Re: I Padri della Chiesa e la "Sola Scrittura".
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sab feb 02, 2008 1:06 pm
da GrisAdmi
La Bibbia che [i cristiani hanno] in mano risale al IV secolo, quel canone ha la sua prima attestazione nel 367 d.C.
Ciò che smonta il Sola Scriptura [è] il fatto che in nessun punto della Bibbia sta scritto quali siano i libri di questa benedetta Bibbia. Non si tratta di vedere dove nella Bibbia si parli della Tradizione, perché è la Tradizione ad avere creato tra II e IV secolo il Nuovo testamento con cui [gli evangelici vorrebbero] rigettarla.
Dottrine come il primato petrino hanno un’attestazione più antica del canone biblico cui [ gli evangelici tengono] tanto e che è a tutto gli effetti una creazione ecclesiastica.
Il problema commentando quei versetti [che nella Scrittura sembrano attestare la presenza di una tradizione orale di fianco ai testi che compongono la medesima] non è di dire “a quel tempo gran parte dell’insegnamento cristiano era ancora orale”, perché [molti confondono] la stesura dei libri col loro ingresso nel canone. Non è che, dopo il 100, siccome tutti i libri erano stati scritti, allora esisteva già un NT circolante nelle comunità cristiane e l’insegnamento orale era stato rimpiazzato. Questa è una sciocchezza anacronistica: l’insegnamento orale era ed è la base della predicazione cristiana, e soprattutto fino al IV secolo, cioè fino a quando nella Chiesa non s’è formato un consenso decente su quali libri fossero da considerare ispirati. Non c’era alcun insegnamento scritto da mettere in contrapposizione con l’insegnamento orale, andavano di pari passo. Nessuno nel cristianesimo primitivo s’è mai sognato di considerare lo scritto sostitutivo dell’oralità.
Se la Tradizione degenera, allora com’è possibile che questo mucchio di apostati pieno di dottrine erronee sia riuscito dopo ben 4 secoli a mettere insieme un corpus di libri ortodossi?
Molto spesso cattolici ed ortodossi si trovano a dialogare coi fratelli protestanti su quale sia il modo in cui Dio ha parlato al suo popolo e un argomento è principe della discussione: “Sola Scriptura” o “Scriptura et Traditio?”.
Sarà campito di questo breve studio mostrare come la Chiesa primitiva era uno struttura basata sulla predicazione e, come tutte le società antiche basate sull’oralità, su una Tradizione concepita come deposito vivo della fede. Si dimostrerà altresì che il rifiuto di questa tradizione sia stato causato in Lutero da una reazione a determinate contingenze storiche e che egli abbia buttato via insieme il bambino con l’acqua sporca, verrà cioè messa in luce quanto sia radicalmente incompatibile con la fede elle origini considerare il cristianesimo una “religione del libro”, e che il rifiuto della Tradizione venga in realtà da una particolare concezione filosofica tipica della modernità che vuole un rapporto diretto ed individuale con Dio e dunque non tollera la mediazione della Chiesa e soprattutto di un clero depositario di una catechesi, sarebbe in questa mentalità un ritorno al fariseismo. E’ un presupposto filosofico individualistico figlio dell’amore dell’immediatezza e della presunzione della trasparenza delle Scritture ad aver creato il concetto di “libero esame”, la dottrina secondo cui Dio concederà l’illuminazione a chiunque si accosti con cuore sincero alla Scrittura e per lui nella Bibbia non ci saranno misteri in quanto essa si mostrerà nella sua trasparenza al semplice, rendendo vana la cosiddetta “casta degli esegeti”. Il Sola Scriptura è figlio di una interpretazione fondamentalistica e del tutto astorica del testo sacro, di cui vorrei enumerare la fallacia dei presupposti. Prendiamo in esame una tesi assai nota della riforma: La Tradizione deve essere sottoposta al vaglio della Scrittura e non viceversa.
Viene da chiedersi come sia possibile visto che la Scrittura fa parte della Tradizione, anzi, non è altro che la trascrizione di parte della catechesi orale della Chiesa, e proprio in base al confronto con la Tradizione tramandata la Chiesa scelse tra i vari libri quali fossero quelli canonici, si decretò la loro ortodossia (tra le altre cose) anche in base alla loro corrispondenza con la Tradizione. Ergo è il contrario: storicamente la Traditio per la fissazione del canone è stata il metro di misura della formazione del NT, e anche dell’AT, infatti l’AT nel canone ebraico è stato selezionato dagli “eredi” dei farisei che si sono ben guardati dall’inserire nel novero degli scritti ispirati mille testi del giudaismo del II tempio che invece proliferavano tra le altre sette. Insomma la Bibbia non è caduta dal cielo rilegata, è inevitabile oltre che ovvio che la Chiesa abbia scelto cosa fosse canonico o meno in base all’ortodossia che riscontrava oppure no nei libri, ortodossia che la Chiesa poteva verificare solo in base ad un confronto con quello che lei credeva, cioè appunto il deposito della fede. L’apostolo Paolo scrivendo a Timoteo (nella prospettiva della sua morte), gli raccomanda: “Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi” (2 Tm 1, 14)
“Le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.”(2Tm 2,2)
La struttura della Chiesa primitiva non era basata su un libro ma sulla tradizione viva che derivava dagli apostoli, giacché come ci dice sempre Paolo “La fede viene dall’ascolto”(Rm 10,17).
Traditio e Scrittura dunque non sin contraddicono perché vengono dalla medesima fonte. Il Nuovo Testamento stesso dice di affiancare le cose scritte alle cose tramandate a voce. “Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera”(2Ts2,15)
Non mi stancherò mai di ripetere che Gesù disse: “andate e predicate”, non “andate e scrivete”. Il Nuovo testamento è un prodotto relativamente tardo nella storia della Chiesa, nella sua composizione attuale irrintracciabile prima del IV secolo. Eppure nessuno si sognerebbe di dire che nei secoli precedenti i cristiani avevano una fede incompleta solo perché non c’era un Nuovo Testamento con tutti e soli i 27 libri che oggi lo compongono, evidentemente perché la base della fede cristiana non è il libro in sé ma la persona di Gesù e i suoi insegnamenti, in qualunque modo arrivino. Noi, contrariamente a quanto si dice, non siamo una religione del libro.
Il Sola Scriptura è un concetto tardo e astorico, del tutto assente nel cristianesimo primitivo che si basava invece sulla successione apostolica quale garante della Traditio. E poi mi spieghi il protestante che legge questo articolo a vagliare la Tradizione con la Scrittura? Per farlo dovrebbe dimostrare che la Bibbia ha un’interpretazione univoca, guarda caso la sua, e poi in base a questa interpretazione decretare che la Tradizione è falsa. Ma come si fa a scegliere tra le mille interpretazioni possibili se non proprio in base alla Traditio apostolica che ti spiega qual è quella corretta fra le tante annoverabili? Certo alcuni potrebbero rispondere che la Scrittura si interpreta sulla base della Scrittura e non della Traditio, ma io risponderei che quello che dicono è vero solo in parte, infatti questo escamotage sposta solo il problema; mi spiego meglio: per usare una scrittura X al fine di chiarire un’altra scrittura Y si dovrebbe prima sapere qual è l’interpretazione corretta di X. E qual è l’interpretazione di X tra le mille possibili? Bisogna ricorrere al versetto Z? Ma come spero si sia capito in questo modo s’è innescata una catena di rimandi infinita, anche perché la scelta degli abbinamenti dei versetti non è fissata da nessuna parte ma è opera della mente del singolo. Ecco perché il Sola Scriptura che vuole confutare la Tradizione è un circolo logico, un serpente che si morde la coda, e le mille sette protestanti, ognuna convinta d’avere in mano la verità in base al “Sola Scriptura” ne sono un esempio. Tutte si basano sulla Sola Scrittura eppure tutte hanno una dottrina diversa: perché? Forse perché questo mito della trasparenza della Bibbia è assurdo. E’ il motivo per cui Pietro nell’omonima lettera diceva che le epistole del suo collega Paolo sono difficili da comprendere e gli ignoranti le travisano, ragion per cui esser dovevano essere interpretate solo alla luce del magistero apostolico che ne spiegavano il contenuto. Il primo confutatore del Sola Scriptura fu Pietro, contro questa mania della rivelazione privata che vuole scartare la dimensione comunitaria e diacronica della Chiesa.
