose a conferma della sua predicazione san Paolo era convinto che il Signore Gesù aveva dato a lui e ad altri, cioè alla Chiesa, il potere di operare miracoli e guarigioni miracolose. Il suo insegnamento è chiaro, cristallino, sicuro. Non lascia alcun dubbio a chi si accosta alla Bibbia con volontà sincera di conoscere la verità senza preconcetti (cf. 1 Tessalonicesi 5, 21).
Paolo e gli altri Apostoli e discepoli del Signore Gesù non erano truffatori e mestieranti, ma continuatori della missione del loro Maestro, mandati da Lui e da Lui rivestiti del dono straordinario o potere dei miracoli. Paolo è convinto che per tutto il tempo della Chiesa, finché dura la sua missione, durerà anche il dono dei miracoli, fino alla fine del mondo (cf. Matteo 28, 20).
Basato su questa convinzione san Paolo, quando enumera e spiega i doni o carismi che lo Spirito Santo effonde continuamente sulla Chiesa, tra questi doni o carismi occupa un posto di rilievo il dono dei miracoli e delle guarigioni miracolose. Testo classico è 1 Corinzi 12, 28-30:

«Alcuni perciò Dio li ha posti nella sua Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di fare guarigioni, i doni di assistenza, di governare,
Pag. 14



delle lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti possiedono doni di guarigioni?» (1 Corinzi 12, 28-30).
Osservazioni:
1 - E' chiaro che Paolo non parla qui solo della Chiesa o comunità dei credenti del suo tempo o del primo secolo Era Cristiana. Egli ha in mente la Chiesa nella sua struttura o forma perenne come l'ha voluta il suo divino Fondatore. Nessun dubbio che in questa Chiesa vi saranno sempre apostoli, primi dei quali sono i legittimi successori dei Dodici. 7
Vi saranno sempre profeti, ossia uomini e donne, che parlano sotto l'ispirazione dello Spirito Santo (cf. 1Corinzi 11, 4-5). Non diranno cose nuove, ma aiuteranno gli altri a conoscere e a vivere sempre meglio il Vangelo del Regno (cf. Giovanni 16, 12-15), a conoscere meglio il piano salvifico di Dio nelle svariate e mutevoli circostanze del tempo e dello spazio. Così pure non mancheranno mai maestri, membri cioè della comunità cristiana dotati di scienza sacra per l'insegnamento delle verità eterne.
2 - Continuando nella descrizione della forma o struttura terrena della Chiesa l'Apostolo colloca, assieme agli apostoli, profeti e maestri, «i miracoli, poi i doni di far guarigioni». Precisiamo che

7 Cf. Il N. 21 di questa Collana «Con quale autorità?».
Pag. 15

per esprimere il dono dei miracoli Paolo si serve del vocabolo greco dynamis, che vuoi dire potenza o potere di fare qualcosa di straordinario. E' un sostantivo che indica il potere o la forza posseduta ed esercitata da un soggetto concreto, da una persona reale; non si tratta affatto di qualcosa di astratto. Il senso è che nella vera Chiesa di Gesù Cristo, accanto e assieme agli apostoli, ai profeti e ai maestri, vi saranno sempre delle persone a cui Dio conferirà il potere di far miracoli.
Lo stesso vale per l'espressione «doni di far guarigioni». Il termine o parola greca charismata indica la persona o le persone a cui Dio da il dono di far guarigioni miracolose. Perciò, in modo assai chiaro, la Bibbia interconfessionale in lingua corrente traduce 1 Corinzi 12, 28: «...quelli che fanno miracoli, quelli che guariscono i malati». 8
Vale la pena insistere ancora sullo stesso concetto. Nella enumerazione paolina il potere o dono dei miracoli e quello delle guarigioni è collocato accanto a quello dell'apostolato, della profezia, del magistero... Se dunque, sulla testimonianza di Paolo, autore ispirato, fanno parte della struttura o forma della vera Chiesa di Cristo gli apostoli, i profeti, i maestri, devono pure far parte gli opera-

8 I tdG traducono «opere potenti», che appanna il valore soggettivo del termine paolino, non dice cioè chiaramente chi sia il soggetto immediato dei miracoli.
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tori di miracoli e di guarigioni miracolose. E poiché la vera Chiesa di Cristo concluderà la sua missione terrena solo con la seconda venuta del suo Signore, ne segue che il dono o potere dei miracoli e delle guarigioni miracolose sarà dato da Dio alla sua Chiesa fino alla fine dei tempi.
Non tutti certamente avranno questi doni, come non tutti hanno il dono dell'apostolato o della profezia o dell'insegnamento. E' lo Spirito Santo che distribuisce i vari doni «per l'utilità comune... a ciascuno come vuole» (1 Corinzi 12, 7.11).
Una logica conseguenza ne segue da quanto dice chiaramente san Paolo. Quelle congregazioni o società di sedicenti cristiani che negano il dono dei miracoli e delle guarigioni miracolose come è insegnato dal Nuovo Testamento e in particolare da san Paolo, privano la vera Chiesa di Cristo di uno dei doni e carismi che le ha dato il suo Signore, e snaturano la sua autentica fisionomia. Esse fanno questo perché non appartengono alla Chiesa e non la possono conoscere; sono istituzioni umane destinate a finire.
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continua ...

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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda brunodb2 » dom feb 24, 2008 11:01 pm

OPUSCOLO N. 24 DI P. NICOLA TORNESE - SECONDA PARTE
ERRORI E VERITÀ

1 - L'errore:
«In quanto ai doni miracolosi del I secolo, la Bibbia predisse che sarebbero stati "eliminati" (1 Corinzi 13:8). E questo avvenne con la morte dell'ultimo dei dodici apostoli e di quelli che avevano ricevuto i doni miracolosi per mezzo di loro» (Confronta Atti 8:14-20)9.

La verità:
a) Leggendo la Bibbia con un minimo di intelligenza e onestà, appare in modo evidente che in 1 Corinzi 13, 8 san Paolo parla solo di profezia, dono delle lingue e di scienza: «Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà». Nel testo citato non si parla affatto del dono dei miracoli.
Ma la cosa più degna di nota è che san Paolo non parla affatto di tempo limitato alla fine del primo secolo Era Cristiana. Egli dice chiaramente che «quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà» (1 Corinzi 13, 10). Ora ciò che è imperfetto si ha durante tutto il tempo presente fino alla seconda venuta del Signore. La per-

9 Cf. I tdG proclamatori del Regno di Dio, Roma 1993, p. 705; Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 181; Perspicacia nello studio delle Scritture, Roma 1990, voi. II, 292.
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fezione si avrà solo quando vi saranno «nuovi cicli e terra nuova» (2 Pietro 3, 13). I doni della profezia, delle lingue e della scienza valgono perciò per tutto il tempo in cui bisogna cambiare l'umanità predicando il Regno di Dio o, che è lo stesso, edificare la Chiesa. Questo lavoro di conversione durerà fino alla fine del mondo (cf. Matteo 28, 18-20).
b) Da queste chiare affermazioni paoline è lecito anzi doveroso, dedurre che anche il dono dei miracoli e delle guarigioni miracolose non va limitato al primo secolo Era Cristiana. I miracoli e le guarigioni miracolose sono un dono di Dio alla sua Chiesa finché dura ciò che è imperfetto: finché la creatura umana per accettare il Regno di Dio ha bisogno di prove visibili, tangibili quali appunto sono i miracoli. Come gli Apostoli e i loro collaboratori del primo secolo Era Cristiana hanno guadagnato molti popoli al Vangelo con la predicazione accompagnata dai miracoli e dalle guarigioni miracolose, così Dio nella sua bontà vuole che avvenga in ogni tempo fino alla fine del mondo sempre a vantaggio, cioè per la salvezza dell'umanità, affinché gli uomini vedano e credano o si confermino nella loro fede.
In nessuna parte della Bibbia è detto che i miracoli e le guarigioni miracolose sono stati "eliminati" con la morte degli Apostoli e dei loro cooperatori immediati. Questa è una distorsione della
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Bibbia, una pura invenzione geovista col solo scopo di ingannare e far seguaci.
c) Facciamo ora una domanda ai tdG: Se la profezia è stata eliminata con la morte dei dodici Apostoli e di quelli che avevano ricevuto i doni miracolosi per mezzo loro, come mai Carlo Russell, il fondatore della setta geovista, e i suoi successori hanno fatto e fanno profezie soprattutto circa la fine di questo sistema malvagio di cose? Come mai La Torre di Guardia, che è la Gazzetta Ufficiale della società geovista, martella incessantemente che siamo prossimi alla fine? Come mai sentenzia essere «cosa altamente improbabile» che il malvagio sistema di questo mondo sopravviva al volgere di questo secolo? Che «il tempo in cui viviamo è l'epoca che precede l'imminente apocalisse»? 10
Eppure sono passati quasi duemila anni da quando la Bibbia, sempre a sentire i tdG, avrebbe predetto che la profezia sarebbe stata eliminata! E' chiaro che si tratta sempre d'una truffa, di un doppio gioco a danno sempre di quanti incautamente si mettono alla scuola dei profeti geovisti.
d) Esaminiamo ora brevemente il testo di Atti 8,14-20 sfruttato dai geovisti a conferma delle loro erronee asserzioni. Lì è detto solo che Pietro e Gio-

