Y. Congar - Bibbia, Tradizione e Chiesa
Inviato: lun lug 04, 2011 3:46 pm
Testo tratto da Yves Congar, La Tradizione e le tradizioni, vol II, Edizioni Paoline, Roma, 1965, pp. 344- 348 (grassetto mio):
Scrittura e tradizione sono due modi di comunicazione dell’eredità apostolica. Due modi ed anche due mezzi. Né l’una, né l’altra sono la presenza attiva di Dio, che sola salva e santifica. In ambedue i casi, la comunicazione si attua mediante l’uso di un mezzo umano.
A questo riguardo, tuttavia, Scrittura e tradizione non sono allo stesso livello. La Scrittura è assolutamente sovrana: essa è di Dio, anche nella sua forma. È regola per la tradizione e per la Chiesa, mentre né la tradizione, né la Chiesa sono regola per la Scrittura. Inoltre, la Scrittura è fissata: fornisce la testimonianza di testimoni oggi scomparsi, nella forma stessa con cui essi l’hanno data. La Scrittura, dunque, si presta in maniera superiore ad adempiere l’ufficio di «testimone» irrefutabile. Chiesa e tradizione appaiono così assoggettate alla Scrittura.
Questo rapporto lineare di subordinazione non esaurisce, tuttavia, le relazioni che interessano le tre realtà. Determinata dalla sua reazione contro il medioevo, germogliata nel XV secolo, la teologia protestante è stata eccessivamente dominata dalla preoccupazione di conservare la Chiesa sottomessa alla regola divina che la guida e d’impedirle di erigersi, essa stessa, a regola di fede.
Ora, il carattere sovrano della Scrittura non le impedisce di essere una delle componenti dell’opera di Dio, che comporta anche la Chiesa e la tradizione; e nemmeno impedisce che esistano, fra queste tre realtà, dei rapporti d’interiorità reciproca, che rendono impossibile isolarle totalmente, ancor più che metterle in opposizione.
Si può sempre isolare un elemento e farne un centro esclusivo. I protestanti lo fanno in favore della Scrittura. Certi enunciati cattolici lo farebbero quasi per la Chiesa, alla quale conferirebbero una specie d’autonomia in rapporto alle norme oggettive ed oggettivamente accessibili della Scrittura e della tradizione (1). Alcune sétte - gli Schwärmer, combattuti da Lutero; il Quacquerismo - rischiano di vedere l’azione dello Spirito Santo isolata ed autonoma in rapporto, non solo alla Chiesa, ma anche alla Scrittura... È accaduto d’isolare la tradizione dalla Scrittura e di attribuirle così un’autonomia: pensiamo alla Cabala giudaica.
I Padri hanno invece affermato che Scrittura, Chiesa e tradizione non potevano esser poste l’una senza l’altra, né completamente l’una al di fuori dell'altra.
La tradizione è nella Scrittura, che non ne è che una redazione parziale. Tale è la parte di verità posta in luce dalla scuola della storia delle forme. Non solo i Vangeli, ma gli scritti dell’Antico Testamento, soprattutto il Pentateuco, e perfino le Epistole di S. Paolo, traducono il pensiero e la fede di un ambiente religioso, di una comunità. La Chiesa si trova così già nella Bibbia. Vi è una seconda volta mediante la costituzione del Canone. Vi si trova pure la tradizione: la Scrittura non svela il suo senso e la rivelazione di Dio, di cui è come il sacramento, non si attualizza se non nella tradizione e nella Chiesa.
La Scrittura e la tradizione si trovano nella Chiesa come la sua regola oggettiva interna, affidata alla sua fedeltà come un deposito. Scrittura e tradizione vi sono subordinate ed articolate, come abbiamo cercato di spiegare. Fanno la Chiesa, come strumenti dell’azione mediante la quale il Cristo l’edifica.
La Chiesa è nella tradizione come il suo soggetto umano. È l’ambiente di questa vita, di cui lo Spirito Santo è il principio trascendente. Da parte sua, la Scrittura è in intimi rapporti con la tradizione: se viene interpretata nella tradizione, costituisce la sua regola superiore, almeno negativa (nel senso che ciò, a cui la Scrittura contraddicesse, dovrebbe essere considerato come errore e vanità). Noi crediamo, dunque, all’insufficienza di queste tre realtà (diremmo pure alla loro inconsistenza), se si separano l’una dall’altra, e, al contrario, alla loro implicazione reciproca, sotto la causalità dello Spirito Santo, che è loro comune.