Ma ora la domanda più importante: appurato che nel cristianesimo primitivo c’era una Tradizione orale e il Sola Scriptura era assente, per la semplice ragione che la “Scriptura” così come la conosciamo oggi non c’era proprio, come possiamo sapere che questa Tradizione si sia tramandata correttamente e non si sia creato un “effetto telefono senza fili”?
La garanzia della corretta trasmissione della Traditio sta nella sua universalità in seno alla Chiesa apostolica. Giacché gli apostoli non insegnavano dottrine diverse, in qualunque chiesa di fondazione apostolica si può ritrovare la stessa Traditio, che è mantenuta come tale proprio nel mutuo controllo tra le varie sedi episcopali. Un vescovo può diventare eretico, l’intera Chiesa no, ecco perché nel cristianesimo primitivo c’era la consapevolezza che il Concilio ecumenico è infallibile. Quest’idea che la Tradizione è uniforme proprio perché garantita dalla successione apostolica che si ritrova in ogni chiesa fondata dagli apostoli viene magnificamente espressa da Ireneo vescovo di Lione nel II secolo:
"In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità della terra, avendo ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli la fede..., conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un'unica casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca", Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10, 1-2 (SC 264, 154-158; PG 7, 550-551).
"Infatti, se le lingue nel mondo sono varie, il contenuto della Tradizione è però unico e identico. E non hanno altra fede o altra Tradizione né le Chiese che sono in Germania, né quelle che sono in Spagna, né quelle che sono presso i Celti (in Gallia), né quelle dell'Oriente, dell'Egitto, della Libia, né quelle che sono al centro del mondo" Adversus haereses, 1, 10, 2 (SC 264, 158-160; PG 7, 531-534).
" Conserviamo con cura questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene" Adversus haereses, 3, 24, 1 (SC 211, 472; PG 7, 966).
“Dunque la tradizione degli apostoli manifestata in tutto quanto il mondo, possono vederla in ogni Chiesa tutti coloro che vogliono riscontrare la verità, così possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli apostoli nelle Chiese e i loro successori fino a noi. […] Ma poiché sarebbe troppo lungo in quest'opera enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli apostoli e la fede annunciata agli uomini che giunge fino a noi attraverso le successioni dei vescovi… Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d'accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte — essa nella quale per tutti gli uomini è sempre stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli.
Dunque, dopo aver fondato ed edificato la Chiesa, i beati apostoli affidarono a Lino il servizio dell'episcopato; di quel Lino Paolo fa menzione nelle lettere a Timoteo. A lui succede Anacleto. Dopo di lui, al terzo posto a partire dagli apostoli, riceve in sorte l'episcopato Clemente, il quale aveva visto gli apostoli stessi e si era incontrato con loro ed aveva ancora nelle orecchie la predicazione e davanti agli occhi la loro tradizione. E non era il solo, perché allora restavano ancora molti che erano stati ammaestrati dagli apostoli. Dunque, sotto questo Clemente, essendo sorto un contrasto non piccolo tra i fratelli di Corinto, la Chiesa di Roma inviò ai Corinzi un'importantissima lettera per riconciliarli nella pace, rinnovare la loro fede e annunciare la tradizione che aveva appena ricevuto dagli apostoli… A questo Clemente succede Evaristo e, ad Evaristo, Alessandro; poi, come sesto a partire dagli apostoli, fu stabilito Sisto; dopo di lui Telesforo, che dette la sua testimonianza gloriosamente; poi Igino, quindi Pio e dopo di lui Aniceto. Dopo che ad Aniceto fu succeduto Sotere, ora, al dodicesimo posto a partire dagli apostoli, tiene la funzione dell'episcopato Eleutero. Con quest'ordine e queste successioni è giunta fino a noi la tradizione che nella Chiesa a partire dagli apostoli è la predicazione della verità. E questa è la prova più completa che una e medesima è la fede vivificante degli apostoli, che è stata conservata e trasmessa nella verità." Adversus haereses 3, 3, 1-3.
E si badi che Ireneo di Lione non era un vescovo qualunque, era discepolo di Policarpo, uno dei discepoli di S. Giovanni.
Esemplare anche Tertulliano che risponde agli eretici:
“Se vuoi esercitare meglio la tua curiosità nel negozio della tua salute, passa in esame le Chiese apostoliche, presso le quali tuttora le cattedre degli apostoli si conservano al posto di presidenza nei luoghi di raduno; là dove si leggono proprio le lettere autentiche loro scritte dagli apostoli nelle quali ancora vibra l'eco delle loro voci e vive l'aspetto di ciascuno.
Sei vicino all'Acaia? Hai Corinto. Se non sei lontano dalla Macedonia, hai Filippi e Tessalonica. Se puoi recarti in Asia, hai Efeso. Se ti trovi nei paraggi dell'Italia, hai quella Roma, donde anche a noi arriva rapidamente l'autorità.
Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta. E' la Chiesa, dove Pietro è parificato, nella passione, al Signore [venne infatti crocifisso come Cristo]; dove Paolo è coronato del martirio di Giovanni [venne decapitato come Giovanni Battista]” (Tertulliano, La prescrizione contro gli eretici, 36)
“Se cerchi nelle Scritture la legge relativa a queste e ad altre osservanze, non la troverai certo: ti si presenterà come sua autrice la tradizione, come sua confermatrice la consuetudine, come sua osservante la fede; il motivo poi che parla a favore della tradizione, della consuetudine e della fede, o tu stesso lo scoprirai, o imparerai a conoscerlo da qualche altro che lo ha scoperto; fino ad allora, accetterai con fede che ci sia qualche motivo da accettare rispettosamente... Se dunque io non trovo in nessun passo questa legge, se ne deduce che la tradizione ha dato forza di costume a una consuetudine, suggellato a volte dall'autorità degli apostoli che ne hanno interpretato il motivo.