10 Cf. Il N. 4 di questa Collana: «È prossima la fine del mondo?».
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vanni imponevano le mani sui battezzati e questi ricevevano lo Spirito Santo. Poi è ricordato il tentativo di un certo Simone di avere lo stesso potere dietro un'offerta di denaro. Pietro condanna energicamente il tentativo di Simone, lo invita alla conversione ed ottiene l'effetto: «Pentiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero» (Atti 8, 22).
Che c'entra qui il dono dei miracoli e delle guarigioni miracolose? Che prova si ha in questo episodio che «in quanto ai doni miracolosi del I secolo, la Bibbia predisse che sarebbero stati "eliminati" dopo la morte dei dodici Apostoli» e dei loro immediati successori? Il fatto che non venga dato a Simone che lo chiede in modo sbagliato (lo vuole comprare per denaro), non vuoi dire che non venga dato ad altri in modo giusto. A meno che l'anonimo scrittore geovista, citando il caso di Simone, non abbia voluto insinuare che i miracoli e le guarigioni miracolose dopo il I secolo Era Cristiana siano legati a interessi materiali, a truffe, a stregonerie.
Ma questa è insinuazione maligna, solo propaganda settaria e menzognera. Per convincersene basta domandare a quanti sono stati miracolati a Lourdes, a Fatima e altrove quale contratto di compra e vendita abbiano stipulato con la Madonna, con sant'Antonio o con qualsiasi altro Santo per
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ottenere il miracolo richiesto! Oppure chiedere ai rettori dei santuari dove avvengono le guarigioni miracolose il listino dei prezzi, naturalmente aggiornato, per ottenere l'effetto desiderato! Ma è chiaro — ripetiamo — che il caso di Simone di Atti
8, 14-20 è riportato solo con lo scopo maligno di fare insinuazioni deleterie sempre a danno di creduli lettori!

2 - L'errore:
I tdG sono del parere che nel I secolo Era Cristiana i miracoli erano necessari perché allora praticamente la predicazione del Regno si doveva fare solo a voce. «Non esistevano commentari, concordanze bibliche, enciclopedie da consultare... Oggi non assistiamo ai miracoli perché le cose necessarie sono presenti. Per aiutare poi chi non sa leggere, ma è disposto ad ascoltare, ci sono cristiani maturi che hanno conoscenza e sapienza acquisita mediante lo studio e la esperienza...» 11.

La verità:
a) Notiamo subito e prima di tutto come i tdG danno lezioni di comportamento al sapientissimo Dio della Bibbia. Non vi potrebbe essere maggiore arroganza! E' il caso di citare le parole dette a Giobbe dal Dio della Bibbia:
«Chi è costui che vuole offuscare il consiglio con parole insipienti?... Cingiti i fianchi come un prode, io ti in-

11 Perspicacia nello studio delle Scritture, vol. II, Roma 1990, p. 292.
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terrogherò e tu mi istruirai. Oserai proprio cancellare il mio giudizio e darmi torto per avere tu ragione?» (Giobbe 38, 2; 40, 7-8).
Giobbe era un uomo umile e accettò il rimprovero di Dio. Mise da parte i suoi ragionamenti limoni, aprì gli occhi alla luce che veniva dall'Alto e fu salvo. Non così quanti sono vittima dell'orgoglio e schiavi d'una logica umana e settaria.

b) Tentiamo comunque di farli ragionare. Dalla fine del I secolo Era Cristiana, tempo in cui sarebbe cessato il dono dei miracoli, sono trascorsi fino ad oggi millenovecento anni. Si domanda: durante tutto questo tempo, fin dall'inizio del secondo secolo, tutte le cose elencate dai geovisti come enciclopedie, commentari biblici ecc., erano disponibili e alla portata di tutti? Nell'alto Medioevo, nei secoli delle invasioni barbariche, prima dell'invenzione della stampa, vi era dovunque ricchezza di scritti, di biblioteche, di centri di cultura, dove si sarebbe potuto conoscere la Parola di Dio ed accettarla solo e sempre dietro la lettura di tali scritti?
E' chiaro che i tdG si trovano in un errore di fondo. Essi vorrebbero convincere che i miracoli sono stati istituiti per sostituire i libri. Questo è falso. I miracoli infatti non servono per sostituire, ma per confermare ciò che viene detto a voce o per iscritto. Sono le azioni meravigliose di Dio che confermano la predicazione del Vangelo, la Parola
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di Dio, allora fatta dagli Apostoli e ora continuata dalla Chiesa.
Chiunque abbia un minimo di intelligenza potrà convincersi della superficialità o piuttosto delle distorsioni insidiose della propaganda geovista nello sforzo di provare la eliminazione dei miracoli fin dalla fine del I secolo Era Cristiana contro quanto dice esplicitamente la Bibbia.
c) Ma possiamo dare anche un'altra risposta al cavilloso sragionamento della intellighentia geovista. Ai tempi di Gesù, durante il primo secolo, c'era a Gerusalemme e in Palestina una classe di persone bene istruite e a conoscenza della Bibbia. Inoltre, tanti di loro hanno avuto la possibilità di ascoltare la voce stessa del Maestro divino e dei suoi Apostoli (cf. Romani 10, 17-18). Esempio tipico può essere quello di Nicodemo. Egli era certamente una persona colta perché «capo dei Giudei» (Giovanni 3, 1). Aveva ascoltato Gesù in pubblico e in privato (cf. Giovanni 3, 1-21). Eppure se si decise di prendere le parti di Gesù (cf. Giovanni 7, 48-52; 12, 42; 19, 344), lo fece perché aveva visto i segni operati da Gesù:
«Rabbì, sappiamo che sei maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui» (Giovanni 3, 2).
d) Alla luce di questa ultima considerazione appare chiaro quanto sia superficiale un'altra affer-
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mazione geovista. Nello sforzo di dimostrare la loro assurda tesi contro i miracoli hanno scritto: « Anche se Dio continuasse a dare ai suoi servitori la capacità di compiere miracoli, ciò non convincerebbe tutti, poiché neanche tutti i testimoni oculari dei miracoli di Gesù furono indotti ad accettare i suoi insegnamenti» (Gv. 12, 9-11).12
Il testo citato di Giovanni 12, 9-11 dice chiaramente che, come conseguenza della risurrezione di Lazzaro, molti credevano in Gesù. E poco dopo ci vien detto che «la gran folla... prese i rami e uscì incontro a lui (a Gesù) gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Giovanni 12, 12-13).
Ma anche se non tutti credettero, Gesù non cessò di far miracoli. Secondo la logica geovista non avrebbe dovuto farne più né dare ai suoi Apostoli e alla sua Chiesa lo stesso potere. La norma inventata dai tdG è: o tutto o niente! A questa loro norma deve sottomettersi anche Dio.
E' il caso di ripetere le parole di Dio a Giobbe: «Chi è costui che vuole offuscare il consiglio con parole insipienti?» (Giobbe 32, 8). Ma quanto sono belle e consolanti le parole del discepolo che Gesù amava: «Dio è più grande del nostro cuore!» (1 Giovanni 3, 20). La sua bontà non cede davanti alla

12 Perspicacia nello studio delle Scritture, vol. II, p. 292
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durezza e cecità della creatura. E' conforme alla bontà del Dio della Bibbia (non di Geova!) continuare attraverso il tempo la sua amorosa ricerca dell'uomo, la sua salvezza. E non meno belle sono le parole di Paolo: «Se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso» (2 Timoteo 2, 13). Questa è la logica del Dio della Bibbia, radicalmente diversa da quella di Geova.

