LA REPUBBLICA e AVVENIRE: "Botta e Risposta". Avvenire 13/2/
Inviato: mer feb 13, 2008 6:42 pm
BOTTA E RISPOSTA L’editorialista di «Repubblica» e il direttore di «Avvenire» a confronto sulla presenza dei cristiani in politica e sulla necessità di svecchiare il dibattito italiano
Cattolici-laici, dialogo su nuove basi
*Gad Lerner: "Perché va scomparendo quella curiosità reciproca?"
Caro Dino, lo so che fra noi si sono accresciute le distanze né m’illudevo che la mia critica potesse risultarti gradevole. Dunque, mi becco volentieri del capoclasse, anche se in coscienza escludo di avere consumato un sopruso nei tuoi confronti.
Lascia che ti dica una cosa col cuore, anziché con la testa, riguardo all’accrescersi delle distanze. Non ne faccio una questione sentimentale: poco importano le reciproche rassicurazioni sull’amicizia che persiste. Lamento piuttosto un ciclo involutivo nella curiosità e nella disponibilità a un confronto spiazzante, senza rete, da parte del tuo mondo. Rimpiango gli anni dell’apertura, quando il dialogo produceva scoperte e ci arricchiva di conoscenze personali. Ne scaturivano – per restare a noi – articoli sul papa a Fatima che magari suscitavano l’ironia degli scettici; e viceversa l’inedita disponibilità a discutere di teologia fuori dal gregge. Se fossimo cani, direi: rimpiango il piacere di annusarci. Ma siccome siamo umani, mi chiedo: perché non succede più? Perché ci guardiamo in cagnesco?
Temo, paradossalmente, che questa relazione sia venuta meno in seguito a una vittoria culturale del mondo cui appartieni, cioè quando avete trovato nuovi alleati. Vi siete sentiti improvvisamente 'meno soli' scoprendo che l’intellighenzia laica – a lungo da voi caricaturizzata nella forma del monolite – evidenziava fratture profonde su temi cruciali come l’identità occidentale, la biopolitica, la tecnoscienza, i codici familiari. Avete incassato come provvidenziale un supporto alle vostre istanze motivato sul piano della razionalità anziché della fede. Forse, per la prima volta dopo anni, avete pensato di poter vincere anche sul terreno mondano. Fatto sta che, un po’ euforici, vi siete messi in battaglia (culturale). E in battaglia non si ha il tempo di provare curiosità né tantomeno di mettersi nei panni degli avversari.
L’opportunità di definire in tv quale sia l’interesse dei cattolici riguardo all’esistenza o meno di un partito scudocrociato nel centrodestra, la lascio alla tua valutazione. Grazie al cielo puoi andarci quando vuoi, né sarò io a scandalizzarmi per eventuali interferenze. Ma conoscendo la tua persona e il tuo ruolo, dubito che al Tg1 intervenissi a titolo strettamente personale. Lo hanno rilevato politici cattolici di opposta tendenza come Roberto Formigoni e Pierluigi Castagnetti, mentre ieri Il Foglio definiva «quantomeno inusuale » la tua intervista. Sia detto con il massimo rispetto: vista la frammentazione del sistema italiano, sulle questioni politiche anche agli uomini di Chiesa può capitare di andare in confusione. Ma ciò resta del tutto secondario rispetto a quel che mi premeva dirti.
Credo e spero che tu non vorrai davvero escludere di partecipare in futuro al mio 'Infedele' televisivo (sei invitatissimo, fin da stasera!).
Credo e spero che un giorno mi sentirai di nuovo vicino, più amico di taluni che vedono in te solo il provvisorio portavoce di un potere anch’esso provvisorio. -di Gad LERNER.
* Dibo Boffo: "La svolta con il referendum. Affrontiamo le grandi
questioni senza letture stantie ".