Questi esempi dimostrano che anche l'osservanza di una tradizione non scritta può essere giustificata se è confermata dalla consuetudine, perché questa è una testimonianza idonea, fondata sull'osservanza costante che si tratta di una tradizione allora approvata. La consuetudine, del resto, viene considerata come legge, quando la legge manca, anche negli affari civili; non vi è dunque differenza se si fonda su uno scritto o su un motivo ragionevole, poiché il motivo ragionevole dà efficacia alla legge stessa. Ora, se la legge è fondata sulla ragione, sarà legge tutto ciò che è costituito sulla ragione, da chiunque sia stato introdotto. O non sei del parere che ogni fedele possa cogliere nel proprio animo e stabilirsi delle norme - purché si addicano a Dio, portino alla rettitudine e servano alla salvezza - dato che il Signore dice: Perché non giudicate anche da voi stessi ciò che è giusto? (Lc 12,57). (Tertulliano, La corona, 3-4)
Come si vede il Sola Scriptura è un concetto del tutto astorico ed estraneo al cristianesimo primitivo, che la Scriptura, quella di oggi, neppure l’aveva, ma non per questo avevano una fede meno completa. Questo in barba ai siti protestanti della rete, pieni di dilettanti incalliti che non sanno una parola di greco e che osano mettere on-line citazioni dei Padri della Chiesa che secondo la loro mente dilettantesca proverebbero che questi Padri erano contrari al concetto di Traditio. Se proverai a farmi un copia&incolla di quelle patetiche liste copiata da “Cammino Cristiano”, Giacinto Burtindaro, et similia, piene di tarocchi e decontestualizzazioni come solo la WTS sa fare, ti garantisco che non mi farei neppure perdere un minuti di sonno perché le ho già sviscerate tutte da mesi e ho un meraviglioso articolo da farti leggere in proposito dove smaschero l’incompetente internettiano che le ha messe insieme, facendo poi sì che tutti lo copiassero.
Nel cristianesimo primitivo, come s’è visto, si affianca sempre ai libri che ciascuna regione aveva il depositum fidei della Traditio apostolica.
La domanda successiva è ovviamente la seguente: e se la tradizione contraddice la Scrittura cosa dobbiamo pensare? Trovatemi un caso in cui lo faccia, perché è inutile ipotizzare l'impossibile. Inoltre c'è un ragionamento circolare nell’ ipotesi proposta. La Tradizione serve proprio a spiegare qual è l'interpretazione corretta della Bibbia tra le mille possibili per ciascun testo. Dire che la Bibbia contraddice la Traditio significherebbe ripostulare l'assunto già confutato secondo cui esiste un significato univoco e trasparente del testo biblico, un significato che l’amico protestante conoscerebbe prescindendo dalla Traditio, la quale invece serve proprio, tra le altre cose, per interpretare la Scrittura. Dunque dire che la Bibbia contraddice la Scrittura è impossibile, perché vorrebbe dire che esiste per un testo X un unico significato possibile e proprio quel testo contraddirebbe la tradizione. In realtà siccome ogni comprensione è già un'interpretazione privata, svolta in base alla proprie pre-comprensioni, ciò non può verificarsi, perché non esiste una lettura neutra del testo, esiste solo una lettura mediata dalle conoscenze del singolo. La Bibbia non può contraddire alcunché, è questo il problema, perché la Bibbia parla solo nella misura in cui qualcuno la interpreta, in sé e per sé il testo è solo inchiosto su un foglio. E' quello che diceva già Platone affermando che quando interroghi un testo per sapere cosa significhi esso non ti può rispondere, perché non è una persona. Il contenuto in sé e per sé di un testo non esiste, esiste solo la lettura che ne danno le persone, e, ovviamente, la lettura che ne dà la Chiesa che l'ha creato. C'è un circolo ermeneutico tra il testo e il lettore, e ciò scardina l'idea che esista un senso in sé e per sé che prescinda da chi legge.
L’idea più astorica sta nel credere che la voce tramandata oralmente nel mondo antico sia paragonabile in qualche modo ai pettegolezzi che oggi ci raccontiamo tra amici e che vengono deformati da un passaggio di bocca in bocca. Questa è un’ingenuità. In primo luogo considera che la trasmissione sia una sorta di telefono senza fili e non contempla tutti gli studi sulla trasmissione del sapere sacro nelle società orali. Non equivale a raccontare una barzelletta che poi inevitabilmente viene ripetuta un tantino modificata dal prossimo che la racconterà. Queste società non avevano la stampa e il papiro costava caro, motivo per cui essendo la trasmissione orale del sapere tutto quello che avevano, ci stavano estremamente attenti. Sono gli anni in cui ad Atene si chiedeva ancora ai giovani alunni di sapere l’Odissea e l’Iliade a memoria.
Nel Vicino Oriente questa prassi si è in gran parte mantenuta e ancora oggi e gli islamici a scuola imparano il Corano a memoria. E’ astorico ragionare con la nostra mentalità del XX secolo e la nostra ridicola capacità di memoria: nel mondo antico le scuole si reggevano sulla trasmissione orale degli insegnamenti del maestro, e questo sia che fosse una scuola rabbinica a Gerusalemme sia che fosse la Stoa ad Atene. Le fonti ci dicono che all’Accademia i platonici dovendo imparare tutti i dialoghi del loro divino maestro, e che nel Giardino si imparassero a memoria le epistole di Epicuro e le sue sentenze. Questo è lo sfondo che dobbiamo immaginarsi. Il ragionamento è da ribaltare. Lo scritto viene evitato proprio perché fraintendibile. Gesù non era uno sciocco, e sapeva che fissare un insegnamento nel solo scritto è il metodo più sicuro per far sì che poi, davanti ad un mero insieme di segni grafici, ognuno interpreti come vuole. La più palese dimostrazione di questo è il protestantesimo americano con le sue mille sette, tutti convinti che la Bibbia da sola sia chiara e sufficiente eppure tutti guarda caso con dottrine diverse, ognuno convinto d’avere l’interpretazione corretta. Questo prima di Cristo l’aveva già capito Platone, il quale diceva che accanto allo scritto va per forza tramandata una tradizione orale per interpretarlo, perché lo scritto se hai un dubbio su come interpretarlo non ti può rispondere. E non mi si risponda che basta pregare Dio di farci capire, perché guarda caso lo fanno tutti eppure ciascuno ha dottrine diverse. Forse la risposta di Dio è propria questa: “ho già detto chi ha il compito di interpretare il mio messaggio”. I protestanti infatti rifugiandosi in un paradigma astorico del Sola Scriptura rifiutano la struttura della Chiesa primitiva basata sul magistero apostolico e la successione tramite l’imposizione della mani. “Chi ascolta voi, ascolta me”(Lc 10,16), disse Cristo. Ma l’individualismo tipico dell’epoca in cui nacque Lutero e ancora oggi imperante ha sempre impedito di accettare la dipendenza da qualcuno nella ricezione della parola sacra, non c’è capito che questo “potere” è in realtà un servizio. Aggiungo a quanto già detto che la peculiarità della trasmissione e della sua accuratezza va ricercata nel fatto che è di carattere dottrinale, e dunque essendo catechetica si sta molto attenti al contenuto. Ma la cosa che più conta è il fatto che non è il singolo a tramandare la tradizione, infatti i Padri della Chiesa sono chiari nel dire che il luogo di trasmissione della traditio è in seno ai vescovi. In questo senso Ireneo dice che la tradizione predicata nelle Gallie è uguale a quella in Africa, proprio perché tra i depositari del magistero apostolico c’è il mutuo controllo della corretta trasmissione del sapere. Come appena ricordato un vescovo può diventare eretico, la chiesa intera no, ecco perché il Concilio Ecumenico nel cristianesimo primitivo è segno di infallibilità.
