La preghiera va diretta al Padre
1. Ora, se abbiamo compreso la vera essenza della preghiera, non dobbiamo pregare mai alcuno dei mortali, neppure lo stesso Cristo, ma solo il Dio e il Padre di tutte le cose, che anche lo stesso nostro Salvatore pregava (l’abbiamo detto prima) ed insegna a noi a pregarlo. Quando infatti sentì chiedersi: «Insegnaci a pregare», non insegnò a pregare se stesso, ma il Padre; così: «Padre nostro che sei nei cieli», ecc.. Se dunque è distinto il Figlio dal Padre nella sostanza e nella persona, come si spiega altrove, allora si dovrà pregare il Figlio e non il Padre, o entrambi, o il Padre solo. Ora, pregare il Figlio e non il Padre, tutti riconosceranno che sarebbe una cosa assurda e contro l’evidenza; pregare entrambi, è chiaro che dovremmo pregare parlando al plurale: accogliete, beneficate, elargite, salvate e simili. Cosa che appare assurda da sola e nessuno è in grado di addurre un luogo scritturale a suffragio di ciò; resta quindi da pregare solo Dio, Padre di tutte le cose, ma non senza il Sommo Sacerdote che è stato costituito con giuramento dal Padre secondo la formula: «Giurò e non si pentirà: tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec».
Cristo è mediatore tra noi e il Padre
2. Poiché dunque i santi rendono grazie nelle loro preghiere a Dio, è per mezzo di Gesù Cristo che gli rendono grazie. Poiché colui che prega con zelo non deve pregare Chi già prega, ma Quegli che il Signore nostro Gesù insegnò ad invocare durante le preghiere: il Padre; così non senza il Cristo si deve rivolgere al Padre la preghiera, poiché Lui stesso ce lo mostra chiaramente, dicendo espressamente: «In verità, in verità vi dico: se chiederete qualcosa al Padre mio, ve lo darà in nome mio. Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio; chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa». Non disse infatti: «chiedete a me», o semplicemente: «chiedete al Padre», ma: «se chiederete qualcosa al Padre in mio nome ve lo darà». Poiché prima di questo insegnamento di Gesù nessuno aveva chiesto al Padre in nome del Figlio; e quel che disse Gesù: «Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio» era la verità, come anche: «Chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa». (Origene Alessandrino - La preghiera, XV)
La domanda che mi ha posto è come sia possibile che un Padre della Chiesa insegni queste cose contrarie alla dottrina trinitaria. Gli ho detto che avrei risposto su questo forum, in quanto ho il presentimento che questa domanda gli sia stata posta da qualche tdg o, comunque, da parte di qualcuno che va contro la dottrina trinitaria.
Innanzitutto, bisogna dire che Origene è un Padre della Chiesa molto particolare e che diverse sue affermazioni sono state rifiutate dalla Chiesa in quanto sono sue opinioni personali. Per fare un discorso generale sui Padri, diciamo che il Magistero della Chiesa, rappresentato dal Papa e dai Vescovi riuniti insieme nei Concili, ha accettato, e ritenuto come espressione della sana dottrina, gli insegnamenti dei Padri della Chiesa che sono in accordo con quello che ha insegnato e continuamente insegna il Magistero stesso. Questa norma generale è importante per evitare le astute trappole di che vuole mettere i Padri della Chiesa contro la Chiesa stessa (come fa, ad esempio, la WT dei tdg nelle sue riviste).
Oltre a ciò bisogna aggiungere un altro particolare. Riferendomi alle citazioni di Origene sopra riportate, vorrei chiarire che chiunque cita uno o più passi estrapolati dal pensiero dell’autore, dove, ad esempio, si parla della subordinazione del Figlio al Padre, per dimostrare che lo stesso autore è un antitrinitario, è solo un dilettante che si limita ad aprire un testo senza conoscere né l’autore né il suo pensiero teologico e ad estrapolare frasi che non dimostrano alcunché di serio.
Il pensiero teologico di Origene è trinitario e contiene elementi subordinazionisti, anche se la sua teologia ha elementi che la discostano dalla linea che porterà al subordinazionismo degli ariani. Infatti, egli afferma che il Figlio non ha avuto un inizio temporale e che il Padre non è mai esistito senza il Figlio; tuttavia, egli definisce il Figlio come “dèuteros theòs” (Contro Celso, 5,39) e questo è un elemento subordinazionista. Inoltre, parlando dello Spirito Santo ne afferma la divinità: “della grande autorità e della dignità che possiede lo Spirito Santo in quanto essere sostanziale, così che il battesimo di salvezza non può realizzarsi se non per l’altissima autorità della Trinità per l’invocazione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in modo tale che il nome dello Spirito Santo è associato al Padre ingenerato e all’unico Figlio” (Sui principi, 1,3,2). Bisogna tenere presente che questo pensiero getta le fondamenta per la futura riflessione sulla Trinità e per le formulazioni dogmatiche che verranno fatte nei Concili successivi, di cui Origene non conosce ancora il linguaggio teologico preciso delle formulazioni, ovviamente. Egli utilizza il linguaggio e i concetti del suo tempo, che appunto verranno approfonditi in seguito.
Per quanto riguarda il tema della preghiera, bisogna ricordare che pregare il Padre nel nome di Gesù nello Spirito Santo è quanto insegna la Chiesa da duemila anni e che si tratta di preghiera trinitaria. Basti ricordare la struttura della preghiera nella liturgia. Quindi, Origene, a parte gli elementi del subordinazionismo, non sta dicendo alcunché di strano. La Scrittura, poi, parla della preghiera che si può rivolgere a Gesù. Si ricordi Gv 14,14, l’episodio del martirio di Stefano, la triplice preghiera di Paolo per essere liberato dalla spina nella carne (2 Cor 12,8 e ss). Per approfondimenti vari, rimando ad un manuale di teologia trinitaria.
Saluti