Caro Gad, se non ti sapessi sincero, non ti risponderei. Se non tenessi alla tua amicizia, e non sapessi che da simili rapporti possono venire traguardi più ampi, non risponderei. Se non credessi che così son fatte le amicizie, di alti e bassi, di fasi alterne di dialogo intenso e di silenzi, e che domani tutto potrebbe riprendere, non ti risponderei.
er prima cosa facciamo chiarezza. Che cosa ho detto al Tg1? Pochissime cose, queste. La Chiesa in quanto tale non si schiera, davvero non si schiera rispetto allo scenario politico. Da parte loro i fedeli laici scelgono, al pari di tutti i cittadini, dove collocarsi in base alla propria sensibilità, valutando liberamente dove a loro sembra che i fondamentali valori cristiani siano meglio rispettati e incarnati. La Chiesa segue – ovvio – con interesse l’attuale fase di semplificazione e ristrutturazione del quadro politico, a sinistra e a destra. Quanto all’Udc, diciamo così: per gli umori che mi sembra di percepire, ritengo (io, Dino Boffo) che sia da preservare una presenza che fa esplicito riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, nell’interesse dei cristiani, del centrodestra e della democrazia tout court. Fine.
A me pare un pensiero lineare e ragionevole. Ed è interessante che obiezioni analoghe alle tue, tutte interne al sistema, mi siano giunte sia da destra (Formigoni) che da sinistra (Castagnetti). Io però continuo a guardare da fuori, e tengo a questa posizione. E aggiungo quanto ho già scritto e soprattutto facciamo ogni giorno: noi seguiamo con identico interesse ciò che pensano, dicono e fanno i cattolici impegnati in ogni schieramento e per tutti vorremmo essere un foglio complice in ordine alla loro coerente efficacia.
Consentirai allora in questa chiave, al giornale che più di tutti è espressione del mondo cattolico, di poter mandare un segnale prima dell’assorbimento forzato dell’ultima formazione partitica erede di quello che fu un grande, per certi versi controverso, ma sempre formidabile movimento politico di ispirazione cristiana che ha fatto grande l’Italia. Non è un problema di parte, non è un’esclusione verso altri cattolici (figurarsi), è un fatto di garanzia per tutti. Così io la vedo. E se quella battuta semplicissima (al Tg1 o altrove) non l’avessi fatta, mi sentirei in colpa. Nessuno deve condividerla per forza, chiedo però che non sia mistificata.
M a il tuo discorso va più al largo, e ti chiedi che cosa sia successo tra di noi. È vero, il referendum del 12 giugno 2005 sta diventando uno spartiacque. Non solo per il risultato concreto, ma anche per il valore simbolico che esso, passando il tempo, va sempre più marcatamente assumendo. Ti ricordo quanto sai perfettamente: quel referendum non l’abbiamo voluto noi cattolici, piuttosto l’abbiamo subito; e i cattolici impegnati in Parlamento avevano già operato una mediazione nella fase di costruzione della legge 40, quando non si erano arroccati, ma erano venuti incontro quanto possibile alle ragioni altrui. Noi, memori di precedenti lezioni, non volevamo lo scontro. Così, abbiamo cercato una linea razionale di difesa per delimitare i danni, ed è andata bene. Ma io non ho mai pensato ad una vittoria di una parte contro l’altra secondo le forme della competizione elettorale. E all’interno del mondo cattolico non ho assistito ad alcuna spartizione di bottini, ma a ragionamenti sulla responsabilità. Noi sappiamo bene che quel risultato non è un indice di fede, né tappa di successo. Dice piuttosto un orientamento assai prevalente tra la gente, di marcato scetticismo verso chi vorrebbe manomettere il forziere della vita. Piuttosto, Gad, siamo stati noi ad aver effettivamente cantato vittoria o siete stati voi a sentirvi, per ciò che avevate detto, inesorabilmente sconfitti? Tu ricorderai cosa è avvenuto in campagna elettorale sulla stampa laica nei riguardi dei cattolici: le istigazioni alla disobbedienza, la ricerca esasperata di qua- lunque voce che potesse rompere la spontanea unità cattolica, i processi a cielo aperto a carico delle gerarchie… Vedi, Gad, tutto era costruito per stravincere, e se fosse accaduto, poi dall’alto della vostra postazione – ne sono certo – ci avreste sorriso, benevoli. Non è andata così, ma le cattive premesse erano state poste. E il mondo cattolico – si pensò – non può ora non fare quello che noi annunciavamo. Sai che ti dico Gad? Che sulla domanda: chi ha cominciato ad allontanare chi, uno psicanalista avrebbe il suo bel lavoro da fare.