3 - L'errore:
Si domandano i geovisti: «La facoltà di compiere miracoli può avere origine da una fonte diversa dal vero Dio». Segue un breve sproloquio nel quale l'anonimo scrittore fa d'ogni erba un fascio, accomunando le guarigioni miracolose compiute durante funzioni guidate da ecclesiastici della cristianità con quelle compiute da sacerdoti vudù, stregoni e simili compagni. 13

La verità:
a) Si tratta evidentemente d'una autentica insinuazione calunniosa e... «niente di nuovo sotto il sole». Anche Gesù infatti fu accusato dai suoi calunniatori di compiere miracoli in nome di satana (cf. Marco 3, 22). Gesù risponde: «Se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso» (Matteo 12, 26). Gesù aveva guarito un indemoniato, reso

13 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 178.
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da satana sordo e muto. Questo equivale a liberarlo dal dominio di satana. Se Gesù ha fatto questo, voleva dire che è nemico di satana e più forte di lui. Non agisce col potere di satana, ma distrugge per sempre ogni potere demoniaco.
Gesù poi, guardando nel futuro ai calunniatori d'ogni tempo, predice ai suoi discepoli: «Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!» (Matteo 10, 25). Questo appunto fanno oggi i tdG.

b) Per quanto riguarda l'origine dei miracoli, la Chiesa Cattolica, prima di riconoscere come miracolosa una guarigione, si accerta con la massima scrupolosità, mediante innumerevoli testimonianze sia storiche che scientifiche, che l'origine o causa della guarigione è al di sopra delle leggi della natura. E' Dio che opera mediante i Santi, prima di tutti Maria santissima, la sempre Vergine Madre di Dio. I Santi, mediante i quali Dio opera i miracoli, non sono né stregoni né maghi. Sono cristiani, che hanno consacrato tutta la loro vita al servizio del Vangelo. Spesso hanno testimoniato col martirio la loro fede e il loro servizio a bene del popolo. Non furono strumenti di satana.
Al contrario, le cose straordinarie compiute da fachiri, stregoni, vuduisti ecc. hanno una spiegazione naturale come nella capacità di concentrazione psichica, nella possibilità di attivare energie psico-
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emotive, nel ricorso a forze paranormali, per altro molto studiate, come ad es. la telepatia. Questi fatti, anche se non sono ben conosciuti, non superano il livello di capacità umane, ed è l'uomo che gestisce le proprie energie come vuole.
Il miracolo, come lo intende la Chiesa, non avviene per sforzi umani, ma solo per volere di Dio. L'uomo compie gesti molto semplici (una parola, una benedizione, una preghiera, il contatto con una reliquia ecc.), che sono assolutamente sproporzionati al risultato. Nel miracolo, infatti, si manifesta la potenza di Dio che salva l'uomo nell'anima e nel corpo.

c) È anche vero che talvolta qualcuno compie cose straordinarie col potere del diavolo. Il satanismo, purtroppo, si diffonde! Ma questo non ha nulla a che vedere coi miracoli riconosciuti dalla Chiesa. Nei miracoli compiuti da Dio anzitutto si verifica sempre una grande crescita nella fede e un maggior impegno di vita cristiana. Il regno di satana è demolito a vantaggio del Regno di Dio in innumerevoli anime. A Lourdes, a Fatima e in tanti altri luoghi dove avvengono guarigioni miracolose, milioni di creature umane acquistano o riacquistano la fede. Le testimonianze sono innumerevoli. 14

14 Esempio tipico può essere quello dello scrittore ebreo Alexis, Viaggio a Lourdes, Morcelliana, Brescia
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Questo è ciò che amareggia la vita dei dirigenti della setta geovista ed usano perciò ogni mezzo per screditare questo meraviglioso intervento divino a vantaggio della vera Chiesa di Dio. E' mai possibile che satana sia all'origine di tante conversioni a una vita migliore? A una più forte fede in Dio? A un impegno più generoso e concreto di amore e di servizio verso il prossimo?

d) Nello sforzo di convincere gente incauta e scriteriata i tdG citano Matteo 7, 15-23: «Guardatevi dai falsi profeti!». E' un loro ritornello trito e ritrito. Ma chi sono i falsi profeti? Non predisse forse la Madonna a Fatima, mediante semplici creature, che la Russia comunista sarebbe tornata alla fede? I fatti dimostrano che non si è trattato di false profezie.
Ma dove sono i falsi profeti? Sono certamente in campo geovista. Il fondatore della setta Carlo Russell, e i suoi successori nella presidenza quali Joseph Rutherford, Nathan Knorr, Frederick Franz, hanno predetto con assoluta sicumera l'anno, il mese, il giorno della fine di questo sistema malvagio di cose. Si sono sempre sbagliati, hanno cioè ingannato alcune centinaia di migliaia di gente ignorante e fanatica (cf. Deuteronomio 18, 20-22).
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4 - L'errore:
A parere dei tdG le sensazionali guarigioni odierne non sono compiute allo stesso modo di come le compivano Gesù e i suoi discepoli. Perché? Perché Gesù e i suoi discepoli guarivano gli ammalati, risuscitavano i morti gratuitamente (cf. Matteo 10, 8). Al contrario, sempre secondo il parere dei geovisti, i guaritori odierni fanno le loro sensazionali guarigioni a suon di quattrini. 15

La verità'.
E' chiaro che si tratta sempre di volgari calunnie. E' l'arma preferita dalla propaganda geovista. Potrebbe l'anonimo calunniatore geovista citare un solo caso — dico un solo caso — di guarigioni miracolose riconosciute dalla Chiesa, che sono state compiute dietro pagamento o in forza d'un contratto pecuniario o dopo il versamento d'una determinata somma richiesta e versata dalla persona miracolata? Lo chieda a tutti i miracolati a Lourdes, a Fatima e in tanti altri luoghi dove Dio manifesta la sua potenza verso chi lo invoca con tutto il cuore. Lo chieda a quanti hanno ottenuto la guarigione dopo aver invocato un Santo come sant'Antonio di Padova, san Giuseppe Moscati e tanti altri.
«Calunniate, calunniate, qualcosa rimarrà», soleva dire Voltaire, che era ateo. Del resto, l'insistenza dei tdG a parlare di soldi a proposito di mi-

15 Cf. Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 179.
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racoli sembra aver lo scopo di coprire i loro comportamenti. Sono proprio essi che, nelle forme più diverse, storcono soldi ai loro adepti. Infatti, la potenza economica della loro setta cresce continuamente. 16

5 - L'errore:
Scrivono i tdG: «Percentuali dei successi: "Tutta la folla cercava di toccarlo perché da lui (Gesù) usciva una potenza che sanava tutti" (Luca 6, 19). E ancora: "Portavano i malati... affinché, mentre Pietro passava, almeno la sua ombra cadesse su qualcuno di loro... ed erano guariti" (Atti 5, 15, 16). (Oggigiorno, tutti quelli che vanno dai guaritori e in santuari ottengono guarigioni?)» 17

La verità:
a) Abbiamo qui un'altra prova di come i tdG o piuttosto il cervello della setta riesce a convincere gente di poca intelligenza e di nessun senso critico. Se sono tutti miracolati è Dio che opera; se non tutti, c'è il diavolo dietro le quinte. E' il diktat imposto all'Onnipotente dai magnati di Brooklyn, N.

16 Cf. La Torre di Guardia, 1-12-1994, pp. 13-18. Imman¬cabilmente ogni anno, quasi sempre nel mese della 13a, La Torre di Guardia, con parole sdolcinate esorta i creduli membri della setta a dare a Geova le loro cose di valore. « Quando dedichiamo la nostra vita a Geova, in effetti di¬ciamo che tutto ciò che abbiamo, tutte le nostre risorse appartengono a lui... » (La Torre di Guardia, 1-12-1994, p. 18).
17 Cf. Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 179.

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Y.: o tutti o nessuno. Lasciamo la risposta a chiunque abbia un minimo di equilibrio mentale.

b) Ma che cosa dice la Bibbia? In Luca 4, 27 Gesù dice: «C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo di Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro». Come mai? Se la percentuale dei successi è segno che la guarigione viene da Dio, come mai non furono guariti tutti i lebbrosi, i molti lebbrosi in Israele?
In Atti 6, 8 leggiamo che «Stefano faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo», ma non è detto che sanava tutti gli ammalati, che ricorrevano a lui o sui quali cadesse la sua ombra. In Atti 8, 7 è detto di Filippo che «molti paralitici e storpi furono risanati». Non è detto che tutti ottenevano la guarigione. Ancora in Atti 14, 3 di Paolo e Barnaba leggiamo: «Per mano loro si operavano segni e prodigi». Non è detto che facevano tutti i segni e tutti i prodigi (cf. anche Atti 2, 43; 4, 30). Sappiamo pure che Gesù risuscitò alcuni morti: un giovanetto (cf. Luca 1, 11-17), la figlia di Giairo dietro richiesta (cf. Luca 8, 40-42.49-56) e l'amico Lazzaro (cf. Giovanni 11, 38-44). Come mai? Solo tre furono i morti durante i circa trenta anni della sua vita terrena? Non si applica in questo caso la percentuale dei successi per essere certi che all’origine del miracolo c'è Dio, e non satana?
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c) Diciamo infine che se nel caso di Gesù e di san Pietro l'autore ispirato fa notare che tutti erano guariti, non è certamente perché voglia fare calcoli matematici, e tanto meno indicare la percentuale dei successi come norma della veridicità dei segni e dei prodigi. Egli vuoi solo mettere in risalto che in Gesù e nel primo degli Apostoli (cf. Matteo 10, 2) la potenza divina si manifestava in un modo del tutto particolare. Non ha voluto stabilire leggi sul comportamento di Dio come pretendono di fare i magnati della setta geovista.

