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LAICISMO AGGRESSIVO - Corriere della Sera 20/3/2009

MessaggioInviato: ven mar 20, 2009 9:34 pm
da Leonardo
20 marzo 2009

Il laico Blair contro il laicismo aggressivo
L’ex premier spiega perché la fede aiuta anche a combattere le malattie

Anche se non hanno fede, i leader politici devono avere “a che fare con Dio” se vogliono capire la modernità. Parola dell’ex primo ministro inglese Tony Blair. Nel suo manifesto sul risveglio religioso, pubblicato dal settimanale New Statesman, Blair afferma: “Trascorsi gli anni del premierato, una cosa mi ha colpito con forza sempre più crescente: fallire nella comprensione del potere della religione significa essere incapaci di capire il mondo moderno. La fede religiosa avrà lo stesso significato nel XXI secolo che ha avuto l’ideologia politica nel XX. I leader politici, siano religiosi o meno, devono avere a che fare con Dio”.

E’ un Blair sempre più fervente, papista e missionario. Dopo essersi convertito al cattolicesimo alla fine del 2007 e aver insegnato a Yale il corso accademico su “Fede e globalizzazione”, il riformatore laburista sta dedicando tutta la sua attività alla Faith Foundation e alla comprensione della religione. Una fondazione in cui siedono grandi nomi quali il reverendo David Coffey, presidente dell’Alleanza battista mondiale, il rabbino del Commonwealth Jonathan Sacks e Mustafa Ceric, gran mufti di Bosnia-Erzegovina e grande estimatore di Benedetto XVI.

Una settimana fa, parlando con il giornale Church of England, Blair ha detto che in occidente la religione rischia di diventare un’“eccentricità personale”, anziché essere il fattore decisivo che smuove la società. Ha criticato la “decisione ridicola” di punire l’infermiera battista Caroline Patrie, sospesa dal lavoro in ospedale per essersi offerta di pregare per una paziente. “Penso che noi cristiani troppo spesso siamo più sensibli di quanto dovremmo”, dice Blair. “La gente dovrebbe essere orgogliosa della propria cristianità. Il vero test è se la religione, nell’era di un secolarismo aggressivo, avrà la fiducia per uscire allo scoperto e battersi con la persuasione. La religione fornisce un fondamento ai diritti umani, un principio inalienabile che si erge sul relativismo”.

Amico di Paul Kagame, che ha rovesciato il regime genocida del Ruanda, Blair ha raccolto il meglio della politica di Bush sull’Africa, come l’Emergency Plan for Aids Relief e l’Education Initiative, che ha diffuso libri di testo, insegnanti e borse di studio, fino al Millennium Challenge Account, un piano di assistenza per i paesi più meritevoli sul piano delle politiche sociali. Blair si è circondato di suore, missionari, sacerdoti e cita sempre gli scritti del teologo cattolico Hans urs von Balthasar. C’era anche Blair due mesi fa nella megachiesa di Saddleback, in California, per insignire Bush della “International Medal of Peace” nella lotta all’Aids.

All’inizio di febbraio, Blair era in preghiera a Washington alla tradizionale “colazione presidenziale”. Ha denunciato “un crescente e aggressivo secolarismo che deride la fede come contraria alla ragione”, ha ripetuto che “il nostro secolo sarà povero, meno disciplinato nella coscienza, se non sarà sotto la protezione di Dio”. E ripete che non avrebbe mai potuto dichiarare guerra alla malaria senza la fede. “We don’t do God”, disse una volta Alastair Campbell, portavoce e stratega di Blair, ai giornalisti che gli chiedevano chiarimenti sul rapporto tra il primo ministro e la religione. Cioè noi laburisti, a Downing Street, non ci occupiamo di Dio. Ora Blair parla come il perfetto discepolo del Papa di Ratisbona. Non si è mai pentito per la liberazione dell’Iraq: “E’ qualcosa con cui vivrò per il resto della mia vita”.