Scrittura, tradizione, Chiesa (ministero apostolico) rappresentano i mezzi, che Dio ha insieme disposto, sotto l’attività e l’influenza sempre attuale dello Spirito Santo, per comunicarci la rivelazione fatta una volta per tutte. È nella loro affermazione solidale e complementare che risiedono l’equilibrio e la forza della posizione cattolica, come si è manifestato particolarmente nel corso dei lavori e delle discussioni, che hanno preceduto o accompagnato le definizioni dogmatiche dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione.
Un eccellente conoscitore dei Padri ha riassunto la loro posizione, che è la posizione della «Chiesa indivisa», nelle seguenti espressioni, che poniamo a conclusione del presente capitolo:
«La tradizione e la Scrittura non sono due fonti indipendenti, che si completano dal di fuori. Se talvolta siamo tentati di crederlo, è perché non siamo sfuggiti alle dannose disgiunzioni del protestantesimo. Per i primi cristiani, al contrario, la Bibbia è così poco separabile dalla tradizione, che ne fa parte addirittura: ne costituisce l’elemento essenziale, il nucleo, se si vuole. Ma, d’altra parte, strappata dall’insieme vivente dei molteplici fattori tradizionali, conservati e trasmessi dalla coscienza della Chiesa, sempre attenta e sempre attiva, la Bibbia diventerebbe incomprensibile. Verrebbe, effettivamente, staccata dalla vita degli oggetti di cui parla. Bibbia e tradizione non rappresentano, dunque, per un cattolico, Bibbia più un elemento estraneo, in mancanza del quale essa resterebbe incompleta. È piuttosto la Bibbia ricollocata, o meglio, mantenuta, nella sua atmosfera propria, nel suo ambiente vitale, nella sua luce nativa. È la Bibbia e nient’altro che la Bibbia, ma la Bibbia tutt’intera, e non solo nella lettera, ma con lo Spirito che l’ha dettata e non cessa di vivificarne la lettura. Dove infatti - si domanda S. Agostino - si troverebbe lo Spirito del Cristo, se non nel Corpo di Cristo? È dunque nella Chiesa, corpo della Parola vivente di Dio fatto carne, che la Parola, già ispirata a uomini di carne, resta spirito e vita. La tradizione cattolica, lungi dal dare scacco, come troppo spesso si crede, all’importanza unica della Scrittura sacra, le conserva tutto il suo valore, svelando tutto il suo senso» (L. Bouyer, La Bible et l’Evangile..., Lectio divina, 8, Parigi, 1951, pp. 11-12).
Scrittura e tradizione sono due modi di comunicazione dell’eredità apostolica. Due modi ed anche due mezzi. Né l’una, né l’altra sono la presenza attiva di Dio, che sola salva e santifica. In ambedue i casi, la comunicazione si attua mediante l’uso di un mezzo umano.
A questo riguardo, tuttavia, Scrittura e tradizione non sono allo stesso livello. La Scrittura è assolutamente sovrana: essa è di Dio, anche nella sua forma. È regola per la tradizione e per la Chiesa, mentre né la tradizione, né la Chiesa sono regola per la Scrittura. Inoltre, la Scrittura è fissata: fornisce la testimonianza di testimoni oggi scomparsi, nella forma stessa con cui essi l’hanno data. La Scrittura, dunque, si presta in maniera superiore ad adempiere l’ufficio di «testimone» irrefutabile. Chiesa e tradizione appaiono così assoggettate alla Scrittura.
Questo rapporto lineare di subordinazione non esaurisce, tuttavia, le relazioni che interessano le tre realtà. Determinata dalla sua reazione contro il medioevo, germogliata nel XV secolo, la teologia protestante è stata eccessivamente dominata dalla preoccupazione di conservare la Chiesa sottomessa alla regola divina che la guida e d’impedirle di erigersi, essa stessa, a regola di fede.
Ora, il carattere sovrano della Scrittura non le impedisce di essere una delle componenti dell’opera di Dio, che comporta anche la Chiesa e la tradizione; e nemmeno impedisce che esistano, fra queste tre realtà, dei rapporti d’interiorità reciproca, che rendono impossibile isolarle totalmente, ancor più che metterle in opposizione.
Si può sempre isolare un elemento e farne un centro esclusivo. I protestanti lo fanno in favore della Scrittura. Certi enunciati cattolici lo farebbero quasi per la Chiesa, alla quale conferirebbero una specie d’autonomia in rapporto alle norme oggettive ed oggettivamente accessibili della Scrittura e della tradizione (1). Alcune sétte - gli Schwärmer, combattuti da Lutero; il Quacquerismo - rischiano di vedere l’azione dello Spirito Santo isolata ed autonoma in rapporto, non solo alla Chiesa, ma anche alla Scrittura... È accaduto d’isolare la tradizione dalla Scrittura e di attribuirle così un’autonomia: pensiamo alla Cabala giudaica.