6 - L'errore:
I tdG citano 1 Corinzi 12:29, 30; 13, 8, 13 in modo artefatto e truffaldino: «Non tutti sono profeti, non è vero?... Non tutti hanno doni di guarigioni, non è così? Non tutti parlano lingue, non è così?... L'amore non viene mai meno. Ma se vi sono doni di profezia, saranno eliminati; se vi sono lingue, cesseranno...». (Una volta assolta la loro funzione, quei doni miracolosi sarebbero cessati). 18

La verità:
a) Notate prima di tutto come i geovisti corrompono la Bibbia. Pur ammettendo che «anche una cosa apparentemente insignificante come l'uso o l'omissione d'una virgola o di un articolo determinativo o indeterminativo può a volte alterare il signi-

18 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 180.
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ficato corretto del passo originale»,19 nel testo citato aggiungono non tanto una virgola o un articolo, ma per ben tre volte un'intera frase: «Non è vero? Non è così?». Con questa aggiunta i propagatori degli errori geovisti si preparano il terreno per affermare che non vi sono più operatori di miracoli e di guarigioni miracolose.

b) Dov'è la verità? Riportiamo anzitutto 1 Corinzi 12, 29-30 com'è fedelmente tradotto dalla Bibbia cattolica 20:
«Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti?... Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue...». Questo vuoi dire solo che non tutti nella comunità cristiana o Chiesa hanno lo stesso carisma: ma chi uno e chi un altro. Non tutti hanno il dono delle guarigioni, ma solo alcuni. Abbiamo già spiegato che qui Paolo ha in mente la Chiesa nella sua struttura perenne, e non già la Chiesa del I secolo Era Cristiana (cf. supra p. 15). Insinuare pertanto che quei doni col tempo sarebbero cessati equivale a travolgere in modo settario il significato delle parole dell'Apostolo.

c) L'insinuazione geovista diventa più chiara con l'aggiunta che i tdG fanno al testo citato di un altro testo, cioè 1 Corinzi 13, 8-13: «L'amore non vie-

19 Cf. Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, Revisione 1987, p. 7.
20 La Sacra Bibbia, Edizione Ufficiale della GEI (= Conferenza Episcopale Italiana).

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ne mai meno. Ma se vi sono doni di profezia, saranno eliminati; se vi sono lingue, cesseranno... Ora, comunque, rimangono fede, speranza, amore, queste tre cose; ma la più grande di questo è l'amore».
Abbiamo pure spiegato che in 1 Corinzi 13, 8 Paolo non parla affatto del dono dei miracoli (cf. supra p. 18), ma delle profezie, del dono delle lingue e della scienza, e dice solo che questi doni scompariranno, saranno cioè eliminati, «quando verrà ciò che è perfetto» (1 Corinzi 13, 10). Ora la perfezione si avrà solo con la seconda venuta del Signore. Durante dunque tutto il tempo presente, che noi cattolici diciamo tempo della Chiesa nella sua fase terrena, Dio elargirà alla sua Chiesa il dono dei miracoli e delle guarigioni miracolose come pure quello delle profezie, delle lingue e della scienza. La funzione dei doni miracolosi, come pure delle profezie, sarà eliminata solo alla fine del tempo presente, e solo allora i doni cesseranno. Questo è quanto dice Paolo, autore ispirato, nei testi citati. Volere insinuare il contrario è pura propaganda settaria.

7 - L'errore:
Altro testo biblico strumentalizzato dei geovisti per inoculare il loro errore è Giovanni 13, 35: «Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore tra voi».
Pag. 35


I geovisti affermano che se, veramente abbiamo fede in Gesù, cercheremo l'amore del prossimo come segno del vero cristianesimo, non le guarigioni miracolose. 21

La verità:
Basta dare uno sguardo a ciò che dice la Bibbia per capire subito quanto sia sbagliata e deviante la contrapposizione tra l'amore del prossimo e le guarigioni fatta dalla propaganda geovista:

a) Gesù amava il prossimo con intenso amore. L'immagine che egli da di se stesso è quella del Buon Pastore: «Io sono il buon pastore... e offro la vita per le mie pecore» (Giovanni 10,11-15). Secondo la logica dei geovisti questo comportamento di Gesù sarebbe stato sufficiente perché la gente credesse in Lui. Eppure Egli ha fatto tanti miracoli! Sanava gli ammalati, sfamava le folle, risuscitava i morti. E per provocare la fede in Lui, si appellava a queste sue opere: «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre » (Giovanni 10, 37-38).
E ai discepoli di Giovanni Battista da lui mandati per interpellarlo circa la sua identità, Gesù risponde appellandosi alle sue opere, non al suo

21 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 180.
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amore per il prossimo: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella» (Matteo 11, 4-5).

b) Le prime comunità cristiane erano legate tra loro da un intenso amore: «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola» (Atti 4, 32). Eppure in mezza a loro avvenivano miracoli e guarigioni miracolose: «Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli» (Atti 5, 12). Questo era in piena conformità con la missione ricevuta dal Maestro in virtù della quale: «Essi partirono e predicavano dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano» (Marco 16, 20; Matteo 10, 7-8).

c) Aggiungiamo infine che le guarigioni non sono altro che un segno dell'amore verso il prossimo che Maria santissima e i Santi continuano ad esercitare. Perché amano i poveri, i deboli, i malati, essi intercedono presso Dio e ottengono la loro guarigione. Così ogni cristiano che ama veramente il prossimo, dopo aver fatto tutto quello che poteva per aiutarlo, prega Dio perché dia all'ammalato quella guarigione che la scienza medica non sa dare.
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8 - L'errore:
«Atti 1:8: "Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi e mi sarete testimoni... fino alla più distante parte della terra". (Poco prima di lasciare gli apostoli e tornare in ciclo, Gesù disse loro che l'opera principale che dovevano compiere era questa, non le guarigioni. Vedi anche Matteo 24: 14; 28:20». 22

La verità;
a) Nessun cattolico ha mai detto che l'opera principale degli Apostoli e dei loro successori sia quella di compiere guarigioni miracolose. Questa è una insinuazione maligna dei tdG. Nella vera Chiesa di Gesù Cristo, che è la Chiesa Cattolica, dalle origini ai nostri giorni, centinaia di migliaia, anzi milioni di sacerdoti, religiosi e religiose, laici di ambo i sessi, fanno soprattutto opera di predicazione in ogni angolo della terra. E questo impegno è costato loro molti sacrifici e spesso anche la vita. Solo negli ultimi trent'anni la Chiesa Cattolica ha avuto 500 martiri tra i suoi figli e le sue figlie, impegnati a predicare ovunque il Regno di Dio. Questa fu ed è la loro opera principale, non fare guarigioni miracolose. Insinuare il contrario equivale a fare propaganda menzognera e calunniosa.

b) Tuttavia è anche vero che la forza dello Spirito Santo, che da ai predicatori del Vangelo il corag-

22 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, p. 180.
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gio di annunziare ovunque il Regno di Dio, ha confermato e conferma alcune volte l'opera di predicazione con segni prodigiosi, soprattutto con guarigioni miracolose. E' sempre lo stesso Spirito Santo che guida la vera Chiesa, dando ad alcuni dei suoi figli anche il dono o carisma dei miracoli come a Lui piace: questa è la verità. Rimane sempre valida l'esortazione del divino Maestro: «E strada facendo, predicate che il Regno dei cicli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni» (Matteo 10, 7-8).

c) L'opera principale da compiere è certamente l'annuncio del Vangelo; ma le guarigioni accompagnano e confermano l'opera principale della predicazione. Se, come pretendono i geovisti, non bisogna compiere guarigioni miracolose, come mai, per loro stessa ammissione, durante il primo secolo, gli Apostoli e i loro collaboratori, oltre alla predicazione, hanno compiute molte guarigioni miracolose? Forse gli Apostoli e i loro collaboratori hanno tradito la missione affidata loro dal Risorto prima di ascendere in ciclo?
La verità è quella insegnata da san Paolo già ricordata, ma che è bene ripetere a beneficio di quanti non vogliono spegnere lo Spirito, ma esaminare ogni cosa e tenere ciò che è buono, come esorta lo stesso Apostolo (cf. 1 Tessalonicesi 5, 19-21). Nella vera Chiesa, oltre ai predicatori del Re-
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gno, ai profeti, ai maestri, Dio ha posto anche gli operatori di miracoli e di guarigioni miracolose (cf. 1Corinzi 12, 28). Paolo parla della Chiesa di tutti i tempi. In nessuna parte della Bibbia è detto che tutti questi doni dello Spirito siano stati limitati al I secolo Era Cristiana. Tutte le affermazioni in contrario sono cavilli e sofismi dei tdG, che hanno come scopo l'oscuramento della Parola di Dio.
Negando questa esplicita verità biblica i tdG si collocano fuori della vera Chiesa di Gesù Cristo. Nella loro congregazione non avvengono né miracoli né guarigioni miracolose. E' questo un chiaro segno che la loro congregazione è una società inventata da uomini e si regge solo e sempre su spiegazioni volutamente errate della Parola di Dio.

