Don Silvio Barbaglia spiega la Lettera di san Paolo alla chiesa di Roma. La Lettera ai Romani è stata sovente incompresa nella sua autentica portata, anche a motivo di traduzioni non appropriate del testo originale greco. Una sua lettura più accurata consente un’interpretazione di alcuni passi critici, che risultano più coerenti con l’argomentare complessivo di san Paolo e fanno emergere con maggiore evidenza la salvezza donata in Cristo come autentico compimento della Torah donata a Mosè. La potenza di Dio così si manifesta non nel Vangelo – il lieto annunzio dell’apostolo (Rm 1,16) –, ma in colui che crede, per la sua salvezza; e la salvezza è data non per la fede “in” Gesù Cristo, ma per la fede “di” Gesù Cristo, il primo dei salvati, che siamo chiamati a imitare per credere nel Padre, grazie all’azione dello Spirito che Dio ci ha donato. Fede e opere delle fede sono inseparabili nella persona di Cristo e nella tradizione ebraica, e appaiono inseparabili anche nel pensiero di san Paolo. La separazione tra fede e opere, storica, storico tema di contesa teologica tra Cattolici e Protestanti, non sembra fondata sul testo della Lettera ai Romani, ma frutto di una sua interpretazione erronea.