La comunità apostolica si basava sulla predicazione orale, e interpretarlo come fanno i protestanti è un astorico non-sense:
1 Cor 11,2: "Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse".
2 Cor 15,3: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto...".
3 Lc 1,1-2: "Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola...".
4 2 Ts 3,6 "Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore Nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi".
5 2 Ts 2,15: "Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso cosi dalla nostra parola come dalla nostra lettera".
La conferma definitiva che la Tradizione della Chiesa sia quella corretta viene dalla banale constatazione che proprio questa Chiesa, da cui Lutero disertò, fu la creatrice nei secoli del libro che Lutero voleva usare contro la Chiesa stessa, non campendo che s’era messo in una contraddizione non da poco. Con che criterio i protestanti di oggi accettano infatti un canone ecclesiastico del IV secolo se credono che la Chiesa sua autrice non è la Chiesa di Dio? La risposta è semplice; l’ingenuità filologica di chi fa un ragionamento simile si basa sulla seria convinzione da parte di costoro che la Bibbia sia una sorta di monolite immutabile da sempre esistito e che dunque nel I secolo ci fosse già la Bibbia che essi oggi leggono, quando nel I secolo non solo il canone neotestamentario ma neppure quello veterotestamentario erano ancora stati definiti. Essi cioè, per ingenuità storica, ignorano quale sia stata l’opera del tutto umana e contemporaneamente del tutto divina alla base della creazione del canone, che dal punto di vista di un ateo non può che sembrare un’accozzaglia di libri fatti a caso da uomini che li hanno scelti per convenienza, mentre ai protestanti non resta da sperare che questi uomini della Chiesa che essi rigettano fossero ispirati dallo Spirito Santo mentre sceglievano. Sorgono due obiezioni: 1)Può la Chiesa aver avuto il solo merito del canone e poi aver apostato? Se uno fa una cosa buona poi è certo che non sbaglierà più? 2)Se Dio guidava la Chiesa mentre sceglieva, qual è il suo merito?
Alla prima si risponde che a Chiesa in quell'occasione non fa fatto una cosa buona, ha fatto una cosa infallibile. La chiusura del canone è avvenuta nel IV secolo. Orbene nel IV secolo dal punto di vista dei Testimoni di Geova e dei protestanti la Chiesa affermava già chiaramente nel suo credo delle dottrine eretiche (la cosiddetta “mariolatria” o il culto dei santi ad exemplum), c'era già stata la grande apostasia, non era cioè l'organizzazione di Dio. Ora come è possibile che una Chiesa in mano a Satana abbia creato il Nuovo Testamento? O si ammette che la Chiesa, essendo di origine divina, è infallibile, oppure chi ci garantisce che il canone che quegli uomini hanno scelto sia corretto?
Inoltre non è questione di fare cose buone o cattive, perché la Chiesa è tutto il popolo di Dio, defunti compresi, ma all'interno di questo popolo come insegna Paolo ci sono alcuni cui è stato dato il dono di insegnare, altri che profetano, ecc. La Chiesa non coincide con la sua gerarchia, sebbene sia fondata sulla successione apostolica, quale garanzia di fondarsi su Cristo. Dire che la Chiesa fa cose buono o cose negative non ha senso, perché la responsabilità penale è personale mentre la Chiesa è un soggetto composito.
Spero sia dunque chiaro qual è la tesi fulcro del mio intervento, cioè mostrare agli altri cristiani che o la Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica oppure non lo è nessuna, proprio perché se non ci accetta che sia infallibile occorrerebbe rigettare i dogmi dei primi secoli(condivisi in parte anche dai protestanti) e il canone stesso. I cristiani che nel Vangelo leggono “e le porte dell’Ade non prevarranno su di essa”, la garanzia diventa Cristo, e l’unica Chiesa che esista da allora è quella cattolica(ortodossi inclusi), è l’unica cioè a cui si possono promettere riferire quelle parole che promettono ininterrotta esistenza. E ora veniamo alla seconda domanda che ci eravamo posti: se Dio guidava la Chiesa mentre sceglieva, qual è il suo merito? Dio non potrebbe essersi semplicemente servito della Chiesa, sebbene apostata, come un burattinaio muove della marionette che dunque, sebbene eretiche, hanno scelto dei libri conformi al pensiero di Dio perché “teleguidate” dall’alto?
Il canone è stato materialmente fatto da uomini, da ecclesiastici, questo è incontestabile. Non si tratta di trasmissione di qualcosa di uguale sin dal I secolo ma dell'elaborazione di qualcosa in evoluzione, non di una struttura fissa ma di qualcosa che prende forma dal II al IV secolo. Che poi dietro l'opera umana ci sia lo Spirito Santo siamo d'accordo, il problema è se sia possibile che Dio si sia servito di una Chiesa apostata per fare una cosa tanto grande, per nulla paragonabile a servirsi di un asina per farla parlare come spesso mi dicono i protestanti, anche perché Dio non è un burattinaio, non nega il libero arbitrio, gli uomini che hanno creato il canone l'hanno fatto in base alle loro idee e al contesto in cui erano inseriti, quello della cosiddetta grande Chiesa: nel II secolo esisteva una chiesa formata dai vescovi successori degli Apostoli insediati sulle cattedre delle maggiori città del tempo, e delle città visitate da Apostoli. Sulle stesse cattedre, a distanza di 2000 anni, risiedono i loro successori legittimi. Tutti costoro si sono trasmessi l'incarico e l'ordine tramite imposizione delle mani, e questo tipo di successione è fin dal II secolo il metro di giudizio dei cristiani per comprendere se una chiesa è o non è legittima. Questo è traditio Apostolica che Ireneo nel 180 diceva essere l'unico metro su cui valutare la fede e distinguere l’ortodossia dagli eretici.
La Chiesa viene prima, sia cronologicamente sia ontologicamente, della Bibbia. Come dice giustamente Agostino: “Non crederei al vangelo se non mi spingesse l'autorità della Chiesa cattolica” (Contra ep. man. 5, 6)
Come è stato giustamente detto se si rigetta la Chiesa e la sua Traditio si rigetti anche il canone e si faccia esegesi sul Vangelo di Filippo. Ma i protestanti non hanno questa coerenza. Non si rendono cioè conto che essi non credono solo a ciò che sta scritto nella Bibbia, e questo non perché ingenuamente ignorano tutte le influenze che la storia ha stratificato anche su di loro e che dunque come chiunque hanno le idee del loro contesto sociale di appartenenza, bensì perché nella Bibbia non sta scritto da nessuna parte quali siano i libri della Bibbia e dunque l’idea che il canone sia quello è per forza di cose extra-biblico: la Bibbia ha il suo fondamento altrove, come volevasi dimostrare del resto.
A ben guardare l’errore dei protestanti è lo stesso che nell’epistemologia e nella gnoseologia si riscontra nell’empirismo radicale, la pretesa cioè che sia possibile una comprensione di alcunché scevra da pregiudizi e da pre-comprensioni. Tutta questa storia altro non è che l’altarino di un mito che potremmo definire “trasparenza del testo”, l’idea dell’immediatezza dei brani, quasi si ignorasse il salto temporale di duemila anni tra la nostra cultura e quella di allora, come se la scuola di Gerusalemme non avesse già dimostrato quanto sia difficile comprendere Gesù senza conoscere il giudaismo del II tempio nelle sue varie correnti. Per i seguaci di tale ingenuità la Bibbia è un libro dettato parola per parola, caduto dal cielo, trasparente, e in quanto fatto in questa maniera del tutto impermeabile alle influenze culturali circostanti. E acconto a questa credenza l’errore condiviso con l’empirismo radicale è che sia possibile una eliminazione di tutti i nostri pregiudizi al fine di poter conseguire questo idolo chiamato “la lettura neutra e senza pre-comprensioni”, questa gente è cioè seriamente convinta di potersi svestire del proprio habitus culturale e di leggere i testi come se fossero un romanzo del 2006.