P er questo, avanzo un’ipotesi diversa da quella che tu prospetti: dopo il 12 giugno è cresciuta, e come, un’ostilità preconcetta nei confronti della Chiesa. Non possiamo avanzare una proposta, non possiamo dare un libero contributo al dibattito che subito parte, come un tic nervoso, la reazione isterica: volete imporre la vostra morale facendola diventare legge, ecco la crociata, ecco l’attacco, eccetera. Cioè, siete dipendenti da uno schema di potere: non avendo vinto voi, noi dobbiamo per forza voler comandare, imporre, scomunicare. M a non è neppure questo il peggio. Perché il guaio maggiore, Gad, è che da tre anni ormai il discorso pubblico è in stallo. Non stiamo (voglio includermi) producendo nulla di nuovo, i discorsi sono sempre quelli, anche al tuo talk è il solito teatrino, le solite foto sullo sfondo, le solite battute, i soliti isterismi… Gad, cambiamo musica, e smettiamola di baloccarci con i rimasugli delle vecchie battaglie. Mi ha molto, molto colpito quello che scrive Galli della Loggia sul Corriere
di ieri: «Il punto realmente critico della condizione italiana (…) è l’assenza da parte della nostra cultura di vera discussione pubblica intorno ai grandi temi del Paese e dell’epoca». Ecco, io questo lo condivido in pieno. Se invece di misurare in centimetri le reciproche distanze ci buttassimo in avanti, fuggendo dall’appiattimento conformistico, e affrontassimo con serietà e preparazione le grandi questioni sulla vita e sulla morte, l’amore, la malattia, il lavoro, l’educazione e la scuola, il gioco, l’indifferenza, la speranza…, mettendo a confronto competenze ed esperienze, non rappresentanze, non credi che faremmo qualcosa di più utile, e soprattutto avremmo qualche soddisfazione in più da noi stessi? Vedi, tu dici dei nuovi laiconi che si sarebbero affiancati alla Chiesa e oggi ci darebbero molto conforto. Gad, posso dirlo? Piantatela con questa storia, non siamo stupidi, né lo sono loro. Non ti viene il dubbio che quei tuoi colleghi laici finiscono per essere molto più interessanti di voi semplicemente perché non fanno discorsi stantii? Perché riconoscono quel che c’è da riconoscere, sono franchi senza insolentire, contraddicono senza caricaturare? Da qualche tempo non posso fare a meno di osservare come i criteri utilizzati da alcuni per leggere e trattare il mondo cattolico siano frusti e inefficaci. Siamo cambiati, stiamo cambiando. Le vecchie chiavi di lettura non funzionano più. Cattolici ruiniani e martiniani, dell’identità e del dialogo, di destra e di sinistra… Vecchiume per nostalgici pigri.
E per tornare all’Infedele, se vuoi ricominciare a mordere, Gad, molla la solita compagnia di giro di illuminati fustigatori della Chiesa ruiniana e i soliti, pochi – generosi quanto imbarazzati- difensori. Sinceramente noiosini tutti quanti. Avrebbe bisogno – ripeto – di una rinfrescata, di aria nuova, di letture meno stantie.
Quando ciò accadrà, mi avrai tuo ospite. E forse accadrà come nell’ultima scena di Casablanca, quando Rick e il capitano Renault si allontanano nella nebbia, verso la Francia libera, per quello che sarà «l’inizio di una splendida amicizia». Rick e Renault si annusano per tutto il film ora avvicinandosi ora allontanandosi, ricordi? Credo che apprezzerai l’esempio: per la 'Writers Guild of America' (l’associazione degli sceneggiatori) quella di Casablanca è la migliore
sceneggiatura della storia del cinema. Con un abbraccio.