9 - L'errore:
Domandano i tdG: «Se una persona viene guarita, è davvero importante come ciò avvenga?». E a conferma di questa loro capziosa domanda citano 2 Tessalonicesi 2, 9-10: «La presenza dell'illegale è secondo l'operazione di Satana con ogni opera potente e segni ("miracoli" NVB) e portenti di menzogna, e con ogni ingiusto inganno per quelli che periscono, quale retribuzione perché non hanno accettato l'amore delle verità affinché fossero salvati ». 23

23 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1985, pp. 181-182.
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La verità:
a) Alla domanda com'è formulata dai tdG la risposta deve essere negativa. La ragione è che essi tendono a minimizzare il modo in cui le guarigioni avvengono. In realtà è importante sia il fatto sia il modo in cui le guarigioni si verificano. L'una cosa e l'altra manifesta l'intervento divino. Le guarigioni miracolose non avvengono in modo naturale, come quando un medico prescrive una medicina e l'ammalato, seguendo la cura, guarisce. Si verificano, invece, in modo straordinario, tale da destare stupore e meraviglia. Così i testimoni di questi fatti possono passare dallo stupore al riconoscimento dell'intervento di Dio e all'accettazione della fede cristiana. Cerchiamo di provarlo con l'aiuto della Parola di Dio, anche se dobbiamo ripetere cose già dette.

— Data l'importanza di come una persona era guarita, Gesù si appellava alle sue opere, tra cui tante guarigioni istantanee (cf. Marco 1, 31-34.42; 2, 10; 3, 5 ecc.) per affermare la sua identità col Padre (cf. Giovanni 10, 37-38).
— Data l'importanza di come una persona era guarita, Gesù, ai discepoli del Battista che vogliono sapere se egli è veramente il Messia, risponde appellandosi proprio al modo come guariva i malati (cf. Matteo 11, 2-6; Luca 7, 18-23). Sia il Battista sia i suoi discepoli avrebbero potuto osservare:
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«Nulla di straordinario, nulla di importante nel modo in cui ciò avvenga».
— Data l'importanza di come una persona è guarita, è comprensibile il fatto che l'autore degli Atti degli Apostoli mette in risalto la meraviglia e lo stupore di tanta gente quando vede che Pietro con un solo sguardo e con poche parole guarisce uno storpio fin dalla nascita (cf. Atti 3, 1-10).
— Data infine l'importanza di come avvengono le guarigioni miracolose, appare chiaro il significato delle parole di Gesù quando da agli Apostoli e ai discepoli il potere di guarire gli infermi (cf. Matteo 10, 8; Luca 10, 9). Conferendo loro questo potere Gesù non intendeva certamente dare loro una laurea in medicina!
Queste e tante altre pagine della Bibbia sarebbero incomprensibili ed anche assurde, dato che a guarire gli infermi, a sanare i lebbrosi, a dare la vista ai ciechi potevano pensarci i medici o, peggio ancora, i maghi e i fattucchieri.

b) A sostegno della loro affermazione i tdG citano 2 Tessalonicesi 2, 9-10. In questo testo san Paolo parla dell'anticristo. Gli studiosi della Bibbia discutono circa l'identità di questo misterioso personaggio, ma sono d'accordo nel dire che è una manifestazione di satana. Tanto più che san Paolo lo qualifica come « l'uomo iniquo, il figlio della perdizione » (2 Tessalonicesi 2, 3). E di lui dice ancora:
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«La venuta dell'iniquo avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e di prodigi menzogneri e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina» (2 Tessalonicesi 2, 9-10; cf. 1 Giovanni 2, 18-4, 3).
Chiunque sia l'anticristo e gli anticristi, è certo che si tratta d'uno o più esseri la cui opera malefica è sostenuta dalla potenza di satana. Citando dunque 2 Tessalonicesi 2, 9-10 è chiaro che i tdG vogliono insinuare che dietro le guarigioni miracolose ci può essere o addirittura ci sia l'opera di satana. E' la stessa accusa o calunnia che alcuni Giudei facevano a Gesù (cf. Marco 3, 22). Ma qui siamo davanti ad aberrazioni mentali degne solo di compassione, e davanti a insinuazioni, alla cui origine non vi può essere altri che il maligno (cf. supra pp. 26-27).

10 - L'errore:
I tdG hanno scritto: «La Chiesa Cattolica non si pronuncia ufficialmente in merito a queste apparizioni (di Guadalupe, Lourdes, Fatima ecc.) né obbliga i fedeli a crederci. Ma cosa devono dedurre i cattolici sinceri quando vedono papa Giovanni Paolo II bere acqua proveniente dalla grotta di Lourdes o parlare con Lucia, la sola persona tuttora in vita che abbia visto l'apparizione di Fatima?». 24

La verità:
a) La Chiesa Cattolica non obbliga i fedeli a credere alle apparizioni di Guadalupe, Lourdes, Fati-

24 Cf. Svegliatevi!, 8-3-1989, p. 3.
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ma ecc. come se fossero verità di fede necessarie alla salvezza. Tuttavia la Chiesa Cattolica, basandosi su testimonianze di molte persone degne di fede e soprattutto sui frutti spirituali di una più intensa vita cristiana in milioni di pellegrini nei luoghi delle apparizioni, non nega che tali fenomeni, pei segni e i frutti spirituali che l'accompagnano, abbiano una origine soprannaturale e miracolosa. Stando così le cose, i cristiani sinceri possono crederci o non crederci. La Chiesa rispetta la loro libera decisione.

b) Anche il papa, che prima di essere papa è un cristiano sincero, è libero di crederci o di non crederci. La sua è una scelta personale e non ha valore di insegnamento di verità di fede o di morale. Egli può bere l'acqua della grotta di Lourdes, può andare a Fatima e parlare con Lucia, può andare a Guadalupe perché sa come cattolico sincero che quelle apparizioni sono state accompagnate e seguite da fenomeni straordinari, miracoli, guarigioni miracolose non spiegabili dalla ragione umana e non dovute a leggi di natura. I cattolici possono fare o non fare lo stesso nella piena libertà di figli di Dio. Non sono costretti da una disciplina poliziesca come avviene nella congregazione pseudo-cristiana dei tdG.
Inoltre sia il papa sia i cattolici sinceri sanno bene che moltissime persone che vanno a Guada-
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lupe o a Lourdes o a Fatima o in altri santuari, anche se non ritornano guarite nel corpo, ritornano guarite nello spirito. Questo è quel che maggiormente importa.
Ma vi è di più. Molti, anzi moltissimi, riacquistano la fede o ritornano fortificati nella fede e decisi a vivere una vita cristiana più impegnata in famiglia e nella società. Questo dispiace molto a satana e ai suoi collaboratori in ogni tempo della storia, al tempo di Gesù e durante il tempo della Chiesa.

11 - L'errore:
Scrivono ancora i tdG: «Secondo le autorità cattoliche le apparizioni devono soddisfare a due condizioni. Primo, essere in armonia con gli insegnamenti della Chiesa... Secondo, bisogna considerare la condotta di chi ha visto le apparizioni». 25

La verità:
a) I tdG dicono o scrivono sempre le cose in modo confuso e anche manipolando la verità per indurre in errore chi li ascolta o li legge acriticamente. Infatti la prima condizione a cui devono soddisfare le apparizioni è che siano accompagnate da segni straordinari. Facciamo un esempio. Per approvare le apparizioni di Lourdes le autorità cattoliche si accertarono prima di tutto se le guari-

25 Cf. Svegliatevi!, 8-3-1989, p. 5.
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gioni istantanee e straordinarie erano veramente prodigiose. A tal fine fu istituita una commissione o équipe di specialisti in medicina, alcuni dei quali anche agnostici o non credenti, per un'analisi oggettiva di quelle guarigioni straordinarie. Solo dopo il loro giudizio sul carattere umanamente inspiegabile di quei fenomeni le autorità cattoliche si pronunciarono sul carattere soprannaturale di quelle apparizioni.

b) Anche la loro armonia con gli insegnamenti della Chiesa è tenuta in debita considerazione. Ma prima viene il carattere straordinario dei segni che accompagnano le apparizioni. E quando la Chiesa le approva per i segni straordinari, esse sono sempre in armonia con gli insegnamenti della Chiesa. Perciò in quelle apparizioni si può, anzi si deve, riconoscere che le dottrine della Chiesa hanno il suggello dell'approvazione divina.

c) Per quanto riguarda la condotta di chi ha le apparizioni, bisogna dire le cose con maggior chiarezza e precisione. Notiamo anzitutto che Dio può rivelarsi a chi vuole, liberamente. Esempio classico è quello di san Paolo. Benché accanito persecutore dei cristiani, benché primo tra i peccatori (cf. 1 Timoteo 1, 15), Dio ha scelto proprio lui. Dio sceglie, quando vuole e come vuole «ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato... perché nessun uomo può gloriarsi davanti a Dio » (1 Corinzi 1, 28-29).
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Nelle apparizioni, di cui trattiamo in modo particolare, è vero che nella maggior parte dei casi sono state fatte a persone di buona condotta, credenti e praticanti. Ma non mancano casi di apparizioni fatte ad atei e miscredenti. Tutti però dopo le apparizioni sono diventati credenti e praticanti in seno alla Chiesa Cattolica.

