da Leonardo » gio set 05, 2013 5:34 pm
Una nuova Vandea Resistere alla laïcité - Il Foglio 05 settembre 2013
Il filosofo Steffens ci spiega perché i cattolici francesi si rivolteranno contro la New Age giacobina
La Francia come “un diritto individuale”, che va verso “un mondo in cui individui senza legami duraturi né memoria si giustappongono, godendo come ubriachi del loro diritto di fare qualsiasi cosa, prima di incenerirsi al ritmo di musica new age”. Una scuola destinata a crescere bambini angosciati che hanno perso la voglia di imparare. Una religione costruita dal niente che innalzerà templi vuoti. Ma anche una nuova generazione di cattolici non impauriti. E’ un affresco inquietante, ma non disperato, quello che il giovane filosofo Martin Steffens fa al Foglio nei giorni in cui entra in vigore nelle scuole francesi la carta della laicità voluta dal ministro Vincent Peillon, apertamente in guerra con la chiesa cattolica. Scopo: portare a termine quanto iniziato dalla Rivoluzione francese, “strappare il bambino da tutti i suoi legami pre-repubblicani per insegnargli a diventare un cittadino”, ovviamente non omofobo e aperto a tutte le possibilità sessuali. Una “nuova nascita”, una nuova “religione repubblicana”. Vocazione al pensiero unico, guerra alla libertà di pensiero. Steffens, cattolico francese, saggista, conferenziere e polemista noto per le sue posizioni mai concilianti con il mainstream secolarista, studioso del pensiero di Simone Weil (di cui ha curato un libro uscito in Italia per Gribaudi, “15 meditazioni”), spiega al Foglio che quello di Peillon è un attacco contro le proprie radici: “Molti francesi, distruggendo tutto ciò che c’era prima del 1789, pensano di lottare per la libertà di pensiero, ma non si rendono conto che così facendo seccano la linfa che ancora irriga la nostra vita sociale”. Avere una memoria viva, dice Steffens, “vuol dire riconoscere che tanti dei valori che stanno alla base della Francia provengono dalla tradizione cristiana. Pascal diceva che ‘siamo nani sulle spalle di giganti’: chi sostiene il contrario manca di senso storico e memoria. Molte delle cose belle che ancora si vedono nei nostri paesi e nelle nostre città, per fare un esempio, sono frutti dell’arte religiosa”. In pochi però ormai sono consapevoli di questa tradizione. “Durante una lezione di filosofia – esemplifica Steffens – ormai non è più possibile parlare di sant’Agostino o di Tommaso d’Aquino senza che uno studente salti su a ricordare che viviamo in un paese laico”. Che cos’è oggi la Francia? “Un diritto individuale che si sostiene da se stesso. ‘La Francia… se voglio’. Ormai è questo il nostro motto”.
“Questa carta della laicità incoraggerà gli studenti a ripensare i propri credi”, ha detto Dominique Borne, fra gli autori del testo sulla laicità per le scuole, dirigente del ministero dell’Istruzione e già presidente dell’Istituto europeo delle scienze religiose. Tempi duri per i cattolici, che rischiano di soffrire una sorta di persecuzione per il loro credo non allineato? “Per il momento no”, dice Steffens. Che aggiunge subito: “Finché dura”. Il primo compito di un governo, spiega, “dovrebbe essere quello di assicurare la coesione sociale del paese, al di là delle posizioni ideologiche che rappresenta. Ecco perché è sorprendente vedere come Hollande prima, con il matrimonio per tutti, e Peillon adesso sulla scuola abbiano introdotto la logica amico/nemico al centro del loro modo di governare”. Non una novità, questa: “Certo, la sinistra ha sempre avuto bisogno, per esistere sullo scacchiere politico, di stigmatizzare gli elettori di destra. Ma adesso la sinistra è al governo, e quando stigmatizza crea realmente divisione. Attaccando non soltanto l’appartenenza, ma la stessa religione ‘madre’ del paese, la sinistra tocca senza la dovuta delicatezza argomenti più che delicati, che riguardano la pancia e la memoria viva del paese. Una persona al potere deve avere tatto quando tocca queste cose: un tessuto sociale fragile facilmente si strappa”.
Il popolo e gli intellettuali francesi però non sono rimasti a guardare inerti lo sfacelo: “Il neonato movimento Manif pour tous ha mobilitato molte energie per denunciare il mondo che ci aspetta. Ma nonostante tutto ho l’impressione che qui in Francia stia nascendo qualcosa di nuovo: i giovani cattolici sono più forti, meno complessati, credono in Dio, nella resurrezione della carne e nella presenza reale di Cristo. Per quel che riguarda gli intellettuali, abbiamo sentito le voci di Rémi Brague, Chantal Delsol, Marcel Gauchet e Alain Finkielkraut”. Ma è alla generazione dei venti-trentenni che bisogna guardare, insiste Steffens: in molti hanno capito che la santità ha bisogno di carità e testimonianza: “Un santo è un profeta, uno che non sta zitto e non ha paura di combattere l’errore e l’eresia. Questo momento di confusione è un appello alla conversione”. E aggiunge: “Non mi stupisce che certe cose succedano proprio qui da noi: il diavolo lascia stare solo quelli che sono già suoi”.