«Se invece di misurare le reciproche distanze ci buttassimo in avanti?» - di Dino BOFFO.
Cattolici-laici, dialogo su nuove basi
*Gad Lerner: "Perché va scomparendo quella curiosità reciproca?"
Caro Dino, lo so che fra noi si sono accresciute le distanze né m’illudevo che la mia critica potesse risultarti gradevole. Dunque, mi becco volentieri del capoclasse, anche se in coscienza escludo di avere consumato un sopruso nei tuoi confronti.
Lascia che ti dica una cosa col cuore, anziché con la testa, riguardo all’accrescersi delle distanze. Non ne faccio una questione sentimentale: poco importano le reciproche rassicurazioni sull’amicizia che persiste. Lamento piuttosto un ciclo involutivo nella curiosità e nella disponibilità a un confronto spiazzante, senza rete, da parte del tuo mondo. Rimpiango gli anni dell’apertura, quando il dialogo produceva scoperte e ci arricchiva di conoscenze personali. Ne scaturivano – per restare a noi – articoli sul papa a Fatima che magari suscitavano l’ironia degli scettici; e viceversa l’inedita disponibilità a discutere di teologia fuori dal gregge. Se fossimo cani, direi: rimpiango il piacere di annusarci. Ma siccome siamo umani, mi chiedo: perché non succede più? Perché ci guardiamo in cagnesco?
Temo, paradossalmente, che questa relazione sia venuta meno in seguito a una vittoria culturale del mondo cui appartieni, cioè quando avete trovato nuovi alleati. Vi siete sentiti improvvisamente 'meno soli' scoprendo che l’intellighenzia laica – a lungo da voi caricaturizzata nella forma del monolite – evidenziava fratture profonde su temi cruciali come l’identità occidentale, la biopolitica, la tecnoscienza, i codici familiari. Avete incassato come provvidenziale un supporto alle vostre istanze motivato sul piano della razionalità anziché della fede. Forse, per la prima volta dopo anni, avete pensato di poter vincere anche sul terreno mondano. Fatto sta che, un po’ euforici, vi siete messi in battaglia (culturale). E in battaglia non si ha il tempo di provare curiosità né tantomeno di mettersi nei panni degli avversari.
L’opportunità di definire in tv quale sia l’interesse dei cattolici riguardo all’esistenza o meno di un partito scudocrociato nel centrodestra, la lascio alla tua valutazione. Grazie al cielo puoi andarci quando vuoi, né sarò io a scandalizzarmi per eventuali interferenze. Ma conoscendo la tua persona e il tuo ruolo, dubito che al Tg1 intervenissi a titolo strettamente personale. Lo hanno rilevato politici cattolici di opposta tendenza come Roberto Formigoni e Pierluigi Castagnetti, mentre ieri Il Foglio definiva «quantomeno inusuale » la tua intervista. Sia detto con il massimo rispetto: vista la frammentazione del sistema italiano, sulle questioni politiche anche agli uomini di Chiesa può capitare di andare in confusione. Ma ciò resta del tutto secondario rispetto a quel che mi premeva dirti.
Credo e spero che tu non vorrai davvero escludere di partecipare in futuro al mio 'Infedele' televisivo (sei invitatissimo, fin da stasera!).
Credo e spero che un giorno mi sentirai di nuovo vicino, più amico di taluni che vedono in te solo il provvisorio portavoce di un potere anch’esso provvisorio. -di Gad LERNER.
* Dibo Boffo: "La svolta con il referendum. Affrontiamo le grandi
questioni senza letture stantie ".
