Intervista a Maria Pia Gardini, ex membro di questo movimento
di Emanuela Campanile
ROMA, mercoledì, 13 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Maria Pia Gardini è una delle maggiori voci critiche italiane verso Scientology, la discussa “chiesa” fondata nel 1954 da Ron Hubbard, divenuto inizialmente famoso come scrittore di racconti pulp.
Cugina di Raul Gardini, la signora Maria Pia ha un passato da imprenditrice avendo lavorato nel cinema e nella pubblicità cinematografica fino al 1985, anno in cui inizia ad aiutare la figlia nel percorso di disintossicazione dalla droga.
La giovane Federica decide infatti di seguire la comunità Narconon, l’associazione fondata dallo stesso Hubbard che si occupa di droga. Da lì il passo a Scientology sarà breve.
Pur di restare a fianco della figlia, la signora Gardini si decide ad entrare nell’organizzazione, rimanendovi fino al 1994.
Nel libro “I miei anni a Scientology” (edizioni Paoline) il giornalista Alberto Laggia ci restituisce il racconto lucido e sincero di quello che Maria Pia ha subito nei 9 anni in cui è rimasta nella chiesa dei divi di Hollywood, la sua lotta giudiziaria per riavere il denaro sottrattole e il suo impegno per aiutare chi vuole uscire dalla schiavitù delle sette.
Da quando ha lasciato Scientology, 14 anni fa, lei non ha mai smesso di denunciare i retroscena di soprusi e ricatti su cui si fonda l’organizzazione. Non teme per la sua incolumità?
Maria Pia Gardini: Un giorno o l’altro potrebbero farmi qualcosa, però sono tanto conosciuta ormai che se mi succedesse qualche cosa, andrebbero direttamente a cercare quelli di Scientology. Subito!
Nel libro si legge che entrare nell’organizzazione è stata una scelta che lei ha fatto per amore. In che senso?
Maria Pia Gardini: Sì, perché mia figlia, che all’epoca aveva problemi di droga, decise di entrare al centro Narconon e da lì poi passò in Scientology… ed è qui che loro mettono in atto quello che moltissime altre sette fanno: se tua madre o i tuoi genitori non sono d’accordo, tu non puoi più né vederli né rimanerci in contatto perché diventano antagonisti. Quindi, per seguire mia figlia, ho cominciato anche io.
Questo che lei ha appena descritto è solo uno dei numerosi e tremendi meccanismi che Scientology mette in atto. Soprattutto per impedire che la gente ci ripensi e vada via...
Maria Pia Gardini: Uscire è difficilissimo, soprattutto se hai i soldi!
Ma cosa promette Scientology?
Maria Pia Gardini: Prima di tutto promette la libertà totale, poi la possibilità di usare il proprio potenziale umano al massimo, al 100%. Ma avere questo potere significa diventare Dio...insomma, promette quello che non può dare!
Da quello che ha visto e vissuto, quali altre motivazioni possono spingere le persone ad aderire ad una setta come quella di Scientology?
Maria Pia Gardini: Tutti noi vogliamo migliorare e viste le loro promesse, in molti si fanno coinvolgere. Ma poi succede che questi gruppi, come anche i testimoni di Geova per esempio, possono prenderti in un momento di particolare debolezza: un lutto, un dispiacere o una malattia.
Insomma, non si sa come ma sembra lo sappiano sempre…e arrivano. Allora ti invitano a fare un primo corso sulla coscienza del proprio sé, per esempio, e poi un altro e un altro e così via. Corsi che all’inizio costano poco e man mano sempre di più fino ad arrivare a migliaia e migliaia di euro.
All’interno dell’organizzazione lei raggiunse i massimi livelli della tecnica scientologica e fu anche premiata più volte. Eppure non smise mai di pregare…
Maria Pia Gardini: Non ho mai considerato Scientology una religione. Io credo in Dio, non ho mai smesso di andare alla Messa e di prendere l’Eucarestia. Quando ero in America, c’era un sacerdote simpaticissimo messicano che mi chiedeva sempre che cosa facessi in Scientology. “Caro padre – gli rispondevo – finchè mia figlia è dentro, qui sto!”…quando poi Federica morì, ritornai da lui. Voleva aiutarmi ad uscire da Scientology ma non volevo invischiarlo. Io sono sempre rimasta cattolica.
Nonostante siano passati anni da quando ha lasciato Scientology, ci sono ancora delle conseguenze. Cosa è successo?
Maria Pia Gardini: Ci sono ancora degli strascichi perché non mi hanno mai lasciato in pace e quando ho iniziato a divulgare la mia testimonianza contro di loro hanno cominciato prima con minacce telefoniche, poi facendomi trovare un gatto morto davanti alla porta o tagliandomi le gomme della macchina. Arrivano puntualmente ogni volta che io presento il libro e cercano di non farmi parlare. Pensi, avevano anche aperto un sito per screditarmi ma sono riuscita a farlo chiudere. Nonostante questo, continuano. Continuano perché quello che a loro dà fastidio è soprattutto il libro, che al momento sta andando bene.
Dopo l’esperienza di Scientology, come ha riorganizzato la sua vita?
Maria Pia Gardini: Faccio parte dell’Aris Toscana, Associazione per la Ricerca e l’Informazione sulle Sette. E il mio impegno è aiutare la gente a uscire da queste sabbie mobili, da questi grovigli che ti tirano sempre più giù. Quante famiglie sono a rischio! Un esempio, se il marito entra in Scientology e la moglie non vuole seguirlo, allora il nuovo adepto deve disconnettere e cioè tagliare con la famiglia qualsiasi rapporto. Ecco allora che si arriva a dei divorzi dolorosissimi. E lo stesso capita con i figli: i genitori non approvano? La parola d’ordine è disconnettere. Conosco una signora che per questo motivo non vede la figlia da 4 anni.
Quanto pesa la fascinazione delle sette in questa nostra società che non esitiamo a definire evoluta?
Maria Pia Gardini: La situazione è drammatica. Nel 1998, il Ministero degli Interni fece una relazione sul settarismo in Italia – adesso a distanza di 10 anni ne stanno preparando un altro – e posso dirle che le sette sono raddoppiate. Le figure di santoni e maghi sono in crescita esponenziale, come anche le sette sataniche o pseudo sataniche e il satanismo giovanile. Aumentano anche le pseudo religioni che provengono da Paesi come l’India e sono tutte pericolose. Ma il discorso è più profondo perché legato alla mancanza di comunicazione nelle famiglie. Dove sono le serate in cui ci si ritrova e si parla? La precarietà, l’assenza di una meta e il problema di portare a casa lo stipendio assorbono tutte le energie e i figli cercano fuori quello che non trovano in casa. Ed io farò sentire la mia voce finchè avrò fiato.