L’idea che sia possibile pensare e leggere il mondo prescindendo dal nostro orizzonte ermeneutico contingente è comune anche alla gnoseologia empirista, mi sia dunque lecito fare una digressione e citare una pagine del grande epistemologo Feyerabend, citazione resa possibile che proprio dall’esegesi biblica si serve in questo caso per una critica all’empirismo ingenuo:
“Il passaggio al pensiero astratto indipendentemente dalla tradizione non è limitato all'ambito della conoscenza pura, ma svolge un ruolo importante anche in teologia. Fin da Marcione e dall'eresia gnostica era chiaro che il semplice richiamo alla parola di Dio non portava a risultati inequivocabili. Le Scritture, depositarie di questa parola, potevano essere interpretate in modi differenti, tanto più che non erano ancora disponibili in una forma canonica. Per rendere univoca l'interpretazione, Ireneo, Atanasio e altri collegarono la Scrittura con la tradizione che sostenevano, così da eliminare lo gnosticismo e suffragare le proprie idee. Da quel momento, la conoscenza di Dio non si fondò più sulla parola di Dio, ma sulla parola di Dio così come l'avevano intesa gli apostoli e come l'avevano tramandata ai contemporanei attraverso un'ininterrotta catena storica. Punti controversi vennero di tanto in tanto discussi nei concili e risolti con il ricorso a ulteriori decisioni. Alcuni protestanti radicali volevano purificare la parola di Dio da tutte le sovrapposizioni umane. Anch'essi, come gli empiristi astratti, pensavano che la sola parola di Dio, al di fuori della storia e delle conclusioni umane, fosse in grado di illuminare lo spirito dell'uomo e di comunicargli la conoscenza di Dio e del mondo. Qui la pura parola di Dio, liberata dalla tradizione e dalle conclusioni dell'uomo, là la pura esperienza, libera da pregiudizi: è questa una connessione di idee spesso citata sul finire del XVI e agli inizi del XVII secolo.
Ma la concezione che ne è alla base è insostenibile e può essere confutata con pochi argomenti. Questi vennero sollevati per la prima volta da François Veron contro il protestantesimo, ma hanno pari valore contro la teoria dell'esperienza pura. Cito queste, e non le critiche più tarde, perché sono semplici e indicano direttamente e in maniera evidentissima l'errore.
« Per voi - diceva Veron ai protestanti, che egli combatteva con il suo « canone » (la sua argomentazione) tanto sulle piazze dei mercati quanto nelle riunioni di dotti - la parola di Dio è la base di ogni conoscenza, e in particolare la parola di Dio non contaminata dalla tradizione e dal pensiero dell'uomo. Ma dove trovo questa parola?» Gli si porgeva una Bibbia. « Voi promettete la parola di Dio e mi date un libro » - rispondeva - « Cosa devo pensare? » Gli spiegavano che lì c'era la parola di Dio. «Allora, voi non cominciate dalla parola di Dio, bensì dalla vostra opinione e poi, sulla base di questa, introducete la parola di Dio. Ma voi dite anche che le opinioni non devono aver più spazio, all'infuori di quelle che derivano dalla parola di Dio. » Gli spiegavano che già i padri e i padri dei padri consideravano quel libro come la parola di Dio. « Padri e padri dei padri? Dunque vi richiamate a una tradizione per trovare la parola di Dio, e dovete seguirla, perché altrimenti non potreste separare la parola di Dio da quella di un malfattore. » « Inoltre - seguitava Veron - supponiamo di avere qui la parola di Dio; grazie a un miracolo abbiamo qui la parola di Dio. Come facciamo a comprenderla? Naturalmente, la vostra Bibbia è scritta in francese, e voi sapete il francese. Ma la comprensione della vostra lingua fa parte della vostra tradizione. Non è comprendere la parola di Dio, perché Dio non ha scritto una grammatica francese e non è neppure comprendere la tradizione da cui sgorga la parola di Dio. Perché questa tradizione era ebraica, aramaica, greca... »
L'argomento è chiaro e si lascia estendere al caso dell'empirismo: senza tradizione, nessun fondamento, dunque l'idea di un fondamento puro è un'assurdità.”
(P. Feyerabend, Il realismo scientifico e l'autorità della scienza, Milano, Il Saggiatore, pag. 389-390)
Re: I Padri della Chiesa e la "Sola Scrittura".
Inviato:
sab feb 02, 2008 1:31 pm
da GrisAdmi
Sant'Agostino “Nella Scrittura sono espresse chiaramente tutte le cose che concernono la fede e la morale” (De Doctrina christiana II,9)
Agostino in realtà è cristallino sulla necessità della Tradizione: “'Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tale genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa” (Le lettere, 54,1,1)
Cito un testo di A. Trapè sul rapporto in Agostino tra Scrittura e Tradizione, la fonte è la migliore possibile visto che l’autore è il fondatore dell’Istituto Patristico "Augustinianum" di cui fu professore prima e Preside poi:
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Agostino legge la Scrittura nella Chiesa e secondo la tradizione. Ai manichei dice: " Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica " (9); ai donatisti ricorda le due qualità della tradizione apostolica: l'universalità e l'antichità (10); ai pelagiani replica: deve ritenersi per vero ciò che la Tradizione ha tramandato, anche se non si riesce a spiegarlo (11), perché i Padri " hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa " (12).
In realtà l'insistenza di Agostino sulla tradizione è continua, non solo sulla tradizione ecclesiale dei riti o cerimonie liturgiche e usi che variavano spesso col variare delle chiese, sui quali scrisse un'opera in due libri (= Epp. 54-55), ma anche e soprattutto sulla tradizione apostolica. Ai manichei spiega le forti parole ricordate or ora - " Non crederei al Vangelo... " -, dicendo che i vangeli egli li accetta dalla tradizione apostolica attraverso " l'ininterrotta successione dei vescovi " (13). Nella controversia donatista enuncia il principio che permette di tornare fino agli Apostoli: "Ciò che la Chiesa universale tiene e non è stato stabilito dai concili ma è stato sempre ritenuto, si deve giustamente credere che sia stato tramandato dall'autorità apostolica "(14).
In quella pelagiana, poi, contro la novità difende la fede della chiesa antica attraverso la testimonianza dei Padri che sono stati "gli interpreti delle Scritture" e i trasmettitori della dottrina degli Apostoli. Per questo dedica due libri dei sei del Contra Iulianum a dimostrare l'autorità teologica dei Padri e ad addurre le loro testimonianze: vuol convincere l'avversario che non ha inventato nulla di nuovo quando insegna la dottrina del peccato originale, ma che la novità sta tutta dall'altra parte(15).
c)Scrittura e Tradizione convergono nell'autorità della Chiesa. È infatti la Chiesa che determina il canone della Scrittura (16), che trasmette la Tradizione e interpreta l'una e l'altra (17), che dirime le controversie (18) e prescrive la regula fidei (19). Perciò "resterò sicuro nella Chiesa", dice Agostino, "qualunque difficoltà si presenti" (20), perché "Dio ha posto la dottrina della verità nella cattedra dell'unità" (21). Perciò - sentenzia altrove - " +tutto il mondo può con sicurezza giudicare" (22).