Caro Gad, se non ti sapessi sincero, non ti risponderei. Se non tenessi alla tua amicizia, e non sapessi che da simili rapporti possono venire traguardi più ampi, non risponderei. Se non credessi che così son fatte le amicizie, di alti e bassi, di fasi alterne di dialogo intenso e di silenzi, e che domani tutto potrebbe riprendere, non ti risponderei.
er prima cosa facciamo chiarezza. Che cosa ho detto al Tg1? Pochissime cose, queste. La Chiesa in quanto tale non si schiera, davvero non si schiera rispetto allo scenario politico. Da parte loro i fedeli laici scelgono, al pari di tutti i cittadini, dove collocarsi in base alla propria sensibilità, valutando liberamente dove a loro sembra che i fondamentali valori cristiani siano meglio rispettati e incarnati. La Chiesa segue – ovvio – con interesse l’attuale fase di semplificazione e ristrutturazione del quadro politico, a sinistra e a destra. Quanto all’Udc, diciamo così: per gli umori che mi sembra di percepire, ritengo (io, Dino Boffo) che sia da preservare una presenza che fa esplicito riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, nell’interesse dei cristiani, del centrodestra e della democrazia tout court. Fine.
A me pare un pensiero lineare e ragionevole. Ed è interessante che obiezioni analoghe alle tue, tutte interne al sistema, mi siano giunte sia da destra (Formigoni) che da sinistra (Castagnetti). Io però continuo a guardare da fuori, e tengo a questa posizione. E aggiungo quanto ho già scritto e soprattutto facciamo ogni giorno: noi seguiamo con identico interesse ciò che pensano, dicono e fanno i cattolici impegnati in ogni schieramento e per tutti vorremmo essere un foglio complice in ordine alla loro coerente efficacia.
Consentirai allora in questa chiave, al giornale che più di tutti è espressione del mondo cattolico, di poter mandare un segnale prima dell’assorbimento forzato dell’ultima formazione partitica erede di quello che fu un grande, per certi versi controverso, ma sempre formidabile movimento politico di ispirazione cristiana che ha fatto grande l’Italia. Non è un problema di parte, non è un’esclusione verso altri cattolici (figurarsi), è un fatto di garanzia per tutti. Così io la vedo. E se quella battuta semplicissima (al Tg1 o altrove) non l’avessi fatta, mi sentirei in colpa. Nessuno deve condividerla per forza, chiedo però che non sia mistificata.
M a il tuo discorso va più al largo, e ti chiedi che cosa sia successo tra di noi. È vero, il referendum del 12 giugno 2005 sta diventando uno spartiacque. Non solo per il risultato concreto, ma anche per il valore simbolico che esso, passando il tempo, va sempre più marcatamente assumendo. Ti ricordo quanto sai perfettamente: quel referendum non l’abbiamo voluto noi cattolici, piuttosto l’abbiamo subito; e i cattolici impegnati in Parlamento avevano già operato una mediazione nella fase di costruzione della legge 40, quando non si erano arroccati, ma erano venuti incontro quanto possibile alle ragioni altrui. Noi, memori di precedenti lezioni, non volevamo lo scontro. Così, abbiamo cercato una linea razionale di difesa per delimitare i danni, ed è andata bene. Ma io non ho mai pensato ad una vittoria di una parte contro l’altra secondo le forme della competizione elettorale. E all’interno del mondo cattolico non ho assistito ad alcuna spartizione di bottini, ma a ragionamenti sulla responsabilità. Noi sappiamo bene che quel risultato non è un indice di fede, né tappa di successo. Dice piuttosto un orientamento assai prevalente tra la gente, di marcato scetticismo verso chi vorrebbe manomettere il forziere della vita. Piuttosto, Gad, siamo stati noi ad aver effettivamente cantato vittoria o siete stati voi a sentirvi, per ciò che avevate detto, inesorabilmente sconfitti? Tu ricorderai cosa è avvenuto in campagna elettorale sulla stampa laica nei riguardi dei cattolici: le istigazioni alla disobbedienza, la ricerca esasperata di qua- lunque voce che potesse rompere la spontanea unità cattolica, i processi a cielo aperto a carico delle gerarchie… Vedi, Gad, tutto era costruito per stravincere, e se fosse accaduto, poi dall’alto della vostra postazione – ne sono certo – ci avreste sorriso, benevoli. Non è andata così, ma le cattive premesse erano state poste. E il mondo cattolico – si pensò – non può ora non fare quello che noi annunciavamo. Sai che ti dico Gad? Che sulla domanda: chi ha cominciato ad allontanare chi, uno psicanalista avrebbe il suo bel lavoro da fare.