Conclusione
Concludendo possiamo affermare che i miracoli avvengono in ogni tempo della storia. Ciò che dice la Bibbia è in perfetta armonia con la nostra affermazione. Dio, che ha creato l'universo, interviene sempre che vuole nel mondo per manifestare la sua presenza e compiere opere di salvezza per l'uomo. Perciò Egli, direttamente o per mezzo dei suoi Santi, compie azioni meravigliose e guarigioni miracolose in modo straordinario. I miracoli fatti da Gesù avevano lo scopo di provare la sua divinità. Quelli operati dagli Apostoli intendevano dimostrare la verità del Vangelo e la realtà della risurrezione di Cristo. Quelli che vengono compiuti nella Chiesa di ieri, di oggi, di sempre vogliono manifestare la verità della fede cattolica, la presenza di Dio Salvatore e la bontà della sua Provvidenza che si prende cura dei poveri e dei deboli, allevia le loro sofferenze e restituisce la salute, guarendoli in modo straordinario.
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continua ...

Bruno
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Re: Padre Nicola Tornese - Opuscoli sui TdG

Messaggioda brunodb2 » dom feb 24, 2008 11:10 pm

OPUSCOLO N. 24 DI PADRE NICOLA TORNESE - TERZA PARTE


LA NASCITA DELLA DOMENICA

Gesù e il sabato

E' noto che gli Ebrei, a differenza dei cattolici e della stragrande: maggioranza dei cristiani anche non cattolici, celebrano il sabato come giorno festivo e di riposo. 1 (Cf. Esodo 20, 8-11; Deuteronomio 5, 12-15). 2
Leggendo il Vangelo appare chiaro che anche Gesù era un fedele osservante del sabato. Scrive san Luca: «(Gesù) si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga » (Luca 4, 16; cf. Marco 6, 2). Anche altrove, per esempio a Cafarnao, faceva lo stesso (cf. Luca 3, 31). 3
Tuttavia bisogna aggiungere che Gesù, col suo comportamento non si è lasciato condizionare dall'osservanza legalista del sabato, ma lo ha liberato da quella struttura che aveva assunto il Giudaismo, per opera specialmente di alcune guide religiose come i farisei.

1 Sabato (shabat) fondamentalmente vuoi dire riposo.
2 Le citazioni bibliche sono prese da La Sacra Bibbia, Edizione ufficiale della Conferenza Episcopale italiana (GEI).
3 La sinagoga (= andare e stare insieme) era ed è il luogo di riunione religiosa e cultuale degli Ebrei sia nella Palestina sia altrove (nella diàspora).

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E fu proprio Gesù che pronunciò quelle significative parole: «II sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato». E ancora: «II Figlio dell'uomo è signore anche del sabato» (Marco 2, 27-28).

Il sabato e i primi cristiani
Le prime comunità cristiane, quelle provenienti quasi interamente dal Giudaismo, continuarono a osservare il sabato come giorno di culto e di riposo. Ma sembra che già anche «il primo giorno della settimana», che diverrà «dies dominica», cioè «Giorno del Signore» o «Domenica», cominciava ad essere un giorno sacro o di culto (cf. Apocalisse 1, 10).
Diversa appare la situazione dei cristiani provnienti dal paganesimo, gli etnico-cristiani, convertiti per opera soprattutto di san Paolo. Presso di loro fin dall'inizio della nuova fede, comincia ad emergere un altro giorno della settimana non tanto nella vita sociale e civile, ma in quella religiosa e liturgica. E' il primo giorno dopo il sabato, il giorno della Risurrezione del Signore.
Era stato proprio Lui, il Signore Gesù, a scegliere questo giorno per risorgere dai morti, iniziare cioè una nuova vita o nuova creazione, e dare agli Apostoli la prova concreta di questo straordinario evento di salvezza.
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Possiamo anche ricordare che quello che si chiama «il battesimo della Chiesa », la sua solenne «investitura missionaria», cioè la discesa dello Spirito Santo, avvenne non di sabato, ma il primo giorno dopo il sabato (cf. Atti 2, 1). Infatti la Pentecoste, che vuoi dire « cinquantesimo giorno », chiamata anche «la festa o giorno della cinquantina» o «delle sette settimane» dopo la Pasqua ebraica (cf. Esodo 24, 33; Deuteronomio 16, 16) non era celebrata di sabato, ma nel primo giorno dopo il sabato. In effetti, poiché la Pasqua ebraica si celebrava di sabato, per arrivare al cinquantesimo giorno, cioè alla Pentecoste, dovevano passare sette settimane più un giorno (7x7 = 49+1 = 50).
L'effusione o discesa dello Spirito Santo sulla prima comunità cristiana e la predicazione della «Buona Novella», cioè del Vangelo, ebbe inizio a Gerusalemme in un primo giorno della settimana, non di sabato (cf. Atti 2, 14). Fu una casuale coincidenza?
Basati su questi ricordi o piuttosto avvenimenti o eventi salvifici, soprattutto sul ricordo della Risurrezione del Signore, i primi cristiani diedero molta importanza non al sabato, ma al «primo giorno dopo il sabato». In tal giorno cominciarono a riunirsi per l'ascolto della Parola e la celebrazione della Santa Cena.
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Questo tuttavia non comportava che le caratteristiche del sabato fossero fin d'allora trasferite al «primo giorno della settimana». Questo avverrà in seguito ai tempi di Costantino come diremo dopo. 4

Testimonianze bibliche
Quanto detto finora sulla celebrazione del «giorno del Signore» trova una conferma in alcuni testi della Bibbia. Citiamo ed esaminiamo prima di tutto Atti 20, 7:

1 - «II primo giorno della settimana ci eravamo riuniti per spezzare il pane e Paolo conversava con loro. Poiché doveva partire il giorno dopo, prolungò la conversazione fino a mezzanotte» (Atti 20, 7).

La spiegazione più comune è che la riunione ebbe inizio la sera del sabato quando, secondo il calendario ebraico, iniziava «il primo giorno della settimana». E' significativo il fatto che Paolo, pur essendosi trattenuto a Troade sette giorni come risulta dallo stesso racconto (verso 6), abbia rimandato fino all'ultimo giorno, fino cioè al «primo giorno della settimana», la riunione dei fedeli per spezzare il pane e parlare a lungo con loro.

4 Cf Rivista di Pastorale Liturgica, 1991, marzo-aprile p. 20.
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Questo appare più significativo se si considera che Paolo, dovendo partire poco dopo, fu costretto a prolungare la sua conversazione (o catechesi) fino a oltre la mezzanotte. Sarebbe stato più logico che la riunione venisse fatta in uno dei giorni precedenti con maggior calma e senza preoccupazione di tempo. Questi particolari indicano chiaramente che fin dai tempi di Paolo il «primo giorno della settimana» aveva già assunto un carattere sacro o liturgico, cioè di speciale servizio religioso.

2 - Alla luce di Atti 20, 7 spiegato correttamente, si può percepire anche il significato di 1 Corinzi 16, 1-2. Diamo la versione de La Bibbia in lingua corrente o Parola del Signore, che è una traduzione interconfessionale:

«Ogni domenica, ciascuno di voi, secondo le sue possibilità, metta da parte quel che è riuscito a risparmiare e lo conservi a casa sua. Così, quando verrò da voi, non ci sarà bisogno di fare la colletta» (1 Corinzi 16, 2).

Possiamo essere certi che la colletta o raccolta di offerte raccomandata da Paolo aveva un significato religioso o liturgico. Altrove Paolo qualifica questo gesto di solidarietà fraterna come «adempimento di servizio sacro» (2 Corinzi 9, 12). Era perciò collocata tra gli atti di culto o celebrazione liturgica delle prime comunità cristiane. In quelle riunioni nel «primo giorno della settimana», cioè
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la domenica, oltre alla catechesi e alla Santa Cena, veniva fatta anche la colletta per i fratelli bisognosi. E' lecito ricavare anche da questa testimonianza la stessa conclusione, e cioè che già ai tempi di Paolo, «il primo giorno della settimana», ossia la domenica, aveva assunto un carattere sacro o liturgico, almeno fuori della Palestina, presso i cristiani provenienti dal paganesimo.


