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Come il serpente poté conversare con la donna.
28. 35. Il serpente perciò non capiva le parole rivolte alla donna che erano proferite per suo mezzo, perché non si deve credere che l'anima del serpente fosse trasformata in una natura razionale, dal momento che neppure gli esseri umani, la cui natura è razionale, sanno ciò che dicono quando il demonio parla in loro nello stato d'ossessione che richiede l'intervento dell'esorcista. Tanto meno si può credere che il serpente avrebbe potuto capire le parole che il diavolo pronunciava per mezzo di esso e dalla sua bocca, dato che non avrebbe compreso le parole che avesse udito pronunciare da un essere umano non invasato dall'ossessione diabolica. Si crede anche che i serpenti odano e comprendano le parole dei Marsi e che sotto l'effetto dei loro incantesimi siano soliti balzar fuori dai loro nascondigli. Anche in questo caso però agisce un potere diabolico per farci conoscere quali esseri la Provvidenza sottomette in ogni luogo ad altri esseri secondo un ordine naturale, e che cosa, con il suo potere sapientissimo, permette perfino a volontà cattive; così avviene che i serpenti siano abituati a essere stimolati dagli incantesimi degli uomini più di alcun altra specie di animali. Anche questa è una prova non piccola che la natura umana fu sedotta alla sua origine dal colloquio del serpente con la donna. I demoni infatti si compiacciono del potere ad essi dato di stimolare i serpenti mediante incantesimi umani per ingannare comunque quanti possono. Questo potere è stato dato loro per mostrare una certa affinità che essi hanno con questa specie di animali e richiamare così alla mente ciò che avvenne all'origine [del genere umano]; questo fatto fu permesso affinché i caratteri tipici di ogni tentazione diabolica, simboleggiata nella natura del serpente, fossero fatti conoscere al genere umano, per istruire il quale essi dovevano essere scritti. Ciò apparirà chiaro quando Dio pronuncerà la sua sentenza contro il serpente.
GI'inaspettati stranieri, dunque, erano magi e venivano da Oriente; questi sono a loro riguardo i soli dati sicuri, ma anche vaghi. Il piu' vago è oriente, che geograficamente designa tutte le legioni di là dal Giordano, ove procedendo verso levante s'incontra dapprima l'immenso deserto siro-arabico, quindi la Mesopotamia (Babilonia), e infine la Persia: e infatti nell'Antico Testamento tutte e tre queste vegioni sono designate oome Oriente, anche la lontanissima Persia (come appare da lsaia, 41, 2, ove si allude al persiano Cino il Grande). Ma precisamente in Persia, a preferenza delle altre due regioni piu' prossime, ci conduce il termine magi che è originariamente persiano e strettamente legato alla persona e alla dottrina di Zarathushtra (Zoroastro). Di Zarathush tra i magi furono originariamente discepoli; ad essi aveva egli affidato la sua dottrina riformatrice delle popolazioni dell'Iran, ed essi ne furono poi i custodi e i trasmettitori. La loro classe appare molto potente fin nei tempi più antichi, già all'epoca dei Medi e ancor più a quella degli Achemenidi: era un “mago” quel Gaumata (il “falso Smerdi”) che usurpò il trono achemenide nel 522 av. Cr. durante la campagna di Cambise in Egitto; ma, anche dopo l'uccisione di Gaumata, i magi si mantennero sempre potenti nell'Impero persiano e nei regimi successivi, fin verso il secolo VIII dopo Cr. Nel campo culturale essi si saranno anche occupati del corso degli astri come tutte le persone colte a quei tempi e in quelle regioni, ma astrologi e fattucchieri certamente non erano: ché anzi, come discepoli di Zarathushtra e fedeli trasmettitori dell'Avesta, essi dovevano essere i naturali nemici delle dottrine astrologiche e mantiche dei Caldei, le quali sono recisamente condannate nell'Avesta.
Il riconoscimento della stella da parte dei Magi è, nella narrazione di Matteo, strettamente legato col carattere della stella: la miracolosa stella miracolosamente si fa riconoscere da essi come segno del neonato. Ma riguardo alle predisposizioni culturali dei Magi, e alla loro possibile conoscenza dell'aspettativa messianica dei Giudei, siamo oggi informati da recenti studi meglio che per l'addietro, e possiamo affermare che in Persia si aspettava per tradizione interna una specie di salvatore e inoltre si sapeva che una analoga aspettativa esisteva in Palestina. Trattiamo di ciò in nota come di questione troppo lunga per discutersi qui, ma troppo importante per esser tralasciata.
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