"E venne un uomo..." Anno 2011-2012 Ciclo liturgico "B"

Moderatore: berescitte

Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » lun feb 13, 2012 11:21 am

Domenica 19 Febbraio 2012 - VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - (ANNO B)



Prima Lettura Is 43,18-19.21-22.24-25
Così dice il Signore:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi.
Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe;
anzi ti sei stancato di me, o Israele.
Tu mi hai dato molestia con i peccati,
mi hai stancato con le tue iniquità.
Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso,
e non ricordo più i tuoi peccati».

Nulla da dire, se non un invito a tutti i cristiani a lodare Dio per la inesauribile misericordia perdonante che ci ha usato e ci usa ogni giorno. Benignità davvero immeritata e immeritabile, visto che è concessa "per amore di se stesso" e non per amore della cenere e polvere che, nel suo peccato, è repellente...
E tuttavia i meriti vengono dopo. Una volta che le persone sono rigenerate e rese "Corpo di Cristo", allora anche le azioni buone delle "membra" sono meritorie perché partecipano della santità del Capo di tutto il Corpo. Qui sta la differenza dell'antropologia soprannaturale tra cattolicesimo e protestantesimo (di cui il geovismo è parzialmente figlio).


Seconda Lettura 2Cor 1,18-22
Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì».
Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria.
È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

Questo è' un passo molto importante. Leggiamolo anche nella versione della NMrif.
«21 Ma colui che garantisce che voi e noi apparteniamo a Cristo e che ci ha unti è Dio. 22 Egli ha anche posto su di noi il suo suggello e ci ha dato la caparra di ciò che deve venire, cioè lo spirito, nei nostri cuori.»
Questo passo della 2 Corinti fa il paio con Romani 8,14-17 dove si legge:
«14 Poiché tutti quelli che sono condotti dallo spirito di Dio, questi sono figli di Dio. 15 Poiché voi non avete ricevuto uno spirito di schiavitù che causi di nuovo timore, ma avete ricevuto uno spirito di adozione come figli, mediante il quale spirito gridiamo: “Abba, Padre!” 16 Lo spirito stesso rende testimonianza col nostro spirito che siamo figli di Dio. 17 Se, dunque, siamo figli, siamo anche eredi: eredi in realtà di Dio, ma coeredi di Cristo, purché soffriamo insieme per essere insieme anche glorificati.»

Secondo un insegnamento pressoché secolare della WT questi passi significano che Paolo e tutti i cristiani del primo secolo erano membri dei 144.000 Unti. E si dice espressamente che tale certificazione era basata su quello che lo spirito di Dio comunicava interiormente a ciascuno.
Questa convinzione, trasportata agli Unti della nostra generazione (che poi Dio avrebbe definitivamente "suggellato" nel 1935!... ma poi ci si ripensò) garantiva a tutti i TG che coloro che, nella "Commemorazione della morte di Cristo", prendevano gli emblemi del pane e del vino erano Unti. Essi formavano nel loro insieme l'Unto rimanente sulla terra. E il loro numero, contato con scrupolo e pubblicato ogni anno in base a quel gesto che solo loro avevano diritto di fare, indicava l'approssimarsi progressivo della fine del mondo-sistema di cose. E ciò perché essi non dovevano scomparire prima che scoppiasse l'Armaghedon, in quanto dovevano fare da istruttori per coloro che avrebbero governato la terra (Patriarchi e giusti dell'Antico patto, risuscitati, e Anziani geovisti).
Insomma tale appartenenza alla classe degli Unti era ritenuta garantita nei cuori di tali eletti da Dio e dal suo spirito santo e perciò nessun TG poteva sindacare se uno che assumeva gli emblemi fosse Unto o no.
Perchè mai adesso si dice che il numero degli Unti non è sicuro e che la WT non ne tiene conto?
Perché si dà il caso che quel numero non è sempre andato calando, come avrebbe dovuto per invecchiamento e morte degli Unti rimanenti. Dapprima ha oscillato un poco e da qualche anno è in netta risalita, così che oggi abbiamo più unti di quanti non ve ne erano 40 anni fa: esattamente 11824 nel rapporto del 2011 contro i 10526 contati nel rapporto del 1970! E questo nonostante i numerosi decessi avvenuti nel frattempo.
Oggi la TORRE scrive candidamente: «Non abbiamo modo, perciò, di sapere il numero esatto di unti sulla terra, né ne abbiamo bisogno. Il Corpo Direttivo non tiene un elenco completo dei partecipanti, dato che non coordina tutti gli unti all’interno di una retemondiale.» (TOR 15-08-2011, p. 22)
A chi piace che la verità proceda con l'ordine e il contrordine può andare anche bene. Non tanto a chi ricorda che questo è l'ingrediente di una famosa barzelletta relativa ai carabinieri... Ma, si sa, lo humour è basato sulla logica, e la logica è un ramo della filosofia.


Vangelo Mc 2,1-12
Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico - : àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

La logica degli scribi è stringente. Solo Dio può perdonare i peccati per la semplicissima ragione che è Lui l'offeso dal peccato. E tuttavia il loro cuore indurito e prevenuto non ha permesso di realizzare che se Gesù, per accreditare la presenza di Dio nel suo Messia, ha fatto il miracolo della guarigione (cosa assai più difficile che non fare una dichiarazione verbale di assoluzione!) ciò voleva dire che in Gesù sussisteva sia l'autorità sia la potenza di Dio. Egli cioè impersonificava Dio (ed infatti era l'Emanuele, il Verbo incarnato, come dirà poi Giovanni).
Il meccanismo di esibire dei miracoli, ovviamente possibili solo a chi era il Padrone della natura, per accreditare Gesù come Messia - Figlio di Dio, Verbo della Vita, Immagine del Dio invisibile, "mio Signore e mio Dio" di Tommaso - è stato sottolineato da Pietro alla Pentecoste con queste parole: "Uomini d'Israele, ascoltate questa parole: Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -..." (Atti 2,22 - CEI) E Gesù stesso ha invitato a basarsi sulle sue opere per dargli fede "... il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse."(Giovanni 14, 10-11) ( "sono esse che mi rendono testimonianza" (Giovanni 5,36); ha cioè invitato le intelligenze a fare il collegamento logico tra effetti e causa, argomentando che se l'effetto è soprannaturale la Causa non può essere che Dio stesso.
Ed è così che ragiona anche la nostra Chiesa. Anche se si dice che il sacerdote ha il "potere" di perdonare i peccati, in realtà si intende dire che lui è una mera causa strumentale di tale miracolo che viene operato, come causa efficiente, dalla onnipotenza di Gesù-Dio offeso dal peccato e capace di assolvere. "Se qualcuno battezza è Cristo che battezza... assolve... consacra..." direbbe S. Agostino.
Insomma quel miracolo nei confronti del paralitico, come pure gli altri, erano la prova razionale che in Gesù era presente Dio, cosa che confermò egli stesso anche con le parole dichiarandosi Figlio di Dio nel vero senso della parola davanti a Caifa.
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » lun feb 20, 2012 3:56 pm

Domenica 26 Febbraio 2012 - I DOMENICA DI QUARESIMA - (ANNO B)


Prima Lettura Gen 9,8-15
Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall'arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».
Dio disse:
«Questo è il segno dell'alleanza,
che io pongo tra me e voi
e ogni essere vivente che è con voi,
per tutte le generazioni future.
Pongo il mio arco sulle nubi,
perché sia il segno dell'alleanza
tra me e la terra.
Quando ammasserò le nubi sulla terra
e apparirà l'arco sulle nubi,
ricorderò la mia alleanza

che è tra me e voi
e ogni essere che vive in ogni carne,
e non ci saranno più le acque per il diluvio,
per distruggere ogni carne».

Come è noto nella NM del 1967, a pag. 1381 la WT si vanta dicendo «Nelle Scritture Ebraiche , siamo riusciti a rendere la parola ebraica nef'esh sempre in modo uniforme come "anima".» Invero si è trattato di uno "sforzo" veramente leggero se, per ottenere questo risultato, è bastato dire al tipografo: "Ogni volta che trovi nef''esh tu scrivi anima".
Ma, come si evince dal contesto, in questo passo Dio parla di esseri-creature viventi di ogni specie (l'ebraico ha sempre "nephesh hayah"), e perciò è fuorviante chiamare "anime" tali esseri viventi come fa la NM. Naturalmente questo espediente è stato escogitato in forza di una dietrologia interessata che tutti conosciamo. Traducendo in modo così tendenzioso si vuole inculcare che anche l'uomo, nel suo insieme di essere vivente, sarà definito "anima", per poter così poi dedurre che la Bibbia insegnerebbe che l'anima muore!
Basterà però consultare un dizionario di ebraico per capire l'artificiosità, e quindi l'illegittimità, di tale operazione unificante. Esso ci dirà infatti che la parola nèphesh (unita o meno ad hayah) non significa anima ma bocca, respiro, alito, vento, collo, carattere, vita, vivente, persona, fa anche la funzione di pronome personale chi, colui, colui che, colui il quale, e significa perfino profumo.* Tutto insomma fuorché "anima" nel senso moderno del termine.
Altra noticina merita quel discorso sull'arcobaleno. Da esso traspare proprio lo stile di semplicità popolare dell'antropomorfismo biblico. Fa sorridere il fatto che Dio abbia bisogno di vedere l'arcobaleno per ricordarsi di dare lo stop alle nubi affinché non si ripeta il diluvio. Tra l'altro sembra che lo veda quando ammassa le nubi, invece natura assicura che l'arcobaleno appare quando ha smesso di piovere e non prima.
* la determinazione ad usare "anima" a tutti i costi fa cadere la WT anche nel ridicolo quando in Isaia troviamo che "le boccette dei profumi" sono tradotte "le case dell'anima"! (Isaia 3,20 – NM)



Seconda Lettura 1Pt 3,18-22
Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l'annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua.
Quest'acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.

In questo brano abbiamo variE osservazioni da fare. Seguiamo i punti sottolineati e vediamo come li rende la NM::
1) "messo a morte nella carne , ma essendo reso vivente nello spirito". Qui noi diciamo che il Cristo è morto ma è stato risuscitato grazie allo Spirito che ha conferito al suo corpo un'esistenza superiore, del tipo che non è più soggetta alla morte (come dice Romani 6,8) e rende il suo corpo umano capace della gloria del cielo (come assicura il fenomeno dell'Ascensione). Il geovismo invece ritiene che il corpo umano di Gesù "è morto, morto per sempre" (Russell) e non si sa che fine abbia fatto. Protrebbe essere stato "nascosto da qualche parte a ricordo dell'amore divino" oppure "essersi dissolto tra i gas della terra" (così ancora Russell). E quindi è assai inesatto dire che Gesù è il risuscitato. L'espressione "reso vivente nello spirito" nel geovismo significa che a un nuovo soggetto (che non è né il Gesù storico né il fu Michele arcangelo) sarebbe stato dato un "corpo spirituale", cioè di tipo angelico con dentro tutte le caratteristiche del fu Michele. Ovvero il cosiddetto "resuscitato Gesù" non sarebbe altro che che una copia di Michele Arcangelo che, con il suo corpo spirituale, può ascendere al cielo ove l'ingresso è interdetto a "corpo e sangue" che "non possono ereditare il Regno di Dio";
2) "andò a predicare agli spiriti in prigione". E' una azione che appunto Gesù non poteva fare non avendo più alcun corpo. Ma la fece il ri-Michele potendo col suo corpo spirituale andare negli inferi. Notiamo come in questo caso il geovismo intenda per "spiriti" i demoni che, al tempo di Noè, si sarebbero materializzati per avere commercio carnale con belle donne e, dopo il diluvio sarebbero stati relegati da Dio in una situazione degradata, prigionieri del tartaro. Che non si tratti di anime umane sarebbe garantito dalla dottrina geovista asserente che ogni uomo con la morte svanisce nel nulla e quindi nell'aldilà non esisterebbero "anime" (intese al modo cattolico come entità spirituali). A parte che tale ipotesi è contestabile per molte ragioni, ciò che rende certamente falsa questa loro interpretazione è significato dal verbo greco che indica l'annuncio "ekèruxen", voce del verbo kerysso, da cui la parola kèrygma che è usata nel NT come annuncio della salvezza e non si può quindi torcere nel senso di rimbrotto-rimprovero ai demoni. Oltretutto sarebbe ben risibile un annuncio di disfatta ai demoni se, come geovismo assicura, Gesù-Michele li avrebbe cacciati dal reame dei cieli solo nel 1914, e avrebbe debellato (intendi, debellerà) definitivamente il loro regno solo dopo il millennio successivo ad Armaghedon. Si è trattato dunque proprio dell'annuncio di salvezza, l'annuncio che da quel momento le porte del paradiso erano aperte per tutte le persone della antica alleanza, impedite, "in prigione" fino a quel momento dall'accedere alla divina beatitudine;
3) "alcune persone, cioè otto anime". E' la versione geovista – come abbiamo visto, tendenziosa - che rende il greco "psykaì" (equivalente del "nèphesh" ebraico) con "anime" laddove la traduzione giusta è "persone";
4) "Egli è alla destra di Dio, poiché andò in cielo; e angeli e autorità e potenze gli furono sottoposti". La cosa strana di questo versetto, che non è diverso nella NM da come lo rende la CEI, sta tutta nella spiegazione che il geovismo ne dà. Per noi la destra di Dio è simbolo di potere, autorità, regalità. Il che è confermnato anche dal verbo al passato "gli furono sottoposti" che indica cosa già avvenuta nel momento che Pietro scrive. Ma nel geovismo si crede che Gesù-Michele, assunto in cielo, è rimasto a sedere sullo sgabello a fianco a Geova fino al 1914 senza regnare. E solo in quella data – data in cui Geova avrebbe decretato lo stop alla prova dimostrativa che Satana era bugiardo* - solo allora Gesù-Michele avrebbe cacciato Satana dal reame dei cieli e avrebbe cominciato a regnare.
* Si ricorderà la famosa "contesa" suscitata da Satana nel giardino di Eden. A quel tempo, dice il geovismo, egli avrebbe insinuato che Geova non era bravo a governare l'uomo, e così indusse i progenitori a peccare rifiutando obbedienza al Creatore. Da allora Geova avrebbe permesso all'uomo, guidato da Satana, di sperimentare tutte le forme di governo possibili, affinché fosse dimostrato che nessuna di esse funzionava. Sembra proprio che alla corte celeste, resa dubbiosa dall'insinuazione satanica, non bastava la Parola del Creatore (come deve bastare a noi per avere Fede in Lui), bisognava che Egli dimostrasse che Satana era un bugiardo.