P er questo, avanzo un’ipotesi diversa da quella che tu prospetti: dopo il 12 giugno è cresciuta, e come, un’ostilità preconcetta nei confronti della Chiesa. Non possiamo avanzare una proposta, non possiamo dare un libero contributo al dibattito che subito parte, come un tic nervoso, la reazione isterica: volete imporre la vostra morale facendola diventare legge, ecco la crociata, ecco l’attacco, eccetera. Cioè, siete dipendenti da uno schema di potere: non avendo vinto voi, noi dobbiamo per forza voler comandare, imporre, scomunicare. M a non è neppure questo il peggio. Perché il guaio maggiore, Gad, è che da tre anni ormai il discorso pubblico è in stallo. Non stiamo (voglio includermi) producendo nulla di nuovo, i discorsi sono sempre quelli, anche al tuo talk è il solito teatrino, le solite foto sullo sfondo, le solite battute, i soliti isterismi… Gad, cambiamo musica, e smettiamola di baloccarci con i rimasugli delle vecchie battaglie. Mi ha molto, molto colpito quello che scrive Galli della Loggia sul Corriere
di ieri: «Il punto realmente critico della condizione italiana (…) è l’assenza da parte della nostra cultura di vera discussione pubblica intorno ai grandi temi del Paese e dell’epoca». Ecco, io questo lo condivido in pieno. Se invece di misurare in centimetri le reciproche distanze ci buttassimo in avanti, fuggendo dall’appiattimento conformistico, e affrontassimo con serietà e preparazione le grandi questioni sulla vita e sulla morte, l’amore, la malattia, il lavoro, l’educazione e la scuola, il gioco, l’indifferenza, la speranza…, mettendo a confronto competenze ed esperienze, non rappresentanze, non credi che faremmo qualcosa di più utile, e soprattutto avremmo qualche soddisfazione in più da noi stessi? Vedi, tu dici dei nuovi laiconi che si sarebbero affiancati alla Chiesa e oggi ci darebbero molto conforto. Gad, posso dirlo? Piantatela con questa storia, non siamo stupidi, né lo sono loro. Non ti viene il dubbio che quei tuoi colleghi laici finiscono per essere molto più interessanti di voi semplicemente perché non fanno discorsi stantii? Perché riconoscono quel che c’è da riconoscere, sono franchi senza insolentire, contraddicono senza caricaturare? Da qualche tempo non posso fare a meno di osservare come i criteri utilizzati da alcuni per leggere e trattare il mondo cattolico siano frusti e inefficaci. Siamo cambiati, stiamo cambiando. Le vecchie chiavi di lettura non funzionano più. Cattolici ruiniani e martiniani, dell’identità e del dialogo, di destra e di sinistra… Vecchiume per nostalgici pigri.
E per tornare all’Infedele, se vuoi ricominciare a mordere, Gad, molla la solita compagnia di giro di illuminati fustigatori della Chiesa ruiniana e i soliti, pochi – generosi quanto imbarazzati- difensori. Sinceramente noiosini tutti quanti. Avrebbe bisogno – ripeto – di una rinfrescata, di aria nuova, di letture meno stantie.
Quando ciò accadrà, mi avrai tuo ospite. E forse accadrà come nell’ultima scena di Casablanca, quando Rick e il capitano Renault si allontanano nella nebbia, verso la Francia libera, per quello che sarà «l’inizio di una splendida amicizia». Rick e Renault si annusano per tutto il film ora avvicinandosi ora allontanandosi, ricordi? Credo che apprezzerai l’esempio: per la 'Writers Guild of America' (l’associazione degli sceneggiatori) quella di Casablanca è la migliore
sceneggiatura della storia del cinema. Con un abbraccio.
«Se invece di misurare le reciproche distanze ci buttassimo in avanti?» - di Dino BOFFO.