La fase polemica
Come già abbiamo accennato i cristiani provenienti dal Giudaismo e viventi in ambienti giudaici, i giudeo-cristiani, continuarono a osservare il sabato. L'emergere della Domenica (dies dominica) avvenne nelle comunità di origine pagana, tra gli etnico-cristiani. Paolo ebbe certamente un ruolo di primo piano nella conversione dei pagani e anche nell'organizzazione o struttura della loro vita religiosa.
L'Apostolo prese le difese degli etnico-cristiani non solo sulla liberazione dalla circoncisione, ma anche — a quanto pare — sull'osservanza del sabato. E' significativo il fatto che al cosiddetto Concilio di Gerusalemme o degli Apostoli (Atti 15, 1-35), che è collocato verso l'anno 50, convocato appunto per discutere alcuni problemi sorti in seno alle comunità etnico-cristiane, decidere cioè se fossero
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obbligati o meno all'osservanza della Legge mosaica, il Decreto o Lettera mandata ai fratelli di provenienza pagana (cf. Atti 15,23) non fa nessuna menzione dell'obbligo di osservare il sabato. La linea di Paolo era prevalsa sullo zelo indiscreto dei giudaizzanti.
Pochi anni dopo lo stesso Paolo, scrivendo ai cristiani di Colossi, che erano certamente per la maggioranza di provenienza pagana, si batte ancora per la stessa libertà: «Nessuno vi inganni in fatto di cibi o di bevande, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati: tutte cose che sono ombra delle cose future...» (Colossesi 2,16; cf. Galati 4,10; Romani 14,6). E' chiaro che per Paolo il sabato, dopo la Risurrezione del Signore, aveva un valore relativo. Nelle sue parole si sente l'eco di quelle di Gesù: «II Figlio dell'Uomo è padrone anche del sabato» (Marco 2, 27-28).

Testimonianze extra - bibliche
Qualunque sia stato il cammino verso il sorgere del «primo giorno dopo il sabato» come giorno di culto, è innegabile che fin dalla seconda metà del primo secolo tale giorno era diventato, almeno per gli etnico-cristiani in tutta la vasta zona mediterranea, il giorno delle riunioni religiose. Le testimonianze del tempo sono unanimi a questo riguardo.
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La Didachè, detta pure «Dottrina degli Apostoli», la cui composizione è datata nella seconda metà del primo secolo, ricorda ai cristiani quel che noi oggi diciamo «il precetto domenicale»: «Nel giorno del Signore o Domenica, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro». 5
A principio del secondo secolo sant'Ignazio di Antiochia esorta i cristiani a «non guardare al sabato, ma a vivere secondo la domenica». 6
Più estesa e dettagliata è la testimonianza del martire Giustino:
«E nel giorno detto del sole ci riuniamo in uno stesso luogo, dalle città e dalla campagna, e si fa la lettura delle memorie degli Apostoli e degli scritti dei profeti... Quando il lettore ha terminato, il preposto tiene un discorso per ammonire ed esortare all'imitazione di questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci leviamo ed innalziamo preghiere. Cessate le preci si reca pane e vino e acqua; e il capo della comunità nella stessa maniera eleva preghiere e ringraziamenti... e il popolo acclama, dicendo "Amen!". Quindi si fa la distribuzione e la spartizione a ciascuno degli alimenti consacrati e se ne manda per mezzo dei diaconi anche ai non presenti. I facoltosi e i volenterosi danno ciò che vogliono e il raccolto è consegnato al capo, il quale si ricorda degli orfani, delle vedove, degli ammalati, dei detenuti e dei forestieri di passaggio». 7

5 XIV, 1.
6 Ad Magnesios, 9,1.
7 Prima Apologia, e. 67. San Giustino nacque nel primo decennio del secondo secolo e morì martire verso l'anno 165.

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Verso la fine del secondo secolo sant'Ippolito ci informa che «la domenica o giorno del Signore il vescovo distribuisce lui stesso il pane a tutto il popolo, se è possibile, mentre i diaconi lo spezzano. I presbiteri spezzeranno anch'essi il pane che vien distribuito». 8

La testimonianza di Plinio
Plinio il Giovane fu proconsole romano nella Bitinia, una regione dell'odierna Turchia, dall'anno 111 al 112 Era Cristiana. In una lettera a Traiano imperatore chiede istruzioni sul comportamento da tenere coi cristiani. A tal fine egli fa un minuzioso rapporto sul loro modo di vivere. Tra l'altro scrive:
«I cristiani dicevano che tutta la loro colpa e il loro errore consistevano nell'abitudine di riunirsi in un determinato giorno (statuto die) avanti l'alba, di cantare alternativamente un inno a Cristo come a un dio e di obbligarsi con giuramento... a non commettere furti, brigantaggi o adulteri. Compiuti questi riti solevano separarsi per prendere cibo, che è, checché si dica, cosa ordinaria ed innocente». 9
In quell'espressione «statuto die», cioè «giorno stabilito» gli studiosi vedono un chiaro riferi-

8 Tradizione Apostolica, e. 24. Sant'Ippolito visse tra la seconda metà del secondo secolo e la prima del terzo.
9 Epistola 10, 97.

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mento al «primo giorno dopo il sabato». Parimenti, nelle parole «prendere cibo» vi è una chiara allusione allo «spezzare il pane» o «Santa Cena». Abbiamo perciò in questo autore pagano un'autorevole conferma di quanto sappiamo sia dalle testimonianze bibliche sia dagli scrittori cristiani della stessa epoca sul carattere cultuale del «primo giorno della settimana» fin dalle origini del Cristianesimo.

Verso il riposo domenicale
A parte le riunioni cultuali, il «primo giorno della settimana», all'epoca a cui si riferiscono le testimonianze sopra esaminate, conservava civilmente e socialmente il suo carattere di giorno lavorativo. I cristiani, come gli altri cittadini, in quel giorno erano obbligati al lavoro, e di fatto lavoravano. Non si ebbe repentinamente un passaggio dal riposo sabatico al riposo domenicale o, come si può anche dire, alla «sabatizzazione della Domenica». Tuttavia, almeno nell'ambiente ecclesiale o in seno alla Chiesa, verso la fine del secondo secolo e più ancora durante il terzo, fu avviato un lento processo, che sfociò nel riposo domenicale o santificazione appieno della Domenica.
Fin dall'inizio del terzo secolo Tertulliano esorta i cristiani a dare al « giorno del Signore » o « Do-
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menica» il tempo libero più possibile. Egli consiglia i cristiani di rimandare ad altri tempi alcuni impegni lavorativi per non dare occasione al diavolo, cadere cioè nella pigrizia o indifferenza nelle cose dello spirito. 10
Vi è qui un chiaro indizio a ciò che verrà completato in seguito mediante la santificazione della Domenica, anche con l'astenersi dal lavoro.
Durante tutto il terzo secolo il cammino in questa direzione, per quanto concerne l'ambiente ecclesiale, prosegue senza sosta e si arriva all'inizio del quarto secolo quando nel Sinodo di Elvira (300-303) col canone 21 si trasforma l'obbligo morale della partecipazione all'assemblea o riunione liturgica in vero e proprio obbligo giuridico con annessa sanzione o penitenza. Le cose erano arrivate a tal punto che Eusebio di Cesarea (265-337), anche all'inizio del quarto secolo, poteva scrivere: «Tutto ciò che è stato scritto per il sabato noi l'abbiamo trasferito alla Domenica». 11

10 De oratione, 23, scritta nei primi anni del terzo secolo.
11 Sui Salmi, 91. Eusebio di Cesarea nacque verso il 265 e morì intorno al 339. Fu perciò coetaneo di Costantino, di cui scrisse la vita. Cf. Rivista di Pastorale Liturgica, 1991, marzo-aprile, p. 19.