Vangelo Mc 1,12-15
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Questo Spirito, che a nostro dire, è la persona divina dello Spirito Santo (significato anche dalla S maiuscola) nel geovismo è concepito come "la forza attiva di Geova"; una sorta di energia con cui Geova compie tutto ciò che vuole, e che perciò il geovismo scrive con le S minuscole "spirito santo".
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » ven mar 02, 2012 9:05 am

Domenica 4 Marzo 2012 - II DOMENICA DI QUARESIMA - (ANNO B)


Prima Lettura Gen 22,1-2.9.10-13.15-18
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va' nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Qui, come in tutto l'Antico testamento, quando la WT trova il termine "DIO", se capisce che è riferito all'Altissimo, lo scrive con la "D" maiuscola e quasi sempre vi premette tra parentesi quadre "[il vero]". E questo accorgimento, di aggiungere quella parola tra parentesi, lo adopera – dice lei – «per completare il senso del testo italiano» (NMrif p. 7). Insomma secondo la WT dire "Dio" non è completo, non basta a far capire di chi si parla perché la Bibbia dice che "ci sono molti dèi e molti signori" (1Corinti 8,5). Naturalmente il contesto di Corinti fa capire che questo esserci molti dèi e molti signori è un'opinione umana che non corrisponde a verità, giacché, precisa Paolo, in realtà c'è un solo Dio.. Ma per il geovismo, che ha assunto nel suo gergo che la parola "dio" non sia un nome ma un titolo che sta a significare solo "potente", è necessario che quando si parla di "Dio" si precisi che è quello "vero" se si intende l'Onnipotente Geova. Per gli altri "dèi", gli altri "potenti", gli basta usare la "d" minuscola. Il che ha fatto realizzare più di un infortunio alla NM che ha dato a Gesù sia il titolo di "dio" (ad es. in Giovanni 1,1) e il titolo di "Dio" (ad es. in Isaia 9,6; in Giovanni 20,28; nella 1 Giovanni 5,20)
Notiamo anche come l'antropomorfismo permetta all'angelo di parlare come se fosse Dio stesso in persona (cosa già incontrata nel dialogo tra Abramo e i tre angeli alla quercia di Mamre). Quindi ci appunteremo che l'antropomorfismo non tratta la realtà per quella che è, ma la gestisce alla maniera umana. La realtà vera va decodificata; sta oltre ciò che la Bibbia esprime letteralmente.


Seconda Lettura Rm 8,31-34
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

Cominciamo dal fondo per notare quello "è risorto" che la NM rende "fu destato dai morti". La convinzione geovista che Gesù non sia Dio incarnato – capace dunque in quanto Dio sempiterno di risuscitare il corpo storico mortale di Gesù di Nazareth, cioè di risuscitare se stesso - fa tradurre alla NM il verbo greco eghèiro (in questo caso (egherthèis) sempre al passivo, per indicare che sarebbe stata solo la Persona di Geova a realizzare la risurrezione. Ma, come sappiamo da una eloquente dichiarazione di Gesù stesso, che poi fu usata come uno dei capi d'accusa per la sua condanna a morte, egli dichiarò chiaramente che lui stesso avrebbe risuscitato il suo corpo (cf Giovanni 2,19).
Poi vediamo anche qui, come la settimana scorsa nella lettera di Pietro, confermato che Gesù risorto "è alla destra di Dio" (NM) cioè regna già con potenza nel momento in cui Paolo scrive, senza dover aspettare il 1914.
Ma la parola più preziosa di questo brevissimo brano la troviamo nella seconda riga, ove la CEI traduce il greco ta panta "ogni cosa", e la KIT in interlinea traduce ottimamente "the all (things)" (cioè il tutto, o ogni cosa). Se però ci spostiamo nella colonnina a destra della KIT - ove la WT dice di offrire una seconda traduzione "in inglese moderno" e da cui derivano poi tutte le versioni nelle varie lingue europee - nella colonnina a fianco troviamo scritto "all other things"; cioè viene agggiunto tra "tutte" e "cose" l'aggettivo "altre" (other).
Nulla di trascendentale, si direbbe, giacché dire in italiano "ogni cosa" o "ogni altra cosa", in un contesto ove si presenta Gesù stesso come dono di Dio, è normalissimo. Gesù figura come il primo tra tutti i doni del Padre; e le altre cose (cioè tutto ciò che comporta la sua redenzione in termini di grazie, benedizioni, assoluzione, figliolanza adottiva ecc.... fino all'eredità celeste) sono appunto altri doni che accompagnano il primo. Il problema (e sarà da appuntarselo per quando lo incontreremo!) è che qualcosa del genere è avvenuto anche per il brano di Colossesi 1,16-20. Anche lì troveremo per ben cinque volte il ta panta greco, e per ben cinque volte, prima della parola "cose" la NM vi ha premesso l'aggettivo "altre" traducendo sempre "tutte le [altre] cose" così da far passare Gesù come una "cosa", una "creatura", "parte della creazione di Dio" spiegherà espressamente Ragioniamo (p. 406).
La cosa che non quadra sta nel fatto che, diversamente da questo punto della lettera ai Romani ove "altre" è senza parentesi quadre, nel passo di Colossesi l'aggettivo "altre" è sempre posto tra parentesi quadre! Ad indicare quindi correttamente che non è parola ispirata e che è stata aggiunta per "completare il senso".
Ma la verità è che invece in Colossesi il senso viene stravolto, perché senza lo "altre" risulta che il Figlio di Dio non è la prima delle "cose" ma precede ogni creatura, e quindi si situa nell'eternità con il Padre.
A noi dunque, per ora, interessa notare, a raffronto, il doppio peso e la doppia misura usata dalla WT in questa traduzione di Romani, rispetto a Colossesi. Se infatti passiamo ad esaminare nelle varie pubblicazioni geoviste quel passo di Colossesi, troveremo che l'aggettivo "altre" è stato costantemente promosso a Parola di Dio togliendogli le parentesi quadre! Ora se fosse vero che tradurre "tutte le altre cose" in Colossesi è pienamente legittimo perché l'aggiunta di "altre" non cambia il senso del testo sacro ma "lo completa", noi avremmo avuto che nella stessa Bibbia (e non solo nelle citazioni di essa fatte altrove!) quell'aggettivo "altre" sarebbe stato stampato dalla WT senza parentesi quadre, esattamente come è stato fatto qui in Romani 8,32.
Quindi questo passo di Romani è atto a smascherare che in Colossesi: a) l'aggiunta di "altre" stravolge il senso del testo (e lo fa ovviamente a favore della dottrina geovista che ritiene il Figlio di Dio creatura persino nel reame dei cieli); b) che questa diversità di senso e illegittimità di interpolazione di quella parola sono ben presenti alla coscienza del CD di Brooklyn, tanto da costringerlo a porre in Colossesi le parentesi quadre che invece qui in Romani non pone; c) che la truffa diventa doppia quando, dallo stravolgimento di senso nella stessa lettura della NM con le parentesi quadre si passa a togliere le parentesi ad "altre" quando il passo viene citato altrove, facendo credere che quell'aggettivo clandestino sia Parola di Dio.
Nessuno se ne adonti. Stiamo semplicemente applicando il "bereanesimo" a cui ci invita il CD e stiamo prendendo molto sul serio la sua ammonizione-avvertimento quando dice che «E' evidente che anche una cosa apparentemente insignificante come l'uso o l'omissione di una virgola o di un articolo determinativo o indeterminativo può a volte alterare il significato corretto del passo originale.» (NMrif, p. 7)


Vangelo Mc 9,2-10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Questa apparizione di Mosé ed Elia - simboli della rivelazione veterotestamentaria fatta di Legge e Profeti - persone vive e vegete che conversavano con Gesù (S. Luca preciserà che l'argomento era "la sua dipartita" e che apparvero "nella loro gloria" cioè non solo vivi ma con tanto di partecipazione alla gloria celeste – Luca 9,31) è uno dei brani che mette in crisi il geovismo che sostiene la nullificazione degli esseri umani con la morte.
La WT in proposito si affatica a ricordare che si trattava di una visione, di un qualcosa di irreale. Ricorda che i discepoli erano oppressi dal sonno; che Pietro farneticava non sapendo cosa dire ecc... Ma a noi basta farci delle legittime domande bereane per capire che il geovismo la sa lunga ma non la sa raccontare.
Ad esempio: come mai, se gli Apostoli erano convinti che nell'aldilà non ci fossero esseri umani non hanno chiesto a Gesù il senso di quella visione? Come mai non hanno mostrato meraviglia al vedere vivi Mosé ed Elia, addirittura circonfusi di gloria? Come mai Gesù, se, da bravo TG e primo fra gli Unti, aveva la stessa convinzione loro, ha scombussolato la loro credenza facendo credere loro che invece qualcuno nell'aldilà è ben vivo? Come mai, anche nella visione, il Padre li ha fatti apparire pieni di gloria quando il geovismo insegna che essi non parteciperanno mai alla gloria celeste che è riservata ai 144.000 unti (e loro unti non erano)? Come mai anche in seguito S. Pietro ricorda la trasfigurazione come un qualcosa di così reale che li ha galvanizzati? (cf 2 Pietro 1,16-18)
Il minimo che si dovrebbe dire, se fosse vera la dottrina geovista, sarebbe che né Gesù né Dio Padre, in questo frangente si sono comportati da "grandi insegnanti".
E poi ci sarebbe da scavare in quelle due voci del verbo anìstemi che, qui come altrove, indicano il risorgere di Gesù non in maniera passiva. Del resto Gesù ha detto di se stesso che lui stesso era "la resurrezione e la vita"! (Giovanni 11,25)
«In patientia vestra possidebitis animas vestras»... aliorumque. (Lc 21,19)
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Citocromo » ven mar 02, 2012 10:43 pm

"Figlio unigenito"
Noi cattolici riteniamo che Dio, per rivelare la realtà del suo essere, abbia fatto perno sui concetti che noi possiamo ricavare dalla nostra esperienza umana. Così si è presentato come Padre, Pastore, Re ecc... invitandoci a farci di Lui in'idea analogata ai concetti che ricaviamo dalla nostra esperienza di paternità, pastoralità, regalità ecc... Così il concetto di "figlio" porta con sé il contenuto della uguaglianza di natura con il padre, il quale non "crea" il figlio ma lo genera (quindi generare è diverso da creare!) donandogli la sua stessa natura. Tanto basta per dire che, se Dio ha un Figlio unigenito, non si intende parlare di figliolanza metaforica (propria di tutte le creature) ma di un essere personale che Dio Padre ha tratto dalla sua stessa natura divina e non creato dal nulla.


Caro Sandro, come hai scritto in un altro commento, la WT ritiene che generare e creare siano sinonimi. Ho fatto una ricerca e rendo noto a te e a tutti i foristi che la Scrittura distingue il creare dal generare. Consideriamo Is 45,8-11.18 nel testo greco della Settanta, la versione usata dai primi cristiani e dagli agiografi neotestamentari. Riporto la traduzione CEI 2008 e riporto tra parentesi il testo originale:

«Io, il Signore, ho creato tutto questo".
Guai a chi contende con chi lo ha plasmato,
un vaso fra altri vasi d'argilla.
Dirà forse la creta al vasaio: "Che cosa fai?" (Τί ποιεῖς)
oppure: "La tua opera non ha manici"?
Guai a chi dice a un padre: "Che cosa generi?" (Τί γεννήσεις)
o a una donna: "Che cosa partorisci?".
Così dice il Signore,
il Santo d'Israele, che lo ha plasmato:
"Volete interrogarmi sul futuro dei miei figli
e darmi ordini sul lavoro delle mie mani? […]
Poiché così dice il Signore,
che ha creato (ὁ ποιήσας) i cieli,
egli, il Dio che ha plasmato
e fatto (ποιήσας) la terra e l'ha resa stabile,
non l'ha creata vuota,
ma l'ha plasmata perché fosse abitata:
"Io sono il Signore, non ce n'è altri.»

In questo passo, come riportato nel testo della Settanta, si utilizzano verbi diversi: il verbo ποιέω (c’è anche κτίζω al v. 8 ) e γεννάω. Si distingue chiaramente il generare dal creare e l’autore usa i due verbi con precisione: Dio crea, il vasaio fa, il padre genera.
Quindi, abbiamo dal testo la conferma di ciò che tutti sappiamo. Anche nella mentalità dell’ebreo vissuto prima di Cristo era chiara la distinzione tra generare e creare.
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Mi sembra che si debbano ricondurre gli uomini alla speranza di trovare la verità. (Sant'Agostino, Lettere, 1,1)
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » sab mar 24, 2012 8:09 pm

Domenica 11 Marzo 2012 - III DOMENICA DI QUARESIMA - (ANNO B)


Prima Lettura Es 20,1-17
In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

L'espressione il "Signore tuo Dio" è sempre resa nella NM con "Geova tuo Dio" per l'ovvia ragione di voler sottolineare ad ogni piè sospinto la specificità del movimento geovista. In tal modo però, a mio avviso, si va contro il comandamento del v. 7 ove Dio dice "Non pronuncerai invano il nome...". Comandamento che nella versione greca dei LXX ha indotto l'antica sinagoga di Alessandria a sostituire il nome divino per eccellenza YHWH (Yahwèh) con Kyrios (Signore); usanza a cui si sono uniformati anche tutti gli scrittori del Nuovo Testamento e anche i rabbini fino ai nostri giorni che incontrando YHWH pronunciano Adonay (Signore mio) in contesto liturgico, e Ashèm (Il Nome) in contesto profano.
Qui va notato come la NMrif, che traduce «Non ti devi servire del nome di Geova tuo Dio in modo indegno» fa una interpretazione restrittiva del comando, per ricavarne la libertà di un largo uso. Ma in nota a "indegno" ha fatto aggiungere «o "invano"» come la CEI, e noi stiamo a questo significato, ritenendo i continui "Geova", disseminati nel testo della NM, un uso del nome di Dio fatto "invano" e anche tendenzioso, cioè strumentalizzato alla reclamizzazione del movimento geovista.