Merita una particolare attenzione l'accenno alla regula fidei e alla cattedra dell'unità. La regula fidei, che occorre consultare nei passi oscuri della Scrittura, consiste nel simbolo (23), contro il quale non si può andare se non errando. Per questo insegna al suo popolo di non ascoltare quelli che propongono dottrine ad esso contrarie, perché sono dottrine eretiche. Nel De agone christiano, dopo aver ricordato appunto le parole del simbolo, fa un elenco di queste dottrine ripetendo per 19 volte la formula: " Non ascoltiamo quelli che dicono... " (24).
In quanto cattedra dell'unità si deve osservare che in essa ha un posto fondamentale e normativo, come si dirà (25), la Sede di Pietro, oltre che i concili. La parola decisiva della "Sede di Pietro" toglie, nelle controversie dottrinali, ogni motivo di dubbio (26) e chiude perciò la questione mossa dagli avversari. Agostino vi si attiene senza esitare. Sono note le sue parole: " La questione è terminata. Voglia il cielo che termini finalmente anche l'errore! " (27).
9 - Contra ep. man. 5, 6; cf. Contra Faustum 28, 2.
10 - Cf. De bapt. 4, 24, 31.
11 - Cf. Contra Iul. 6, 5, 11.
12 - Opus imp. c. Iul. 1, 117; cf. Contra Iul. 2, 10, 34.
13 - Contra Faustum 28, 2; cf. Contra ep. man. 4, 5.
14 - De bapt. 4, 24, 31.
15 - Cf. De nupt. et concup. 2, 12, 25: " Non sono io ad inventarmi il peccato originale, in cui fin dall'antichità ha creduto la fede cattolica; piuttosto, senza dubbio sei tu, che lo neghi, il nuovo eretico ".
16 - Cf. De doctr. christ. 2, 7, 12.
17 - Cf. De Gen. ad litt. l. imp. 1, 1.
18 - Cf. De bapt. 2, 4, 5.
19 - Cf. De doctr. christ. 3, 1, 2.
20 - De bapt. 3, 2, 2.
21 - Ep. 105, 16.
22 - Contra ep. Parm. 3, 4, 24.
23 - Cf. Ench. 15, 56; Retract. 2, 3.
24 - De ag. christ. 14, 16 s.
25 - Cf. Contra duas ep. pelag. 2, 3, 5.
26 - Serm. 131, 10.
27 - Cf. Ep. 120, 3, 13.
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(da Agostino Trapè, Introduzione generale a Sant’Agostino, Roma, 2006, Città Nuova, parte V, cap. 1)
E' stato citato all'inizio un brano dal De Docrtina Christiana, penso sia il caso di andare a leggere di cosa stessa parlando in quell’opera. Agostino dice l’esatto contrario di quanto gli si vuol far dire. Afferma infatti che l’autorità della Scrittura, e la sua accettazione stessa, dipende dal consenso ecclesiale, e, per inciso, questo è anche il brano dove elenca il canone delle Chiese nel suo periodo storico, e i deuterocanonici ci sono ovviamente:
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“8. 12. Quanto a noi, riportiamo la considerazione a quel terzo gradino del quale avevamo stabilito di approfondire ed esporre ciò che il Signore si fosse degnato di suggerirci. Pertanto sarà diligentissimo investigatore delle divine Scritture colui che, prima di tutto, le legge per intero e ne acquista la conoscenza e, sebbene non le sappia penetrare con l'intelligenza, le conosce attraverso la lettura. Mi riferisco esclusivamente alle Scritture cosiddette canoniche, poiché, riguardo alle altre le legge con tranquillità d'animo chi è ben radicato nella fede cristiana, per cui non succede che gli disturbino l'animo debole e, illudendolo con pericolose menzogne e fantasticherie, gli distorcano il giudizio in senso contrario alla retta comprensione. Nelle Scritture canoniche segua l'autorità della maggior parte delle Chiese cattoliche, tra le quali naturalmente sono comprese quelle che ebbero l'onore di essere sede di un qualche apostolo o di ricevere qualche sua lettera. Riguardo pertanto alle Scritture canoniche si comporterà così: quelle che sono accettate da tutte le Chiese cattoliche le preferirà a quelle che da alcune non sono accettate; in quelle che non sono accettate da tutte preferirà quelle che accettano le Chiese più numerose e autorevoli a quelle che accettano le Chiese di numero inferiore e di minore autorità.
(Questo è quello che intendevo dicendo che per la mentalità del cristianesimo antico è la Chiesa la garante dall’autorità della Scrittura. La Scrittura, ancora in questo periodo quando inl canone è già relativamente solido, non si può riconoscere da se stessa bensì solo perché la Chiesa ti indica qual è il canone, ed è sull'autorità delle Chiese apostoliche che è da ritenersi vero prorpio quel canone e non un altro N.d.R.) (…)
8. 13. Il canone completo delle Scritture, al quale diciamo di voler rivolgere la nostra considerazione, si compone dei seguenti libri: i cinque libri di Mosè, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, e poi il libro di Gesù figlio di Nave, un libro dei Giudici, un libretto chiamato di Rut, che peraltro sembra appartenere ai Libri dei Regni, come loro principio. Vengono poi i quattro Libri dei Regni e i due dei Paralipomeni, che non vengono dopo di essi ma sono a loro congiunti e procedono gli uni a fianco degli altri simultaneamente. Sono libri di storia, che contengono indicazioni temporali collegate fra loro e insieme la successione ordinata dei fatti. Ci sono poi narrazioni storiche poste, per così dire, in ordine differente, narrazioni che non rispettano né l'ordine storico né si collegano le une con le altre. Così è Giobbe, Tobia, Ester, Giuditta, e i due Libri dei Maccabei e di Esdra, i quali piuttosto sembrerebbero proseguire quella storia ordinata che si protraeva fino ai Libri dei Regni e dei Paralipomeni. Successivamente vengono i Profeti, tra i quali un libro di Davide, i Salmi, e tre di Salomone: i Proverbi, il Cantico dei Cantici e l'Ecclesiaste. Difatti gli altri due libri, intitolati l'uno la Sapienza e l'altro l'Ecclesiastico, per una certa somiglianza vengono detti di Salomone. È in effetti tradizione quanto mai costante che li abbia scritti Gesù figlio di Sirach; tuttavia, siccome sono stati accolti fra i Libri aventi autorità, li si deve annoverare al gruppo dei profetici. Restano i Libri di coloro che propriamente si chiamano Profeti: un libro per ciascuno di coloro che si chiamano i dodici Profeti, i quali, collegati fra loro (mai infatti hanno avuto esistenza separata), costituiscono un unico libro. I nomi di questi Profeti sono i seguenti: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. Poi ci sono i Profeti autori di libri più grandi: Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele. Con questi quarantaquattro libri si chiude l'autorità canonica del Vecchio Testamento 13. Compongono il Nuovo Testamento i quattro libri del Vangelo: secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni; le quattordici Lettere dell'apostolo Paolo: ai Romani, due ai Corinzi, una ai Galati, agli Efesini e ai Filippesi, due ai Tessalonicesi, una ai Colossesi, due a Timoteo, una a Tito, a Filemone, e agli Ebrei; due lettere di Pietro, tre di Giovanni, una di Giuda, una di Giacomo; e finalmente il libro degli Atti degli Apostoli e quello dell'Apocalisse di Giovanni.”