In questi giorni ricomincia l’anno scolastico in Francia, e la cura Peillon comincerà a farsi sentire. “Il rientro a scuola rischia di assomigliare a tutti gli altri rientri – assicura Steffens – Perché quello di cui Peillon non si rende conto è che se questa nuova religione ha come principio quello di autogenerarsi con una ‘nuova nascita’, essa non avrà come ‘fedeli’ che individui autocentrati, i quali non vorranno imparare, sapere e credere nulla”. Questo è il carattere paradossale del vecchio sogno repubblicano di creare una religione della République, spiega ancora Steffens, “poiché creare dal nulla una religione vuol dire non crederci! Bisognerebbe essere pazzi per adorare questo dio ‘costruito’ nel proprio ufficio o in un think tank. Guardate i cristiani: non volevano creare una nuova religione; semplicemente credevano che Gesù fosse il Cristo, e così è nato il cristianesimo. Come ha detto Samuel Beckett: ‘E’ più facile costruire un tempio che farvi discendere la divinità’. Come nel 1789, costruiranno bei templi repubblicani, ma saranno vuoti: Joseph de Maistre, che fu il primo rivoluzionario, aveva messo in guardia i suoi contemporanei: con il vostro ‘contratto sociale’, diceva, potrete imporre ai cittadini di vivere insieme, ma non di danzare o cantare insieme. Infatti ormai si canta insieme solo nelle famiglie cattoliche”.
Steffens intravede un altro aspetto inquietante nelle parole del ministro: “Per fare una religione non bastano i concetti religiosi, ma occorre la pratica e il sacrificio’. Come ha detto René Girard, dove c’è religione c’è un sacrificio: in quella cattolica è Dio stesso che si sacrifica. Ma chi sarà il capro espiatorio di questa nuova religione laica? Temo che la risposta sia già contenuta nelle parole di Peillon”.
L’offensiva educativa di Peillon trova naturalmente un appoggio nella cultura gay. Il suo ministero ha inviato a tutte le scuole elementari del paese una circolare dove “si invita fortemente” a educare i ragazzi “all’uguaglianza di genere” e a combattere in classe “l’omofobia”. Il testo consigliato dal sindacato degli insegnanti si intitola “Papà porta la gonna”. “La preoccupazione del ministro non è che si parli di sessualità a scuola, ma di parità di diritti – dice Steffens – Ora si scopre che gli omosessuali in Francia sono considerati il simbolo delle minoranze che soffrono persecuzioni, ma tutti sanno che in Francia non c’è nessuna persecuzione ai danni degli omosessuali. Che una coppia gay soffra perché non può concepire un bambino non vuol dire che per questo a scuola si debba introdurre il tema dell’identità sessuale: che cosa può portare ai bambini il parlare loro del diritto a essere bisessuali o a cambiare sesso, se non turbamento? Come diceva Hannah Arendt, la scuola deve ‘proteggere i bambini dal mondo’, soprattutto quando il mondo è perso, guardone e ossessionato dal sesso. Nelle società occidentali il sesso è sempre più importante perché abbiamo una visione consumista e individualista. La sessualità è stata staccata dalla dimensione umana e spirituale. La società laicizzata sa guardare solo sotto la cintura. Ma sono sicuro che il signor Peillon, che è un uomo d’altri tempi, con quattro figli, è lui stesso inorridito nel guardare il sito Ligne Azur, promosso dal ministero, sulla nuova educazione sessuale dei giovani francesi”.
I vescovi francesi al momento non si sono fatti ancora sentire, ma è possibile che l’attacco alla chiesa cattolica, oltretutto esplicito, rimanga non giudicato dai vertici della chiesa? C’è da aspettarsi prima o poi un intervento del Papa? “La questione è delicata – risponde Steffens – Quello che sta succedendo rimette in gioco quello che Papa Leone XIII aveva espresso nella Inter sollicitudines, ovvero il sostegno dei cattolici francesi alla République”. La laïcité francese insiste sul carattere individuale: la fede deve essere confinata alla sfera privata. “I cattolici sono i primi ad avere assimilato questa esigenza di neutralità: mentre è facile incontrare per strada delle donne velate, è molto difficile vedere preti con il colletto romano o la talare”. Ma adesso l’asticella della laicità si è alzata. Il filosofo fa l’esempio del matrimonio, che per un cattolico è un’istituzione naturale che esisteva ben prima del cristianesimo, e che “serve a sostenere l’unione dei due coniugi tramite la grazia ricevuta nel sacramento. Ora lo stato, pensando al matrimonio come a un diritto individuale, e istituendo il mariage pour tous, l’ha privato del suo carattere naturale, togliendo la base naturale su cui la grazia interviene. Come fare dunque adesso, che la République contesta l’idea stessa di natura, cioè di un ordine oggettivo delle cose? La questione è interessante e, immagino, un po’ difficile da affrontare pubblicamente per i vertici della chiesa: che succede se annunciamo pubblicamente il divorzio tra stato e chiesa? Niente di bello. Ma personalmente confido nel nostro Papa e nel coraggio di un certo numero di vescovi francesi, che, come quello della mia diocesi, non hanno mai esitato a prendere posizioni chiare”.
di Piero Vietti
festina lente