Un altro rilievo riguarda il comando contro le immagini. la NM traduce «Non devi farti immagine scolpita né forma simile ad...» forzando ogni logica. Da quando in qua le immagini sono "scolpite"? Ecco quindi che la versione CEI mi sembra più corretta perché parla di "idoli" cioè statue e di "immagini". E il v 5 che dice «Non devi inchinarti davanti a loro nè essere indotto a servirle» (NM) ci chiarisce che si tratta della proibizione dell'idolatria e non dell'immagine tout court. Si tratta quindi di un comando che ai nostri giorni è obsoleto. Chi mai oggi adora idoli nelle società evolute? Gli idoli venerati oggi hanno ben altro nome e aspetto che non quello di "immagini". Sono il potere, la ricchezza, il piacere e tutto ciò che distoglie l'uomo dal rapporto con il suo Creatore in modo assorbente. Ricordiamo anche che al tempo biblico dei serpenti nel deserto Dio stesso comandò a Mosé di fare un serpente di bronzo e di porlo bene in mostra su un'asta, così che chi, morso, si rivolgeva verso di esso veniva guarito dagli effetti del veleno. Era un'immagine, e perfino guardata con devozione! Ma la diversità stava nel fatto che era stata voluta da Dio come strumento mediatore di salvezza, e perciò era legittima come mezzo referente a Dio (come lo sono oggi i crocifissi e le icone sacre). Nel momento poi in cui il popolo, nella sua ignoranza, è passato a vedere quell'effigie come un qualcosa che aveva in sé il potere divino, e quindi a trattarla da idolo, Dio steesso comandò a Mosé di farla a pezzi. E parimenti noi abbiamo che S. Giovanni della Croce ammonisce le persone devote che perfino la corona del rosario può trasformarsi in oggetto idolatrico. Qualora avvenisse questo, il fedele dovrà essere invitato a distaccarsi da quell'oggetto. Attaccarci il cuore così da non saperne fare a meno sarebbe dare la funzione di fine a ciò che è è e deve restare un semplice mezzo. Chiaramente l'osservazione vale anche per le catenine, santini, e altro...
E infine una piccola riflessione sulla valenza del Sabato che per gli ebrei era giorno sacro al Signore e per noi cristiani è stato sostituito dalla Domenica, giorno in cui, con la risurrezione, si è perfezionato l'evento della nuova Alleanza. I primi cristiani si riunivano "nel giorno del sole", da loro ribattezzato "Dominica dies" (da cui "Domenica") per celebrare l'Eucaristia. Di qui la conquista del giorno festivo settimanale finalizzato al riposo, alla lode di Dio, alle opere di carità, salve fatte le funzioni essenziali al viver civile (ospedali, trasporti, informazione, sicurezza ecc...) perché "il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato".
I nostri fratelli TG purtroppo sono stati privati dalla loro Dirigenza di questa festività a livello religioso, ma la godono a livello sociale grazie alla usanza di mantenerla come giorno di riposo nella società civile e la "santificano" a modo loro andando a predicare e con una riunione pomeridiana di studio. Il recente permesso di tenere aperti i negozi anche di domenica è frutto della invadente secolarizzazione della società. Non è derivata da scelta della cristianità.


Seconda Lettura 1Cor 1,22-25
Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Ahimé! Abbiamo qui il primo accenno (durante la settimana santa ci ritorneremo per analizzarne l'illogicità e la dietrologia) alla sostituzione della croce con il palo. "Cristo crocifisso" diventa nella NM «Cristo al palo».


Vangelo Gv 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.

La NM non si è permessa di modificare i punti da noi sottolineati. Essa dice «e in tre giorni lo rialzerò» ma lo intende precisamente nel senso di risurrezione. E al v. 21 ammette che Gesù «parlava del tempio del suo corpo». Quindi noi invitiamo i TG di mente aperta a tirare le conclusioni ovvie. Gesù ha dicharato espressamente che avrebbe operato la risurrezione di se stesso. Una cosa possibile solo al Dio incarnato perché per effettuarla era necessario che Lui ci fosse e non ci fosse nello stesso tempo (un assurdo!). Doveva non esserci, cioè essere morto, perché doveva risuscitare; e doveva nello stesso tempo esserci per operare la risurrezione! Ecco che la cosa diviene possibile solo a un uomo-Dio, che morto come uomo, nella sua natura umana, continuava ad essere vivo nella sua natura divina. Così ciò che è stato risuscitato fu esclusivamente il suo corpo umano che fu riunito alla sua anima spirituale dalla potenza del Verbo, proprietario di entrambe le nature, umana e divina.
Dopo questo passo, così chiaro, non è proprio possibile intendere quel "fu risuscitato" esclusivamente al passivo, come azione operata da Dio Padre. Fu risuscitato al passivo Gesù uomo, certamente; ma poiché quella natura umana apparteneva al Verbo di Dio che l'aveva assunta nella unità della sua Persona divina, fu egli stesso, il Figlio, che operò la risurrezione in modo attivo. Che poi a tale atto abbiano concorso anche le altre due Persone divine del Padre e dello Spirito Santo è un dettaglio che lasciamo ad approfondimento teologico. L'importante è stabilire che l'Io del Figlio, che incarnato ha nome Gesù, non ha mai perduto la sua natura divina quando ha lasciato che il suo corpo umano morisse.
La sottolineatura finale è una conferma della divinità di Cristo perché solo Dio legge nel pensiero e sa "cosa c'è nell'uomo". Nessun angelo ha tale potere. Meno che meno ce l'aveva il Gesù geovista che non era più neanche arcangelo ma solo uomo.
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » sab mar 24, 2012 8:28 pm

Domenica 18 Marzo 2012 - IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO B)



Prima Lettura 2Cr 36,14-16.19-23

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all'avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell'anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: "Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!"».

Una riflessione spirituale: amara ma utile.
A quanto pare il popolo di Israele, nonostante avesse toccato con mano i grandi portenti che Dio aveva operato a suo favore sin dalla liberazione dalla schiavitù dell'Egitto, e nonostante avesse ricevuto da Lui i Suoi messaggeri, insegnanti e guide spirituali, riusciva periodicamente a dimenticare tutto. Il popolo di Dio riusciva-riesce a scollegare il suo benessere dalla condizione assoluta di amore e obbedienza riconoscente che il Signore poneva (e pone tuttora come lo fa ogni padre terreno) perché tale benessere si perpetuasse e non si trasformasse in... sculaccioni; quegli sculaccioni che erano sempre Suoi, provvidenziali, anche se venivano inferti tramite "cause seconde" come lo furono gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani.
L'accecamento del cuore umano è proprio un mistero. Nessuno di noi dovrebbe presumere che, al loro posto, noi non saremmo stati così sciocchi da disprezzare le Sue parole schernendo i Suoi profeti eccitando la Sua ira. Non possiamo proprio farlo se facciamo un sincero esame di coscienza. I miracoli e la provvidenza che tutti noi (in particolare mi riferisco ai popoli dell'area evoluta del pianeta che si va sempre più scristianizzando a livello planetario) andiamo sperimentando e godendo con lo sviluppo scientifico e tecnologico, non sono diversi da quelli sperimentati dall'antico Israele; semmai sono anche più meravigliosi. Eppure...
A questo punto, penso che ad ogni cristiano non resti che - insieme all'indefessa opera di catechizzazione della gente e di rievangelizzazione tramite parola e testimonianza di vita, dopo aver dato il meglio di sé - non resti che che supplicare lo Spirito Santo che trasformi i cuori di pietra della gente in cuori di carne e tolga loro la cecità delle dense tenebre che affliggono gli occhi di... quasi tutti; e dicendo "quasi tutti" non dimentico che i cristiani sono più di un miliardo. Non lo dimentico perché sto parlando solo della loro categoria, perché è alla loro-nostra categoria che pensa Papa Ratzinger quando parla di "rievangelizzazione" e di "analfabetismo religioso".


Seconda Lettura Ef 2,4-10
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Come si vede, San Paolo considera la condizione del battezzato, incorporato a Cristo Vite come tralcio, unito a Cristo come membro al Corpo, come se fosse già gloriosa, definitiva, acquisita. E lo è già in effetti. Tale è il miracolo dell'anima in grazia di Dio, è un anticipo, una caparra di paradiso. E' già un possesso assicurato, salvo il fatto che ci resta la libertà, finché viviamo in questa "tenda", nel tempo della storia, di fare come il popolo di Israele che ogni tanto lasciava la mano del Padre.
Siamo già risuscitati, dalla morte del peccato, sediamo già nei cieli con Cristo che ci partecipa le sue funzioni di sacerdozio, profezia e regalità. A condizione appunto di restare "in Cristo"; quello "in Cristo" (gr. èn Christò) che Paolo e Giovanni avevano come chiodo fisso, entusiasmante; e che, insieme al verbo rimanere "mènein", costituisce l'anticipo terreno della comunione trinitaria futuro, l'entrare "nel gaudio del tuo Signore" che attende chiunque sarà trovato "servo buono e fedele".
No, fratelli Testimoni. Il vostro CD non aveva diritto di trasformare lo "in Cristo" in "unitamente a Cristo", come fa costantemente nella NM. Non è la stessa cosa. Non corrisponde alla Scrittura. Ve lo garantisce il risguardo di copertina della vosra KIT, ove il vostro CD, spiegando la funzione delle preposizioni greche, le ha poste tutte in relazione ad un'ellisse. Osservatela bene e vedrete che, di tutte le preposizioni ce n'è una sola che sta proprio dentro all'ellisse: la preposizione "èn", con la sua esatta traduzione italiana che è "in" e non "unito a". Essa indica star dentro, incorporazione, unione profonda e non solo vicinanza, contatto esterno.

Un'altra riflessione, già fatta ma è bene richiamarla. Quando non si è "in Cristo" le opere non contano. Tutto deve venire dalla grazia che opera anche in chi non crede, ed è solo opera e merito di Dio. Ma una volta che la grazia, accettata con gratitudine dalla nostra volontà convertita, ci ha unito al Corpo di Cristo, una volta che siamo "in Cristo", allora Lui ci dona la virtù di appropriarci delle opere buone da noi prodotte. Siamo noi che le pratichiamo, noi che diventiamo corredentori, e Dio ce ne riconosce il merito che di riflesso torna a Sua gloria (cf. "affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli"). Naturalmente questa realtà (che propriamente va definita ontologica*) presuppone una corretta concezione della "grazia" che non è solo "immeritata benignità" ovvero solo un atteggiamento benevolente da parte di Dio, come dice la vostra dottrina. La grazia è una vera "compartecipazione alla vita divina" (si torni a prendere luce dalle metafore della Vite-tralci, Corpo-membra) che ci viene innestata con il battesimo e riacquistata – se perduta – dalla confessione. Ed è la presenza in noi di tale unione a Cristo "non meritata" che rende lo sguardo del Padre "benigno" eccitando in Lui l'atteggiamento di "immeritata benignità"; questa benignità da parte del Padre è un effetto di qualcosa di vitale, è un riflesso provocato dal Figlio che ci presenta al Padre come Suoi, suo Corpo "santi e immacolati al suo cospetto".
___________________________________
* "Ontologia/gico" (dal gr. òntos = essere, realtà) sono termini usati in filosofia per indicare e distinguere la realtà fattuale, entitativa, vitale, consistente, da quella puramente mentale, volatile, conoscitiva, che è espressa dalle parole "gnoseologia/gico" (dal gr. ghnoùs che vuol dire pensiero, mente)


Vangelo Gv 3,14-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Sarà buffo quanto si vuole ma è biblico e perciò va rispettato. Cosa? Ma questo accostamento, questo paragone che Gesù fa di se stesso crocifisso al serpente di bronzo costruito da Mosé. Ciò che conta è però la funzione salvifica connessa al "segno". Come salvava quello, data la fede come disposizione interiore, così (anzi meglio) Gesù salva dalla morte del peccato chi si rivolge, supplicando, a lui. E l'accostamento ci aiuta anche a ricordare sia la funzione delle immagini – accettata dal Padre! - sia il loro corretto uso nel culto. I TG dovrebbero riflettere al fatto (molto eloquente) che il serpente-immagine fu comandata da Dio stesso, e che aveva una funzione mediatrice: ci si rivolgeva a quella immagine per ottenere da Dio la salvezza. E quindi tale funzione sussiste lecitamente anche per le immagini usate dall'odierno Israele,* e sarà condannabile e da eliminare, proprio come lo fu il serpente di bronzo, solo se e quando la gente, nella sua ignoranza, le trasformasse in "idoli". Fu allora infatti che Dio comandò a Mosé di farlo a pezzi come abbiamo già commentato nella prima Lettura di domenica scorsa).
L'ultima parte del brano biblico mi fa venire in mente la ritrosìa - anzi il netto rifiuto! – dei TG a parlare davanti a un registratore e alla proibizione di registrare ciò che viene detto nelle Sale del Regno quando un visitatore, invitato, va e vorrebbe confrontare ciò che ascolta lì con ciò che ne pensa il proprio parroco o magari un membro del GRIS...
___________________________
* Del resto le pubblicazioni delle riviste geoviste non sono strapiene di immagini? E' vero che esse svolgono una funzione didattica, ma soltanto? Non hanno nella loro concretezza anche una funzione referenziale ai soggetti che illustrano? Un TG si sentirebbe tranquillo se adoperasse le pagine cartacee delle riviste ove è raffigurato Gesù per... pulire i vetri delle finestre o peggio? Un papà TG potrebbe tranquillmente strappare, sgualcire, usare per accendere il fuoco, davanti agli occhi dei propri bambini le illustrazioni contenute nelle pagine de "Il mio libro di racconti biblici"?)
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » dom mar 25, 2012 5:35 am

Domenica 25 Marzo 2012 - V DOMENICA DI QUARESIMA - (ANNO B)



Prima Lettura Ger 31,31-34
Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore -, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.
Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

Secondo la nostra veduta questi giorni che "verranno" sono già venuti. Sono iniziati con Gesù e sono continuati con la Pentecoste. Come il Regno di Dio che deve perfezionarsi ma è già qui per la stessa ragione, perché Dio si è fatto Emanuele. E l'Altissimo ci offre il grande onore di essere parte attiva di questa meravigliosa costruzione.
Ma, come dice la saggia filosofia, "nemo dat quod non habet" - il che corrisponde poi al popolare "medico cura te stesso! - per essere costruttori del Regno bisogna prima regnare su se stessi. Quindi animo, la Quaresima serve anche a questo.


Seconda Lettura Eb 5,7-9
Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Gesù imparò e fu reso perfetto nonostante fosse Figlio di Dio e perciò Persona divina incarnata. Questa stranezza è una delle tante che emergono quando le Scritture ci mosrano da un lato un Gesù- uomo (come in questo caso) e dall'altro un Gesù-Dio come nel caso dei miracoli.
Gruppi di persone hanno seguito sin dall'antichità uno solo dei due aspetti schierandosi per una sola delle due soluzioni ed escludendo l'altra che ai loro occhi pareva improponibile. Hanno così operato una scelta (che in greco si dice "àiresis" da cui l'italiano eresia) nella Scrittura, eligendo ciò che preferivano e mettendo in ombra ciò che indicava una realtà contraria. La nostra Chiesa (e in questo ci seguono sia gli ortodossi che i protestanti) ha ritenuto invece di non poter escludere nulla e così ha accettato la sintesi che si esprime nella realtà di Gesù vero Dio e vero uomo.
Il geovismo, come è noto, non ritiene divina in senso proprio neanche la situazione del Figlio prima dell'incarnazione (ritiene che sia Michele arcangelo, prima e unica creatura di Geova) e non ritiene reale neanche l'incarnazione di Michele poiché parla di "trasfeimento della forza vitale" che non ha nulla di personale. Quindi Gesù, nell'insegnamento geovista è solo ed esclusivamente uomo. E quando morì "morì per sempre" (così disse Russell).
Ed è proprio a seguito di questa totale accettazione di tutto ciò che la Scrittura dice, che sento di potere e dovere sottolineare ai nostri fratelli TG le ultime parole di questa Lettura chiedendo loro. E' obbedire a Gesù mettere da parte e snervare della loro potente testimonianza dimostrativa tutti quei versetti biblici che alludono alla divinità di Cristo? Per esempio, è normale, è corretto che nella NM il verbo greco proskynèo (che significa principalmente "adorare" e secondariamente "prostrarsi" e "rendere omaggio") venga tradotto sempre con "adorare" quando l'oggetto a cui ci si riferisce è Dio Padre, il demonio, gli idoli, e divenga invece "rendere omaggio" sempre e solo quando l'oggetto è Gesù? Eppure si dà il caso che nel geovismo "la preghiera fa parte della adorazione" e la Bibbia mostra molti passi in cui si insegna pacificamente che Gesù veniva pregato, cioè "adorato" e non solo "omaggiato".*
__________________________
* Cf ad esempio Giovanni 14,14; Atti 7,59; Luca 23,43; Atti 9,14; 1Pietro 3,15; Apocalisse 5,12-14... Naturalmente un TG "bereano", cioè preciso, esigente, aperto di mente, che si accerta di ogni cosa, dovrebbe anche omaggiare ciò che il suo CD garantisce e gli fa promettere quando si rivolge a noi non Testimoni; cioè "sono lieto di usare qualsiasi traduzione lei preferisca" (Ragioniamo p. 402) e quindi dovrebbe leggere i passi su elencati nella nostra Bibbia. Dopo, e solo dopo - e se lo farà ne riceverà una illuminante sorpresa - potrà leggere come sono stati "tradotti" (o traditi?) quei passi nella sua propria copia delle Scritture, nella Traduzione del Nuovo Mondo. E il verdetto circa quale sia la versione "giusta o no" lo potrà fare "solo" se confronterà le due versioni alla luce del verdetto che ne dà la KIT, come dice la TORRE del 1/6/1970, p. 340. Che cosa può esigere di più da noi, oltre la nostra condiscendenza di farlo... giocare in casa?