I Padri hanno invece affermato che Scrittura, Chiesa e tradizione non potevano esser poste l’una senza l’altra, né completamente l’una al di fuori dell'altra.
La tradizione è nella Scrittura, che non ne è che una redazione parziale. Tale è la parte di verità posta in luce dalla scuola della storia delle forme. Non solo i Vangeli, ma gli scritti dell’Antico Testamento, soprattutto il Pentateuco, e perfino le Epistole di S. Paolo, traducono il pensiero e la fede di un ambiente religioso, di una comunità. La Chiesa si trova così già nella Bibbia. Vi è una seconda volta mediante la costituzione del Canone. Vi si trova pure la tradizione: la Scrittura non svela il suo senso e la rivelazione di Dio, di cui è come il sacramento, non si attualizza se non nella tradizione e nella Chiesa.
La Scrittura e la tradizione si trovano nella Chiesa come la sua regola oggettiva interna, affidata alla sua fedeltà come un deposito. Scrittura e tradizione vi sono subordinate ed articolate, come abbiamo cercato di spiegare. Fanno la Chiesa, come strumenti dell’azione mediante la quale il Cristo l’edifica.
La Chiesa è nella tradizione come il suo soggetto umano. È l’ambiente di questa vita, di cui lo Spirito Santo è il principio trascendente. Da parte sua, la Scrittura è in intimi rapporti con la tradizione: se viene interpretata nella tradizione, costituisce la sua regola superiore, almeno negativa (nel senso che ciò, a cui la Scrittura contraddicesse, dovrebbe essere considerato come errore e vanità). Noi crediamo, dunque, all’insufficienza di queste tre realtà (diremmo pure alla loro inconsistenza), se si separano l’una dall’altra, e, al contrario, alla loro implicazione reciproca, sotto la causalità dello Spirito Santo, che è loro comune.
Scrittura, tradizione, Chiesa (ministero apostolico) rappresentano i mezzi, che Dio ha insieme disposto, sotto l’attività e l’influenza sempre attuale dello Spirito Santo, per comunicarci la rivelazione fatta una volta per tutte. È nella loro affermazione solidale e complementare che risiedono l’equilibrio e la forza della posizione cattolica, come si è manifestato particolarmente nel corso dei lavori e delle discussioni, che hanno preceduto o accompagnato le definizioni dogmatiche dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione.
Un eccellente conoscitore dei Padri ha riassunto la loro posizione, che è la posizione della «Chiesa indivisa», nelle seguenti espressioni, che poniamo a conclusione del presente capitolo:
«La tradizione e la Scrittura non sono due fonti indipendenti, che si completano dal di fuori. Se talvolta siamo tentati di crederlo, è perché non siamo sfuggiti alle dannose disgiunzioni del protestantesimo. Per i primi cristiani, al contrario, la Bibbia è così poco separabile dalla tradizione, che ne fa parte addirittura: ne costituisce l’elemento essenziale, il nucleo, se si vuole. Ma, d’altra parte, strappata dall’insieme vivente dei molteplici fattori tradizionali, conservati e trasmessi dalla coscienza della Chiesa, sempre attenta e sempre attiva, la Bibbia diventerebbe incomprensibile. Verrebbe, effettivamente, staccata dalla vita degli oggetti di cui parla. Bibbia e tradizione non rappresentano, dunque, per un cattolico, Bibbia più un elemento estraneo, in mancanza del quale essa resterebbe incompleta. È piuttosto la Bibbia ricollocata, o meglio, mantenuta, nella sua atmosfera propria, nel suo ambiente vitale, nella sua luce nativa. È la Bibbia e nient’altro che la Bibbia, ma la Bibbia tutt’intera, e non solo nella lettera, ma con lo Spirito che l’ha dettata e non cessa di vivificarne la lettura. Dove infatti - si domanda S. Agostino - si troverebbe lo Spirito del Cristo, se non nel Corpo di Cristo? È dunque nella Chiesa, corpo della Parola vivente di Dio fatto carne, che la Parola, già ispirata a uomini di carne, resta spirito e vita. La tradizione cattolica, lungi dal dare scacco, come troppo spesso si crede, all’importanza unica della Scrittura sacra, le conserva tutto il suo valore, svelando tutto il suo senso» (L. Bouyer, La Bible et l’Evangile..., Lectio divina, 8, Parigi, 1951, pp. 11-12).