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La legislazione civile

Se all'inizio del quarto secolo nell'ambito ecclesiale il passaggio dal sabato alla Domenica era già in atto, non c'era ancora una legge o disposizione civile che sancisse la sacralità della Domenica. Ma l'intervento dell'autorità non tardò a venire. Due fattori vi hanno contribuito. A quell'epoca i cristiani, almeno nella società greco-romana, erano aumentati considerevolmente. D'altra parte era cosa assai nota l'importanza che essi davano al carattere sacro della Domenica.
A questi due fattori si può aggiungere che l'imperatore Costantino, anche se non era ancora battezzato (lo sarà poco prima di morire), era di fatto inserito nella comunità cristiana. Tutto questo spiega come con la Legge del 7 marzo del 321 fu deciso che:
«Tutti gli impiegati civili, gli artigiani e i cittadini riposino nel venerando giorno del sole. Tuttavia gli agricoltori possono lavorare liberamente». 12
Va subito notato che la Legge non parlava esplicitamente di Domenica cristiana anche se la nuova fede era stata certamente determinante nella nuova disposizione civile. Inoltre il legislatore non si serve del linguaggio cristiano, ma di quello pagano: «giorno del sole» (dies solis) in conformità alla

12 Rivista di Pastorale Liturgica, l.c., p. 19.
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denominazione dei giorni secondo il calendario planetario allora vigente.
Questo modo di esprimersi lo troviamo anche in san Giustino fin dal secondo secolo. Parlando del «primo giorno dopo il sabato», cioè della Domenica, Giustino scrive:
«Ci raduniamo tutti nel "giorno del sole" perché è il primo giorno in cui Dio, mutando la tenebra e la materia, plasmò il mondo, e in cui Gesù Cristo Salvatore Nostro risorse dai morti. Infatti lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno (cioè del sabato) e riapparve agli Apostoli e ai discepoli l'indomani del giorno di Saturno». 13
Nessun dubbio che «il giorno del sole», dichiarato dalla legge di Costantino giorno di riposo civile, corrisponde al «primo giorno dopo il sabato», cioè al «dies dominica» la Domenica dei cristiani. Era così sancito anche civilmente il passaggio del «sabato» alla «Domenica», passaggio già avvenuto da tempo nell'ambito delle comunità cristiane.
Alcuni decenni dopo, e precisamente nel 399, sotto Arcadio ed Onorio imperatori cristiani l'espressione «giorno del sole» fu sostituita con l'espressione cristiana, e il «giorno del sole» fu chiamato «giorno del Signore», cioè Domenica (dies dominica).14
La sabatizzazione della Domenica era

13 Prima Apologia, 67.
14 La denominazione pagana della Domenica è rimasta in alcune lingue moderne (Sunday, inglese; Sonntag, tede-

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ormai un fatto compiuto e non sarà più messa in discussione eccetto da qualche gruppo di cristiani come gli Avventisti del Settimo Giorno.

Significato della Domenica
Perché i discepoli del Risorto, fin dai tempi apostolici, hanno voluto dare al «primo giorno dopo il sabato», cioè alla Domenica, un carattere sacro?
Ci limitiamo a indicare solo due ragioni.

1 - La Domenica è prima di tutto il ricordo o memoriale della Risurrezione del Signore. Nella vita del cristiano l'origine, il progresso e la conclusione del cammino salvifico ha la sua sorgente e forza motrice in Cristo Signore, unico Mediatore. Ora il Signore Gesù è divenuto effettivamente sorgente e forza della vita cristiana mediante la sua vittoria sulla morte e sul peccato.
Dirà san Paolo: «Cristo è la nostra Pasqua» (1Corinzi 5, 7). Il senso è che l'opera redentiva di Cristo, il nostro passaggio dalla schiavitù del peccato e della morte, ha avuto il suo compimento nella

sco). Può dirsi un esempio di inculturazione, ma non vi è nulla di paganesimo. Anche gli altri giorni della settimana hanno conservato una denominazione pagana come martedì (giorno di Marte), mercoledì (giorno di Mercurio) ecc. Nessuno pensa a culti pagani, introdotti nel cristianesimo! Chi lo pensasse, si renderebbe ridicolo!
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Risurrezione di Cristo. La Pasqua dell'Antica Alleanza, che ricordava e celebrava la liberazione o passaggio dalla schiavitù dell'Egitto, era figura ed ombra della nostra Pasqua. La Domenica ricorda e celebra appunto questo nostro passaggio.
S. Ignazio d'Antiochia, fin dall'inizio del secondo secolo, esprimeva questo significato redentivo della Domenica nel modo seguente: «Se dunque quelli che vivevano secondo il vecchio ordine di cose sono venuti alla nuova speranza non osservano il sabato, ma vivono secondo «il giorno del Signore», in cui la nostra vita è stata elevata in virtù della sua morte... Mediante questo mistero noi siamo veri discepoli di Cristo». 15

2 - La seconda ragione, che ci fa conoscere il vero significato della Domenica, è che il primo giorno della settimana richiamava alla memoria il primo giorno della creazione. In tale giorno Dio ha creato la luce (cf. Genesi 1,3-5). Fin dai primi tempi della Chiesa si è visto un rapporto tra il primo giorno della luce solare e il sorgere del vero Sole. Il Signore Gesù è il vero «Sole che sorge» (Luca 1,78).
Questo pensiero è espresso chiaramente da san Giustino: «Noi ci riuniamo tutti nel "giorno del sole" perché è il primo giorno, quello in cui Dio

15 Ad Magnesios, 9,1.
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cambiò le tenebre in luce... e anche perché Gesù Cristo nostro Salvatore in questo stesso giorno è risuscitato dai morti». 16
San Giustino si indirizza ai pagani e definisce la Domenica «il giorno del sole». Secoli prima di Cristo i pagani onoravano il dio sole appunto nel giorno che corrisponde alla nostra Domenica. Per i cristiani il vero Sole è il Signore Gesù (cf. Luca 1, 78-79), la vera Luce, che illumina ogni uomo (cf. Giovanni 1, 4-5; 8, 12). A Lui va dunque il pensiero, il cuore, l'adorazione nel primo giorno della settimana solare, che è appunto la nostra Domenica.
Basandosi su queste ed altre ragioni la Chiesa fin dai tempi più remoti attuò il graduale passaggio dal sabato giudaico alla Domenica cristiana. L'istituzione sabatica trova il suo compimento nel mistero cristiano. In una visuale paolina possiamo dire: «Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove» (2 Corinzi 5, 17).

16 Prima Apologia, 67.
Pag. 63







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INDICE

Prima Parte: BIBBIA E MIRACOLI

Religione rivelata - pag. 3
Il sigillo divino - pag. 5
La Bibbia e i miracoli - pag. 7
Come il Maestro anche i discepoli – pag. 9
Durante il tempo della Chiesa – pag. 11
L'insegnamento di Paolo – pag. 14


Seconda Parte: ERRORI E VERITÀ'

Tempo della Chiesa, tempo dei miracoli - pag. 18
I miracoli sono sempre necessari - pag. 22
Solo Dio è la fonte dei veri miracoli - pag. 26
Gratuità dei miracoli – pag. 30
Percentuale dei successi miracolosi - pag. 31
Traduzione artefatta e truffaldina – pag. 33
Miracoli e amore del prossimo - pag. 35
Miracoli e predicazione del Vangelo - pag. 38
Importanza del modo come avvengono i miracoli – pag. 41
Insegnamento della Chiesa sui miracoli – pag. 43
Quando la Chiesa accetta come vere le apparizioni? – pag. 45


LA NASCITA della Domenica

Gesù e il sabato - pag. 48
II sabato e i primi cristiani – pg. 49
Testimonianze bibliche - pag. 51
La fase polemica – pag. 53
Testimonianze extra-bibliche - pag. 54
Verso il riposo domenicale – pag. 57
La legislazione civile – pag. 59
Significato della Domenica - pag. 61
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Piccola Collana: I Testimoni di Geova
PADRE N. TORNESE s.j


1- Uomini di Serie B, 7a edizione.
2- Vivi o morti?, 6a edizione.
3- Geova! Chi era costui?, 6a edizione.
4- È prossima la fine del mondo?, 6a edizione.
5- ...e voi Chi dite che Io sia?, 6a edizione.
6- Bibbia, Sangue e Medicina, 6a edizione.
7- La Croce e le croci, 5a edizione.
8- La Madonna contestata, 5a edizione.
9- Trinità: amore o falsità, 5a edizione.
10- Pietro e la Pietra, 4a edizione.
11- Bibbie a confronto, 6a edizione.
12- Immagini e Santi, 4a edizione.
13- Curiosità geoviste, 3a edizione.
14- Regno di Dio e regno di Geova, 3a edizione.
15- Appello a Cesare, 3a edizione.
16- Battesimi e Battesimo, 3a edizione.
17- Inferno, 3a edizione.
18- La Cena del Signore, 2a edizione.
19- Purgatorio, 2a edizione.
20- Paradiso.
21- Con quale autorità?
22- Risurrezione
23- La Confessione
24- Miracoli sì, miracoli no
Noi Crediamo: Piccolo catechismo 1, 4a edizione.
Noi Crediamo: Piccolo catechismo 2, 3a edizione.
Noi Crediamo: Piccolo catechismo 3, 2a edizione.
Noi Crediamo: Piccolo catechismo 4.
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Piccola Collana: La verità sui Mormoni
PADRE N. TORNESE s.j.
1- Le origini: Joseph Smith e le sue visioni - 2a edizione.
2- L’uomo e il suo destino
3- Il concetto di Dio.


FINE

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