Vangelo Gv 12,20-33
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Ricordo che nel 1987, parlando con un Anziano dei TG, gli posi questa domanda: "Supponiamo che un giorno, mentre siete tutti radunati allo Stadio Flaminio per uno dei vostri congressi plenari, una voce potente dal cielo tuoni dicendo: «No, figlioli, è tutto sbagliato. La verità biblica sta nella Chiesa Cattolica!» voi che fareste?". Mi rispose: "Crederemmo ad un inganno di Satana che si traveste da angelo di luce!" (2Corinzi 11,14)
Fortunatamente questa sorprendente risposta era solo frutto della sua funzione. Gli Anziani devono mostrarsi Testimoni DOC, di fede rocciosa, tetragona! Di fatto la normale dei TG è più abbordabile (e sincera?) se sono bastate poche lacrime della statuetta di Civitavecchia a convertirne un bel mazzo. Però la risposta è indicativa dello spirito che la WT vuole inculcare nei suoi adepti. I nostri pastori dovrebbero tenerne conto se pensano di poter riconvertire facilmente ex cattolici che sono passati al geovismo. E' molto meglio prevenire che curare...
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » gio mar 29, 2012 5:27 pm

Domenica 1 Aprile 2012 - DOMENICA DELLE PALME - (ANNO B)



Prima della processione con le palme

Vangelo Mc 11,1-10
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito"».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».

Questa esclamazione-preghiera espressa dalla parola ebraica "osanna" ha due significati: di preghiera e di acclamazione-lode. Se in questo contesto di Marco si potrebbe pensare solo a una preghiera a Dio in favore del Messia; il testo di Matteo che indirizza l'osanna "al figlio di Davide" (CEI) ci fa pensare piuttosto ad un inno di lode rivolto a Gesù Messia. Il che è confermato dalla processione festosa con i rami di ulivo e soprattutto dal particolare che ricaviamo dal Vangelo di Luca ove alcuni farisei dicono a Gesù di rimproverare i discepoli per tale acclamazione (cosa ben strana se fosse stata rivolta a Dio!); lamentela a cui Gesù rispose "se questi tacessero griderebbero le pietre". E, oltre ai discepoli, i farisei volevano che fossero rimproverati anche i fanciulli osannanti nel tempio. Leggiamo infatti: «15 I capi sacerdoti e gli scribi, viste le cose meravigliose che faceva e i fanciulli che gridavano nel tempio, dicendo: “Salva, preghiamo, il Figlio di Davide!” si indignarono 16 e gli dissero: “Odi ciò che dicono costoro?” Gesù disse loro: “Sì. Non avete mai letto questo: ‘Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto lode’?” (Matteo 21,15-16 -NM)
Quindi sia i farisei che Gesù hanno dato la stessa interpretazione a quell'inneggiare osanna: quella di una lode-preghiera riferita allo stesso Messia e non a Dio!


Prima Lettura Is 50,4–7
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Faccio i miei complimenti a quei TG che, sull'esempio del Servo sofferente di Jahweh, "non sottraggono la faccia agli insulti e agli sputi", e si sforzano di "rendere la loro faccia dura come pietra" nel senso che sono pronti ad affrontare con tranquillità le derisioni, i rifiuti, gli insulti e perfino i mali modi con cui persone maleducate li trattano (ivi compresi alcuni nostri fratelli ancora ai primordi della formazione cristiana). Ho notato personalmente questa loro impassibilità che, se sincera, farebbe pensare a S. Caterina da Siena che incoraggiava alla pazienza dicendo "Nulla ti turbi, nulla ti sgomenti, tutto passa, solo Dio resta".
E, secondo la teologia cattolica che ricorda come Dio guarda il cuore-intenzione, dirò che laddove l'intenzione dei TG è retta (anche se erronea) il TG devoto "non resterà confuso" quando si presenterà davanti a Gesù, dopo aver dato il meglio di sé.
Il che ovviamente non toglie (e per questo esiste la Chiesa Madre e Maestra) che il Padre non cerchi solo degli "adoratori in spirito" ma anche "in verità" (Cf Giovanni 4,24) perché il Figlio si è incarnato proprio per darci la verità, abbondante, tutta intera; così che la retta intenzione sia unita alla retta comprensione dei "misteri del Regno"; quella comprensione che (ahimé!) nel geovismo non si trova, per lo meno nella sua interezza e purezza, come stiamo tristemente costatando.


Seconda Lettura Fil 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo
,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra
,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

La nostra Bibbia non si presta ad equivoci. Dice che il Figlio di Dio era "come Dio [Padre]" quanto alla sua "condizione", cioè al suo modo di essere. Noi diremmo, quanto al possesso della sostanza (o natura) divina che aveva in comunione con il Padre e lo Spirito Santo.
Così il suo diventare simile agli uomini, non poté significare la perdita di tale natura giacché a Dio non si può sottrarre nulla. Dovette significare necessariamente l'assunzione di un "aspetto" simile a quello degli uomini; il che coincide con l'idea che, facendosi "carne" la Persona divina del Verbo assunse come propria, per il proprio aspetto storico, anche la natura umana del figlio di Maria.
L'esaltazione a cui lo elevò il Padre, con la risurrezione, riguardò quindi solo la natura umana di Gesù, glorificata, resa partecipe di quella gloria che la Persona del Verbo aveva da prima che il mondo fosse (cf Giovanni 17,5).
Tutto questo dice divinità e dignità del Figlio pari a quella del Padre. Per questo, riecheggiando lo "affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre" ( Giovanni 5,23 – NM) questo antico inno di fede a Cristo termina dicendo che nel nome di Gesù si deve piegare ogni ginocchio. Sì, proprio come nell'Antico patto ogni ginocchio doveva piegarsi al nome di Jahweh. (cf Isaia 45,23) Anche la finale che esclama "Gesù Cristo è Signore" va in quadrata come fede nella sua divinità, giacché gli viene assegnato lo stesso titolo che nel NT è attribuito al Padre: Kyrios, Signore.

Ma la conferma che la Bibbia, in questo passo, dica divinità di Cristo, in senso pieno, a mio avviso è ricavabile anche da come la NM ha deformato questo testo che contraddice la sua dottrina asserente che il Figlio è stato "creato" dal Padre. In essa leggiamo: «5 Mantenete in voi questa attitudine mentale che fu anche in Cristo Gesù, 6 il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio. 7 No, ma vuotò se stesso e prese la forma di uno schiavo, divenendo simile agli uomini.»
Il "cioè che dovesse" è una interpretazione umana infilata nel testo sacro. Nell'originale non esiste!. Il testo dice che "era" come Dio Padre, quanto a divinità. E perciò non aveva alcun bisogno di "rapinare" quella posizione (altra interpretazione deformante). Lo assicura, come ho già notato, Giovanni 17, 5 ove la stessa NM ammette che il Figlio aveva la gloria divina «5 E ora, Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.»


Vangelo Mc 14,1 – 15,47
Volutamente lascio la narrazione della Passione (in tutti e tre gli anni A,B,C) senza commento. Anzitutto perché le narrazioni sono complementari, e perciò è bene vederle tutte insieme con le rispettive sfumature; cosa che nella celebrazione liturgica, limitata ai testi delle domeniche, non avviene, giacché le narrazioni della Passione degli altri evangelisti sono collocate durante la Settimana Santa. E siccome da esse si ricava una buona sintesi delle deformazioni che il geovismo opera contro la fede cattolica, le riserviamo ad un lavoro che faremo a parte.

Ad utilità però del mio amico TG e dei TG che non hanno una Bibbia cattolica ( oppure l'hanno ma non la consultano) riproduco il testo di Marco per un utile confronto che lascio alla loro intelligenza. La divisione del testo con titoli in corsivo, apposti dalla CEI nel suo sito da cui scarichiamo le letture, può aiutare la meditazione personale cogliendo alcuni aspetti degni di pensosa riflessione (adorante riflessione per noi cattolici).


Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco

- Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

- Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un'azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

- Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all'udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

- Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

- Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l'altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo, dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».

- Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell'alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

- Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
"Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse".
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

- Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

- Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

- Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: "Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d'uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d'uomo"». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa' il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

- Non conosco quest'uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l'ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

- Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei? ». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

- Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

- Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

- Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

- Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

- Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

(Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa).

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

- Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Citocromo » gio mar 29, 2012 6:32 pm

Come ha detto Sandro, la WT ha deformato il versetto 6 dell'inno cristologico di Filippesi. Prendiamo in considerazione il testo greco per vedere com'è la costruzione del periodo:

Fil 2,6: òς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τò εἶναι ἴσα θεῷ

Il verbo ἡγήσατο, aoristo indicativo (passato remoto, per intenderci con chi non sa il greco) di ἡγέομαι (considero, ritengo), è il verbo della proposizione principale e regge il doppio accusativo, l'accusativo dell'oggetto (che cosa?: τò εἶναι ἴσα θεῷ - l'essere come/uguale a Dio) e l'accusativo che esprime il complemento predicativo dell'oggetto (come?: ἁρπαγμὸν - privilegio [altre traduzioni rendono "rapina"]).
La CEI traduce rispettando la costruzione del periodo, invece la NM non solo non rispetta la sintassi greca, ma rende anche il versetto in un pessimo italiano: "il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio". Dalla NM possiamo notare che l'infinito sostantivato (τò εἶναι ἴσα θεῷ) è stato tradotto come se avesse valore epesegetico o dichiarativo, che in realtà non ha. Questo strano modo di rendere il testo in italiano ha due scopi: negare la divinità di Cristo e far credere a chi legge il testo che Gesù non pensò neanche lontanamente (per usare una loro espressione) di farsi uguale a Dio.
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » gio apr 05, 2012 12:28 pm

Domenica 8 Aprile 2012 - PASQUA DI RISURREZIONE (ANNO B)



Prima Lettura At 10, 34a.37-43
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Nella NM abbiamo la solita riduzione dello Spirito Santo a forza impersonale, assegnandogli le iniziali minuscole, nonostante che in vari passi della Bibbia questa "forza" mostri di avere un'intelligenza e una volontà, costitutivi specifici della Persona. Poi notiamo la trasformazione della "croce", venerata dai primi due presidenti fino al 1930 e demonizzata da Rutherford che le sostituì il "palo" (in finale di questo commento ci torneremo). Il v. 40 dice che Dio ha risuscitato Gesù, ma noi, sulla base di quanto già commentato nel Vangelo della III Domenica di Quaresima, ricorderemo che il Figlio di Dio ha detto anche che avrebbe risuscitato se stesso. E siccome Gesù bugie non ne dice, e l'azione divina che risuscitò il corpo terreno di Gesù non può provenire che dalla natura divina, crediamo sulla base di questa affermazione di gesù che la natura di divinità appartiene a tutte e tre le divine Persone. Ricordiamo anche che qui si parla di resurrezione di Gesù, ed è inaccettabile che il geovismo la trasformi in creazione di una copia di Michele arcangelo. Non è accettabile che si dia del menzognero a Gesù quando fece le sue apparizioni a ben 500 e più devoti e ha insistito nel dire e dimostrare ai suoi discepoli "sono proprio io... toccatemi... pizzicatemi... metti qua il tuo dito... ". Non è accettabile dire che la Bibbia insegna che erano visioni finte e materializzazioni provocate da Michele che, in quanto angelo avrebbe un "corpo spirituale" invisibile. Non esiste forse azione più corposa, concreta, umana del mangiare assieme. E la NM ammette che Pietro disse - e lo disse per confermare che non erano visionari! - «mangiammo e bevemmo con lui dopo che era sorto dai morti» (v. 41 - NM) Ai lettori la sentenza.


Seconda Lettura Col 3, 1-4
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

E qui abbiamo pure la conferma biblica, non modificata dalla NM, che "il Cristo è seduto alla destra di Dio". Ma la destra di Dio è simbolo della potenza. La Bibbia quindi dice che Gesù fu insignito del trono regale accanto al Padre sin dal tempo degli apostoli, e non, come insegna la WT, solo nel 1914.


Vangelo Gv 20,1-9
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

A parte il fatto che questa lettura richiederebbe che si parli del corpo di Cristo risorto che noi della cristianità riteniamo essere lo stesso corpo storico che morì sulla croce, mentre il geovismo dice che consisteva in un "corpo spirituale" di tipo angelico, creato ad uso e consumo di una controfigura del fu Michele Arcangelo. A parte la stravaganza immaginata da Russell che ipotizzò che il corpo storico di Gesù sarebbe stato "nascosto da Geova da qualche parte a ricordo dell'amore divino" (sic, più o meno) o addirittura "si dissolse tra i gas della terra" come se fosse stato poggiato sopra una solfatara. E a parte la motivazione addotta per tale sostituzione tra corpo storico e corpo spirituale che il geovismo appende a una malcompresa frase paolina che dice "corpo e sangue non possono ereditare (il geovismo dice "eredare"!) il regno di Dio". Tutti argomenti su cui torneremo perché ne avremo occasione...
Qui, a me preme far conoscere, ai fratelli cattolici e geovisti e a tout le mond, la tesi che il compianto esegeta Francesco Spadafora, mio professore all'Università Lateranense, fece conoscere a noi alunni già dagli anni '70 e che poi è stata ripresa da altri autori, ma sta ancora faticando a diffondersi. Intendo dire della tesi che lui chiamò "Prova fisica della risurrezione", e della quale dette le ragioni esegetiche nel seguente modo.

