Il CPP è un derivato (come il Sinodo) del rinnovamento pastorale inaugurato dal Concilio Vaticano II. In esso si è sottolineato che la Chiesa, oltre la forma gerarchica che è di per sé piramidale, dovrebbe esistere una forma comunitaria orizzontale del tipo tutti i fedeli intorno al Parroco.
Dal che deriva che la concezione piramidale viene in parte "rivoluzionata"; non negata né diminuita ma integrata e arricchita dal coinvolgimento fattivo dei fedeli che nella Chiesa dovrebbero sentirsi non tanto sudditi (come i domestici) ma figli, e quindi cointeressati all'andamento della famiglia.
Si dovrebbe passare in pratica dal "non si muove foglia che parroco non voglia", dalla Chiesa concepita come azienda del prete, o come negozio o agenzia di servizi a cui ci si rivolge chiedendo ciò che si desidera, a un ente comunitario dove ciascuno pensi "I CARE" (mi sta a cuore). E in particolare - come si sottolinea fortemente nelle info circa la struttura e finalità del CPP - passare dalla semplice "collaborazione" data al parroco che la richiede alla "corresponsabilità" con il parroco con cui si co-decide in armonia.
E' una specie di rivoluzione copernicana che, sulle prime, meraviglia e sconcerta, riscuotendo istintive resistenze (sia da parte del clero che dello stesso laicato che viene promosso ad un ruolo più attivo). Ma appunto come lo fu la rivoluzione operata da Copernico, si trattò di un arricchimento di verità prima ignorata. E da questa ci si aspetta una maturazione e crescita nella fede e nella comunione, una maggiore "partecipazione" a partire dai membri che saranno eletti a formare il Consiglio. Analogamente al cambiamento che c'è stato tra lo "assistere alla Messa" e il "partecipare alla Messa".
La proposta non è nuova, ma l'esperienza passata non incoraggiante! Sono poche cioè le parrocchie che sono giunte a formare un CPP a regola d'arte. Molte hanno abbandonato l'impresa, e altre, dopo ripetuti tentativi, hanno ripiegato su rattoppi che non hanno favorito né realizzato nell'animo dei fedeli quel coinvolgimento desiderato che si attuerebbe rendendoli "corresponsabili" (come figli adulti interessati e non competitori) delle scelte pastorali che giuridicamente dovranno essere sempre operare dal operate dal parroco.
Si noti la chiara differenza:
a) Nella semplice richiesta di "collaborazione" si può ottenere aiuto (quasi mai continuativo però) riguardo ad iniziative decise dal parroco. Questo comporta da parte di chi lo presta, una responsabilità limitata alla semplice esecuzione dell'opera richiesta. Il soggetto prestatore d'opera si sentirà (a ragione!) del tutto non responsabile se l'iniziativa, alla verifica del tempo, risultasse inopportuna, difettosa, o peggio dannosa. La responsabilità per questo ricadrà tutta sul parroco che l'ha scelta autonomamente;
b) Nella richiesta invece di essere "corresponsabili" i fedeli vengono investiti di un senso di partecipazione e di responsabilità decisionale personale, che dovrà essere corale tra i membri (come avverrebbe in un unico partito ove si realizzasse il ciceroniano "unum velle, eadem nolle, haec est vera amicitia" Volere la stessa cosa e non volere le stesse cose, questa è la vera amicizia) così che sia in caso di successo sia in caso di insuccesso, la comunità assegnerebbe anche a loro, ai laici che compongono il CCP, la reazione di lode o di scontento che ne deriva. Perché si direbbe che hanno lavorato bene o consigliato male il Parroco; forse l'hanno presa alla leggera, sono venuti meno all'impegno assunto, non hanno fatto comunione o altro...
E' forse per questo che in passato molti parroci hanno pensato: "Non fatemi richieste, non datemi consigli, so sbagliare da me!". E hanno ripiegato sulla semplice richiesta di collaborazione. Così magari è successo che non hanno trovato aiuto neanche per pulire la Chiesa. Neanche un adulto che si prestasse ad assistere i ragazzi nel campo sportivo facendo l'educatore anche solo evitando che si cada nel turpiloquio, o che si faccia silenzio mentre c'è contemporaneamente la celebrazione della Messa.
Questa è dunque la novità basilare. Ma essa comporta il superamento di molte difficoltà come vedremo... Ma dovremmo vederle con la decisa determinazione di superarle perché il CPP (come pure i precedenti CPD = Consigli Pastorali Diocesani) sono voluti dal Magistero e quindi dai legittimi Dirigenti autorizzati da Gesù ad essere suo prolungamento sia come Sacerdoti (culto) sia come Profeti (evangelizzazione) sia come Re (pastoralità). Cfr: "Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi". (Giovanni 20,21) "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato." (Luca 10,16)
E tuttavia mentre sulla funzione cultuale (sacerdozio) e quella evangelizzante (evangelizzazione/profezia) non si discute, perché la competenza e l'autorità del clero sono garantite dallo Spirito Santo, sulla funzione pastorale è messa in gioco anche la razionalità umana. Essa funzionerà diversamente, e quindi più o meno bene, a seconda se il consacrato ha determinati talenti; se lui per primo è obbediente al Vescovo, se ha esperienza, prudenza, pazienza, capacità di ascolto, saggezza, rispetto, benevolenza, insomma tutte le virtù necessarie per rendersi amichevole e capace di promuovere la comunione... ivi compresa la conoscenza della mentalità italiana e la conoscenza della lingua per esprimersi con proprietà. Insomma in certe cose deve essere disposto a farsi aiutare non pretendendo che la consacrazione, oltre i poteri soprannaturali sul sacro, gli conferisca le competenze naturali che sono di ragione. Sarà quindi una bella faticata reciproca che sicuramente vedrà, strada facendo, molti ripensamenti e allontanamenti. E perciò l'opera avrà bisogno di essere coltivata con assiduità e determinazione da chi la intraprende.
(continua)