da Citocromo » ven dic 02, 2011 4:28 pm
"Noi ripetiamo: la Chiesa, o meglio noi tutti che abbiamo la fortuna di appartenere alla Chiesa, abbiamo bisogno di accrescere la nostra fede (Cfr. Eph. 4, 15): questo per vivere da credenti, da fedeli, da cristiani, coerenti al nostro battesimo, alla nostra professione cattolica, capaci di fronteggiare le negazioni e le confusioni di questo nostro tempo, che assale la nostra osservanza religiosa, fino nel suo intimo senso e nel suo naturale orientamento, con le sue certezze scientifiche e con la sua polarizzazione antropologica, cioè tutta rivolta all’uomo, orizzontale, come oggi si dice, secolarizzata e chiusa nei confini dell’esperienza vissuta e del tempo, della storia. [...] Ecco il problema che ci deve tutti interessare, dopo avere riconosciuto la necessità della fede: la possibilità della fede. È possibile la fede, anzi la crescita della fede? È una domanda molto grave, alla quale tutti siamo invitati a rispondere. [...]
Ciascuno provi a riflettere sopra questo duplice aspetto dell’immensa questione. A titolo di stimolo alla nostra ricerca, per elementare ch’essa sia, diremo dapprima che all’atto di fede concorrono tre coefficienti: primo, l’elemento oggettivo, cioè le verità della fede, la dottrina, il «credo»; e questo coefficiente è spesso manchevole per difetto di istruzione. Le crisi di fede sono tante volte dovute all’ignoranza. Neghiamo ciò che non conosciamo. Ora questo non è serio, non è degno di persone moderne, istruite e intelligenti, specialmente in ordine alla religione, la quale, volere o no, si pone come criterio decisivo per la guida della vita e per la misura dei suoi valori. Potremo incontrare molti, moltissimi problemi, anche su questo sentiero della conoscenza religiosa; ma questo, più che arrestare il nostro studio, dovrebbe sollecitarlo a migliore approfondimento, anche per evitare che giunga a noi, come un rimprovero, l’eco della voce dell’antico apologista cristiano, Tertulliano, il quale fino alla fine del secondo secolo, scriveva circa la religione cristiana, allora ufficialmente avversata e perseguitata: ne ipnorata damnetur, non sia condannata per ignoranza (TERTULL. Apol. 1). E lo studio onesto e perseverante della dottrina della fede avrà certamente, di per sé, un primo risultato positivo, quello di mostrare all’intelligenza e allo spirito dell’uomo moderno non l’estraneità, ma l’attraente affinità delle verità della nostra religione (nonostante il mistero che le avvolge), con le aspirazioni profonde dell’uomo stesso.
Secondo: l’elemento soggettivo, l’accettazione della Parola di Dio, cioè del «credo», da parte dell’uomo, che per ciò stesso diviene credente. È questo l’aspetto specifico della fede; ed è quello oggi più compromesso e più reagente contro l’adesione autentica alla dottrina della fede. Perché? perché la mentalità contemporanea è più che mai prevenuta contro una forma di conoscenza basata sulla parola altrui e non sull’esperienza propria, effettiva o soltanto possibile che sia. L’argomento fondato sull’autorità della parola altrui, sulla testimonianza e non sulla verifica razionale, è certamente il più debole; e così dicevano, da sempre, anche i maestri della nostra scuola (Cfr. S. TH. 1, 1, 8 ad 2). Prevale oggi la conoscenza razionale e scientifica, anzi fisica e quantitativa e sperimentale, nella quale la mente umana si sente soddisfatta e anche più di quanto sia, a buon diritto, consentito di esserlo; si sente sicura per un genere di certezza connaturato alla mente umana (Cfr. P. H. SIMON, Questions aux savants, Seuil, Paris). E adagiandosi a questo livello della conoscenza, l’intelligenza umana non si accorge d’aver compiuto una grande abdicazione, quella dell’impiego della sua facoltà alla conquista della verità superiore, cioè essenziale e metafisica; livello questo, veramente umano e spirituale, dove l’incontro con Dio, sia naturalmente raggiungibile, sia, e tanto più, per via di rivelazione, può verificarsi in certa adeguata misura.
In altri termini: l’uomo moderno manca di quella sana formazione filosofica sufficiente, la quale, anche se limitata a quel grado a tutti accessibile che si chiama il senso comune, è indispensabile per accedere al colloquio col mondo religioso. La nostra mentalità, già dicevamo, non è «in fase» idonea e felice per captare le onde misteriose del linguaggio divino. Ancora una volta ricordiamo la esortazione di Pascal: dobbiamo fare lo sforzo di pensare bene. Vedremo allora che l’argomento d’autorità, sul quale si fonda la fede, trae la sua forza dalla credibilità di colui che lo impiega; nel nostro caso, Dio; e perciò diventa fortissimo anche se rimane nella sfera delle verità misteriose (Cfr. S. TH. cit.).
E non ci sorprenderà quindi d’incontrare un terzo elemento, un coefficiente a noi estraneo e superiore, che interviene nel nostro spirito per abilitarlo all’atto di fede, il soffio dello Spirito di Cristo, la grazia (BENZ.-SCH. 1525 ss.; 1553-1554 ss.). La fede è un dono di Dio, è una virtù possibile all’uomo mediante un impulso soprannaturale, che non ci mancherà, se noi ci porremo in condizione di accoglierlo.
Perciò: desiderio di Dio, umiltà, preghiera, attesa fiduciosa, ed anche esperienza spirituale quale la partecipazione alla vita di fede della comunità ecclesiale, domestica o pubblica che sia, ci spianeranno le vie alla fede, e la renderanno non solo possibile, ma facile e vittoriosa." (Udienza generale, 4-10-1972)
Citocromo
Mi sembra che si debbano ricondurre gli uomini alla speranza di trovare la verità. (Sant'Agostino, Lettere, 1,1)