L'imput iniziale alla ricerca lo prese dal collegamento tra il vedere e il credere che il testo assegna al discepolo Giovanni. Che legame di causalità poteva contenere? Le parole che seguono il "vide e credette" chiariscono che si trattò di credere alla risurrezione, fino ad allora non capita. Ma non si trattò di un credere, di un atto di fede senza ragione, esso trovò le sue ragioni, il suo appoggio, nel vedere. Cosa vide Giovanni (e anche Pietro ovviamente, come riporta anche una variante che pone i verbi al plurale) da fargli scaturire in maniera direi esplosiva il credere alla resurrezione?
L'esegeta Spadafora, discostandosi dalla traduzione che normalmente si trova nelle Bibbie (compresa questa della CEI) e scavando sui sensi possibili dei termini greci originali, scoprì che le bende (ta otònia) con cui il corpo di Gesù era stato avvolto, erano sì "per terra" (altra traduzione fasulla) ma non, come si immaginerebbe, gettate al suolo rispetto al davanzale su cui era stata poggiata la salma, ma erano a terra nel senso di "giacenti" (kèimena), come ben traduce l'interlineare del Bigarelli. Cioè erano "schiacciate, appiattite". La versione che dice "posate là" che significato avrebbe?
Insieme e, diversamente dalla situazione sconcertante delle bende, Giovanni vide il sudario (to soudàrion) che era al posto del capo, non "ripiegato" (entetuligmènon)- pessima traduzione migliorata con l'attuale che dice "avvolto" - né era "in un luogo a parte" (èis èna tòpon), ma era ancora avvoltolato, cioè avea mantenuto la forma di palla, "nello stesso luogo" cioè al posto della testa.
Ecco allora che si spiega il collegamento tra il "vide e credette". Giovanni vide le bende appiattite e il sudario no, perché insieme alla sindone e alla legatura eseguita sotto al mento aveva mantenuto la forma rotonda senza appiattirsi come le bende; vide questo e capì - immaginiamo con che colpo al cuore! - che cosa significase risurrezione. Significava avere un corpo non più costretto dalle leggi della materia e quindi capace di uscire da quella prigione senza bisogno che le bende fosse sciolte.


(Dove si celebra la Messa vespertina si può anche proclamare il seguente Vangelo)
Dal Vangelo secondo Luca 24, 13-35
Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana,] due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Punto importante di questa lettura è la sottolineatura che Luca fa circa il motivo per cui i discepoli non riconobbero Gesù, nonostante parlasse loro a lungo e avesse il suo corpo storico, cosa ovviamente assai sorprendente e paradossale se non vi fosse stato un fattore particolare che lo impedisse. Ecco allora che il geovismo ricava da questa strana incacapità una conferma che il risuscitato non era il Gesù storico ma Michele arcangelo (noi precisiamo: la controfigura di Michele arcangelo!*)che, con i suoi poteri angelici, si dava di volta in volta un aspetto diverso da quello di Gesù di Nazaret. Quando apparve a tutti nel cenacolo prese l'aspetto di Gesù, mentre in questo caso si dette l'aspetto di uno sconosciuto fino al momento dello spezzare del pane. Ebbene questa spiegazione è falsa. L'impedimento al riconoscerlo non derivava dall'esterno, cioè dall'aspetto diverso del risorto, ma dalla loro biologia interna. Erano i loro occhi ad essere impediti (ovviamente da un miracolo operato dallo stesso Gesù) e non Gesù ad avere sembianze diverse. Almeno questo è ciò che dice la Bibbia, e lo dice perfino nella versione della NM "ma i loro occhi erano trattenuti dal riconoscerlo".
_____________________________
* Parlo di "controfigura di Michele" e potrei aggiungere "e di Gesù Cristo" perché la spiegazione di quella che noi, su insegnamento di Giovanni che dice "e il Verbo si fece carne", chiamiamo "incarnazione", cosa che il geovismo nega risolutamente, viene spiegata così nel geovismo: decisa la rivendicazione del diritto e capacità di Geova a ben governare, cose messe in dubbio da Satana sia in Eden che al tempo di Giobbe, e deciso che tale rivendicazione (che solo secondariamente avrebbe anche comportato la redenzione dell'umanità dal peccato) sarebbe stata operata da Michele arcangelo, soprannominato "la Parola" e ritenuto da Geova Figlio prediletto tra le miriadi di angeli buoni tutti Figli alla pari di lui...
Michele "sparì dal reame dei cieli" (sic!). Geova però catturò la di lui "forza vitale angelica", la riadattò opportunamente a "forza vitale umana", e la spedì a vitalizzare l'ovulo della vergine Maria di Nazaret. Così venne al mondo l'uomo Cristo Gesù. A sua volta l'uomo Cristo Gesù, sparendo come detto sopra il suo corpo e dissoltasi nel nulla la sua energia vitale, lasciò posto a una nuova creazione operata da Geova. Creazione che Geova operò immettendo in un nuovo individuo sia la personalità-ricordi-conoscenze del fu Michele che quelli del fu Gesù. A tale nuovo individuo però non venne dato un nome proprio ma gli furono assegnati entrambi i nomi di Michele e di gesù. Così che oggi si parla di questo nuovo individuo sia chiamandolo Gesù sia chiamandolo Michele.
Orbene se così andarono le cose, noi dobbiamo dedurne due cose: 1) che il nato Gesù uomo non era entitativamente lo stesso personaggio di Michele giacché la "forza, o energia vitale" è impersonale, è semplicemente l'energia che tiene in vita. E, come fa il geovismo analogando la morte dell'uomo a quella della bestia perché hanno la stessa energia vitale, dobbiamo pensare che anche quella di Michele aveva la stessissima funzione. Così che il "corpo spirituale" del fu Michele arcangelo, venendo privato dell'energia che lo teneva in vita sia morto. In pratica distrutto. 2) che quindi il cosiddetto Gesù-Michele, risuscitato dai morti, fu una nuova creazione ex nihilo (dal niente) che non ha nessuna continuità né con l'entità del fu Michele del reame dei cieli né con quella del fu Gesù di Nazaret. Quindi, come detto, fu una controfigura del fu Michele e del fu Cristo.


E non è neanche vero (cosa risaputa ma repetita iuvant) che Gesù sarebbe stato messo al palo e non crocifisso, come recita la NM geovista: "... i nostri capi sacerdoti e i nostri governanti l'han consegnato alla sentenza di morte e lo hanno messo al palo" (NM). Un TG "bereano" sa bene che se si vuole cercare la genuinità di un'acqua bisogna andare alla sorgente, cioè in questo caso a Russell Fondatore del movimento, e anche al suo successore prima maniera. No, niente palo. Gesù fu crocifisso come hanno ammesso e insegnato loro fino al 1930, per oltre 50 anni di geovismo. E come lo stesso Rutherford si gloriò della croce di Cristo e non ci vide affatto la sconvenienza che oggi il geovismo ci vede, terminerò questo commento riproducendo i sentimenti di noi cattolici davanti alla Croce, suggeriti dalla nostra liturgia. Noi cattolici non cambiamo dottrina, giacché il nostro Dio "non muta" non muta né Lui né il Suo messaggio di verità, come invece succede al Geova dei TG.

Ecco il vessillo della croce,
mistero di morte e di gloria:
l'artefice di tutto il creato
è appeso ad un patibolo.

Un colpo di lancia trafigge
il cuore del Figlio di Dio:
sgorga acqua e sangue, un torrente
che lava i peccati del mondo.

O albero fecondo e glorioso,
ornato d'un manto regale,
talamo, trono ed altare
al corpo di Cristo Signore.

O croce beata che apristi
le braccia a Gesù redentore,
bilancia del grande riscatto
che tolse la preda all'inferno.

Ave, o croce, unica speranza,
in questo tempo di passione
accresci ai fedeli la grazia,
ottieni alle genti la pace. Amen.

(Inno dei Secondi Vespri di Quaresima)

A cui fa eco il ritornello di questo canto popolare

"Ti saluto o croce santa
che portasti il Redentor:
gloria, lode, onor ti canta
ogni lingua ed ogni cuor."


Buona e santa pasqua a tutti!
«In patientia vestra possidebitis animas vestras»... aliorumque. (Lc 21,19)
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » sab apr 14, 2012 10:29 am

Domenica 15 Aprile 2012 - II DOMENICA DI PASQUA - (ANNO B)



Prima Lettura At 4,32-35
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.
Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

Questa pagina da un lato apre il cuore alla contemplazione di una situazione ideale. In pratica abbiamo una comunità molto allargata che si comporta come una famiglia e lo fa sotto lo stimolo dell'amore fraterno. Dall'altra però stimola una riflesisone utile a notare la differenza realistico-sincera tra noi cattolici e idealistico-millantata dei TG. L'iniziale comunità cristiana viveva una situazione eccezionale, dovuta alla scaturigine di quella fraternità che derivava dall'impressione, vivissima nei membri, lasciata dal Cristo risorto; dalla sua palese assistente presenza, dimostrata con i prodigi materiali e psicologici delle conversioni; dalla consapevolezza di essere membri di un nuovo popolo di Dio con un nuovo patto di alleanza che rispetto all'antico era come la realtà rispetto alle ombre ecc... Insomma il geovismo dovrebbe ammettere onestamente che in casa propria non esiste (e nessuno lo potrebbe pretendere!) la situazione della Chiesa (o Congregazione) del primo secolo. E quindi quando la Dirigenza si vanta di seguirne in tutto e per tutto la struttura non dice una verità completa: le eccezioni vengono fuori, ma dopo, solo dopo che ci stai dentro a tale osannata fraternità.

Un appuntino merita quel "grande favore" che la NM rende impertinentemente con "immeritata benignità", cioè ricorrendo alla stessa espressione che usa per rendere il concetto cattolico di "grazia" (gr. chàris). Qui non si tratta di favore divino che, giustamente, è sempre immeritato, si tratta di benevolenza del popolo non cristiano, e perciò benevolenza meritatissima perché basata sul comportamento che i cristiani avevano sia tra loro che nei confronti del prossimo. Insomma sembra proprio che alla "chàris" il geovismo voglia far passare le stesse forche caudine già riservate alla "nèphesh" ebraica e alla "psychè" greca, che vengono rese «sempre in modo uniforme come "anima"» (NM 1967 p. 1381), quando, a seconda dei contesti, significano concetti diversi. Ma tant'è, quando la voglia di inculcare un'idea falsa è così impellente, il geovismo non si perita di far violenza ai testi traducendoli in maniera del tutto non pertinente. La manovra è studiata, servirà di appoggio quando ci si imbatterà nel concetto di "chàris" divina, reso dai cattolici "grazia", parola alla quale corrisponde un concetto del tutto diverso da quello geovista di "immeritata benignità".


Seconda Lettura 1Gv 5,1-6
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.

Se ci sono frasi della Bibbia che davvero si interpretano da sole credo che queste due potrebbero essere incluse nel numero. Ed è interessante notare che sono tali e quali anche nella NM.
"Chiunque" dice Giovanni, e perciò è falsa la dottrina geovista che assegna la generazione da Dio e la relativa figliolanza adottiva ai soli 144.000.
E, quanto allo Spirito, si dice che "dà testimonianza". Atto di intelligenza dunque, che è poi confermato da decine di altri passi che indicano la stessa funzione, insieme a quella volitiva. Funzioni che ovviamente sono specifiche della persona. Quindi il geovismo sbaglia dicendo che lo "spirito santo" è solo una forza impersonale che Geova adopera come longa manus per tutte le sue opere. Assegnargli le "s" minuscole non basta a spersonalizzarlo. La sua personalità è talmente evidente dal modo di comportarsi che in molti casi la Bibbia assegna allo Spirito, che in greco è neutro (to pnèuma), il genere maschile.


Vangelo Gv 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

"Mostrò loro le mani e il fianco... Disse loro... Metti qui il tuo dito..." è l'esibizione dei fatti, la dimostrazione che si trattava di realtà. E i discepoli, coerentemente, hanno detto a tutti che hanno "visto" il Signore risorto, anzi, come si legge in altri passi, lo hanno toccato in tanti, ci hanno anche mangiato assieme. Come si fa a dire che si trattava solo di "visioni" non corrispondenti alla realtà? Questo è infatti ciò che pretende sostenere il CD dei TG. Il risorto non sarebbe affatto Gesù (anche se stranamente ne conserva il nome) ma un nuovo "corpo spirituale" di tipo angelico (e perciò invisibile) creato da Geova, e nel quale egli avrebbe immesso i ricordi e la mentalità sia del fu Michele arcangelo, "sparito dal Reame dei Cieli" sia dell'uomo Gesù di Nazareth "morto per sempre". Insomma gli apostoli e i discepoli non avrebbero visto udito e toccato Gesù ma dei corpi finti (ologrammi?) dei quali questo nuovo individuo, controfigura ibrida sia di Michele che di Gesù, si sarebbe dato volta per volta e con aspetti diversi nelle varie "apparizioni". Questa tesi sorprendente è tutta appesa al filo di una frase biblica paolina asserente che "carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio". (1Corinzi 15,50) Essa è ovviamente capita in maniera deformata dal geovismo che la interpreta nel senso letterale di muscoli e ossa, così da sostenere che nel reame dei cieli, che è spirituale, ci possono abitare solo "corpi spirituali" di tipo angelico e non anche corpi di gente fatti di carne e sangue. Ma la risurrezione del reale corpo storico di Cristo contraddice questa veduta. E San Paolo perciò dice che morendo non vuole perdere la sua "tenda terrena" ma che sia "sopravestita dalla vita" (cf 2Corinzi 1-9) e, sempre pensando al risorto, parla di un corpo trasformato, spiritualizzato, sulla falsariga del quale anche noi avremo analoga trasformazione (cf Filippesi 3,21). Insomma lascia intendere ciò che l'esegesi delle Chiese storiche ritengono da sempre: che "carne e sangue" in questa accezione paolina significano l'uomo nella sua terrestrità, l'uomo non pneumatizzato. Questi non può sognare di entrare nel regno di Dio. Ma l'uomo che, divenuto "nuova creatura" con la grazia, e che ha mantenuto fino alla fine la "veste nuziale", quest'uomo avrà il suo misero corpo trasformato dalla risurrezione e reso, come Gesù, capace di abitare nel mondo spirituale, metaforizzato dal concetto di "Regno di Dio".
Fatto interessante: si tratta di una convinzione antica perché la si ritrova anche in Tertulliano che, citato da papa Benedetto XVI nella veglia pasquale di quest'anno, disse: «Abbiate fiducia, carne e sangue, grazie a Cristo avete acquistato un posto nel Cielo e nel regno di Dio». Quindi è grazie alla potenza trasformante di Cristo, e non grazie alle proprie forze né meriti, che sì, proprio questo corpo storico, fatto di carne, sangue, muscoli, ossa, nervi e quant'altro... è proprio esso che, riunito con la risurrezione all'anima, entrerà nel mondo beato ove già vivono angeli e santi.

"Spirito Santo", con le maiuscole, per favore, stavolta e non con le minuscole come nella NM. E' Persona divina!