Re: I Padri della Chiesa e la "Sola Scrittura".
Inviato:
ven feb 08, 2008 5:08 pm
da GrisAdmi
San Gerolamo (anno 400 circa): “Se voi volete chiarire le cose in dubbio, andate alla legge e alla testimonianza della Scrittura: fuori di lì siete nella notte dell’errore. Noi ammettiamo tutto ciò che è scritto, rigettiamo tutto ciò che non lo è. Le cose che si inventano sotto il nome di tradizione apostolica senza l’autorità della Scrittura, sono colpite dalla spada di Dio” (In Isaiam, VII; In Agg., I).
Anche queste coordinate mi hanno fatto penare non poco. Infatti il libro VII del Commento ad Isaia di Girolamo sono circa 25 pagine di word. Questa volte non vi posso dare il link perché l’ho trovato sulla Patrologia Latina on-line, ma per accedere a quel sito ho usato il proxy dell’Università di Venezia che si è abbonata a questo servizio. Ad ogni modo ho salvato il testo latino del libro VII in word se qualcuno volesse constatare coi suoi occhi che quella citazione non esiste. Siccome nel testo ricorrevano parole non troppo frequenti ho fatto passare nel testo tutte le ricorrenze di spada (gladius), di notte (nox), di tradizione (traditio), di apostolico (apostolicus); ovviamente ho tolto le desinenze in modo da beccare anche le ricorrenze declinate. Risultato? Zero, quella citazione nel libro VII non esiste.
Questo ovviamente non vuol ancora dire che quelle citazioni non esistono, semplicemente le coordinate presentate sono fasulle.
La citazione rimanda poi anche al libro I del Commento ad Aggeo. Qui c’è una citazione simile, ma metà di quello che c’è nella versione italiana è del tutto inesistente. Il testo latino afferma: “Sed et alia quae absque auctoritate et testimoniis Scripturarum quasi traditione apostolica sponte reperiunt atque confingunt, percutit gladius Dei.” La prima parte è invece del tutto assente, e quando alla seconda non vuol dire che tutto ciò che è Traditio senza Scrittura è falso, ma che tutto ciò che è inventato fingendo che sia Traditio, mentre non lo è, è falso. Si dice “confingunt quasi traditione apostolica”, dunque non è contro la Traditio apostolica ma contro ciò che viene fatto passare come Tradizione, e oltre a non essere patrimonio della Traditio non è neppure presente nei testi sacri.
L’idea di Girolamo sukla Traditio apostolica è che la si può trovare sulla bocca dei vescovi, è infatti ben chiaro in molti altri punti della sua letteratura. Si veda ad esempio questa sua lettera al papa allora regnante dove chiedeva il parere del successore di Pietro su una questione di lessicologia trinitaria che dilaniava l’Oriente a quell’epoca, vexata quaestio di cui vi risparmio i particolari perché quello che interessa è il preambolo:
“Con un furore che dura da secoli, i popoli d'Oriente continuano a scontrarsi tra loro, e riducono a brandelli la tunica inconsutile del Signore, tessuta da cima a fondo senza cuciture. Delle volpi devastano la vigna di Cristo; in mezzo a cisterne spaccate e senz'acqua è difficile capire dove si trovi quella fontana sigillata, quell'orto chiuso da un recinto, di cui parla la Scrittura (cf. Ct 4,12).
Per questo ho deciso di consultare la cattedra di Pietro, dove si trova quella fede che la bocca di un apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo [cioè il battesimo N.d.R].
No davvero! Né l'immensità del mare, né l'enorme distanza terrestre hanno potuto impedirmi di cercare la perla preziosa. Dove sarà il corpo, là si raduneranno le aquile (Lc 17,37). Dopo che il patrimonio è stato dissipato da una progenie perversa, solo presso di voi si conserva intatta l'eredità dei Padri. Costì una terra dalle zolle fertili riproduce al centuplo la pura semente del Signore; qui il frumento nascosto nei solchi degenera in loglio e avena. In Occidente sorge il sole della giustizia, mentre in Oriente ha posto il suo trono sopra le stelle quel Lucifero, che era caduto dal cielo. Voi siete la luce del mondo, il sale della terra (Mt 5,13), voi i vasi d'oro e d'argento; qui da noi vasi di terra cotta e di legno attendono la verga di ferro che li spezzi e il fuoco eterno.
La tua grandezza, a dire il vero, mi mette in soggezione, ma la tua bontà m'attira. Io, vittima, attendo dal sacerdote la salvezza, e come una pecorella chiedo protezione al pastore. Metti da parte ciò che è invidiabile, sottraiti un momento al fasto dell'altissima dignità romana: ecco il successore del pescatore, con un discepolo della croce che desidero parlare.
Io non seguo altro primato se non quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua Beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa. Chiunque si ciba dell'Agnello fuori di tale casa è un empio. Chi non si trova nell'arca di Noè, perirà nel giorno del diluvio." (Girolamo, Le Lettere, I, 15,1-2)
Come si vede il concetto di successione apostolica, di eredità della dottrina dei Padri che si può trovare nel vescovo di Roma, è ben radicato in Girolamo. E torniamo alla frase che prima è stata attribuita a Girolamo, anche se probabilmente è fasulla perché le coordinate sono errate. Lì l’autore direbbe enfaticamente di leggere la Scrittura perché fuori da essa c’è l’errore. Questa frase interpreta solo a metà il pensiero del santo dottore e va specificata. Consultate la Scrittura certo, ma tra le mille interpretazioni possibili della Bibbia come bisogna fare secondo Girolamo per sapere qual è quella corretta? Consultare la cattedra di Pietro, e questa lettera a papa Damaso dimostra che era tutto fuorché un sostenitore del Sola Scriptura, come gli apostoli del resto, e come chiunque fosse cresciuto in una cultura ancora profondamente orale qual era il mondo antico.
