Cultura 24 Febbraio 2010
IL CASO
Ancora satanisti nel 2050?
Ci saranno ancora satanisti nel 2020, o nel 2050?
di Massimo Introvigne
Potranno ancora credenze e pratiche apparentemente così anacronistiche e antiche sopravvivere nel terzo millennio? Posta in questo modo, la domanda sarebbe ingenua. Il satanismo, infatti, non è un fenomeno «antico». La credenza delle religioni all’esistenza del Demonio e alla sua molteplice influenza sulla vita sociale è, certamente, un fenomeno antichissimo. Ma il satanismo come lo definisce la sociologia – il culto organizzato del Diavolo da parte di gruppi strutturati e gerarchici – nasce soltanto nell’epoca moderna.
La protostoria del satanismo negli ultimi e più complessi processi di stregoneria e di possessione «indotta» da malefici esterni si sviluppa dopo la scoperta dell’America, agl’inizi dell’Evo Moderno. Il primo vero episodio di satanismo – alla corte di Luigi XIV (1638-1715), intorno alla merciaia Cathérine La Voisin (1640-1680), che inventa la Messa nera – è cronologicamente parallelo alle prime autentiche inquietudini della modernità. Da allora inizia un processo pendolare per cui l’uscita allo scoperto di piccoli nuclei di satanisti determina una reazione quasi sempre sproporzionata, e il discredito in cui cade per i suoi eccessi la reazione anti-satanista favorisce la nascita di nuove forme di satanismo.
Dopo l’esplosione dell’occulto negli ultimi anni della monarchia francese e durante la Rivoluzione, soprattutto la Francia assiste a un’epidemia di anti-satanismo con figure paradossali come Alexis Berbiguier (1764-1842), che attribuisce ogni male a satanisti trasformati in folletti, i farfadet. Mentre si ride di Berbiguier, nasce nella subcultura occulta della seconda metà dell’Ottocento un nuovo satanismo, spiato attraverso i buchi di ambigue serrature da personaggi come il giornalista Jules Bois (1868-1943) e il romanziere Joris-Karl Huysmans (1848-1907). Il fascino di Là-Bas di Huysmans (1891) favorisce una reazione anti-satanista, la cui Bibbia è l’enorme Diable au XIXe siècle (1892-1895), un testo a fascicoli che accusa il Diavolo di apparire regolarmente nelle logge massoniche, prodotto dalla cerchia di un mistificatore che si finge convertito al cattolicesimo, Léo Taxil (1854-1907).
La caduta, con tanto di confessione dell’inganno, di Taxil – anche se non mancano continuatori ed epigoni – permette la rinascita di forme di satanismo come quella di Maria de Naglowska (1883-1936), che la stampa (ammaestrata dagl’inganni di Taxil) non segue con orrore ma con tolleranza e perfino con simpatia. I materiali usati a suo tempo dalla de Naglowska – e soprattutto quelli del «mago nero» inglese Aleister Crowley (1875-1947) – permettono nell’ambiente della controcultura californiana la nascita del satanismo moderno con la Chiesa di Satana, fondata nel 1966 da Anton Szandor LaVey (1930-1997), e poi il Tempio di Set. La grande pubblicità che questi gruppi si conquistano nei mezzi di comunicazione di massa è uno degli elementi che scatenano la reazione anti-satanista e la caccia ai satanisti degli anni 1980-1994, cui concorrono forze diverse. Lo smascheramento di alcuni dei leader della campagna anti-satanista come mistificatori alla Taxil, e la reazione del mondo accademico contro i miti e le leggende dell’anti-satanismo, diventano a loro volta componenti che, con altre, spiegano l’inattesa rinascita di gruppi satanisti soprattutto dopo il 1995, negli Stati Uniti ma anche in Europa e in Italia.
Naturalmente il processo potrebbe continuare con lo stesso schema. Se il nuovo satanismo acquisterà un’eccessiva prominenza - e si ripeteranno tragedie gravissime come quella italiana delle Bestie di Satana - si può prevedere una nuova campagna anti-satanista, che potrà facilmente utilizzare il materiale delle campagne precedenti e la cui durata sarà determinata dalla capacità di controllare i suoi stessi eccessi. Tuttavia il satanismo del XXI secolo presenta alcune caratteristiche su cui vale la pena di riflettere brevemente. Se una certa ambiguità rimane insopprimibile, il fondatore della Chiesa di Satana LaVey ha vinto la sua principale partita, quella per un satanismo razionalista dove il Diavolo è semplice metafora delle nostre passioni, e Satana è sempre meno spirito, sempre più materia, ipostasi immanente dell’aggressività di uomini e donne che non vogliono limiti alla loro volontà di potere, talora anche - come una parte dei nuovi satanisti afferma con franchezza - alla loro violenza. Il satanismo - suggeriscono alcuni sociologi - cambia casa e paradigmi di riferimento: dalla subcultura occultista e magica ai movimenti del potenziale umano e della liberazione psico-sessuale, da Crowley a un miscuglio del turbocapitalismo di Ayn Rand (1905-1982) e delle teorie sulla rivoluzione sessuale di Wilhelm Reich (1897-1957), secondo una strada che LaVey ha percorso per primo.
Il satanismo, fenomeno tipicamente moderno, finirà fatalmente nell’epoca postmoderna? Il satanismo è proteiforme, e dopo la fine delle ideologie non avrà forse troppe difficoltà a ripresentarsi come possibilità di trascendere l’intollerabilità del mero quotidiano senza uscire veramente dal mondo moderno o postmoderno, e senza cercare un’autentica trascendenza in cui non si ha più la forza di credere. "Da quando il messaggio cristiano ha perso la sua forza - ha scritto lo storico tedesco Joachim Fest (1926-2006) a proposito della fine delle ideologie che hanno dominato il XX secolo - la ricerca si è rivolta a un sostituto di Dio e a un aldilà che le utopie hanno trasferito in questo mondo. Forse delle nuove sette faranno [domani] ancora più proseliti: guru, predicatori della fine del mondo o catechisti delle messe nere".
Perché il satanismo e non qualche cos’altro, perché - nei termini di Fest – si affermano anche i «catechisti delle messe nere» e non soltanto i «guru» e i «predicatori»? Al di là delle affinità elettive–- pure importanti – fra visione del mondo del satanismo contemporaneo e modernità, si deve tenere conto – nel moderno come nel postmoderno – che la presenza del Diavolo è ancora forte e potente nell’immaginario sociale. La spiegazione sembra semplice: in ogni momento di crisi – dalle guerre alle carestie, dalla Rivoluzione francese alla crisi economica del 2008 – la paura del Diavolo e dei satanisti riemerge dall’immaginario collettivo. Quello che è meno semplice è scandagliare le profondità di questo immaginario, e prevederne le manifestazioni future. In ogni caso, come mostra la nostra storia che arrivando a vicende recenti finisce necessariamente per coinvolgere la cronaca, nel XXI secolo la paura e insieme l’ambiguo fascino del Diavolo e dei suoi agenti, i satanisti, non sono meno forti – anzi, è molto probabile che siano più forti – che nel Seicento o nel Settecento. Se – com’è probabile – le guerre, le rivoluzioni, le crisi economiche, il desiderio di potere e di violenza nel cuore dell’uomo non ci abbandoneranno ancora per molto tempo - o per sempre - i satanisti e gli anti-satanisti, come i poveri di cui parla il Vangelo, saranno con noi fino alla fine dei tempi.
Massimo Introvigne