"A coloro a cui perdonerete...". Ecco qui istituito il potere sacramentale della Riconciliazione, affidato ai membri della Chiesa visibile. Dio ratifica ciò che operano i suoi ministri in relazione alle colpe di cui ci si confessa e ci si pente o si rifiuta di farlo; operazione ovviamente che va effettuata davanti a loro e non direttamente in privato con Dio come pretende il geovismo. Che però poi si è inventato una sorta di... assoluzione generale in articulo mortis (di cui parleremo).

"Il segno dei chiodi". Anche questo passo è ben tradotto nella NM. Chiodi è un plurale. Quindi la Bibbia conferma che ogni mano di Gesù ebbe il suo chiodo. E' un arbitrio dunque raffigurare Gesù con le braccia stese sopra il capo, poste una sull'altra e trafitte da un solo chiodo. Se il "palo" piace oggi alla Dirigenza geovista, amen! La Bibbia con i termini greci stauròs e xylon indica la croce a due bracci, come insegnarono anche il fondatore dei TG, Russell, e il secondo presidente Rutherford fino al 1930.

"Mio Signore e mio Dio!" la NM precisa che non fu un'escalamazione rivolta a Geova. Leggiamo infatti «Rispondendo, Tommaso gli disse» (NM), quindi era un atto di fede rivolto alla identità di Gesù definito "Dio" e con la "D" maiuscola che il geovismo riserva a Geova! Una... ciambella riuscita con il suo buco regolamentare? Come quelle di Isaia che qualifica il Messia "Dio potente, Padre eterno"? (Is 9,6) e quella della 1Giovanni che, riferendosi a Gesù, dice "Questi è il vero Dio e la vita eterna"? (1Gv 5,20)

"Perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio". Il geovismo pensa di risolvere tutte le sue contraddizioni calcando su questa finale e argomentando che essa dà luce a tutto perché la Bibbia dichiarerebbe, come succo di tutto il discorso del Vangelo giovanneo (che è quello che più insiste sulla divinità di Gesù) che il Vangelo vuole appunto insegnare che Gesù è "il Figlio di Dio e non Dio stesso" (sic!)
Ovviamente questa osservazione del CD gioca sull'equivoco e lo fa assegnando al cattolicesimo una fede trinitaria di tipo assurdo, mai sostenuta. La ritroviamo anche a pag. 39 di Potete ove, parlando della preghiera di Gesù al Padre si dice «Se Gesù fosse stato l'Iddio Onnipotente, non avrebbe rivolto una preghiera a se stesso, vero?» L'equivoco nasce dal non voler distinguere – cosa essenziale per capire che la formulazione trinitaria è un mistero, cioè una verità superiore ma non contraria alla ragione (come lo sono le affermazioni assurde) – dal non voler distinguere, dicevo, i concetti di "natura" e "persona", ma volutamente li si confonde tra loro o li si unifica. Se però un TG onesto volesse conoscere con esattezza il pensiero cattolico e provasse, perciò, a sentire come lo espongono i cattolici anziché la sua Dirigenza, saprebbe che:
1) con la parola "Dio" si indica la natura o sostanza divina, ed è l'ontologia di Dio da cui scaturiscono le sue specifiche qualità di eternità, onnipotenza creatrice e conservatrice nell'essere, onnisapienza, onniscienza, onniveggenza, onnipresenza, aseità, santità, amore, provvidenza, giustizia ecc...;
2) con la parola "Persona" si indica il soggetto proprietario di quella natura. Soggetto che nel Dio cristiano è triplice. Dio, si è rivelato da sempre nell'Antico patto (e anche intuito dai grandi filosofi) come Persona, e da Gesù come famiglia tripersonale.
Di qui la formulazione trinitaria. Dio è unico, come natura, e trino, come Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Posta questa distinzione ecco che non risulta assurdo spiegare che ogni Persona divina è distinta dalle altre, e tuttavia non è separabile perché convive nell'unica natura divina posseduta totalmente in maniera comunitaria. Il Padre cioè, fonte della divinità, ha generato un Figlio al suo interno, e con esso ha spirato uno Spirito Santo. I Tre sono in relazione tra di loro: di paternità il Padre verso il Figlio, di filiazione il Figlio nei confronti del Padre, di spirazione lo Spirito nei confronti di entrambi.
Se quindi il Figlio prega il Padre, lo può fare perché è Persona distinta da Lui. Basta capire (altrimenti si ha un'altra fonte di equivoco) che quando nel NT si trova la parola "Dio" (gr theòs) si deve capire dal contesto se si tratta di Dio Figlio o di Dio Padre o di Dio Spirito Santo.

Termino aggiungendo che Dio, nel rivelare se stesso, si è servito dei concetti che noi traiamo dalla nostra cultura ed esperienza umane (ecco perché si è presentato come, re, come pastore, come giudice, come padrone, come padre...). E se noi proviamo a ragionare su Dio Padre e sulla relativa figliolanza di Cristo, sulla scorta dell'analogia umana, ci accorgiamo che i figli non si "creano", si "generano". E generare non vuol dire fare dal nulla, ma far essere una nuova "persona" traendola da se stessi, donandole la propria natura. La differenza tra la generzione umana e quella divina sta nel fatto che la nostra avviene nel tempo (e perciò ogni padre è prima del figlio) e nel fatto che la natura paterna donata al figlio vive di vita propria autonoma, non solo distinta ma anche separata nel tempo e nello spazio, pur avendo la nuova persona generata, la stessa dignità - quanto al fattore umanità - del genitore generante. In Dio tutto ciò avviene nell'eternità del suo Essere, che estraneo al tempo e perciò senza un prima e un dopo, e il Figlio così generato (intellettualmente) non gode della natura divina in maniera autonoma (due infiniti sarebbero assurdi). Dio resta unico, ma tripersonale.
Non si dimentichi che fu proprio la rivendicazione di essere "Figlio di Dio", capita da Caifa e dal Sinedrio non in maniera metaforica ma appunto generazionale, il che comportava il possesso sia della natura che della personalità divina, che fu il motivo di condanna a morte di Gesù con l'accusa di bestemmia. Era la stessa accusa rivoltagli in passato quando i giudei intuirono che la sua era una figliolanza di natura perché identificava se stesso con Dio. Dissero che era una "bestemmia, perché tu, benché sia un uomo, fai di te stesso un dio”* (Giovanni 10,33 - NM)
____________________________________________
* Si noti il piccolo pasticcio contraddittorio del CD, che in questo caso avrebbe dovuto usare la "D" maiuscola. Fare di se stesso un "dio" con la "d" minuscola non configurava una appropriazione indebita della gloria divina, e perciò una bestemmia, giacché (lo insegna lo stesso geovismo) Gesù, quanto ad essere un "dio" con la minuscola lo era a pieno titolo, perché era un "potente". Tale è il significato della parola "dio" nel geovismo.

Conclusione
Insomma se il CD capisse che noi, pensando alla generazione (e non alla creazione) pensiamo automaticamente alla identità di natura tra il generante e il generato; e se capisse che le caratteristiche divine dipendono dalla natura di Dio; capirebbe anche che se il Padre ha una natura Onnipotente e genera un figlio facendolo partecipe della propria natura, anche il Figlio sarà Onnipotente, cioè Dio con la maiuscola, alla pari del Padre. E ciò pur restando dipendente dal Padre nella generazione che è eterna.
Quindi il fatto che il CD rimarchi che il Vangelo ci svela "che Gesù è il Figlio di Dio, non che è Dio stesso", è confusionario perché dovrebbe dire "non che è la stessa persona del Padre". Il Vangelo cioè ci rivela sia che Padre e Figlio sono persone differenti; l'una non è l'altra. Ma contemporaneamente ci svela, grazie al rapporto generante che dona la sua natura al generato, che il Figlio è Dio, o di natura divina, come il Padre. Altro aggancio confusionario sta nel far credere che "avere natura divina equivale a dire avere un corpo spirituale. Non è così. Gli angeli hanno corpi spirituali ma non natura divina. La natura divina è increata, eterna, i corpi degli angeli (che il geovismo estende anche agli Unti!) sono entità create di natura spirituale, non materiale, ma non divina.
Allora, il pensiero cattolico è questo: l'essere Figlio di Dio Padre non fa sì che il Figlio sia creatura, ma, avendo la natura divina del Padre sarà Dio egli stesso. Il gioco di trasformare il concetto di "Dio" (che è relativo alla natura divina), nel concetto di "Persona" (che invece significa il soggetto che possiede la natura, e perciò può essere triplice, e va creduto così perché così Gesù lo rivela) permette al CD di dire che Gesù "non è l'iddio onnipotente" quando, onestamente, dovrebbe dire che "non è il Padre". Il Figlio-Gesù non è il Padre ma quanto ad essere Onnipotente lo, e lo è anche lo Spirito Santo che Padre e Figlio rendono partecipe dell'unica natura divina. Ciò Gesù lo ha dimostrato sia dicendo che "tutto ciò che il Padre ha è mio" sia con tutti gli altri accenni che indicano la sua divinità, sia con i miracoli compiuti a nome proprio, come anche con il sostituirsi tranquillamente al Padre senza timore di fargli lo sgarbo-affronto che farebbe qualunque creatura che pretendesse di "farsi uguale a Dio".
L'inizio della chiarificazione sta dunque tutto nella distinzione filosofica tra "natura e persona". Ecco perché, per sostenere la sua confusione, il geovismo si scaglia contro la filosofia, che invece la Chiesa vede come utilissima serva della teologia perché le fornisce i concetti adatti a fare chiarezza.
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » ven apr 20, 2012 7:11 pm

Domenica 22 Aprile 2012 - III DOMENICA DI PASQUA - (ANNO B)



Prima Lettura At 3,13-15.17-19
In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l'autore della vita, ma Dio l'ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».

In questa lettura nella NM c'è una versione giusta, ma equivocata nel senso; e una sbagliata.
Quella giusta è l'ultima da noi sottolineata. Anche la NM parla di "cancellazione" dei peccati, ma poi il CD spiega questa cancellazione come "dichiarazione di giustizia" e non vera purificazione, scomparsa. I peccati nel geovismo restano tutti, sono indelebili; anche quelli degli Unti che sono (dicono!) i più buoni tra i buoni. Ma noi cattolici crediamo a tutta la Bibbia e perciò capiamo questo brano come vera cancellazione, alla luce di San Paolo che, riguardo al battesimo, insegna che opera una morte e resurrezione, rigenera trasformandoci in nuove creature (cf. Romani 6, 3-11).
Quella sbagliata è la prima, che la NM trasforma in "principale agente della vita". Già, dire "autore della vita" faceva assomigliare troppo Gesù al Padre, gli dava una divinità in senso forte, da Dio Onnipotente. Ma il CD non fa dire ai suoi proclamatori che la loro dottrina è appoggiata da qualsiasi Bibbia, da qualsiasi traduzione noi preferiamo usare? (cf Ragioniamo p. 402). Davvero? Anche se usiamo questa della CEI?


Seconda Lettura 1Gv 2, 1-5a
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto.

A quanto ne sappiamo, noi cattolici riteniamo che Gesù non è venuto ad abolire nulla della Legge mosaica (salvo le usanze rituali che hanno lasciato il posto al nuovo culto spirituale incentrato sull'Agnello) e perciò riteniamo che noi cristiani, come tutta l'umanità, siamo sotto i comandamenti (che poi sono un sintesi della legge naturale). Gesù non ne ha abolito nessuno, ma anzi vi ha aggiunto il suo comandamento dell'amore spinto fino alla massima espressione del dono della vita. Il geovismo invece insegna che "i cristiani non sono più sotto i comandamenti" perché essi facevano parte della legge mosaica. Originale no?


Vangelo Lc 24, 35-48
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Torna la riflessione relativa alla veridicità di Gesù quando, con le sue apparizioni, ha dichiarato apertamente di essere lo stesso soggetto che era stato crocifisso, si è fatto toccare, ha invitato a "pizzicarlo" (gr. pselafésaté me), ha mostrato di avere bocca e stomaco per mangiare. Il geovismo, come già osservato, dice che mentiva perché erano solo "visioni" ovvero "materializzazioni" di personaggi creati ad arte da Gesù risorto. Poi però, quando si va a scavare nella dottrina geovista e ci si fa spiegare cosa significa morire (e ti dicono che equivale a finire totalmente nel nulla) e in che consiste lo spirito vitale, sia esso animale, o umano o angelico (e ti dicono che si tratta di una energia impersonale), allora ti accorgi che è il geovismo a mentire dicendo che il risorto è sia Gesù che Michele arcangelo. Mente perché logica vuole che, stanti le premesse appena dette, il risorto geovista non è né l'uno né l'altro, ma è un soggetto diverso, creato a bella posta da Geova (e perciò non "risuscitato"), sulla base della sua memorizzazione dei due soggetti precedenti. Questa terza persona sarebbe dotata di un "corpo spirituale" (che il geovismo intende spaziato e di forma ben definita ma non materiale, di tipo angelico) nel quale Geova avrebbe immesso il corredo psichico sia del fu Michele arcangelo, sparito dal reame dei cieli, che del fu Gesù Cristo, sparito da questo mondo, facendone una controfigura di entrambi. Anzi è corredato di un nuovo "nome-titolo", quello di "feldmaresciallo di Geova" in vista della "guerra del gran Giorno dell'Iddio Onnipotente" che egli dovrebbe dirigere ad Armaghedon.
Mah! Io penso che il minimo che si possa dire, di fronte a queste stravaganti invenzioni, è che ci sarà davvero da pregare tanto affinché, come già agli Apostoli, il nostro mite Gesù, Buon Pastore come lo contempleremo domenica prossima, apra ai TG "la mente per comprendere le Scritture" nel giusto senso. Quel senso "quod semper tenuit ac tenet sancta mater Ecclesia" e che essa, nel nome di Gesù, predica da sempre sottolineando accoratamente "a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati", e non la prossima fine del mondo ad opera di un Gesù giustiziere; anzi giustiziere ingiusto se, come insegna la WT, "non lascerà né radice né ramo".
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » gio apr 26, 2012 3:49 pm

Domenica 29 Aprile 2012 - IV DOMENICA DI PASQUA - detta del Buon Pastore (ANNO B)



Prima Lettura At 4,8-12
In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato.
Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo.
In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Il testo di Pietro, come tutte le narrazioni evangeliche sulla passione, ci richiama la grande e scioccante svolta dottrinale del secondo presidente dei TG, Joseph Franklin Rutherford. Come è noto, verso il 1930, egli passò dalla venerazione e dal gloriarsi della croce di Cristo* a sostenere dapprima che Gesù fu appeso a "un albero" e, poco dopo, che fu appeso a un "palo"; il che è la dottrina attualmente sostenuta. Nel presente passo biblico, appunto, la NM, ovunque si parli dello stauròs o dello xylon su cui fu suppliziato Gesù, traduce sempre "palo". Cambiamento di grande gravità se poi parallelamente si insegna che il "palo" era di una offensività assoluta perché alludeva nientemeno che al simbolo fallico che gli idolatri pagani agitavano come un ramoscello "alle nari di Geova"... (sic!) E' un rilievo questo che avremmo preferito non segnalare mai, ma sono cose che abbiamo trovate scritte negli stampati geovisti e la verità esige che almeno una volta si dicano. E il peso di tali convinzioni grava esclusivamente sulla dottrina geovista che vuole far credere che la Congregazione è guidata "teocraticamente", che la WT non inventa nulla ma stampa semplicemente quello che riceve "dalla suprema sede" dei cieli. Alla nostra logica pare incredibile e falsificante credere che Geova, che conosceva benissimo lo strumento con il quale era stato assassinato suo Figlio (è la parola che preferiamo anziché "giustiziato" giacché non fu un atto di giustizia!) abbia "trasmesso" per oltre 50 anni ai suoi devoti la "verità-falsità della croce, al punto che i primi due presidenti la veneravano e tutti i TG la portavano con orgoglio raffigurata in una spilla sul bavero della giacca, per poi correggere dicendo che la croce è un'idea falsa e obbrobriosa, si trattava di un palo.