E’ del tutto ovvio cioè, a livello storico, che a nessuno nel I secolo poteva venire in mente di fondare una Chiesa la cui predicazione e ortodossia fosse affidata al solo testo scritto, questa è una pura astoricità da XVI secolo, sia perché nel I secolo la percentuale di analfabetismo era molto alta e dunque la maggior parte della gente nel corso dei secoli ha sempre appreso il cristianesimo dalla sola parola, sia perché gli apostoli non potevano certo sognarsi che qualcuno 4 secoli dopo avrebbe stabilito un insieme di libri fisso chiamato Nuovo Testamento, e dunque mai si sarebbero sognati di predicare che la correttezza della dottrina sta in tale testo di cui non sapevano alcunché. La fede si fonda sull’ascolto della parola, è teoricamente possibile ed è anzi stato possibile per 4 secoli un cristianesimo senza alcun libro del NT (per gli analfabeti e coloro che vissero nel I secolo), o con solo parti del NT (per coloro che vissero tra II e IV secolo), ed evidentemente non è che avessero una fede tronca solo perché nessuno aveva come canone i 27 libri attuali, la Traditio infatti era garante dell’ortodossia e dell’insegnamento. Che, con grande scandalo dei protestanti, sia paradossalmente possibile un cristianesimo anche senza Scritture, e anzi è stato possibile, per le ragioni sopra enumerate, è un pensiero attestato come parte della mentalità del cristianesimo primitivo da Ireneo stesso nel 180: “Se gli Apostoli non avessero lasciato nulla di scritto, si dovrebbe egualmente seguire l'ordine della tradizione consegnata da loro ai capi della Chiesa. Questo metodo è seguito da molti popoli barbari che credono in Cristo. Senza carta e senza inchiostro essi hanno scritto nel loro cuori la salvezza per opera dello Spirito Santo: essi conservano accuratamente l'antica tradizione" (Contro le eresie III, 4, 2)
Il Sola Scriptura e il “libero esame” dei testi al di fuori del magistero sono concetti cripto anarchici figli del soggettivismo e dell’individualismo maturati nel periodo dell’umanesimo, sono figli del disgusto per la gerarchia, della pretesa dell’uomo di essere solo dinnanzi a Dio senza la mediazione della Chiesa. I protestanti stessi in realtà si resero subito conto che per ogni testo c’erano decine di interpretazioni e che dunque il Sola Scriptura non poteva funzionare, in quanto mai un Dio intelligente avrebbe lasciato i suoi fedeli in balia di un testo dai mille risvolti ermeneutici senza dare anche le chiavi di come interpretarlo. Inventarono così l’idea che il sincero credente, qualora avesse pregato lo Spirito di fargli capire, sarebbe di sicuro stato esaudito. Ma vorrei far notare ai fratelli evangelici che lo Spirito Santo che li illumina nell'interpretazione privata delle Scritture è a parer mio un poco burlone, visto che suggerisce cose diverse alle 21.104 chiese protestanti presenti nel mondo che sono state censite nel 1991!
Re: I Padri della Chiesa e la "Sola Scrittura".
Inviato:
ven feb 08, 2008 5:09 pm
da GrisAdmi
Tertulliano (160 ca. - 220 ca.) disse: 'Ci mostri la scuola di Ermogene che ciò ch'essa insegna sta scritto: se non è scritto, tremi in vista dell'anatema fulminato contro coloro che aggiungono alla Scrittura, o ne tolgono alcuna cosa' (Tertulliano, Contro Ermogene, cap. 22)
Anche questa frase è decontestualizzata. Tertulliano discute con Ermocrate della tesi dell’eternità della materia, sostenuta dal suo interlocutore. Ecco il problema: nella Genesi si dice “Dio creò il cielo e la terra”, ma le creò dal nulla o le trasse da una materia preesistente? Tertulliano fa notare a Ermocrate che per tutte le altre creature Dio dice esplicitamente da dove siano tratte, dice ad esempio che le piante sono prodotte dalla terra, i pesci dalle acque, ecc. non si capisce perché, dice Tertulliano, se la terra e il cielo fossero tratti da qualcosa, la Scrittura non lo debba dire, visto che lo dice di tutte le altre cose. E’ ovvio che qui Tertulliano non sta facendo il seguace del Sola Scriptura, sta solo dicendo che vista la struttura del brano, se le cose stessero come sostiene Ermocrate, il testo sarebbe stato scritto in modo diverso. Vediamo l’autentico parere di Tertulliano sulla Traditio Apostolica, e su quale sia il criterio dell’ortodossia per distinguere la Chiesa dagli eretici (la successione apostolica ovviamente):
“Se vuoi esercitare meglio la tua curiosità nel negozio della tua salute, passa in esame le Chiese apostoliche nelle quali ANCORA PRESIEDONO GLI APOSTOLI DALLE LORO CATTEDRE; là dove si leggono proprio le lettere autentiche loro scritte dagli apostoli nelle quali ancora vibra l'eco delle loro voci e vive l'aspetto di ciascuno.
Sei vicino all'Acaia? Hai Corinto. Se non sei lontano dalla Macedonia, hai Filippi e Tessalonica. Se puoi recarti in Asia, hai Efeso. Se ti trovi nei paraggi dell'Italia, hai quella Roma, donde anche a noi arriva rapidamente l'autorità.
Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta. E' la Chiesa, dove Pietro è parificato, nella passione, al Signore [venne infatti crocifisso come Cristo]; dove Paolo è coronato del martirio di Giovanni [venne decapitato come Giovanni Battista]” (Tertulliano, La prescrizione contro gli eretici, 36)
E contro gli eretici di cui distrugge la legittimità in un sol colpo:
“Mostrino esse (le chiese eretiche N.d.R.) la successione dei loro vescovi in modo da poter risalire o ad un apostolo o ad un loro discepolo, così come fanno le CHIESE APOSTOLICHE, ad esempio… la Chiesa di Roma che presenta Clemente CONSACRATO DA PIETRO” (La prescrizione degli eretici, 32,2)
Come si vede ciò che la grande Chiesa, cioè la creatrice del canone, poneva come criterio per distinguere se stessa dagli eretici, era la successione apostolica. Se, come sostengono i protestanti, questo criterio è illegittimo, allora un canone creato da un insieme di uomini senza prerogative nel IV secolo non ha più valore degli altri canoni che giravano, ad esempio i libri adottati dagli gnostici, giacché ciò che distingueva la Chiesa da costoro, la successione apostolica, sarebbe privo di valore. Come già detto infatti rigettare la Chiesa apostolica nel suo sviluppo storicoimplica non avere più alcun criterio per sapere quale sia il canone.
Ma torniamo a Tertulliano e al suo pensiero circa la Traditio, con questo passo ampio e discorsivo, che dà il pensiero dell’autore mille volte meglio che quelle tre righette decontestuallizate citate dai siti evangelici:
“Se cerchi nelle Scritture la legge relativa a queste e ad altre osservanze, non la troverai certo: ti si presenterà come sua autrice la tradizione, come sua confermatrice la consuetudine, come sua osservante la fede; il motivo poi che parla a favore della tradizione, della consuetudine e della fede, o tu stesso lo scoprirai, o imparerai a conoscerlo da qualche altro che lo ha scoperto; fino ad allora, accetterai con fede che ci sia qualche motivo da accettare rispettosamente... Se dunque io non trovo in nessun passo questa legge, se ne deduce che la tradizione ha dato forza di costume a una consuetudine, suggellato a volte dall'autorità degli apostoli che ne hanno interpretato il motivo.
Questi esempi dimostrano che anche l'osservanza di una tradizione non scritta può essere giustificata se è confermata dalla consuetudine, perché questa è una testimonianza idonea, fondata sull'osservanza costante che si tratta di una tradizione allora approvata. La consuetudine, del resto, viene considerata come legge, quando la legge manca, anche negli affari civili; non vi è dunque differenza se si fonda su uno scritto o su un motivo ragionevole, poiché il motivo ragionevole dà efficacia alla legge stessa. Ora, se la legge è fondata sulla ragione, sarà legge tutto ciò che è costituito sulla ragione, da chiunque sia stato introdotto. O non sei del parere che ogni fedele possa cogliere nel proprio animo e stabilirsi delle norme - purché si addicano a Dio, portino alla rettitudine e servano alla salvezza - dato che il Signore dice: Perché non giudicate anche da voi stessi ciò che è giusto? (Lc 12,57). (Tertulliano, La corona, 3-4)