Poi vediamo che si parla di Gesù "pietra angolare", il che equivale, sia per noi che per nel geovismo, alla roccia su cui si basa la Chiesa. E qui non si capisce davvero l'ostilità della WT nei confronti del cattolicesimo che vede però gli Apostoli, ed in primis l'apostolo Pietro, come partecipanti della stessa funzione che ha Cristo. La Bibbia non li indica come pietre vive (cf 1Pietro 2,5) e fondamenta (cf Efesini 2,20 e Apocalisse 21 14)? Questa loro funzione non contraddice affatto l'affermazione che Cristo è la pietra angolare. Ogni edificio, oltre alla pietra angolare ha altre pietre di fondamento. E la Bibbia dice che tali sono i 12 Apostoli. O forse avremmo noi diritto di contestare il geovismo quando giustamente vede i suoi 144.000 in cielo e li qualifica "coregnanti" e "sottosacerdoti" con Cristo?**
Noi non usiamo "doppio peso e doppia misura" nell'interpretare la Bibbia. Se essa indica che gli Apostoli hanno quest'ultima funzione, accettata anche dal geovismo, pensiamo che non si possa respingere quella di co-fondamenta della Chiesa indicata dalla stessa Bibbia per gli Apostoli, in Apocalisse, e dallo stesso Gesù specificatamente per Pietro.***
_______________________________
* «Io mi glorio nella croce di Cristo, torreggiante sulla (sic!) rovine del tempo» (L'Arpa di Dio p. 143) Vedi anche il bellissimo crocifisso che ha fatto stampare sulla stessa opera (pag. 114) e in altre pubblicazioni tutte precedenti il 1930 (es Creazione pag. 201 e 272); vedi la croce stampata sulla copertina dei primi numeri de "La Torre di Guardia di Sion" in cui anche la Torre di pietra ha le monofore a forma di croce; e l'immagine della spilla con la croce dentro una corona regale circondata dell'alloro della vittoria (cf copertina de Il fotodramma della creazione).
** Salvo ovviamente il particolare che per noi il co-regnare è un discorso metaforico che riguarda ogni cristiano perché allude al premio celeste per i giusti, mentre nel geovismo è visto come un vero essere ministri del governo della terra e funzione riservata ai 144.000!
*** "Beato te, Simone, figlio di Giona....(Matteo 16,18). Qui, anche se il geovismo pensa di togliere a Pietro la sua funzione, riconosciutagli dalla primitiva comunità cristiana, di fondamento numero uno tra gli Apostoli, cambiando nella NM il nome "Pietro", usato da Gesù come sostitutivo di Simone, con quello di "masso di roccia", noi ricorderemo che in Giovanni 1, 42 Gesù disse a Pietro "ti chiamerai Cefa" (kephàs) che in aramaico significa proprio masso di roccia, rupe, scoglio.


Seconda Lettura 1Gv 3,1-2
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Giovanni ci spiega che dicendo "essere chiamati figli di Dio" non va inteso in senso metaforico ma reale, giacché, precisa, "lo siamo realmente" anche se, come aveva già spiegato Paolo, siamo figli per adozione, giacché per Dio Padre l'unico Figlio naturale, avuto per "generazione" è Gesù, e la nostra adozione avviene in lui e grazie a lui che ci incorpora a sé come tralci alla Vite, come membra al suo Corpo.
Si faticherebbe molto, di fronte a questo testo, a capire con che logica il geovismo sostiene che per Geova solo 144.000 sarebbero i figli adottati, così che la massa dei TG si deve considerare come destinata ad essere perennemente inclusa nella categoria di "nipoti di Dio".* La soluzione di questo mistero la si trova quando si trova scritto che, in tutto il primo secolo, cioè durante la stesura dei testi del Nuovo Testamento, tutti i cristiani erano "Unti" e perciò tutti facenti parte dei 144.000. Anzi la convinzione che ogni cristiano fosse un Unto durò ben oltre il primo secolo giacché la categoria dei non unti, definita "altre pecore" o "grande folla", fu scoperta solo nel 1935! Se non si tiene presente questa evoluzione del geovismo non si capisce la coerenza del modo di presentare la "verità" geovista alla massa dei TG che si riscontra sulle riviste e pubblicazioni. In esse infatti la maggiore insistenza è relativa alle promesse e interessi terrestri della categoria delle "altre pecore", giacché i tesori spirituali di cui il NT è intriso riguardano strettamente i soli Unti i quali non hanno da imparare essendo tutti insegnanti, con tanto di "spirito santo" che attesta nel loro cuore che sono figli di Dio!** Sono loro e solo loro "la famiglia reale", i "figli di Dio", i "fratelli di Cristo", i "Santi" e via aggettivando... che andranno nel Reame dei Cieli dal quale saranno "coregnanti e sottosacerdoti" con Cristo sulle "altre pecore" destinate a "vivere per sempre su una terra paradisiaca". Tutto ciò che, oltre gli interessi terreni, parla di spiritualità e arricchimento interiore nelle pubblicazioni della WT va considerato come rivolto strettamente agli Unti rimanenti e da loro partecipato benignamente pro parte alle "altre pecore" della "grande folla".
Tanto per ricordarlo ai fratelli TG che leggessero queste riflessioni, nel cattolicesimo non esistono queste due categorie di salvati, e il più ignoto dei cristiani può essere davanti agli occhi di Dio più santo degli stessi papi più santi (solo in paradiso sapremo il livello raggiunto da ciascuno nella crescita fino alla ideale irraggiungibile "statura di Cristo" (cf Efesini 4,11-13) nel che consiste la santità: non una semplice ed esteriore "dichiarazione di giustizia" né una elezione arbitraria da parte di Dio, ma l'effettivo essere nuova creatura, rigenerata in Cristo dal Battesimo, vivente in grazia quale tempio di Dio e, sì, diventati davvero, effettivamente belli agli occhi del Padre.

L'altro punto sottolineato, a noi cattolici ricorda sia la trasformazione del nostro misero corpo, reso da Gesù simile al suo corpo glorioso (come dice 1 Corinti 15,44); sia che siamo tutti destinati al paradiso (ma sì, diciamo pure al Reame dei cieli) – naturalmente con scelta libera e corredati da "veste nuziale"! -, sia che avremo la visione beatifica di Dio stesso. E' ciò che Paolo aveva garantito quando scrisse "se sei figlio sei anche erede" (cf Romani 8,17) Cioè ci viene prospettato un premio, per una virtù autentica, fino all'eroismo della santità, che supera immensamente il premio di una terra pur trasformata in paradiso. E' la Bibbia a dire che il "nuovo mondo", cioè l'aldilà, è una cosa del tutto diversa da ciò che ora occhi vedono e orecchie odono; rileggiamolo: "Ma come è scritto: “Occhio non ha visto e orecchio non ha udito, né sono state concepite nel cuore dell’uomo le cose che Dio ha preparato per quelli che lo amano." (1 Corinti 2,9 – NM)
_____________________________________
* «... nel regno millenario di Cristo [i TG non unti] diverranno i figli terrestri del datore di vita cristo Gesù e sono quindi legalmente in grado di divenire "nipoti" di Dio.» (Verace, p. 159)
** E' questo il modo con cui viene interpretato il passo Paolino di Romani 8, 15-17 in "Lo SPIRITO SANTO la forza del nuovo ordine avvenire!" p. 126-127) I prescelti da Geova ad essere Unti sentirebbero nel loro cuore tale unzione che si manifesta con l'interesse esclusivo per il regno, il non voler restare sulla terra e il loro assumere gli "emblemi" del pane e del vino quando il 14 Nisan la Congregazione celebra la "Commemorazione della morte di Cristo".



Vangelo Gv 10,11-18
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Abbiamo accennato domenica scorsa alla figura di Gesù Buon Pastore, che stride fortemente con il "Re guerrirero" il "Feldmaresciallo di Geova" predicato dal Geovismo. E ricorderemo qui solo una diversità di interpretazione correlata al suo ritorno glorioso "sulle nubi del cielo". Laddove il testo sacro dice che "ogni occhio lo vedrà" e "tutti si batteranno il petto, anche i suoi persecutori" (cf Matteo 24,30 e Apocalisse 1,7) noi preferiamo vedere la possibilità di una conversione generale, mentre il geovismo, compartecipe del furore guerriero del re giustiziere (ex "pastore") ci vede un battersi il petto di rabbia e di disperazione.

Altra diversità di veduta c'è nel discorso di "un solo gregge e un solo pastore" che per noi esclude la doppia categoria di Unti e Pecore, ma indica l'ansia del Redentore che ogni popolo, ogni creatura umana, accetti la sovranità e la figliolanza adottiva entrando nella sua Chiesa con il Battesimo o, non avendone né l'opportunità né la consapevolezza, in forma straordinaria che Dio solo, quale inventore dei sacramenti e perciò Padrone di bypassarli, offrirà a ciascuno, cosa questa garantita secondo la nostra Chiesa.*
_____________________________________
* «Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale.» (Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 22)


L'ultimo accenno al potere di riprendere la vita, ci riconferma (come vari altri passi biblici) la divinità di Cristo, giacché ogni uomo ha il potere di donare la propria vita, ma nessuno di riprenderla. Se Cristo dice di avere questo potere, e il geovismo crede davvero come lo crediamo noi che "non ci fu mai inganno nella sua bocca", allora deve credere che Gesù è Dio. E precisamente che cristo doveva avere sia la natura di uomo che, essendo morto, doveva essere risuscitato, sia la natura di Dio che essendo immortale avrebbe operato la risurrezione del proprio corpo umano; quel corpo storico di Gesù di Nazaret, assunto dal Figlio nella unità della sua Persona divina. Questo è l'autentico Credo cattolico.
Ahem!... Quando il proclamatore TG, dialogando su questo punto, volesse far perno sulla sua Bibbia, ricordiamogli che ha promesso che sarebbe stato lieto di usare qualsiasi Bibbia noi avremmo preferito, (cf Ragioniamo p. 402) perché in qualunque copia di Bibbia, e perciò anche nella stessa copia di quelli che ricevono il proclamatore in casa sarebbe contenuto ciò che il proclamatore dice (cf Ragioniamo p. 8). Ebbene nella nostra Bibbia c'è scritto che Gesù ha detto di avere il "potere di riprenderla la vita" (CEI) e non il "potere di riceverla di nuovo" come falsamente traduce la NM. Del resto l'espressione "potere di ricevere" è logica-mente illogica, cioè cozza contro le leggi del pensiero. Per ricevere qualcosa non ci vuole un "potere" ma se ne può avere solo la possibilità, la capacità. Quindi la verità cattolica emerge anche da una semplice analisi razionale. Dio non può dire cose illogiche! E questo potere di cui Cristo si dice depositario è anche in coerenza con la Bibbia che, domenica scorsa, ha qualificato Gesù come l'Autore della vita.
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » ven mag 04, 2012 2:58 pm

Domenica 6 Maggio 2012 - V DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)



Prima Lettura At 9,26-31
In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.
Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

Questo parlare e discutere di Paolo (la NM dice più incisivamente che "disputava") merita una sottolineatura che presentiamo a quei nostri fratelli cattolici che sono fautori della sola testimonianza di vita, quanto a comunicare ad altri la propria fede. A Saulo, divenuto San Paolo, non bastò far questo. Ci aggiunse la parola, l'argomentare con ragioni, il disputare, il dare ragione della propria fede, il ricorso alla apologetica razionale (come vuole anche la 1Pietro al 3,15). L'esempio parla ai sensi, la parola parla alla mente. Ed è solo così che si raggiunge l'uomo completo, cuore e mente. Altrimenti potrebbe accadere che si comunica una fede che si basi solo sulla emotività che colpisce con i bei modi, l'abbigliamento distinto e curato, il cravattino ecc... come la WT si premura di presentare i suoi "proclamatori" che sembrano usciti di fresco da una boutique. Ma una fede contagiata solo emotivamente, con il solo esempio di vita, non dà garanzia di verità. Si può dare testimonianza - e testimonianza sincera! - di fedi che non hanno un contenuto di verità. Oggi poi che sappiamo quanto le reclami siano abili a confezionare un prodotto scadente vestendolo a festa per farlo sembrare appetibile. Si ricordi l'acuta ossservazione di Nietzsche che notò come la testimonianza di vita garantisce che uno crede davvero a ciò che dice ma non che è vero ciò che crede.
Qui, ad esempio, abbiamo che la WT sostiene che lo "Spirito Santo" è una cosa, un semplice forza; ma non basta che la NM ribadisca questa convinzione geovista togliendo le "S" maiuscole allo "Spirito Santo", perchè risulti vera questa sua veduta. Chi ci garantisce che anche nel caso dello Spirito santo, come già in quello del Figlio incarnato, da lei ridotto a semplice uomo, non si abbia a che fare con Persone divine come pensano invece le grandi Chiese storiche? Ma come potrebbero queste sostenere la loro veduta diversa se non argomentassero apologeticamente questa loro fede con tanto di base biblica e di logica filosofica che deduce l'essere e la natura del soggetto dal suo modo di agire?


Seconda Lettura 1Gv 3,18-24
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera a, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Questi "in lui... in noi", che troviamo in questa lettura e molto più insistiti nel brano evangelico sguente, dobbiamo vederli correlati allo "Spirito che [Dio] ci ha dato", Spirito che, come ci ricorderà San Paolo, inabita in noi come in un tempio (si veda 1Corinti 3,16-17). Sia l'espressione grammativale che la metafora del tempio ci dicono che lo Spirito santo non sta accanto a noi, né che è unito a noi, ma dice che sta dentro di noi e che nel suo essere di Spirito Santo è presente Dio.


Vangelo Gv 15,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Questo brano – e ce lo perdoneranno i TG ma per noi è troppo prezioso - ci costringe a rimarcare la solita manovra di trasformazione dei connotati della Bibbia da parte della Dirigenza geovista per farle dire ciò che non dice. Manovra che è puntualmente denunciata e smascherata dalla stessa Traduzione Interlineare la KIT dei Testimoni di Geova!
Infatti l'Interlineare mostra chiaramente che nell'originale greco, tutti quegli "in me... in voi... in lui" usati da Gesù sono tutti espressi dalla preposizione "èn". E anche il più sprovveduto TG che dia una semplice occhiata alla pagina accanto alla prima di copertina della KIT, ove c'è il "DIAGRAM ILLUSTRATING BASIC MEANINGS OF GREEK PREPOSITIONS" vedrà che delle quindici preposizioni lì illustrate, il significato delle quali viene plasticamente ricavato dalla loro posizione in rapporto ad una ellisse centrale, quattrordici stanno tutte fuori dall'ellisse e solo una è collocata al suo interno; ed è esattamente la preposizione "èn", ben tradotta in inglese con "in".
E come avviene in questa pagina colorata, così nel testo biblico succitato la traduzione ufficiale in inglese apposta dal CD sotto le varie parole greche "èn emòi... èn ymìn... èn autò" è rettamente resa con "in me... in you...in him".* Perché mai allora nella colonnina a destra della KIT, che conterrebbe (dovrebbe contenere, giacché così è promesso) la stessa traduzione "in inglese moderno", quelle espressioni vengono trasformate in "in union with me... in union with you...in union with him"? Essere "uniti a..." non è certo la stessa cosa che essere "dentro a...". Non si è più tempio di Dio. Dio è stato sfrattato dalla nostra vita intima o, se si vuole, la nostra "compartecipazione alla natura divina" (cf 2Pietro 1,4) ben significata dalle metafore bibliche della Vite e dei tralci o dal Corpo e le membra in cui scorre la stessa vita, ci ha lasciato. la vita divina (da noi detta anche "grazia santificante") ha abbandonato i fedeli TG grazie a questa distorta esegesi fatta dai loro capi che si permette di alterare così profondamente (ma non l'abiità di un tocco di farfalla) il pensiero divino comunicatoci dalla Bibbia.
Fatto interessante, nel versetto 2 nella NM si legge "Ogni tralcio che in me (gr. èn emòi) non porta frutto" e nel 7 "le mie parole rimangono in voi (gr. èn ymìn)" abbiamo la stessa costruzione che la Bibbia usa in tutti gli altri punti in cui si registra la stessa espressione; ma in questi due punti la versione geovista non ha reso come negli altri punti dicendo "in unione con". Due... ciambelle riuscite senza buco?
_________________________________________
* Non sarà male ricordare che la KIT, e precisamente nella traduzione posta ad interlinea sotto al greco e non in quella della colonnina in "inglese moderno" a destra, agli occhi del CD, ha valore di verdetto definitivo (una sorta di Corte di Cassazione) per determinare se una traduzione "è giusta o no". Rileggiamolo:
«NUOVA TRADUZIONE INTERLINEARE (...) Il testo greco che viene usato è quello preparato e pubblicato da Westcott e Hort nel 1881. Sotto di esso è stampata la traduzione letterale parola per parola. Nella colonna a destra su ciascuna pagina è presentata la traduzione moderna che si trova nella Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture in edizione riveduta. (...) Ciò che noi come studenti biblici dovremmo volere è quello che dice il testo greco originale. Solo avendo questo basilare significato possiamo determinare se la Traduzione del Nuovo Mondo o qualsiasi altra traduzione della Bibbia è giusta o no.» (TOR 1/6/1970, p. 340)
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Re: "E venne un uomo di nome Giovanni" cioè un TG speciale

Messaggioda Sandro » mar mag 15, 2012 10:53 am

Domenica 13 Maggio 2012 - VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)



Prima Lettura At 10,25-26.34-35.44-48
Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell'acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

La prima delle sottolineature la esamineremo per ultima.
La NM concorda con la CEI nelle espressioni da noi sottolineate. Invece ci sembra che il CD non sia d'accordo con la Bibbia sulla dichiarazione che Dio non fa preferenza di persone ma gli è accetto qualsiasi uomo che lo teme e pratica la giustizia, come era il caso del pio centurione Cornelio. E' quella che noi cattolici chiamiamo rettitudine di intenzione e responsabilità basata sulla conoscenza, che si ha al momento, di quella che si ritiene essere volontà di Dio, anche se oggettivamente si sta sbagliando. Dio non può condannare ove non ci sia nell'uomo autocoscienza di aver fatto il male o di star seguendo l'errore. E' una cosa ovvia perfino per lo Stato che, laicissimo, non ritiene colpevole né il minore né l'adulto che delinque ma non è capace di intendere e di volere; o anche se è solo affetto da seminfermità mentale, tanto che, se lo "condanna", lo condanna ad essere curato e non alla detenzione; e ritiene solo parzialmente responsabile chi in piena libertà compie oggettivamente un omicidio ma solo "colposo" perché soggettivamente lo ha fatto in maniera preterintezionale, per disgrazia, distrazione, sbadataggine ecc... (cf le attenuanti presentate dalla difesa).
Sembra invece che nel geovismo la sincerità del cuore non basta .* Il CD dei TG non riesce a distinguere l'oggettività dalla soggettività? La radice della libertà e quindi della responsabilità che è nella consapevolezza e libera accettazione dell'errore e del male? La Bibbia non solo ha assolto Cornelio che, da uomo d'arme, faceva quello che oggi il geovismo rifiuta con il suo attuale pacifismo (evoluzione dalla dottrina precedente!) ma addirittura attesta che le sue preghiere di pagano erano state accolte e per questo Dio gli donava di incontrare Pietro che lo avrebbe cristianizzato. E, dulcis in fundo, restando uomo d'arme, lo ha eletto tra i 144.000 Unti!
___________________________________________
* "LA SINCERITA' NON BASTA" E' proprio questo il titolo con cui il CD affronta l'argomento della responsabilità su Potete, p. 31-32. E' un argomentare che sarebbe da noi condivisibile solo precisando (cosa che lì non avviene!) che si è rei davanti a Dio solo se ci si rifiuta di aderire alla verità una volta scoperto, conosciuto consapevolmente, che la verità è diversa da quella che si stava seguendo. Distinzione che maldestramente il CD dei TG tenta di bypassare nell'intento di distaccarci in fretta dalla nostra fede e dalla sua ragionevolezza. La verità circa iI ripudio di Dio nei confronti dei Farisei, lì presi ad esempio di esclusiva malafede, è più articolata. Essi non furono rifiutati da Gesù tout-court. Sono stati additati: 1) dapprima come bravi maestri da seguire in ciò che insegnavano; 2) e insieme come "razza di vipere" per la loro ipocrisia tra lo insegnare una cosa e farne un'altra; 3) infine stigmatizzati come miscredenti, che Dio avrebbe sostituito con i cristiani, per non aver accolto le "opere" di Gesù che lo accreditavano come Mesia, Figlio di Dio, Persona divina incarnata. Né va dimenticato che laddove un Fariseo era in buona fede, Dio lo avrebbe conquistato alla Sua causa (così fu per Paolo e quasi sicuramente per Nicodemo).

Quindi secondo noi la sincerità di cuore, detta anche retta intenzione o buona fede, basta eccome! Non può non bastare per il Creatore che sa che il centro dell'essere umano consiste nel pensiero, volontà e cuore, e sa leggere nell'intimo dell'uomo come in un libro aperto. Ed ecco qui due passi con il pensiero della Chiesa al riguardo; pensiero tutto in coerenza con la consapevolezza che sola crea la colpa, e crea di riflesso... la severa responsabilità che grava sulle spalle dei già credenti.
«Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita.» (Lumen Gentium n. 16)
«Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare. (...)
Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col «corpo», ma non col «cuore». Si ricordino bene tutti i figli della Chiesa che la loro privilegiata condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo; per cui, se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati.» (ivi n. 14)

L'accenno al battesimo "nel nome di Gesù", secondo la nostra Chiesa non è in contradddizione col mandato di battezzare nel nome del Dio tripersonale che troviamo in Matteo 28,19. Si tratta di un abbreviativo che indica la consapevolezza già in Pietro che dire Gesù era come dire Dio, comprendendovi cioè sia il Padre che lo Spirito. E' illuminante infatti considerare che, se Gesù fosse una semplice creatura e lo Spirito una forza impersonale, Gesù avrebbe dovuto escluderli dalla formula battesimale dicendo di battezzare solo nel nome di Geova. Ma così non è stato. E, soprattutto, così non è stato recepito dagli apostoli che hanno incentrato tutto su Gesù, perché "chi vedeva lui vedeva il Padre" e, di conseguenza, chi adorava lui adorava il Padre! Una regola aurea dell'ermeneutica è infatti quella di vedere come sono state capite le verità rivelate dagli stessi Apostoli. Perché questo loro modo, essendo espresso nella stessa Bibbia, è parte integrante della rivelazione divina in quanto garantito dallo Spirito stesso di Dio ispirante. Ad es. quando San Paolo, nella prima lettera ai Corinti (11, 27-29) narra l'istituzione dell'Eucaristia (la Cena del Signore) che i cristiani già celebravano come "memoriale", mette come il tibro di autenticità alla interpretazione realistica della presenza del Corpo e del Sangue di Gesù dicendo che chi lo mangia e beve indegnamente si rende reo nei confronti di Cristo e mangia e beve la propria condanna.

E veniamo al gesto di Cornelio che si getta ai piedi di Pietro "per rendergli omaggio", espressione adottata dalla ultima versione CEI del 2008 che farà piacere al CD dei TG che la vede identica a quella della NM. Ma, così come è avvenuto che la perfezione delle versioni si ottiene con continui ritocchi, io mi permetto di ipotizzare che in una futura revisione si tornerà a tradurre come diceva la versione CEI del 1974 che rendeva quel prosekynesen del greco originale con "per adorarlo". Ecco per quali motivi:
1) Se è vero che il verbo proskynèo significa anche "rendere omaggio", è anche vero che il significato di "adorare" è il primo e basilare che viene indicato dal dizionario (nel Liddell-Scott che è in dotazione nelle Sale del regno si legge: "fare atto di riverenza agli dèi, prostrarsi e venerare, venerare, adorare..."
2) In Ebrei 1,6 la Bibbia, riferendosi al Figlio di Dio, dice proskynesàtosan autò pàntes àngheloi Theou "lo adorino tutti gli angeli di Dio". E, fatto interessante, questa traduzione è stata fatta anche nella prima New World inglese del 1950 che diceva "worship him", in quella italiana del Nuovo Testamento che è anche del 1950, e in quella della NM italiana del 1967. Solo nel 1969, con la pubblicazione della prima KIT, il CD cominciò faticosamente a "correggere" il "worship" con "let do obeisance toward"!
3) Nella NM, tutte le volte che si trova questo verbo per indicare un atto di culto riferito a Dio, agli idoli, al demonio, viene tradotto "adorare";
4) La nota CEI, nella versione del 1974, sul versetto 25 osserva giustamente: "Cornelio, pagano, reputa Pietro un essere celeste." e pertanto, secondo la sua mentalità, era un soggetto adorabile;
5) Sia la versione della Vulgata che della Neo Vulgata traducono "adoravit".
6) Soprattutto l'osservazione di Pietro, che si oppose a quel gesto invitando Cornelio ad alzarsi e precisandogli "anch'io sono un uomo" indica che anche l'Apostolo lo vide come un atto adorativo. Se ci avesse visto il significato di un mero atto di omaggio, la cosa non gli avrebbe fatto alcuna difficoltà. Quindi il contesto depone per il senso adorativo del verbo proskynèo.
Il tutto è importante notarlo perché oggi, nella NM, tutte le volte che proskynèo si riferisce a Gesù, la NM non lo rende mai con "adorare" ma sempre con "rendere omaggio". E questa traduzione il CD la insiste in appoggio alla sua convinzione che Gesù non è Dio incarnato ma semplice creatura umana e quindi non meritevole della adorazione riservata a Geova. Ma la Bibbia ha più di una ragione per contrastare questa veduta e per denunciare, come in questo caso, una traduzione tendenziosa da parte della NM che sceglie oggi il "rendere omaggio" al posto dello "adorare" in un contesto ove non c'era nessuna ragione di farlo. Mentre il trovare quella stessa espressione "rendere omaggio" nientemeno che in una versione CEI, al minimo dice schiettezza e onestà da parte dei Vescovi che, pur interessati a sostenere la divinità di Gesù, non fanno nulla per tenere stretta a sè quella traduzione già accreditata da ben 34 anni, ma la abbandonano con noncuranza. La verità è dunque che alla CEI non preme affatto quel passo per indicare la divinità di Gesù, ben attestata in molti altri passi della Bibbia. Se pensasse diversamente sarebbe un incomprensibile autolesionismo rinunciarci così alla leggera.


Seconda Lettura 1Gv 4,7-10

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

"Chiunque", dice la Bibbia, quindi ogni TG, se è amante del prossimo, in forza di quell'amore che Gesù ha comandato, "è stato generato da Dio" non solo gli Unti.
Poi ci si ricorda che Gesù non è la "prima creatura" di Geova ma l'unico Figlio da Dio Padre "generato" (il che è ben diverso da "creato").
E infine che Gesù non è venuto di testa sua a... rivendicare l'onore di Geova e il Suo diritto a governare, ma è stato mandato da Dio per espiare i nostri peccati. E' una veduta abbastanza diversa ed è in questa opera di espiazione, di redenzione, di salvezza, di rigenerazione delle creature affette da peccato originale alla vita di grazia e di santità che la cristianità vede il nucleo che forma la gloria di Dio e la rivendicazione più alta del suo Amore disprezzato. "Gloria Dei vivens homo" diceva S. Ireneo.


Vangelo Gv 15,9-17
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Questo punto, da noi sottolineato, non deve far dimenticare Giovanni 14,14 (che è stato inserito nella celebrazione liturgica di ieri) e che attesta la parità di Gesù con il Padre a livello di divinità. Infatti Giovanni 14,14 recita "Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, la farò". Cioè Gesù propone anche se stesso come termine a cui rivolgere la preghiera e come esauditore della stessa. Tutto all'opposto insomma di come insegna il CD in Verità, p. 152.*
Cosa del resto ben chiara al CD che, in questo punto, pur di sostenere la sua dottrina contro la preghiera a Gesù, si è spinto a sottrarre il pronome "mi" nella sua traduzione della NM nelle lingue moderne, mentre la mantiene nella KIT ad interlinea. Doppio peso, doppia insincerità, fonte però di tanti guai per la WT che non può giustificare in alcun modo una tale manovra.
____________________________________________
* «Quale vero e vivente Dio, Geova vuole che rivolgiamo le nostre preghiere a lui, non a qualcun altro. La preghiera fa parte della nostra adorazione e per questa ragione dovrebbe essere indirizzata solo al Creatore, Geova. (Matteo 4:10) Gesù insegnò ai suoi seguaci a pregare: 'Padre che sei nei cieli'. (Matteo 6:9) Gesù non insegnò loro a pregare lui stesso, né la sua madre umana Maria, né alcun'altra persona.» (Verità p. 152)
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